E' possibile eliminare il covid 19 con un procedimento non farmacologico?
La volontà di pensare e agire per il bene comune
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Prof. Giuseppe Conte
(riguardante l’emergenza
covid 19)
Pregiatissimo Presidente,
mi sono risolto a scriverle perché è da più di un
mese, in questo frangente angoscioso per l’Umanità intera, che non riesco a
ricevere una risposta in relazione a una mia idea volta ad eliminare il covid
19 con un metodo non farmacologico. Ho sviluppato l’idea raffigurandola nel
disegno di un prototipo che ho cercato di proporre a politici e mass-media per
una valutazione approfondita, ma le mie svariate e-mail hanno sortito soltanto
silenzio. Avrei accettato pacatamente delle risposte del tipo «Il progetto non
è realizzabile» o «Il progetto è errato» accompagnate da brevi spiegazioni dei
“perché”, invece il silenzio, con il suo effetto d’indifferenza, mi ha
ricollocato malvolentieri nello stato d’invisibilità proprio della stragrande
maggioranza dei cittadini. Già: il cittadino che non si è esibito sui soliti
palcoscenici sociali non esiste o, forse, esiste soltanto allorché da
analfabeta traccia una “x” sulla scheda elettorale. Ma no! Neanche! Una penna
intelligente ha scritto: “se le elezioni
avessero un vero valore, non ce le farebbero fare”.
Tuttavia, siccome un certo numero di persone mi
consiglia di non desistere, io mi rivolgo a Lei nella certezza che un suo
parere in merito, magari confortato da un consulto con degli esperti da Lei
agevolmente reperibili, potrebbe determinare senza lasciar dubbi l’utilità
sociale o l’inutilità del progetto che desidero proporle in questa missiva.
Sempre che Lei voglia usarmi la cortesia di comunicarmelo, il suo parere.
Le persone che, sollecitandomi, confidano nella
speranza di trovare una soluzione, efficace nel far svanire l’incubo in cui si
sono svegliate circa tre mesi fa, sono psicologicamente sconcertate soprattutto
dalla rappresentazione mentale di una possibile convivenza con il coronavirus e
da come appaiono avvilenti le prime modalità d’attuazione di codesta convivenza
malsana. Alcune tra le prime ideazioni per la convivenza sembrano addirittura espressioni
di uno stato di follia: sulle spiagge cubi di plastica incolore dovrebbero
tener separati i villeggianti tra di loro (chi starebbe in spiaggia in queste
condizioni?); altra plastica per formare barriere sui tavoli dei ristoranti
così obbligando gli avventori a comunicare tra di loro usando cornette
telefoniche, come avviene in certe carceri; sagome di cartapesta, pazzesco!,
sugli spalti degli stadi invece che spettatori; lunghe file di cerchi tracciati
ad intervalli regolari su asfalto e marciapiedi e in ogni cerchio un utente in penosa
ed incerta attesa di poter salire su un autobus o un treno, mezzi di trasporto
con capienza ridotta dal virus e quindi impossibilitati nel garantire a
chiunque orari certi di partenza e di arrivo; anche negli aerei separé di
plastica e posti a sedere ridotti; controlli diretti su ogni spostamento delle
persone e visite quotidiane per verificare lo stato di salute di ogni
lavoratore, preoccupato di portarsi a casa il virus; e ho piluccato soltanto un
po’ dalla lista delle follie molto più lunga. Non so dire se in breve tempo ci
si troverà in un mondo abitato da marionette manovrate da un burattinaio
invisibile, ma il presentimento è fastidiosamente presente. “Tutto andrà bene”? Che strani effetti
possono originare le parole! Pacate locuzioni di speranza possono trasformarsi
in cinica ironia offensiva nei confronti di chi, per le irreparabili perdite
subite, sta urlando senza voce: “Tutto è
già andato troppo male.”
