XXIII° - UNA DOMENICA PUO' "BASTARE" PER TUTTA LA VITA - 2°
UNA DOMENICA PUO' BASTARE PER TUTTA LA VITA
- seconda parte -
(seguito dal post XXII°)
- seconda parte -
(seguito dal post XXII°)
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La gerarchia del regno del Male.
Il diavolo incorona il papa,
il papa incorona l'imperatore
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La gerarchia del regno del Male.
Il diavolo incorona il papa,
il papa incorona l'imperatore
e l'imperatore sguinzaglia le fiere ai suoi ordini, che si rallegrano per la sua incoronazione.
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Come ho già fatto osservare, taluni hanno scelto e scelgono di contrastare la supremazia della Menzogna criticando rigorosamente gli scritti a cui essa s’ispira. Torah, Vangeli e Corano di spunti per esemplari critiche feroci, ne offrono a bizzeffe. C’è soltanto l’imbarazzo della scelta, il che fa sorgere qualche interrogativo piuttosto assennato: vale davvero la pena di evidenziare le magagne e le falsità di testi che, di magagne e falsità, ne contengono in sorprendente quantità smodata? Non dovrebbe risultare maggiormente profittevole per spirito e soma gettar via questi testi e smettere d’infastidirsi pensandoci su? E’ sicuro che altri continuerebbero imperterriti ad agitarli sotto il naso di chiunque, il che è una mancanza di rispetto piuttosto scocciante, ma, per tutto il resto: non dovrebbero essere esclusivamente affari loro? Se non hanno cura per la loro irripetibile occasione d’eternità, chi altro può assumersi l’onere di risvegliare i dormienti ninnati dalle religioni?
Il 5 agosto del corrente anno su “La Repubblica” è stato pubblicato un articolo a firma di Eugenio Scalari dal titolo “Ahi, Costantin, di quanto mal fu madre…” (Citazione dalla Divina Commedia - Inferno - canto XIX - “Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!” – riferimento alla tante disgrazie che, dopo la donazione fatta dall’imperatore Costantino a papa Silvestro I – tiara imperiale con relativi possedimenti territoriali - hanno inizio col potere temporale dei papi e, di conseguenza, con il consolidamento sociale della gerarchia del Male.), che personalmente ritengo una saggia espressione di rimostranza, assai più efficace della critica volta ad evidenziare le balordaggini che abbondano nei “libri sacri”, ed è per ciò che qui appresso ne riporto alcuni brani.
“Tra le tante questioni che affliggono il nostro paese, insolute da molti anni e alcune risalenti addirittura alla fondazione dello Stato unitario, c'è anche quella cattolica. Probabilmente la più difficile da risolvere. Personalmente penso anzi che resterà per lungo tempo aperta, almeno per l'arco di anni che riguardano le tre o quattro generazioni a venire. Roma e l'Italia sono luoghi di residenza millenaria della Sede apostolica e perciò si trovano in una situazione anomala rispetto a tutte le altre democrazie occidentali. Se guardiamo agli spazi mediatici che la Santa Sede, il Papa, la Conferenza episcopale hanno nelle televisioni e nei giornali ci rendiamo conto a prima vista che niente di simile accade in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, in Olanda, in Scandinavia e neppure nelle cattolicissime Spagna e Portogallo per non parlare degli Usa, del Canada e dell'America Latina dove pure la popolazione cattolica ha raggiunto il livello di maggiore densità.
Da noi le reti ammiraglie di Rai e di Mediaset trasmettono sistematicamente ogni intervento del Papa e dei Vescovi. L'"Angelus" è un appuntamento fisso. Le iniziative e le dichiarazioni dei cattolici politicamente impegnati ingombrano i giornali, il presidente della Repubblica, appena nominato, sente il bisogno di inviare un messaggio di "presentazione" al Pontefice, cui segue a breve distanza la visita ufficiale.”
A proposito della RAI: un indecente modo di fare sta formando una moltitudine crescente di persone (comunque ancora troppo poche rispetto alla consistenza delle masse di perdizione) che si domandano con stizza, anch’essa montante, da quali presupposti, innanzitutto morali e poi anche concernenti la prestazione di un servizio pubblico, possa essere giustificata la richiesta di pagare un canone alla RAI. Oltre alla smodata visibilità data al culto della menzogna, il telespettatore è afflitto pure da una serie altrettanto smodata di trasmissioni in cui i soliti noti non fanno altro che premiarsi e complimentarsi tra di loro in qualità di “ospiti” gli uni degli altri. “Ospiti” che, nonostante la loro ottusità evidente e il nonsenso della loro concezione dell’Esistenza, si permettono di formulare opinioni che tecnologicamente arriveranno agli orecchi di molta gente. Se, poi, qualcuno di loro ha appena fatto un film o ha scritto un libro o, meglio ancora, se ha inciso un disco, l’autore imperversa per giorni e giorni sul piccolo schermo, passando da una trasmissione ad un’altra al solo fine di reclamizzare il proprio prodotto e, di questa pubblicità, la RAI ne fa spettacolo da propinare agl’infelici telespettatori. Fa tanto spettacolo anche con le innumerevoli sciocchezze combinate dai “vip” e così infonde la brutta sensazione che al mondo soltanto la vita di chi l’ha fondata sull’apparire abbia un effettivo valore. Nella realtà non è così, le vicende dei “vip”, in particolar modo quelle sentimentali, sono assai più squallide e prive di valore esistenziale rispetto al vissuto della stragrande maggioranza delle persone sagge non illuminate dai riflettori, tuttavia l’insistenza televisiva nell’occuparsi degli svaniti nell’apparenza instaura parecchie convinzioni perniciose negl’individui psichicamente un po’ più labili di altri. Convinzioni perniciose suffragate senza soluzione di continuità da film, fiction, reality ed altro, il tutto sciorinato secondo il rigido programma d’imbonimento collettivo: “questo, e soltanto questo, è lo stile di vita che tutti dovete assumere!” La menzogna religiosa vacilla? Giù una sfilza di filmati di “edificante” carattere religioso. Si vuole instaurare il mortale criterio di “Tolleranza Zero”? Giù una serie infinita d’improbabili imprese compiute da improbabili divise, mentre i pochi reati di alcuni vengono evidenziati in maniera abnorme rispetto ai tanti e frequenti reati di altri. Ed ecco che un mandria numerosa è convogliata a credere, come crede alla menzogna religiosa, a tutto ciò che la televisione gli vuol far credere e gl’impostori, potendo confidare in un gran numero di addomesticati che ubbidiscono ai loro dettami, hanno buon gioco nell’opprimere e guastare la vita anche a tutti coloro i quali saprebbero come liberarsi definitivamente del giogo posto su tutti dalla menzogna, se non si ritrovassero a sbattere ripetutamente contro lo spesso muro di gomma costituito dalle masse di perdizione che hanno svilito la propria esistenza piegandosi al volere di altri uomini che sono diventati, assurdità innaturale!, i loro padroni vita natural durante.
Stando così le cose è molto semplice presagire (non occorre essere maghi, anche perché è impossibile per un uomo essere mago) che nella prossima tornata elettorale le masse di perdizione daranno la loro insulsa preferenza ai due blocchi partitici che hanno pubblicizzato se stessi come cosa buona, come una semplificazione istituzionale vantaggiosa per il Paese, mentre, in realtà, sono la chiara espressione del Potere che tende all’assolutismo mortale. E’ facile prevedere che i patiti più saggi, quelli che, nonostante il pessimo andazzo del mondo, conservano, proteggendolo, un residuo di umanità vera, scompariranno dalla scena politica che diventerà territorio esclusivo della grettezza più cinica. Il prossimo appuntamento elettorale, potrebbe essere un’occasione più unica che rara per eliminare in blocco i veri artefici di una casta esageratamente privilegiata e spocchiosa, poiché la casta, questa volta, sta rischiando molto nel perseguire l’aumento del proprio potere. Basterebbe essere intelligenti quel tanto da non far superare la soglia del 4% ai due blocchi partitici maggiori e un’ottima depurazione avverrebbe automaticamente. Eppure sono certo che un evento così intelligente non si presenterà, né prossimamente né mai. Avverrà sicuramente l’opposto e il Paese continuerà a scendere lungo la china peggiore senza che le masse di perdizione, tutte intente ad introiettare pubblicità, manco se ne accorgano. Se tra le masse di perdizione un’indefessa pubblicità sottile fa prosperare in tutto il mondo le menzogne religiose, figuriamoci se non può far prosperare quelle politiche!
Stando così le cose è molto semplice presagire (non occorre essere maghi, anche perché è impossibile per un uomo essere mago) che nella prossima tornata elettorale le masse di perdizione daranno la loro insulsa preferenza ai due blocchi partitici che hanno pubblicizzato se stessi come cosa buona, come una semplificazione istituzionale vantaggiosa per il Paese, mentre, in realtà, sono la chiara espressione del Potere che tende all’assolutismo mortale. E’ facile prevedere che i patiti più saggi, quelli che, nonostante il pessimo andazzo del mondo, conservano, proteggendolo, un residuo di umanità vera, scompariranno dalla scena politica che diventerà territorio esclusivo della grettezza più cinica. Il prossimo appuntamento elettorale, potrebbe essere un’occasione più unica che rara per eliminare in blocco i veri artefici di una casta esageratamente privilegiata e spocchiosa, poiché la casta, questa volta, sta rischiando molto nel perseguire l’aumento del proprio potere. Basterebbe essere intelligenti quel tanto da non far superare la soglia del 4% ai due blocchi partitici maggiori e un’ottima depurazione avverrebbe automaticamente. Eppure sono certo che un evento così intelligente non si presenterà, né prossimamente né mai. Avverrà sicuramente l’opposto e il Paese continuerà a scendere lungo la china peggiore senza che le masse di perdizione, tutte intente ad introiettare pubblicità, manco se ne accorgano. Se tra le masse di perdizione un’indefessa pubblicità sottile fa prosperare in tutto il mondo le menzogne religiose, figuriamoci se non può far prosperare quelle politiche!
Per poter avere delle votazioni intelligenti, per espletare questo diritto con consapevolezza corretta, bisognerebbe che le televisioni dedicassero del tempo alla divulgazione della Verità. Del tempo sottratto, magari, alla pubblicità. Credo, però, che i due principali “difetti” della Verità escludano la possibilità di un evento di questo tipo assennato: la Verità non piace al Sistema e soprattutto… il tempo eventualmente dedicato ad Essa non renderebbe quattrini.
Ma… se ogni produzione televisiva può essere ascritta sotto la dicitura “pubblicità” – pubblicità per i partiti politici, per la religione, per le industrie che reggono il Sistema, per la pubblica sicurezza che garantisce l’oppressione progressiva, per le follie della scienza, per il distruttivo turismo di massa, per le personalità degli adepti all’esclusivo clan dell’immagine da schermo e per tutto il resto che interessa al Sistema retto dal potere degl’impostori – perché dovrebbe essere l’utente a pagare un canone e non, invece, addebitarne uno ai beneficiari della pubblicità, che condiziona perfino i telegiornali, da versare agli utenti che la pubblicità devono sorbirsi?
Con il canone, l’utente televisivo non sta pagando né un servizio né un divertimento, sta pagando il proprio condizionamento spiritualmente mortale. Quindi: perché pagare per la propria rovina? Ma, per non pagare sul serio, sarebbe necessario che tutti non pagassero. Come sempre, però, a condizionare la trasformazione in realtà di una buona utopia s’intromette questo “tutti”, con gran goduria degl’impostori che non cesseranno mai di rallegrarsi per l’esistenza dell’opportunità del “divide et impera”, che soltanto la conoscenza universale della Verità potrebbe cassare definitivamente. Il “tutti” non sarà mai possibile fintantoché sussisteranno le masse di perdizione.
A questo punto non posso fare a meno di inserire la voce di Caraco, per sottolineare con una certa veemenza ciò che era già scandalosamente evidente quasi un secolo fa (e ancor prima, se pensiamo all’accurata chiarificazione fatta dagli Illuministi) e che oggi Eugenio Scalfari rimarca con nobile indignazione per l’immutata posizione sociale della Menzogna. “In verità, la massa di perdizione è formata proprio dai credenti (fedeli di qualsiasi religione monoteistica che s’ispiri alla Bibbia), così la loro ricompensa sarà la morte (eterna), e mai ricompensa parve più meritata. Non è bene che ci governino dei ciechi e che essi siano onorati in quanto tali: non è lecito che dei capi di Stato menino vanto della loro superstizione, né che si siano messi a onorare della loro presenza le cerimonie dei culti.”
Non si può proprio riporre fiducia alcuna in chi fa mostra di onorare la Menzogna. Che disgusto! Un’avversione che raggiunge apici d’insopportabilità allorché l’influenza del Male si manifesta in maniera clamorosa e succede che qualcuno si converta alla religiosa menzogna provocando uno scandalo universale col chiassoso concorso del papa stesso. Un papa che, se da un lato parla di “riconciliazione tra religioni” cedendo all’imperativo imposto da impellenti esigenze mondane, dall’altro si compiace di creare scalpore con uno scandalo altamente provocatorio che tradisce il vero carattere della sua intima essenza. Rivelazione che, sebbene irriti parecchio, non sorprende affatto, poiché lo si era già sentito parlare spesso di “pace” mentre l’intero clero statunitense sosteneva le impudenti pianificazioni belliche approntate e messe in atto dall’accolita guerrafondaia capeggiata da Bush figlio e, ancor prima, da Bush padre. Col beneplacito, ovviamente, dello spirito santo.
C’è del grottesco, in definitiva autolesionista, nel far risaltare clamorosamente certe conversioni, perché esse evidenziano soprattutto l’imbecillità di chi non si rende conto di essersi traghettato in pompa magna da una menzogna mortale ad un’altra. Oh, sì, è vero! Taluni se ne rendono conto perfettamente, ma, mossi dalla brama di notorietà e di profitto, se ne fregano altamente.
No, per molti è veramente penoso, pressoché impossibile, convivere, unicamente per costrizione sociale, con chi ha fatto della menzogna una scandalosa condotta di vita.
Bah, vediamo quante altre riflessioni opportune possiamo spiluccare ancora dall’apprezzabile articolo di Scalfari.
“Tutto ciò va evidentemente al di là d'una normale regola di rispetto e dipende dal fatto che in Italia il Vaticano è una potenza politica oltre che religiosa. Ciò spiega anche la dimensione dei finanziamenti e dei privilegi fiscali dei quali gode il Vaticano, la Santa Sede e gli enti ecclesiastici; anche questi senza riscontro alcuno negli altri paesi.” … “La questione cattolica è dunque quella che spiega più d'ogni altra la diversità italiana. Spiega perché noi non saremo mai un "paese normale". Perché una parte rilevante dell'opinione pubblica, della classe politica, dei mezzi di comunicazione, delle stesse istituzioni rappresentative, sono etero-diretti, fanno capo cioè, e sono profondamente influenzati da un potere "altro". Quello è il vero potere forte che perdura anche in tempi in cui la secolarizzazione dei costumi ha ridotto i cattolici praticanti ad una minoranza.” … “La questione cattolica ha attraversato varie fasi che non è questa la sede per ripercorrere. Basti dire che si sono alternate fasi di latenza durante le quali sembrava sopita, e di vivace ed aspra riacutizzazione.” … “Un elemento decisivo della questione cattolica e dell'anomalia che essa rappresenta è costituito dalla dimensione degli interessi economici della Santa Sede e degli enti ecclesiastici, del loro "status" giuridico e addirittura costituzionale (il Trattato del Laterano è stato recepito in blocco con l'articolo 7 della nostra Costituzione) e dei privilegi fiscali, sovvenzioni, immunità che fanno nel loro insieme un sistema di fatto inattaccabile.
Articolo riportato dal quotidiano "La Stampa" del 08/11/2007
Basti pensare che la Santa Sede rappresenta il vertice di un'organizzazione religiosa mondiale e fruisce ovviamente d'un insediamento altrettanto mondiale attraverso la presenza dei Vescovi, delle parrocchie, degli Ordini religiosi, delle Missioni. Ma, intrecciata ad essa c'è uno Stato - sia pure in miniatura - che gode d'un tipo di immunità e di poteri propri di uno Stato e quindi di una soggettività diplomatica gestita attraverso i "nunzi” regolarmente accreditati presso tutti gli altri Stati e presso le organizzazioni internazionali.
Questa doppia elica non esiste in nessun'altra delle Chiese cristiane ed è la conseguenza della struttura piramidale di quella cattolica e della base territoriale da cui trasse origine lo Stato vaticano e il potere temporale dei Papi. Non scomoderemo Machiavelli e Guicciardini, Paolo Sarpi e Pietro Giannone per ricordare quali problemi ha sempre creato il potere temporale nella storia della nazione italiana, nell'impossibilità di realizzare l'unità nazionale quando gli altri paesi europei avevano già da secoli raggiunto la loro ed infine lo scarso senso dello Stato che gli italiani hanno avuto da sempre e continuano abbondantemente a dimostrare. Sarebbe storicamente scorretto attribuire unicamente al potere temporale dei Papi questo deficit di maturità civile degli italiani, ma certo esso ne costituisce uno dei principali elementi.” … “Lo Stato non rappresenta un tema importante per i sacerdoti e per la Chiesa. (e questo non sarebbe un male, se essi, a loro volta, non rappresentassero proprio uno Stato intenzionato ad imporre la propria arroganza e il proprio concetto di oppressione – addirittura oppressione spirituale -. Uno Stato, per giunta, fondato sulla menzogna più di qualsiasi altro Stato laico.). Ancorché i preti e i Vescovi siano cittadini italiani a tutti gli effetti e con tutti i diritti e i doveri dei cittadini italiani, essi sentono di far parte di quel sistema politico-religioso che a causa della sua struttura è totalizzante. La cittadinanza diventa così un fatto marginale e puramente anagrafico; salvo eccezioni individuali, il clero si sente e di fatto risulta una comunità extraterritoriale. Pensare che una delle preoccupazioni di una siffatta comunità sia quella di esortare gli italiani a pagare le tasse è un pensiero peregrino. Li esorta - questo sì - a mettere la barra nella casella che destina l'otto per mille del reddito alla Chiesa. Un miliardo di euro ha fruttato all'episcopato italiano quell'otto per mille nel 2006. Ma esso, come sappiamo, è solo una parte del sostegno dello Stato alla gerarchia, alle diocesi, alle scuole, alle opere di assistenza.” … “La pressione cattolica sullo Stato "laico" italiano è crescente, si avvale di molti mezzi, si manifesta in una pluralità di modi assai difficili da controllare e da arginare.”
Eh, sì: si tratta indubbiamente di un’aggregazione difficile da smantellare, difficile da rendere anche solo inoffensiva, spiritualmente e poi anche politicamente inoffensiva, ma per quanto riguarda la sua petulante pressione nei confronti di un’altra aggregazione che, proprio in quanto aggregazione, cosa buona non può essere, poco me ne cale. La questione che preoccupa e irrita oltremodo è un’altra.
Eccolo, il punto nodale dell’oscena questione: se qualcuno vuole appartenere all’aggregazione che percorre la strada che conduce all’annullamento eterno, affari suoi. Può dispiacere, ma… sono proprio affari suoi. E nessuno avrebbe alcunché di cui lamentarsi. Intollerabile è, invece, che codesta aggregazione avvilisca ripetutamente e indistintamente con le rappresentazioni dei suoi riti e dei suoi atti, con le storie e gli aneddoti dei suoi “santi” improbabili (chi, grazie all’adeguata maturità del proprio spirito avrà accesso all’Universo Spirituale Eterno non ne troverà uno dei tanti venerati nel mondo), con il clamore dei suoi “miracoli” impossibili (questo è un altro tema molto interessante, che facilmente può essere svolto in maniera chiara e inconfutabile) e ampliando la risonanza delle proprie parole per mezzo di media accondiscendenti che dovrebbero essere al servizio di tutti e, per ciò, inderogabilmente tenuti al rispetto della sensibilità di tutti. Il che vuol dire che non si può (potrebbe) buttare in faccia a tutti la menzogna peggiore.