Insomma, concludono coloro i quali sono a
conoscenza del particolare progetto anticoronavirus, di fesserie se ne sono
sentite a iosa e a tutti i livelli, non sarà uno scandalo se nel mucchio
gettiamo anche la nostra. Questa, perlomeno, è sviluppata su una base di onesta
sensibilità umana. E se fesseria non fosse? Farebbe trarre un gran respiro di
sollievo al mondo intero.
Il nostro gruppo ha una cultura d’impronta
umanistica (salvo alcuni medici generici e specialisti), piuttosto che
tecnico-scientifica, ma… talvolta…
Prima di passare alla presentazione del progetto
avverto l’impulso a fare alcune considerazioni, che in altre circostanze
andrebbero meglio sviluppate. Qui le esprimo per il sol fatto che sono state il
motore nella mia ricerca di una soluzione per la pandemia.
Certo, il covid 19 ha preso tutti alla sprovvista
e ha evidenziato magagne croniche, più o meno presenti in tutte le Nazioni, ma
gli uomini (non tutti ma… molti ovvero troppi) si sono trovati costretti dallo
stato di cose tragico a palesare (in certi casi inconsciamente) quanto bacato e
limitato sia il loro modo di pensare che, prima del coronavirus, era ancora
abbastanza mascherato, quel tanto per poter apparire alle masse con sembianze
pressoché umane.
I mass-media dell’etere da mane a sera tendono a
far risaltare in mille modi (sempre inconsapevolmente?) che l’importanza dell’economia eclissa quella dell’essere umano.
Eppure anche un qualsiasi povero di spirito è in grado di capire che l’economia,
nell’impostazione fino ad oggi sostenuta, è destinata a scomparire per
incompatibilità ambientale e l’Uomo, se resterà aggrappato ad essa, non potrà
sperare in un esito diverso. «Bisogna riprendere a produrre a tutti i costi,
magari cercando di contenere alla meno peggio le perdite umane.» Ancora
produrre e ancora consumare cosa? In un pianeta vieppiù stremato e ridotto a
una appestata camera a gas?! Al massimo si potrà continuare a produrre
alimenti, magari meno avvelenati degli odierni che sono prodotti secondo le
malsane regole del profitto, esoso motore dell’economia. D’accordo: attualmente
un vero e sano cambiamento della condotta esistenziale si presenterebbe assai
complesso e necessiterebbe di tempi molto lunghi, ma almeno facciamo in modo di
non sacrificare altri esseri umani all’idolo balzano dell’economia. Cerchiamo
in maniera efficace di liberarci del covid 19 e poi forse ci sarà il tempo per
meditare convenientemente su una inversione a “u” nell’autostrada del
progresso.
E questo, tra i tanti, è un motivo inerente alla
mia proposta.
Passiamo ad altro.
Gli “scienziati”, con imbarazzo minimo, continuano
a ripetere che beh, sì, insomma la maggioranza dei decessi riguarda anziani con
addosso diverse patologie croniche, quasi a giustificarsi per aver scambiato un
virus micidiale per quello di un’influenza un po’ più accesa.
Intanto gli anziani si sono sentiti gettare sulle
spalle un grosso peso in più, aggravato dall’orrido pensiero che in caso di
emergenza sanitaria, accentuata dall’impreparazione, avverrebbe la scelta
disumana di chi curare tra un anziano e un giovane. Non c’è coscienza del fatto
che essere al mondo è unica e irripetibile occasione di esistere e che gli
anziani con tutta la loro cronicità avrebbero potuto vivere molti “giorni” in
più, se non fosse intervenuto il covid 19. Inoltre, il reale successo della
Scienza, quello di aver prolungato significativamente la durata della vita
dell’essere umano, viene parecchio sminuito proprio dalla malcelata noncuranza
nei confronti degli anziani, unici testimoni del successo stesso. Successo che
viene sminuito del tutto rivolgendo lo sguardo alle “case di riposo”, meglio definibili come “fatali sale d’aspetto”. Che
valore esistenziale può avere la longevità, se la sua fine può assumere aspetti
così tanto degradati e degradanti? Le “fatali
sale d’aspetto” non dovrebbero
proprio esistere, ma anche questo argomento esige tempi lunghi per essere
svolto in maniera tale da non dare adito a obiezioni di alcuna sorta, e non è
questo il momento adatto.