E ancora nessuno troverebbe qualcosa da ridire nei confronti dei media, emittenti televisive in testa, se al tempo interminabile concesso alle manifestazioni della Menzogna corrispondesse altrettanto tempo messo a disposizione dei… Stavo per scrivere “laici”, ma quest’oggi mi sembra un termine troppo vago per definire qualcuno capace d’incidere efficacemente nell’opera di disintegrazione della Menzogna. Infatti, a troppi laici fa comodo che la Chiesa continui ad imbambolare le masse sofferenti, che, altrimenti, potrebbero finanche prendere coscienza di sé e ribellarsi. E perciò è disposto ad accettare che alla Chiesa sia concesso l’ingiusto diritto ad ottenere finanziamenti dallo Stato (elargiti con il denaro della collettività che annovera in sé migliaia e migliaia di famiglie in stato di dolorosa indigenza) e il privilegio assurdo d’interferire nelle decisioni politiche. Quindi, preferisco scrivere così: …altrettanto tempo messo a disposizione di chi è in grado di smascherare la Menzogna e di esporre chiaramente la Verità. L’Unica Verità.
Purtroppo, invece, non sembra proprio albergare, nelle menti di chi controlla e dirige i mezzi di comunicazione di massa, un minimo pensiero rivolto all’equità dell’informazione (ammesso per conciliazione sociale che sia cosa equa concedere ugual tempo e spazio tanto alla parola della Menzogna quanto a quella della Verità). Il mantenimento di una disparità assoluta tra la visibilità della Menzogna e quella della Verità, però, comporta un guaio sociale piuttosto serio: in questo ignominioso stato di cose, chi è a conoscenza della Verità non può proprio portare rispetto nei confronti di chi sbandiera la propria fede nella Menzogna avvalendosi con arroganza infinita dell’assenza di un adeguato contraddittorio che lo sbugiardi e lo svergogni pubblicamente.
Scrive Russell: “«Gli argomenti che si adducono per dimostrare l’esistenza di Dio cambiano le loro caratteristiche a mano a mano che il tempo avanza. In principio erano ardue argomentazioni intellettuali che contenevano alcuni errori di ragionamento ben definibili. A mano a mano che ci approssimiamo ai tempi moderni, diventano meno rispettabili intellettualmente e sempre più influenzate da vaghe tendenze moraleggianti.»”
Per colmo massimo, in un clima ‘sì fatto succede pure che chiunque tenti di parlare della Verità agl’insipienti, completamente immersi nella Menzogna, si senta redarguire per il fatto di non dimostrare sufficiente rispetto per chi crede nei dogmi della Chiesa. Viene tirata in ballo la solita locuzione: «Bisogna rispettare le opinioni altrui.», ma, caspita!, una mente sana, solo un pochino sana, dovrebbe accorgersi immediatamente che in questo caso la si tira in ballo a sproposito e, per conto mio, con intenzioni fraudolente abbarbicate al proprio interesse. Un’opinione può essere considerata questa: «Un padre deve fare il padre con i propri figli e mostrarsi severo nel suo ruolo.», oppure questa: «No, il padre dev’essere amico dei propri figli e fare ricorso alla severità il meno possibile.». Di questo tipo sono le opinioni che meritano rispetto e sulla cui divergenza si può discutere senza animosità per giungere infine – attenzione a quel che dico ora perché si tratta di un concetto che obbligatoriamente dev’essere tenuto presente in ogni scontro tra idee, in quanto, se disatteso, vanificherebbe il valore stesso sia dell’apprendimento che del sapere – ad individuare, ad accettare e ad assimilare l’opinione risultata migliore dai ragionamenti. Questo dev’essere l’atteggiamento mentale di uno spirito aperto, non fossilizzatosi nelle statiche pietre prive di valore sparse dalla menzogna. E già l’aver fatto questa precisazione, che non può essere inficiata da nessuno, mette in cattiva luce chiunque pontifichi dicendo «Bisogna rispettare le opinioni altrui.», quasi sempre con il malcelato intento di far rispettare le sue opinioni, mentre poco gl’importa chiarire con un contraddittorio serio se le sue opinioni siano o non siano delle balordaggini da gettare tosto nell’immondizia.
Voglio soffermarmi ancora per qualche riga sulla questione inerente alle opinioni da rispettare o meno, senza alcuna pretesa di essere esaustivo in codesta occasione di scrittura. Comunque, per chiunque sappia ragionare con rettitudine e comprendere, anche pochi spunti di meditazione possono bastare.
Nel momento in cui un tizio esprimesse una propria opinione dicendo: «L’invasione dell’Iraq è stata una cosa buona e giusta che andava fatta per il bene dell’Umanità.», soltanto un demente potrebbe provare un sentimento di onesto rispetto per questa affermazione. Per quanto mi riguarda, lo considererei correo nel reato di strage programmata e, se insistesse, non so quali reazioni avrei. Certamente non di rispetto. Ci sono i Valori Naturali Assoluti a stabilire la Verità, la quale bolla codesta opinione con il marchio d’infamia. La Verità evidenzia che ci sono stati, e ancora ci sono, degli esseri in divisa che sono andati in territorio altrui ad ammazzare persone dalle quali queste divise non avevano ricevuto nessun oltraggio, neanche minimo. «Ma la Patria ci ha chiesto…» Obiezione del cavolo! Poco importa cosa stabiliscono gli uomini. La Natura sancisce che la responsabilità delle proprie azioni è… non sarebbe neanche da scrivere un pleonasmo di questo genere, urtante per quanto è straevidente… è personale e basta. Non c’è comando impartito da uomo che possa invalidare un Valore Assoluto determinato da Onniscienza e Onnipotenza, le Quali hanno contemplato nell’Uomo la capacità di rifiutare, ovvero la capacità di disubbidire quando è naturalmente giusto disubbidire. Disubbidire ad oltranza. Inoltre: non è la Patria a dover maturare il proprio spirito secondo le Finalità Esistenziali. Non è la Patria, insomma, destinata ad accedere o a non accedere all’Universo Spirituale Eterno. L’esistenza presa in considerazione dall’Ordine delle Cose è quella di ogni singolo individuo, mai quella, naturalmente e assolutamente insignificante, di una aggregazione. Non si entra nell'Universo Spirituale Eterno in comitiva e tanto meno si può sperare nell’accesso per il fatto di essere stati in vita elementi di un gregge.
“Il mondo nasce per ognun che nasce al mondo.”, Giovanni Pascoli. Bah, così dovrebbe essere, secondo il Senso della Vita. Maledette aggregazioni! Maledette le loro opere diaboliche!
Ugualmente alle opinioni testé vagliate, non credo proprio che meriterebbe rispetto l’opinione di chi sostenesse, contro ogni evidenza, che “i campi di sterminio nazisti non ci sono mai stati” oppure che “Guantanamo è un centro del benessere”. Quindi, appare del tutto lampante che l’abusata locuzione “Bisogna rispettare le opinioni altrui.” vada presa con le pinze, in quanto di valore troppo relativo, ben lungi dall’essere universale e dal poter essere considerato un punto fermo su cui basare una condotta esistenziale corretta. Ma ciò che elimina definitivamente ogni parvenza di regola comportamentale dalla locuzione “Bisogna rispettare le opinioni altrui.”, abusata più che altro dai cattolici per non dover affrontare una disamina approfondita che frantumerebbe il loro credo, lo si può evincere dall’osservazione di come non venga rispettato il paganesimo. Giustamente, poiché è stato riscontrato a sufficienza che trattasi di una falsità, in molti suoi aspetti addirittura ridicola.
Eppure il paganesimo, se giudiziosamente confrontato con il cristianesimo, o l’islamismo o l’ebraismo, risulta assai migliore, più accettabile, proprio per quanto riguarda i suoi dettami esistenziali, decisamente in armonia maggiore con la Natura e le Finalità Esistenziali. Le forme di paganesimo primordiale, poi, addirittura trasudavano abbondante rispetto per l’ambiente, che è stato consegnato all’Uomo affinché lo conservasse intatto per ogni generazione a venire, essendo l’ambiente naturale l’unica palestra adatta e possibile per il compimento dell’esperienza dello Spirito nella Materia. E neanche nei confronti delle opinioni degli atei, mi sembra che venga usato rispetto da parte dei credenti. Eppure io stesso, che pure ho la conoscenza precisa di tutti i dati che mi permettono di asserire con sicurezza che ragionevolmente non si può essere atei (nel senso di negazione assoluta della presenza di un’Entità Creatrice), devo ammettere che il concetto principale dell’ateismo, cioè che dopo la morte del corpo c’è il Nulla, se si fosse diffuso universalmente, avrebbe innalzato di molto il livello di ponderata considerazione per la vita terrena dell’uomo. Un forte sentimento di reale preziosità della vita, infuso dalla precisa cognizione dell’irripetibile possesso, fine a se stesso, dell’unicità del proprio corpo, avrebbe pervaso la coscienza collettiva e avrebbe agito in modo tale da rendere l’uomo incline ad evitare molte guerre, senz’altro molte uccisioni, comprese quelle conseguenti alle condanne a morte. Inoltre, l’uomo avrebbe potuto vivere appieno almeno la sua dimensione terrena. Bisogna ammettere, però, che l’ateismo puro non sarebbe riuscito, e continua a non riuscirci, a rimuovere l’inquietudine che angustia l’uomo e che può essere placata soltanto dalla conoscenza della Verità Naturale e dalla possibilità di poterla praticare. D’altro canto, se vogliamo ben vedere, le religioni, occupandosi dell’inquietudine umana, hanno instaurato una condizione peggiore. “La teologia cristiana – ad esempio – o almeno quella agostiniana, riconosce nell’inquietudine e nello scontento dell’uomo, nel “cor irrequietum”, la fonte psicologica del processo storico.”
Mi si lasci interrompere l’analisi di Brown, perché mi preme dire che, ogni qualvolta mi capita di essere stimolato a pensare che il Progresso Umano, ovvero la Storia dell’Uomo, si è mosso sotto le insegne dell’inquietudine e dello scontento , vengo assalito da dei brividi fortissimi che, se soltanto fossi un po’ meno saldo, mi potrebbero precipitare nella disperazione, per il sol fatto di essere capitato involontariamente in un mondo così tanto disgraziato (o un mondo di disgraziati?).
“Ma per spiegare l’origine di tale scontento e per indicare una soluzione, la teologia cristiana è costretta (il verbo “costringere” offre qui una buona occasione di meditazione sulla qualità di codesta dottrina) a togliere l’uomo dal suo mondo reale, dal regno animale, e a inculcargli deliri di grandezza. In tal modo la teologia cristiana commette il suo più grave peccato d’orgoglio. … Il processo storico poggia dunque sul desiderio dell’uomo di divenire altro da ciò che è.”