Ne portano di pesi, gli anziani! Sentono perfino
asserire sfacciatamente che sarà con il lavoro dei giovani che verranno pagate
le loro pensioni. E tutti i loro contributi versati durante il periodo di
attività? E i contributi versati da coloro i quali non ce l’hanno fatta a
raggiungere l’età della pensione? Tutti fagocitati e già digeriti, piuttosto
che averli fatti fruttare convenientemente, mentre gli “economisti” non
smettono di fare discorsi con parvenza di razionalità basati proprio
sull’oscenità della questione: giovani che devono trovare impiego per pagare le
pensioni degli anziani. Altro che razionalità! A me sembrano ragionamenti
scorretti con la pessima funzione di relegare nell’oblio le cattive gestioni e
le furfanterie del passato, che lasciano l’amaro sentore della probabile
reiterazione nel futuro. Intristiscono l’animo, piuttosto che essere gustate
per la loro ironia, certe battute di spirito come questa: «Il coronavirus è
socio dell’INPS.» Insomma, l’anziano è avvolto da un’atmosfera che sembra
suggerirgli di togliersi di mezzo, se vuole dare ancora un suo ultimo
contributo alla società. Invece l’anziano va protetto per molteplici motivi, il
principale dei quali, sebbene intuibile, ce lo fa capire meglio la psicanalisi:
la misura della sanità mentale è data dalla possibilità di estensione della
programmazione della propria esistenza nel futuro. La realtà, non
un’astrazione, della presenza del longevo, quindi, fornisce idealmente al
giovane la misura del tempo che potrebbe essere a sua disposizione per
realizzare le proprie aspettative. Un fattore eccezionale che infonde energia,
voglia di fare e di assaporare la vita con sentimenti positivi. In seguito il
giovane, ben che gli vada, diventerà anziano pure lui e capirà. Capirà che,
nonostante un bagaglio inestimabile di esperienze, non potrà più imbastire
programmi a lunga scadenza perché non avrà davanti a sé una figura garante del
tempo a venire. Capirà che anche l’anziano è stato giovane e che l’ultimo breve
lasso di tempo per l’esistenza ha un’importanza davvero straordinaria. A questo
punto può diventare divulgatore della memoria, tanto cara a Lorenz in quanto,
senza la memoria di com’era un tempo il mondo, non si potrà riuscire a
ripristinare un equilibrio ecologico secondo Natura e non secondo l’Uomo, di
per se stesso solo una piccola frazione della Natura. Ovviamente, per divulgare
è necessario che ci sia chi ascolta, ma sembra che tra i giovani l’interesse
sia debole, lo si è già notato da alcune generazioni. I giovani hanno perso la
giusta prospettiva nella visione dell’anziano, forse a causa dell’esplosione
incondizionata della tecnologia, e non vedono più nel longevo il “massimo”
concesso all’essere umano, bensì un “limite” fastidioso. E’ evidente, esempio
tra i tanti, che si dedicano a “sport” estremi per dimostrare a se stessi di
essere immortali. Questa immaginaria e ingannevole prospettiva esistenziale non
è certo una buona base su cui evolvere una maturità apprezzabile. In effetti,
assistere a come con assoluta indifferenza i giovani infrangano le regole
precauzionali imposte dal rischio di contagio, noncuranti di diventare un
mortale pericolo per gli anziani, rende esplicito il loro menefreghismo morale,
che non si discosta troppo dalla cinica massima “mors tua vita mea.” Probabilmente anche la consapevolezza, impudentemente
indotta dall’interesse politico, di dover lavorare per mantenere gli anziani,
ha contribuito ad intensificare il conflitto generazionale e la disattenzione
verso i longevi. Anche l’essenza spregiativa di certe locuzioni, come ad
esempio “un Paese di vecchi”, hanno senz’altro concorso allo svilimento della
figura dell’anziano. Il Potere, con la sua economia poco economica, abbisogna
di giovani che producano e consumino, mentre gli anziani già utilizzati, anzi
spremuti, non producono e consumano poco. Oh, che bello un mondo di soli
giovani inconsapevoli di diventare vecchi! Bello da impazzire!