E, finché tale desiderio innaturale (“pervertito” sarebbe un termine più consono, perché si tratta del risultato di un processo di “trasfigurazione” molto lungo che ha fissato una nevrosi collettiva), fatto penetrare nelle “civiltà” da uomini soggiogati dal Male, verrà alimentato da chi ha interesse che la mistificazione e la menzogna inculcate precocemente continuino ad imperare con la potenza originaria, l’umana speranza di felicità rimarrà una tristissima chimera.
“Forse oggi l'obiettivo non è scoprire quello che siamo, ma rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire ciò che potremmo diventare.”, ha asserito con acume Michel Foucault, il che significa che si dovrebbe riscoprire e ridiventare in fretta ciò che eravamo in seno alla Natura. Diversamente, l’angosciosa melanconia, “divinamente” manifestata da Schopenhauer, permarrà: “Se ad un Dio si deve questo mondo, non ci terrei ad essere quel Dio: l'infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore.”, e l’Umanità intera finirà per trovarsi disperatamente concorde con l’opinione di Jean Rostand: “Sono ottimista sul futuro del pessimismo.”.
Ora, non solo per i raffronti che ho fatto, che nella questione del rispetto evidenziano come al meglio venga privilegiato il peggio, bensì per i tanti altri ragionamenti assolutamente puliti che confermano la giusta individuazione del peggio, ora voglio dire che portare rispetto per certe opinioni equivarrebbe ad onorare la menzogna e fare il gioco del Male. Non si tratta di onorare una cosa di valenza negativa di poco conto , si tratta di onorare una truffa ai danni dello spirito, al quale viene celato il vero orizzonte a cui dovrebbe tendere, e, quindi, non credo che ci sia crimine più grave di quello perpetrato dai fautori delle tre religioni monoteistiche ancora in auge ai giorni nostri. Perciò, ben lungi dal rimanere inerti per questioni di rispetto ipocrita, bisogna perseverare onestamente nel dar voce sempre più forte alla Verità, l’unico fattore capace di dissolvere la menzogna e, se quest’ultima, incolpando sciaguratamente la Verità, lamenta una mancanza di rispetto nei propri confronti, è spiritualmente vitale rimarcarle con minuziosità finanche irriverente la sua mancanza di riguardo, la sua cinica indifferenza per il fallimento dell’unica irripetibile occasione di esistenza di milioni di esseri umani.
Sarebbe auspicabile, però, che questa assurda contrapposizione tra Verità e Menzogna non si protraesse per lungo tempo ancora, perché in una società, questa contrapposizione di assenze di rispetto può essere paragonata a un focolaio che produce faville incontrollabili anche quando sembra assopito sotto la soffocante cenere sparsa in abbondanza dalle leggi le quali, per volontà del Potere interessato, proteggono la menzogna e condannano chi tenta di divulgare la Verità, ancorché Essa si dimostri inconfutabile al di là di ogni ragionevole dubbio.
Intanto, può risultare di qualche interesse speculativo osservare l’evolversi di un certo stato di cose in seno alla società italiana, cattolica per eccellenza. E, per una volta, mi va di osservarlo in maniera indiretta, ovvero tramite il filtro di due articoli apparsi sul quotidiano La Stampa, giornale che vado viepiù apprezzando per la diversificata molteplicità delle “campane” che vi risuonano. Comunque, non è che, per il fatto particolare di riportare degli articoli dal contenuto nient’affatto determinativo, mi si offuschi la visione della realtà che mi proviene dall’ascolto di innumerevoli discorsi fatti dalla gente. Discorsi, che indicano inequivocabilmente nell’80% la percentuale del cambiamento di rotta preso in esame. Il restante 20% è formato da individui che rimangono abbarbicati alla tradizione per il proprio interesse mondano o per il proprio stato di disperazione ottenebrante.
“I dati statistici sulla fiducia degli italiani nella Chiesa hanno dato vita a un parapiglia (non a un aumento del rispetto) peraltro vedendo contrapposti tra loro esponenti del mondo cattolico. L’uno contro l’altro armati (certamente non di rispetto), da una parte chi non crede al fatto che la Chiesa stia rapidamente perdendo terreno nella stima degli italiani, dall’altra i ricercatori che invece confermano tale tendenza, desunta dai propri risultati d’indagine. Con un editoriale a due pagine, piene di dati e di opinioni di sociologi ed esperti di marketing (“marketing”?! Eh, già, si tratta di mantenere vivo l’interesse per un prodotto che fin qui ha reso molto.) è stato il quotidiano "Avvenire", di proprietà dell’episcopato italiano, a contestare i dati della recente ricerca Eurispes, secondo cui la Chiesa cattolica starebbe bruscamente perdendo consenso, scendendo al di sotto del 50 per cento nella fiducia degli italiani e perdendo dieci punti percentuali in pochi mesi: dal 60,7 per cento del 2007 al 49,7 per cento del 2008 (E io vorrei interrogare questo 49, 7 per cento su quanto conosce della dottrina in cui ripone la propria fede. In un secondo tempo, constatata, come io credo, un’ignoranza pressoché assoluta, mi piacerebbe che questo 49,7 per cento venisse edotto esaurientemente e onestamente per appurare quanto si assottiglierebbe di botto la sua consistenza.) Si tratta, accusa il giornale, di “operazioni mistificatorie sulla Chiesa e il suo rapporto con gl’italiani” (Sempre la solita storia! Sempre la solita scusante! E poi: da che pulpito arriva l’accusa di “mistificazione”! Inoltre, mi sembra alquanto azzardato accusare di mistificazione proprio l’Eurispes.). Quelle dell’Eurispes sono cifre “in opposizione” a quelle degli altri istituti di ricerca demoscopia, ha scritto il giornale dei vescovi, citando l’Eurisko, che parla di una fiducia al 60%, l’Ipsos che attesta la Chiesa al 66%, infine Nicola Piepoli, che parla del 72%.”
Ed ovviamente, se il giornale dei vescovi avesse riportato direttamente anche la “rilevazione” o “rivelazione” demoscopica del papa, si sarebbe parlato del 100%. Oppure no? I tempi di certe “rivelazioni” sono definitivamente passati? Stando alle recenti parole di Benedetto XV, sembrerebbe di sì. “«Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini senza speranza e senza Dio in questo mondo. … Le idee, gli stili di vita, le leggi, gli orientamenti complessivi della società in cui viviamo, e l’immagine che essa dà di se stessa attraverso i mezzi di comunicazione, esercitano un grande influsso sulla formazione delle nuove generazioni, per il bene, ma spesso anche per il male. … C’è bisogno del contributo di ognuno di noi, di ogni persona, famiglia o gruppo sociale, perché la società, a cominciare da questa nostra città di Roma, diventi un ambiente più favorevole all’educazione.»” (LA REPUBBLICA.IT)
L’altro articolo consiste dell’intervista rilasciata dall’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti a Giacomo Galeazzi del quotidiano La Stampa. Il titolo dell’articolo è “La Chiesa sbaglia a seguire i teocon.” e io ne riporto alcuni brani che considero salienti.
“L’arcivescovo: «Domenica, durante l’Angelus a San Pietro, il Papa è stato molto contenuto nel suo intervento, malgrado le bandiere in piazza.»
Il giornalista: «Bandiere come a un comizio politico?»
L’arcivescovo: «Purtroppo sono i movimenti cattolici che hanno questa mania degli striscioni e delle bandiere (Come i tifosi del calcio?! Niente di mistico e tanto di mondano e di mondano pericoloso, come lo sono tutte le bandiere. “Portò alta la propria bandiera... per non doverla vedere.”, ha scritto Stanislaw Jerzy Lec, dischiudendo con queste parole un ampio orizzonte infestato da mostruosità di ogni genere.). Ovunque vadano non sono capaci di stare normalmente in mezzo alla gente. (Beh, se perfino un arcivescovo se n’è accorto…) Malauguratamente, le associazioni e i movimenti ecclesiali hanno questa mania di presenzialismo e di visibilità (Alla faccia del rispetto che esige discrezione!) e così si diventa più papalini del Papa. C’è il rischio di un effetto boomerang che faccia rinascere umori anticlericali.»”
Eh, già, può succedere che lieviti il numero delle persone che si mettano a pensare similmente a Havelock Ellis: “L'intero carattere religioso del mondo moderno si deve alla mancanza di un manicomio a Gerusalemme.”
“Il giornalista: «In Spagna, dopo la sovra-esposizione della Chiesa con Aznar, è arrivato Zapatero. In Italia?»
L’arcivescovo: «E’ possibile anche qui che tutta questa presenza cattolica nella vita pubblica ottenga il risultato opposto a quello sperato (Che forza, questa dottrina mistica indissolubilmente legata alla politica mondana! E del resto è stato detto dai sacerdoti esseni per bocca di qualcuno: “Date a Cesare quel ch’è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.”. E va be’, ma, in verità, cos’è che appartiene a Cesare e non a Dio?). (vedi il e il post) Di sicuro bisogna stare attenti a non esasperare le divisioni e a non alzare troppi steccati (altrimenti si perdono troppi clienti). … Per tradizione (?) la Chiesa italiana ha sempre saputo dialogare anche in contesti radicalmente laici e con i “mangiapreti” (da quando non le è stato più permesso di arrostirli, però).»
Il giornalista: «E se invece continua il muro contro muro?»
L’arcivescovo: «Il grosso pericolo e l’errore è che la Chiesa si faccia dettare l’agenda dagli atei devoti e dai teocon. Tanto più che sulla cattolicità di queste persone si può avere più di qualche dubbio. Guai se la Chiesa dovesse farsi difendere da loro! Dobbiamo stare attenti che la fede non diventi “instrumentum regni” (lo è sempre stata) per chi, invece di servire la Chiesa, se ne serve in logiche di potere.»
Il giornalista: «Colpa anche dei politici cattolici?»
L’arcivescovo: «Se dobbiamo andare dietro alle bandiere degli atei devoti (nel campo giornalistico Oriana Fallaci era una di questi, tanto per intenderci) e dei teocon, c’è di che temere. E’ sicuramente un errore che vengano avanti gli opportunisti che approfittano delle situazioni di crisi per consolidare questa difesa della Chiesa, che poi è molto superficiale e molto formale. E che poi, in realtà, è una difesa di se stessi (vedi Casini e Mastella che spiccano tra i tanti).»
Il giornalista: «Con quali pericoli?»
L’arcivescovo: «Se non stiamo attenti, la Chiesa rischia di essere tirata dentro in una guerra per bande (“destino” comune a tutte e tre le religioni monoteistiche. Il Male non può produrre cose buone.) e non c’è mai un momento in cui si possa fare una verifica seria e anche spietata su certi orientamenti.»”
Non predica mica tanto male, l’arcivescovo. Chissà come razzola.
Almeno, sempre parlando di rispetto, si limitassero a seguire i consigli offerti dai testi che adorano, questi seguaci della dottrina mortale!
Il Cristo consiglia: “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare ritti nelle sinagoghe (i cristiani nelle chiese) e negli angoli delle piazze (vedi islamici) per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecare parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole (Quante preghiere ha inventato la Chiesa!). Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.” (Matteo, 6 : 5-8)
(Infatti, i bambini che muoiono per denutrizione non hanno bisogno di nulla, altrimenti il Padre lo saprebbe. Oppure il guaio sta solo nel fatto che non sanno pregare? Uhm, in certi Paesi, i piccoli che hanno imparato a pregare muoiono di stenti prima di altri. Oppure muoiono per qualche altra causa che prima dell’avvento della preghiera cristiana non c’era. Come in Indonesia e dintorni. Colà gl’indigeni vivevano pressoché nudi, il che era un modo di essere adeguato al clima altamente umido di quei luoghi. Poi impararono a pregare il dio cristiano e per pregare dovettero vestirsi, perché il dio cristiano ha orrore dei corpi che ha “creato”. La nudità di questi l’offende gravemente. Risultato: l’umidità ha intriso il vestiario portato addosso per ore e ore e la popolazione indigena è stata falcidiata da malattie specifiche. In gran numero quelle polmonari. – Sia chiaro, nonostante il mio discorso molto circoscritto: l’Islam ha fatto anche di peggio e, per quanto riguarda l’Ebraismo… beh, basti dire che è il capostipite di Cristianesimo e Islamismo. – In altri luoghi, i missionari bianchi hanno importato germi patogeni di ogni genere, che il sistema immunitario degli indigeni non aveva mai conosciuto prima. Altre stragi. Quanti uomini buttati via!)
Macchè! Non seguono consigli di sorta, che provengano dal loro credo, i cristiani. Forse perché il loro inconscio sa perfettamente che si tratta di bubbole e, quindi, non ne tiene conto nel farli agire.Nel merito della questione c’è una dissertazione del premio Nobel Bertrand Russell che, pur non essendo particolarmente importante, può servire a rinfrescare la memoria in alcuni, meno refrattari di altri al pensiero indagatore e introspettivo.
“Ora voglio dire qualche parola a proposito di un argomento che, mi sembra, i razionalisti non approfondiscano affatto quanto sarebbe opportuno, vale a dire la questione se Cristo sia stato il migliore e il più saggio degli uomini. In genere si dà per scontato che dovremmo concordare tutti sul fatto che così è. (Per educazione ricevuta, ahinoi! E per consuetudine sociale… doppio ahinoi! Quanti uomini buttati via!) Quanto a me, io non sono d’accordo. Per quel che mi riguarda, non posso ritenere che Cristo, sia quanto a sapienza sia quanto a virtù, si trovi allo stesso livello di altri personaggi noti della Storia. Penso che, sotto questi aspetti, gli potrei anteporre Budda (simbolo al pari di “Cristo”) e Socrate. Penso che vi siano veramente moltissimi punti sui quali mi trovo d’accordo con Cristo ben più di quanto facciano coloro che si professano cristiani. Ma non so se riuscirei ad andare d’accordo con lui fino in fondo, però potrei andare d’accordo con lui molto di più di quanto non possa la maggioranza di coloro che si professano cristiani. Ricorderete che lui disse: «Io vi dico di non opporvi al male: anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra.» Questo non è un precetto nuovo né un nuovo principio. Era stato usato da Lao-Tze e da Budda cinque o seicento anni prima di Cristo, però non è un principio che i cristiani accettino effettivamente. Non dubito, per esempio, che l’attuale Primo Ministro sia un cristiano più che sincero, tuttavia non consiglierei a nessuno di voi di andare a percuoterlo su una guancia. Ho idea che potreste scoprire che lui pensi che il passo in questione vada inteso in senso figurato.”
Gl’istinti naturali - in questo caso l’istinto di reazione - non possono essere eliminati: sono stati posti in noi con Onniscienza e Onnipotenza. Per quanto si cerchi di reprimerli, si ripresentano puntualmente nel corso di un’esistenza. Talvolta, si può riuscire a pervertirli facendo puntigliosa leva sulla ragione che, purtroppo, è parecchio influenzabile dalle parole, poiché solo di parole incerte rimane fatta allorché s’interrompe, quasi sempre per decesso dello spirito, il processo d’intuizione ad immagini, che è l’essenza del dialogo tra mente e spirito. Proposito iniquo, la volontà di pervertirli, in cui le religioni hanno profuso gran parte delle loro energie confessionali, ma, proprio quando si crede di averli pervertiti in maniera conveniente, magari “sublimandoli”, ecco che si manifestano copiose le oscene conseguenze della perversione attuata. Vedi pedofilia, omosessualità e tutto il resto, non escluse ignavia mortale, vigliaccheria succube, freddezza noncurante e nevrosi esistenziale.
“Tre ore di interrogatorio e poi l'arresto: M.C., vice parroco trentatrenne della Chiesa del SS. Salvatore di Casal di Principe (Caserta) è in carcere con l'accusa di violenza sessuale su di un bambino di 12 anni. Una pattuglia di carabinieri, dopo una segnalazione telefonica, ha sorpreso il sacerdote, insegnante di religione in una scuola media dell'istituto comprensivo di Villa Literno, fermo in auto su di un lato di una strada di campagna, a poca distanza dalla provinciale Casal di Principe-Castelvolturno, disteso sul sedile della vettura con a fianco il ragazzo. Accortosi della presenza dei militari il sacerdote è fuggito, ma è stato raggiunto dopo qualche chilometro ed arrestato. Il gip del Tribunale di S. Maria Capua, Raffaele Piccirillo ha confermato l'arresto a conclusione di un interrogatorio nel corso del quale, secondo quanto si è appreso, il sacerdote non è riuscito a contestare le accuse degli investigatori; un impianto accusatorio molto articolato, basato anche sul racconto del bambino, effettuato con l'ausilio di una assistente sociale.” (Agr – CORRIERE DELLA SERA.IT)
Questo articolo dell’altro ieri è l’ultimo di una lunga serie che riguarda la schifosa perversione che si è fatta despote di centinaia e centinaia di uomini che hanno ripudiato l’unione naturale con la donna. Desiderando sinceramente che certe cronache stomachevoli cessino di apparire sulle pagine dei quotidiani, sarebbe opportuno che la tradizione, quella che affonda le proprie radici in un pantano che nulla ha di naturale, venisse abbandonata e sprofondasse rapidamente nell’oblio. Non si può mantenere in essere una dottrina complessivamente avversa a tutti gl’Istinti Naturali, da Onniscienza e Onnipotenza posti in ogni essere vivente secondo la sua specifica natura, vegetale o animale che sia, e continuare a sperare che non succeda nulla di brutto, che l’obbrobrio non affiori e non dilaghi nello stagno innaturale.
Per scoprire l’orrido di certe dottrine, è saggio scovare ed esaminare il tristo messaggio contenuto in alcuni brani tratti dai testi che una determinata dottrina ritiene “sacri”. Ad una prima lettura non s’intuisce la ragione per cui, in una scritto imbastito per irretire e sottomettere gli animi, debbano comparire dei dettagli che con la dottrina in sé non hanno relazione alcuna. Meditandoci su, però, si riesce presto ad intuire che l’impulso del Male, nell’instillare nell’uomo la passione per i suoi “vizi” prediletti, è di una potenza irrefrenabile, tale da mettere a repentaglio perfino il “valore” che gli autori vorrebbero far risplendere nella loro dottrina. Ne citerò ad esempio uno tra i tanti e poi, senza formulare commenti di fronte all’evidenza, riprenderò ad ascoltare Russell.
“E subito, mentre ancora parlava (Gesù), arrivò Giuda, uno dei dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. … Tutti allora lo abbandonarono e fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e le guardie lo fermarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.” (MARCO, 14 : 43-52)
Una consolazione sempre pronta, sempre a portata di mano, o l’ultimo desiderio del condannato a morte? Si tratta di un particolare, un irrefrenabile “prurito” di Marco ovvero dei sacerdoti Esseni coperti da questo nome, che nulla aggiunge alla dottrina, ma che, per contro, getta un’ombra di discredito perfino sulla locuzione “lasciate che i bimbi vengano a me”, a prima vista di contenuto innocente. Era davvero indispensabile descrivere fatti di questo genere in un testo dottrinale? Si può “giustificare” questa sconvenienza solo se la si considera come indice di una “convinzione” profonda e smaniosa, che nella mente del lettore richiama la fondatezza di un vecchio detto popolare: “Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.”. E nei secoli una moltitudine si è autogiustificata pensando: «Beh, se era una passione del Cristo, non si vede un perché che giustifichi la condanna per questa nostra stessa passione.»
“Vi è poi un altro punto che considero eccellente. – prosegue Russell - Ricorderete che Cristo ha detto: «Non giudicate e non sarete giudicati.». Non credo che troverete che questo principio sia molto popolare nei tribunali dei paesi cristiani. Ai miei tempi ho conosciuto un buon numero di giudici che erano cristiani e nessuno di loro aveva la sensazione di agire contrariamente ai principi cristiani facendo quello che faceva.”
Chi ricorda la lettera di san Paolo ai Romani? E, nello specifico, codesto brano: “Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché, mentre giudichi gli altri, condanni te stesso.”?
Su questo punto, però, non dobbiamo lasciarci ingannare: dicono «Non giudicate!», ma nel contempo condannano all'inferno tutti coloro i quali intralciano il loro programmi mondani.
E vi sovvengono pure le parole di Caraco che ho citato in precedenza? “Sicché tutti crediamo di agire bene e facciamo a chi s’inganna di più.”
Per giunta, qui siamo al classico punto di grande importanza esplicativa, in cui, come a suo tempo ha ben spiegato Theodor Wiesengrund Adorno, “la menzogna sconfessa la menzogna”. Precisamente!