Oltre ai tanti problemi, che opprimono gli anziani
in una società via via sempre più disumanizzata e avversa alla Natura, di
questi tempi si è aggiunto il coronavirus. Caspita! La depressione, sempre più
saldamente appollaiata sulle spalle degli anziani principalmente per
l’impossibilità sociale di proiettare aspettative esistenziali in un lasso di
tempo presumibilmente troppo breve, adesso è preparata per un assalto
dilagante. In effetti la presenza del coronavirus annulla quotidianamente ogni
minima speranza nel domani. La morte alita alle spalle di tutti, ma predilige
gli anziani. Basta una boccata d’aria e…
No, non si può scendere a patti di convivenza con
il covid 19, non si può giorno dopo giorno ascoltare discorsi di adattamento e
soluzioni folli che comprovano quanta ragione avesse Fromm asserendo che in una
società civile la follia non è tanto un disagio del singolo quanto quello di
milioni di persone che si reputano mentalmente sane per il sol fatto, non
convalidante, di essere una maggioranza.
La paura è diventata un sentimento generalizzato
che, lo si sa, influisce sul pensiero, e quindi sul comportamento, in maniera
assai più incisiva della normale preoccupazione. La paura può degenerare in
panico che annulla le facoltà mentali; può generare rabbia i cui effetti non
agevolano la risoluzione dei problemi, tanto meno quelli di carattere
prettamente sociale; può instaurare depressione e abbandono dando spazio alla
tristezza del fatalismo che rende inerti, socialmente inerti. In alcuni
individui, però, la paura attiva un processo di autodifesa che intensifica con
lucida freddezza intellettuale le capacità di ricerca di una possibile
soluzione. Quando accade che l’autodifesa sia rivolta a un pericolo comune ad
altri esseri umani, la ricerca personale di una soluzione per l’eliminazione
del pericolo diventa di utilità sociale.
La paura ha innescato in me proprio una reattività
che mi ha obbligato a ricercare una soluzione che non comportasse strascichi
indesiderati e comportamenti lesivi sia per il corpo sia per la libertà
individuale insidiata nel proprio privato. L’ideazione di un
progetto volto ad arginare la
diffusione del Covid-19 con metodica non farmacologica.
L’ ideazione, che ho esemplificata con uno schizzo
del prototipo di ciò che dovrebbe essere perfezionato, prodotto e messo in
funzione, gliela propongo qui in calce, ma non voglio trattenere l’impulso a
confidare quale altro forte propulsore, oltre a quelli che già Le ho
“propinato”, mi abbia spinto alla ricerca di qualcosa che potesse eliminare il
covid 19.
Bah! Sono Presidente di un’Associazione (Contatto
Natura nel web) che si è prodigata nel far calare qualche raggio di sole sulle
persone down, nonostante il disinteresse delle istituzioni, ed oggi si trova
disgregata da un virus e, credetemi, proprio oggi più che mai è doloroso
constatare che delle persone con svariate qualità incantevoli (principalmente
la sensibilità pura) siano destinate a subire tutti i dolori dell’esistenza
senza alcuna contropartita veramente gioiosa e veramente confortante. Oggi, a
causa del virus, stanno perdendo perfino le compensazioni palliative. Duole
vederli isolati accanto soltanto ai genitori (sentimentalmente non più
sufficienti in quanto un essere umano non può rimanere bambino per tutta la
vita) con la mascherina sul volto a renderli ancor meno comunicativi e a lungo
andare causa di surriscaldamento delle vie respiratorie, laringe e bronchi in
primis. Idem per i guanti particolari indossati sulle loro pelli delicate.
Figuriamoci con il clima caldo!