Dato che una società non può sussistere senza tribunali, ci troviamo posti ad un bivio: o il principio sbagliato è quello cristiano oppure l’errore è costituito dalla società bisognosa di giudicare e - questa è la parte grave del giudizio, che altrimenti sarebbe un fatto naturale equiparabile all’espressione di un “parere” - di punire. Ed è al cospetto di questo bivio che l’ordine dell’aggregazione si sgretola e crolla svelando il caos mortale che tentava di nascondere per mantenersi in essere. Infatti, qualsiasi delle due strade intendesse scegliere il nostro intelletto per percorrerla come giusta, lungo il cammino si troverebbe comunque a supportare unicamente la falsità. Il bivio è un bivio apparente, fittizio: in realtà non c’è possibilità di una scelta naturalmente giusta. In una società, se non è questo è quello che t’inganna e ti “fotte” il cervello. L’intelletto umano deviato ne ha posti parecchi, di bivi/scelta di tale fattura maligna, nel caos che ha viepiù accresciuto e che chiama “ordine” e perciò non è facile districarsi nel labirinto di bivi in cui per forza dobbiamo muoverci dal momento che siamo involontariamente nati in seno a il “tutto stabilito a priori” da altri.
Chi con mente e spirito svegli ha già dovuto percorrere le anguste strettoie del labirinto sociale approntato dal Potere può asserire con fermezza che il labirinto va ignorato in toto, che l’unica strada valida è quella dai cui lati il labirinto non lo si scorge mai, neanche in lontananza. Ma, per chi deve ancora percorrerlo e per chi è rimasto intrappolato in esso, è impresa impossibile attraversarlo da soli e uscirne indenni ovvero non mortalmente stravolti nell’intimo. A costoro occorre un soccorso che, però, non possono aspettarsi di ricevere direttamente da altri uomini. I migliori tra gli uomini possono fornir loro il filo d’Arianna giusto, ma sta a chi lo riceve riconoscere e convincersi che si tratta veramente del filo giusto, quello da seguire con animo sereno poiché i dubbi sul peccato e su l’errore si sono dissolti. E per questa verifica vitale è necessaria una profonda meditazione, aiutata dall’unica Entità che può soccorrere sinceramente l’uomo: la Natura, con la sua Verità e con i suoi Valori Assoluti. Se si è disposti a sprofondare nella meditazione, dimenticando l’istruzione ricevuta dal Potere e accettando l’eventualità di dover ammettere di aver sbagliato tutto nella vita condotta fino a quel momento, si può cominciare col dire: «Per me è giusto il principio cristiano “non giudicare e non sarai giudicato”.». Ma l’indirizzo fornito dagli uomini saggi farà capire che nessuno sarà giudicato, poiché ogni giudizio sullo spirito di chiunque si ritorcerebbe fatalmente contro l’Entità Creatrice. Onniscienza e Onnipotenza non possono commettere errori così tanto pacchiani: non possono commettere errori e basta.
Qui il discorso si fa affascinante e io vorrei poterlo svolgere in tutta quella sua completezza convincente che sa far risplendere di luce ferma, sicura, la Verità. Vorrei spiegare come e perché, al termine dei giorni terreni di ognuno, c’è un “premio” che non è un premio e una “punizione” che punizione non è, e che trattasi di effetti di un “automatismo” in assenza del Tempo e non effetti conseguenti a un “giudizio”. Ma, come ho già ripetuto più di una volta, mi sono prospettato di non approfondire i concetti relativi a certi argomenti, per il momento, e quindi mi sono limitato a proporre la minore delle Ragioni che permettono di comprendere che il concetto cristiano in esame appartiene a una dottrina che intende falsificare la questione metafisica per interessi poco nobili, che non sarà difficile individuare e classificare come del tutto terreni.
Giunti a questo punto, si può ricominciare la meditazione dicendo: «Questo concetto del “non giudicare” è fumo che ottenebra. Per me la società è una cosa buona e trovo giusto il suo modo di giudicare e punire.» Ancora una volta interverranno gli uomini saggi a far comprendere che, essendo stata messa in atto nell’Infinito l’Iperbole della Diversità – quindi un’Iperbole senza fine – la sola locuzione “la Legge è uguale per tutti” sott’intende un concetto che è una delle peggiori balordaggini che la mente umana abbia partorito per permettere al Potere di punire a piacimento e indiscriminatamente. Potere, di per se stesso incapace, ovviamente, di giudicare con discernimento, diversificando le proprie leggi a seconda della struttura psicofisica e spirituale dell’imputato di turno. E, quante vittime abbia fatto questo concetto malsano di “falsa uguaglianza”, solamente l’Infinito lo sa. Per giudicare in maniera giusta, e quindi diversificata all’infinito, l’Uomo dovrebbe possedere almeno l’Onniscienza che, invece, per qualche buon motivo non gli è stata data in dote. Se la stessa Entità Creatrice non si permette di giudicare le proprie creature, poiché giudicando la loro fattura non farebbe altro che giudicare soltanto Se Stessa, non vedo una sola ragione che legittimi naturalmente un uomo nato da donna a giudicare un altro uomo nato da donna, intendendo il termine “giudicare” come l’espressione di un “giudizio” o “parere” volto ad infliggere una "punizione".
A monte del giudicare per punire ci sta da sempre soltanto l’arroganza del Potere che esige protezione per se stesso e per chi lo sostiene e per surplus pretende pure ubbidienza incondizionata alla propria volontà. Una volontà che esige e pretende in completo spregio degli Istinti, in primis non rispettando con la dovuta prudenza l’Istinto di Reazione che addirittura viene condannato, e quindi in spregio completo di Onniscienza e Onnipotenza che li hanno posti nell’essere umano. Se il Potere sapesse rispettare anche soltanto l’Istinto di Reazione, se non lo provocasse in alcun modo, già si potrebbe vivere in un mondo assai migliore dell’odierno. Ma, se fosse capace di questa premura, umanitaria prima ancora che umana, non sarebbe più il Potere, ovvero quel Potere che trova la sua prima ragione di essere nel guastare la vita altrui. L’unica, irripetibile, occasione di vita.
Oh! Che giovamento si otterrebbe in ogni campo dell’Esistenza Umana, se invece d’insistere sull’uguaglianza artificiale, voluta dalle società degli uomini, si cominciasse universalmente a riflettere e parlare sempre più spesso della diversità naturale, voluta dall’Entità Creatrice! (Il che, tra i benefici secondari, ci libererebbe gli occhi dalla vista dell’obbrobrio deambulante delle "femmine in divisa".)
Comunque, il saggio non scorda mai che qualsiasi uomo, per sua stessa natura, è di valore nettamente superiore a quello rappresentato da qualsivoglia legge formulata dall’uomo stesso. Le leggi, le formula la ragione, ben poca cosa rispetto allo spirito e agli istinti con cui esso s’esprime.
Per fare delle considerazioni ulteriori, un po’ meno metafisiche, è necessario porsi dei quesiti semplici e meditare sullo svolgimento delle risposte, fino a quando la mente non riesca a vedere l’essenza delle cose terrene in maniera nitida.
Ad esempio: «Possono essere giudicate le azioni di un uomo dopo che è stato privato della disponibilità naturale di aria sana, di acqua incontaminata e di terreno non avvelenato, da cui ricavare il proprio sostentamento senza l’uso del denaro?» Eppure, a garanzia Onnisciente e Onnipotente di questi tre beni, e non soltanto di questi, c’è l’involontarietà della nascita di ognuno. Che l’uomo abbia disposto le cose diversamente, non fa sì che la Verità cambi. Neanche minimamente. La Menzogna varia spesso, pur non diversificandosi mai nella sostanza, la Verità, invece, è immutabile sia nella forma che nella sostanza. Non si fa plasmare dai ghiribizzi evolutivi di una qualsiasi società.
«E’ plausibile che un uomo venga colpevolizzato perché non rispettoso delle regole e leggi sociali e che questa sua ipotetica colpa gli venga addossata nonostante l’assenza dell’alternativa "dentro la società o fuori dalla società"?» Il “fuori” non c’è, la società occupa ogni luogo, e quindi non c’è alcuna possibilità di scelta. Soltanto se un “fuori” equo ci fosse, si potrebbe legittimamente punire chi, fatta la scelta di stare “dentro”, non si mantenesse ligio alle regole e leggi del “dentro” a cui ha deciso di appartenere.
“Là, dove c’è lo Stato, non c’è libertà.”, asserisce giustamente, umanamente direi, Michail Bakunin. Ma il fatto grave, l’enorme insulto a l’Ente Creatore, è che lo Stato non permette che ci sia la possibilità di realizzare l’asserzione direttamente e correttamente conseguente: “Là, dove c’è la libertà, non c’è lo Stato.” Lo Stato è dappertutto. E sarà proprio questa impossibilità, imposta stabilmente sulla terra di tutti e del tutto avversa al Progetto Supremo attuabile esclusivamente in stato di Libertà Assoluta, che, al termine dei loro giorni terreni, determinerà la disperante rovina di tutti i sostenitori del Sistema Stato.
«E’ mai possibile, dopo che l’Umanità s’è inventata l’innaturale “stato di ricchezza”, che la colpevolezza di un uomo possa essere determinata dall’evento del tutto casuale di essere nato nell’indigenza cronica piuttosto che nell’opulenza stabile?»
«Chi può stabilire come si sarebbe comportato un uomo che, invece di nascere nella bambagia della ricchezza, fosse nato diseredato in una lercia baracca di un campo nomadi?» Ugualmente ci s’interroghi per il viceversa. Soltanto l’Onniscienza potrebbe stabilirlo, così determinando con certezza sovrumana se quell’uomo, nel suo libero arbitrio, abbia perseguito il Male deliberatamente oppure se sia stato suo malgrado travolto dalle contingenze. Congiunture provocate da altri uomini, non dalla Natura.
Titolo apparso di recente su “La Repubblica.it”: “Milano. Uomo rapina farmacia. Poi si scusa: «I bimbi hanno fame.»” Può essere davvero colpevolizzato e condannato, quest’uomo? Che risposta avrebbe ricevuto dallo Stato, se, accantonata l’idea della rapina, avesse chiesto allo Stato di permettergli di sfamare i propri figli? Una toga gli avrebbe sottratto i figli per relegarli in un istituto mortale? Non è, forse, il caso di fare qui un ragionamento il cui percorso attraversi en passant il cuore del terzo articolo della Costituzione Italiana? Articolo che, tra l’altro, stabilisce quanto segue: “E’ compito della repubblica rimuovere – non tentare di rimuovere – gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono – non per colpa del singolo soggetto – il pieno sviluppo della persona umana.”. Parole. Soltanto parole. Il Male non si dà gran pena di mantenere la parola data. Usa le parole come grumi d’umidità che genera nebbia fitta e in questa muove i suoi fantasmi, prodighi di lusinghe e promesse ingannatrici.