Ora un gruppo di persone, sempre più nutrito, mi
ha spinto a rinnovare la mia richiesta di supporto e voglio sforzarmi nel
rimanere fiducioso, mentre rimango comunque dell’avviso che qualsiasi
congettura volta a sconfiggere l’orrendo virus vada approfondita a prescindere
da qualunque sorta di scetticismo iniziale. A maggior ragione quando i
quotidiani bollettini di “guerra” spengono ogni barlume di speranza in una
remissione e gli addetti alla scienza non cessano di contraddirsi tra di loro alla
distanza di un metro, del tutto inadeguata nell’impedire il contagio.
Più della metà della popolazione mondiale è
costretta a restrizioni che gravano parecchio sulla percezione positiva del
senso stesso dell’esistenza umana, mentre, per assurdo sociale, si pensa
proprio di allestire una nuova realtà in cui a tutti gli errori di quella
vecchia verrebbero sommate le nuove “restrizioni” non esenti da conseguenze negative
per spirito e corpo. Anche per questa ragione rimango speranzoso di ricevere il
suo giudizio e intanto Le porgo i miei più distinti saluti.
Lorenzo
Lombardi
llombard1@alice.it
cell. 3483416294
tel. 0422 22640
►
Il rame non è in alcun modo dannoso per la salute umana, mentre le sue
superfici sono antibatteriche ed antimicrobiche. L’ossido di rame, che si forma
sul minerale a contatto con l’aria e gl’infonde la colorazione
azzurro-verdognola, ha dato prova di far addirittura esplodere alcuni virus o,
comunque, di farli morire in poco più di due ore. Con il covid 19 non c’è
sperimentazione (che per l’appunto potrebbe essere fatta utilizzando questa
maschera) ma c’è stata con la SARS che è pur sempre un coronavirus.
La parte esteriore del cilindro
potrebbe essere ricoperta da un sottilissimo strato di plastica, esclusivamente
per questioni estetiche.
►
1 – L’aria entra nel cilindro di
rame e virus, batteri, ecc. da essa trasportati vanno in parte a cozzare contro
le pareti del cilindro. La respirazione rende mossa l’atmosfera interna al
cilindro, per cui, siccome il virus non ha autonomia direzionale, una
consistente quantità di virus entra in collisione con le pareti del cilindro e
le conseguenze sono quelle già descritte all’inizio.
►
2 – L’aria all’interno del cilindro
è pervasa da raggi UV con frequenza adattata all’uopo. E’ sicuro, come minimo,
che gli UV invalidino la capacità replicante dei virus. La lampada emittente è
schermata con vetro speciale per non surriscaldare l’aria, sebbene il modesto
calore emanato non renda l’aria particolarmente irrespirabile. Inoltre, una
valvola 3M ridurrebbe ulteriormente il calore dell’aria nel condotto che arriva
alla bocca di chi indossa la maschera e eliminerebbe l’umidità. La
respirazione, dunque, avviene in piena libertà naturale, a differenza di ciò
che accade indossando le mascherine messe in circolazione. Con le mascherine si
torna a inspirare buona parte della CO2 emessa con l’espirazione.
►
3 – Nella parte terminale del
cilindro è posta una lastra elettrificata, molto sottile e con fittissimi fori
di 0,3 millimetri, quasi il minimo per permettere una normale respirazione. Il
covid 19, però, pur avendo il nucleo più grande degli altri appartenenti alla
famiglia dei coronavirus, misura 100/180 nm (100/180 milionesimi di millimetro)
e potrebbe facilmente attraversare i fori. Anche considerando le goccioline
(droplets) o altre particelle organiche alle quali si aggrappa il virus per
sopravvivere non si arriva mai a una misura che renda impossibile
l’attraversamento dei fori. E’ vero che la maggioranza dei virus, dopo il
percorso nel cilindro, avrebbe perso le droplets vitali e per giunta finirebbe
sulla lastra elettrificata restando fulminata. E’ vero, quindi, che i fori sarebbero attraversati da rari
virus non più in grado di essere aggressivi e incapaci di replicarsi, e già questo
sarebbe un buon risultato, ma l’intento della maschera è quello di eliminarli
senza eccezioni. Quindi i fori dovrebbero essere coperti da un campo elettrico
costante, facile da impostare quasi automaticamente.
Questa maschera elimina il virus, a
differenza di tutte le altre mascherine in uso.
C’è stata una sperimentazione in
laboratorio che ha determinato questo: il coronavirus muore in 7 giorni alla
temperatura di 22 gradi e in 24 ore alla temperatura di 37 gradi. Gli
esperimenti di laboratorio sono quasi sempre suscettibili di qualche ritocco,
allorché li si confronta con dati dell’andamento naturale, però ci permettono
di dedurre che i virus che finiscono sulle normali mascherine o le attraversano
o, se in qualche modo respinti, non muoiono ma vanno a posarsi dove capita, così
diffondendo il contagio con dinamiche diverse da quella della trasmissione
diretta tramite droplets o aerosol.
►
4 – Il peso della maschera potrebbe
essere inferiore a quello della maschera antigas più leggera. Più leggere e
assai meno ingombranti dei “mascheroni”
(che non eliminano il virus) acquistati in Germania da alcuni imprenditori
italiani.
►
5 – La maschera dovrebbe essere
distribuita secondo i dati dell’Anagrafe, annullando il problema dei
clandestini con una sorveglianza accurata. Se in un territorio, ad esempio una
regione con i confini momentaneamente sigillati, tutti gli abitanti
indossassero la maschera, togliendola con le dovute precauzioni esclusivamente
per il tempo destinato ai pasti e al sonno (sacrificio minimo rispetto all’essere
intubato e a una morte orrenda), nel giro di 3 max 4 giorni non ci sarebbero
più nuovi contagi. Rimarrebbero i contagiati prima dell’uso della maschera, che
a loro volta, nonostante le accortezze del caso, potrebbero aver contagiato dei
famigliari, ma nessun altro. Comunque, anche i contagi pregressi e le loro
poche conseguenze si manifesterebbero e si esaurirebbero nel giro di due
settimane o poco più. Per quanto riguarda i portatori di virus asintomatici,
non individuati per il fatto casuale di non aver contagiato dei famigliari,
verrebbero accertati dai tamponi fatti in maniera sistematica alla restituzione
di ogni maschera, che per larga sicurezza dovrebbe avvenire dopo un mese.
Ampliando l’ottica della programmazione
relativa alla maschera, anche la faccenda dei confini sigillati potrebbe essere
ovviata. E’ ragionevole pensare che anche i territori limitrofi verrebbero
sanificati e l’eliminazione del virus si espanderebbe a macchia d’olio. Quindi
il controllo dei confini sarebbe di brevissima durata, ovvero non necessario
qualora gli stati confinanti avessero incominciato ad indossare la maschera
prima che in Italia fosse arrivato il momento di deporla. Come altro esempio
supponiamo che l’Italia si trovi liberata dalla presenza del virus. A questo
punto dovrebbe far entrare nel suo territorio soltanto stranieri provvisti di
maschera, ma soltanto fino a quando anche gli altri Stati si fossero adeguati
alla programmazione anticovid 19.
Si potrebbe qui continuare a vagliare
altri aspetti pratici dell’impiego della maschera nei territori, ma è già
assicurato che sono stati scrupolosamente esaminati tutti quelli immaginabili.
Il problema non sono le modalità e le tattiche relative all’impiego della
maschera, se è presente la volontà di non voler più contare i morti, la cosa
importate è che la maschera funzioni e venga prodotta.