Tra queste parvenze imbroglione campeggia quella della Ricchezza. «Più ricchezza per tutti.» è lo slogan costante delle Democrazie, traguardo comunque irraggiungibile fintantoché permarrà il Potere che origina dislivelli per trarne diversi vantaggi, mentre la dichiarazione principale dovrebbe essere «Molta più libertà per tutti.». Una ricchezza, tra l’altro, criminalmente fondata sullo sfruttamento sconsiderato della Natura e sulla sua progressiva distruzione. Non è forse giunto il tempo di prestare la dovuta attenzione alla statistica che c’illustra quanto il ricco inquini più del povero? Un ricco, in media, inquina e depaupera il “nostro” pianeta 287 volte più di un povero. Pazzesco! Oggi: inaccettabile!
Ma cosa saranno mai le Democrazie?! Sta, forse, nei fatti particolari, alcuni li riporto qui di seguito per un esame, la loro “eccezionalità”, ovvero ciò che le rende “Grandi Democrazie” lodevoli?! Perché, se non s’intravvede qualche “merito eccezionale” nei particolari, non c’è altro ambito in cui cercare qualche merito che giustifichi le lodi profuse alle Democrazie, dato che nel complesso delle loro condotte fondamentali (fatti e non parole come quelle delle varie Costituzioni) si possono riscontrare soltanto i loro demeriti.
Va da sé comprendere perché, parlando di Democrazie, l’osservazione si soffermi principalmente su quella che gli scriteriati (che sono tanti) continuano a proporre come esempio massimo di “Grande Democrazia”.
“I Sioux rompono con la Casa Bianca. Gli indiani Lakota, vero nome dei Sioux, ai quali hanno appartenuto in particolare i grandi capi Toro Seduto e Cavallo Pazzo, hanno stracciato i trattati firmati dai loro antenati con gli Stati Uniti più di 150 anni fa. Lo hanno annunciato i rappresentanti della tribù.
«Noi non siamo più cittadini degli Stati Uniti d’America (Finalmente! Tardiva, molto tardiva, ma benedetta sia questa importante presa di coscienza. Prendere le dovute distanze dal Male, dimostrare di avere il discernimento e il coraggio occorrente per prenderle, è sempre un evento d’importanza esistenziale assoluta.) e tutti quelli che vivono nelle regioni dei cinque Stati compresi nel nostro territorio sono liberi di unirsi a noi.», ha dichiarato il loro rappresentante Russel Means, in una conferenza stampa a Washington.
Una delegazione di responsabili Lakota ha dichiarato lunedì in un messaggio indirizzato al dipartimento di Stato che si ritirano unilateralmente dai trattati firmati col governo federale americano, alcuni sottoscritti più di 150 anni fa. I trattati rappresentano «parole senza valore su carta senza valore» e sono stati «violati ripetutamente al fine di rubare la nostra cultura, la nostra terra e i nostri costumi», dicono i responsabili della tribù.
«Abbiamo firmato 33 trattati con gli Stati Uniti che non sono stati rispettati.», ha dichiarato da parte sua Phyllis Young, una militante della causa indiana che ha collaborato a organizzare la prima conferenza internazionale sui diritti indigeni nel 1977.
I Lakota sono stati la sola tribù a infliggere una sconfitta all’esercito americano. (Che disgrazia senza fine per l’Umanità, che i pellerossa abbiano inflitto soltanto una sconfitta ai manigoldi invasori delle loro terre tranquille!) Una delle loro figure leggendarie, il capo Toro Seduto (Sitting Bull) è noto per aver sconfitto il generale Custer nella battaglia di Little Big Horn nel 1876 nel Montana.” (LA STAMPA.IT)
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“Finalmente, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è riuscita a fare un timido e piccolo passo contro la pena di morte. Ieri, con 104 voti a favore, 29 astensioni e 54 voti contrari, è stata approvata una risoluzione che chiede agli stati membri una moratoria della pena capitale.
Non si tratta di quell'enorme risultato di cui le istituzioni italiane, tra i promotori del voto, adesso si vantano. Non è una legge, non è vincolante. Nella pratica, non sposta nulla.
Ma è pure un importante risultato “culturale” (parole), e un risultato politico (solo parole): non capita spesso che i padroni del mondo (Ah! Quindi è assodato che nel mondo di tutti ci sono i padroni di tutto. E si accetta che le cose stiano così?! Ed è possibile che in codesto stato di cose ci sia pure qualcuno convinto di meritare rispetto per questioni inerenti alla propria dignità di uomo libero?!) siano messi in minoranza nelle Nazioni Unite.
Ma il risultato più importante ottenuto dal voto di ieri, e di certo involontariamente da parte dei nostri governanti, è quello di avere messo ben in risalto quali siano davvero gli Stati canaglia. Quelli che davvero si meritano questo epiteto.
Vediamoli, questi Stati. Tutti insieme appassionatamente hanno scelto di dire un “no” fortissimo e chiarissimo alla civiltà (all’Umanità, piuttosto che alla civiltà complice). C'è la Cina, tra questi stati. Un sesto della popolazione mondiale governato da uno Stato oppressivo, violento e autoritario che sempre più sta espandendo i tentacoli della sua economia un po' pirata e un po' capitalista in ogni parte del mondo. C'è il Sudan, in cui il valore dei diritti umani e della vita umana è reso palese dalla vicenda del Darfur. C'è l'Iran, in cui si viene ammazzati dallo Stato solo perché si è omosessuali (Come avveniva nei territori dell’illuminata Serenissima: gli omosessuali venivano impiccati alle due colonne della piazzetta di S. Marco e poi bruciati.), o se si va contro la rigidissima “legge morale” (di cui ogni sistema repressivo ha assoluta necessità – per comprendere appieno la complessa e tristissima questione consultare quei testi seri che trattano in maniera esaustiva della gestione del “potere temporale” messa in atto dai papi lungo i secoli più bui, duramente sofferti dai popoli europei, in primis dagli italici e dagli iberici) imposta dal Presidente. C’è il Pakistan, in cui, secondo Amnesty International, nel 2006 sono state eseguite il maggior numero di condanne a morte dopo Cina ed Iran: 82 persone impiccate in diverse carceri sparse per tutto il Paese. C'é la Siria, che ha più dissidenti in carcere che attivisti politici per le strade (dove, però, si rifugiano i cristiani che fuggono dall’Iraq democraticamente americanizzato). E ci sono gli Stati Uniti, che vanno in giro esportando democrazia e massacrando migliaia di civili sotto le loro intelligentissime bombe. Ma votano contro una semplice richiesta di moratoria per la pena di morte. Si ergono a paladini del bene, e sono i più potenti di tutti. Per questo sono anche i più canaglia tra gli Stati canaglia.” (Maso Notarianni per PEACE REPORTER)
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“Ma quale moratoria! In Texas tre esecuzioni in tre giorni. Due condanne a morte già eseguite nelle ultime quarantotto ore. Ventiquattro dall’inizio dell’anno. Una in programma per domani, il 30 agosto 2007, quando il boia giustizierà, con un’iniezione letale, il 31enne Kenneth Foster, un cittadino afroamericano sul quale è stata molto forte la mobilitazione internazionale (guarda la campagna su Youtube) e condannato per complicità nell’omicidio di un conducente di San Antonio (1996). In base a una legge, la controversa law of parties, che equipara killer materiali e complici (Kenneth Foster ha guidato l’auto utilizzata da chi ha premuto il grilletto nella rapina andata a male).
Da quando, nel 1976, la Corte suprema degli Stati Uniti ha autorizzato la reintroduzione della pena di morte, sono già quattrocentodue le esecuzioni capitali eseguite nelle carceri texane negli ultimi venticinque anni, dal 1982 a oggi. Una cifra record per il boia di questo Stato del profondo sud americano: 24 erano state le condanne in tutto 2006, 19 nel 2005, ancora meno l’anno precedente, secondo una progressione che non accenna a diminuire (guarda il link), nonostante la grande mobilitazione delle associazioni abolizioniste in tutto il mondo. In tutto, le condanne capitali eseguite nei penitenziari texani nel 2007 rappresentano quasi due terzi di tutte quelle eseguite negli Stati Uniti nello stesso periodo e circa il 40 per cento di quelle avvenute nel Paese negli ultimi trentuno anni. (Da che territorio “umanissimo” proviene Bush! Oppure l’ha ridotto così lui, dato che per il passato ne è stato il governatore? Non ci sarebbe di che stupirsi.) Alla base c’è anche un criterio razziale, rilevabile per altro nelle statistiche di qualsiasi Stato. Emerge dai dati ufficiali fornite dal Dipartimento di Giustizia dello Stato: il 30% dei condannati sono bianchi, il 41% afroamericani, il 28% ispanici. Questi ultimi tre casi non fanno eccezione: dopo il 33enne nero Daroyce Mosley, condannato a morte il 28 agosto, e il 32enne ispanico John Amador, giustiziato stamani, tocca a Kenneth Foster. Il 22 agosto scorso, in concomitanza con l’esecuzione di Johnny Conner (leggi le sue ultime volontà), i 27 paesi dell’Unione europea all’unanimità avevano colto l’occasione per ribadire senza riserve la loro opposizione alla pena capitale e per chiedere al Texas di prendere in considerazione una moratoria. Niente da fare: secondo Amnesty International il 91% delle esecuzioni si concentra ancora in sei paesi, la Cina, l’Iran, il Pakistan, l’Iraq, il Sudan e gli Stati Uniti.
Purtroppo i media statunitensi cercano di far passare il messaggio che la pena di morte è giusta anche attraverso i telefilm di maggior successo.” (PANORAMA.IT)
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Vecchia strategia per creduloni poco informati sulla veridicità dei fatti. Chi si ricorda ancora della fiumana mistificante di pellicole cinematografiche western in cui tutti i pellerossa venivano rappresentati come creature pessime e gl’invasori bianchi come persone profondamente buone?
“Si avvicinano le elezioni e il governo Bush prepara l'attacco finale ai diritti umani. Non bastava Abu Graib e non bastava Guantanamo. Ora Bush, pronto a lasciare la Casa Bianca e passare le consegne, assapora la vittoria finale (?!).