Le persone, indossando la maschera,
potrebbero muoversi tranquillamente e riprendere le loro attività. Anzi: gli
affollamenti sarebbero consigliati per eliminare in breve tempo una maggior
quantità di virus. Anche i contagiati lievi e i portatori asintomatici
trarrebbero beneficio dall’uso della maschera, poiché l’aggressione al virus
avviene anche durante il percorso inverso ovvero durate l’espirazione. Costoro,
dovrebbero indossare la maschera ed essere tenuti in isolamento fino a tampone
negativo. Soltanto per i già contagiati gravi non rimarrebbe altro che la
prassi di cura medica ma, perlomeno, le strutture ospedaliere verrebbero
alleggerite parecchio e il personale ospedaliero potrebbe curare i pazienti
senza correre alcun rischio di contagio, fino a svuotamento dei luoghi di
terapia intensiva. A questo punto nel territorio non ci sarebbe più traccia del
virus.
E’ ovvio congetturare che la pratica
della maschera potrebbe essere estesa a più territori contemporaneamente
secondo la rapidità di produzione della maschera stessa ed infine estesa a
tutto il mondo, affinché il coronavirus scomparisse per non ripresentarsi mai
più con le sue odiose e ferali ondate 2, 3, 4…
La diffusione universale comporterebbe
senz’altro le difficoltà maggiori, alle quali ogni Stato dovrebbe prestare
tutta la sua attenzione e tutta la sua capacità attuativa. Certe piccole
frazioni di territorio, con uno stato di cose estremamente complesso,
potrebbero essere isolate e bonificate con maggior pazienza. Difficoltà
comunque presenti anche nell’attuale programmazione di contrasto al virus.
Diversamente, la ciclica ricomparsa del covid 19 comporterebbe l’intollerabile
convivenza con il medesimo, circostanza che in breve tempo vedrebbe circolare
nel mondo masse di squilibrati. Per quanto riguarda i vaccini e le inevitabili
falle di copertura dovute soprattutto alla natura cangiabile del virus…
(vaccinare il mondo intero! Misericordia!) Beh, vivere non può consistere
soltanto nel mantenere in piedi una specie di vescica imbavagliata e
condizionata dai risultati della Scienza con i suoi inevitabili effetti
collaterali. Una vescica già in grave difficoltà a causa dell’inquinamento
universale e di una economia dissennata, fattore determinate la disumana e
perniciosa disuguaglianza sociale. No, non possono sussistere alternative:
questo virus va fatto scomparire, volendo seriamente confidare nel ritorno ad
una vita provvista di un po’ di senso esistenziale. Piuttosto che vaccinare
ripetutamente (secondo le mutazioni del virus) quasi 8 miliardi di persone
oppure piuttosto di curare in continuazione un numero smisurato di pazienti
continuando a vivere nell’incertezza, penso che sia assai più ragionevole
distribuire 8 miliardi di maschere (in realtà molte di meno con una buona
programmazione a rotazione).
►
6 – Con un calcolo approssimativo il
costo di produzione delle maschere risulterebbe assai inferiore a quanto
sborsato fino ad ora dalle Nazioni per contrastare il covid 19 con modesto
successo e non conosciamo gli esborsi di tutte le Nazioni (non si può ancora
immaginare la spesa che dovrà essere sostenuta per rimettere in funzione i
lavoratori, per produrre miliardi di mascherine, venderle con costi
significativi per le persone e… misericordia!, smaltirle) mentre con l’effetto
maschera tutte queste spese (e molte altre) risulterebbero nulle, perché poco
niente ci sarebbe da cambiare di ciò che già c’è. La spesa maggiore sarebbe per
le batterie, ma probabilmente degli esperti sarebbero in grado di ridurla come,
sono certo, sarebbero in grado di perfezionare la maschera in maniera ottimale.
Anzi: dopo una realizzazione precisa la maschera potrebbe avere sembianze anche
molto diverse da quelle abbozzate da me. Io, con la raffigurazione del mio
prototipo ho semplicemente indicato una strategia da adottare, se il sentimento
di umanità non è ancora andato perso del tutto.
Infine,
mi preme soffermarmi ancora una volta nel sottolineare i primi segnali di una
realtà che mi angustia: guanti e mascherine stanno formando il prossimo
disastro ecologico di proporzione smisurata.