Di ieri, infatti, è la notizia che il Pentagono chiederà la pena di morte per i sei presunti terroristi detenuti a Gitmo, come viene chiamata la base militare presa in affitto nella baia cubana dal governo Usa nel 1903, ma diventata base militare soltanto dopo la guerra in Afghanistan. L'incriminato numero uno è Khalid Sheikh Mohammed, colui che viene ritenuto l'autore principale del piano di Al Qaeda dell'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 assieme a quello al Pentagono. Con lui altri cinque sono imputati d’aver partecipato a vario titolo alla pianificazione di quelle stragi: Mohammed al-Qahtani, lo yemenita Ramzi Binalshibh, Ammar al-Baluchi nipote di Mohammed al-Qahtani, Mustafa Ahmed al-Hawsawi e Walid bin Attash. Il più noto tra questi è Ramzi Binalshibh che prese parte a quella che viene definita la cellula di Amburgo dove si era insediata una branca di al Qaeda e da dove praticamente la rete terroristica intesseva le sue trame e preparava nuovi attentati.
Come ogni amministrazione uscente, soprattutto quella Bush conta di portare a termine il suo mandato facendo leva sul forte sentimento nazionalista americano, quindi sulla testa dei sei imputati, che verranno processati da apposite commissioni militari, create ad hoc dal Pentagono e avranno in ogni caso diritto di appello. Per Bush è evidente che si tratta della necessità di lasciare il suo mandato presidenziale col chiaro segnale di avvenuta giustizia per il popolo americano e la sua economia messa fortemente in ginocchio. Assieme alla democrazia imposta in Iraq come fosse merce in vendita, assieme alle tante vittime, civili e militari che ha prodotto la guerra in Iraq, ma anche in Afghanistan, la pelle dei sei condannati viene vissuta sul fronte politico Repubblicano come l'espressione massima di ripristino della legalità a tutti i costi. Anche se le confessioni dei condannati sono maturate sotto regime di tortura estrema e contro la stessa Convenzione delle Nazioni Unite.
A Guantanamo, dove il più delle volte i detenuti vengono sottoposti a pratiche del tipo “waterboarding”, il condannato viene steso a terra e coperto da un panno che viene bagnato di continuo. La sensazione a cui induce il “waterboarding” è quella che di recente è stata definita “della morte imminente”, mentre per definire questo procedimento il governo statunitense ha coniato la definizione di “minaccia di morte imminente”. Una pratica che fortunatamente in Europa sta cessando quasi del tutto di esistere, grazie anche all'attività di organismi di controllo (chi controlla i controllori?) sulle carceri come il Comitato per la prevenzione delle torture e dei trattamenti inumani e degradanti, ma che gli Stati Uniti ancora adottano. Ciò che si chiedono ora i penalisti e l'opinione pubblica americana è se sia possibile praticare il waterboarding a Guantanamo, e soprattutto, se sia possibile portare i sei imputati alla gogna (sono interrogativi da porsi tra gente sana di mente?!). Da quella prigione nessuno è mai uscito con una condanna, anzi, spesso l'amministrazione ha dovuto prendere atto che dopo un anno di detenzione nessun capo d'accusa poteva esser comminato al detenuto così da permettergli di essere rilasciato. Come dire: il trionfo della detenzione preventiva. Ecco perché simbolicamente diviene fondamentale la pena di morte per i sei terroristi. Bush in questo modo potrà affermare al mondo intero che da Guantanamo escono i dannati, i peccatori e che in realtà è da considerarsi un male del tutto necessario nella sua guerra preventiva al terrorismo.” (DAZEBAO – articolo di Simone Di Stefano)
“Le incriminazioni apriranno la strada a processi di fronte alle "commissioni militari" create dal Pentagono dopo l'11 settembre e per ora mai entrate in azione. Si tratterà dei primi casi giudiziari discussi a Guantanamo che prevedono la pena di morte.” (LA STAMPA.IT)
“Sarà difficile che una Corte civile, che dovrebbe convalidare la sentenza, accetti le confessioni degli imputati ottenute con metodi non proprio ortodossi. Sheik Mohammed è stato sottoposto all’annegamento simulato, una specie di tortura soft. Anche Bin al Shibh e gli altri, che potrebbero essere condannati a morte, non sono stati interrogati con i guanti.” (IL GIORNALE.IT)
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E così è prevedibile che un perfido imbroglio criminale verrà ulteriormente celato da una cortina di nuovi cadaveri, puntualmente serviti dal grande Sistema “democratico”, istituito per proteggere i capi da ogni possibile reazione del popolo “sovrano” alle loro nefandezze.
“Facciamo un riassunto su cos'è lo sconvolgente “Project for a New American Century”, disponibile sin dal 1997, già sottoposto all'epoca a Clinton il quale lo respinse.
Adesso è in piena attuazione (con precisione incredibile) e molti dei suoi autori sono nell'amministrazione Bush.
Uno sconvolgente documento in cui è già scritta tutta la storia del mondo dei recenti e dei prossimi anni come nelle intenzioni di questa loggia neocon.
E' su Internet da 9 anni il sito con il “Progetto per un nuovo Secolo Americano”, opera di un gruppo di neocon fondato tra gli altri da Rumsfeld e Cheney e con base a Washington, che già da anni progettava la guerra permanente in Medio Oriente prima all'Iraq, poi all'Iran, alla Siria e così via, per affermare, espandere e difendere il dominio degli Stati Uniti sul mondo intero.
Questa presentazione la trovate scritta nella home page. I teorici del Nuovo Secolo Americano facevano notare nel PNAC che un’accelerazione positiva ai loro progetti sarebbe stata possibile solo in concomitanza di un “evento catastrofico e catalizzatore – come una nuova Pearl Harbor”. (Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources For a New Century. A Report of the Project for the New American Century, September 2000. Pag. 63)
L'intero progetto, portato avanti da anni, è nelle pagine di tutto il sito.
E gli autori? Guardate in questa pagina, scritta nel 1997. Leggete i nomi degli autori alla fine.
Jeb Bush, fratello del Presidente USA e governatore della Florida dal 1998 (ricordate come divenne presidente George W Bush?...).
Dick Cheney, vicepresidente USA.
Donald Rumsfeld, ministro della Difesa USA.
Paul Wolfowitz, teorico della guerra preventiva e nominato da Bush Presidente della Banca Mondiale.
Il presidente è William Kristol, direttore di "the Weekly Standard" e corrispondente della TV FOX News.
Tra gli altri membri PNAC si segnalano: John R. Bolton, ambasciatore USA all'ONU; R. James Woolsey, ex direttore della CIA; Richard Perle, fondatore del PNAC, strettamente legato alla destra israeliana; Steve Forbes, multi-miliardario, editore di Forbes Magazine; Donald Kagan, professore della Yale University.
Come vedete, una loggia ben ramificata nei punti chiave della società, mass media compresi.
Tutto già pronto e scritto da anni. Serviva solo il pretesto per far scattare tutto: 11 settembre 2001.
Ora tocca all'Iran. E' scritto dal 1997. Iran dove nel 1953 la CIA effettuò il primo golpe, prima di quelli sudamericani (Cile, Argentina eccetera), mettendo al potere un dittatore e rovesciando il premier che voleva nazionalizzare il petrolio. Decenni di dittatura feroce e petrolio agli americani. Poi gli USA hanno perso il controllo in Iran, dunque il Progetto ne prevede la riconquista. In Iran hanno capito che l'unico modo per difendersi da una storia già scritta è lavorare sul nucleare.Il resto verrà da sè e staremo a vedere.
Sulla parte riguardante il post 11 settembre, l'articolo che segue, pubblicato nel settembre 2002 dal Sunday Herald di Londra, sembra offrire un'ottima sintesi di quella che è la mentalità che sta alla base del "Progetto per il Nuovo Secolo Americano". (Sunday Herald - 15 settembre 2002)
“Bush pianificò il cambio di regime in Iraq prima di diventare Presidente”, articolo di Neil Mackay.
Un progetto SEGRETO per la dominazione USA del globo rivela che il Presidente Bush e il suo gabinetto stavano pianificando un attacco premeditato all'Iraq, per garantire un cambiamento di regime, anche prima di prendere il potere nel gennaio del 2001.
Il progetto, scoperto dal Sunday Herald, per la creazione di una “Pax Americana globale” è stato redatto da Dick Cheney (ora vice-presidente), Donald Rumsfeld (ministro della difesa), Paul Wolfowitz (segretario di Rumsfeld), il fratello minore di George W Bush, Jeb, e Lewis Libby (capo dello staff di Cheney). Il documento, intitolato “Ricostruzione delle difese americane: Strategie, Forze e Risorse per un Nuovo Secolo”, fu scritto nel settembre 2000 dal comitato di neo-conservatori: Project for the New American Century (PNAC).
Il piano mostra come il gabinetto di Bush intendesse prendere il controllo della regione del Golfo, fosse o no al potere Saddam Hussein. Vi si legge: “Da decenni gli Stati Uniti tentano di giocare un ruolo più permanente nella sicurezza della regione del Golfo. Se l'irrisolto conflitto con l'Iraq offre la giustificazione immediata, la necessità per una consistente presenza americana nel Golfo trascende la questione del regime di Saddam Hussein”.
Il documento PNAC conferma un “progetto per il mantenimento della supremazia globale degli USA, impedendo l'ascesa di una grande potenza rivale e modellando l'ordine e la sicurezza internazionali in linea con i principi e gli interessi americani”.
La “grandiosa strategia americana” dovrà essere perseguita “più a lungo possibile nel futuro”, dice il rapporto. Esso richiede inoltre che gli USA “combattano e riportino vittorie decisive in contemporanea su più teatri di guerra di importanza strategica”come “missione chiave”.
Il rapporto descrive le forze armate americane all'estero come “la cavalleria della nuova frontiera americana”. Il progetto PNAC conferma un precedente documento scritto da Wolfowitz e Libby secondo il quale gli USA devono “scoraggiare le nazioni industrialmente avanzate dal proporre la loro leadership o perfino ad aspirare ad un più ampio ruolo a livello regionale o mondiale”.
Inoltre, il rapporto PNAC:
- si riferisce agli alleati chiave, come il Regno Unito, come al “più efficace ed efficiente mezzo per esercitare la leadership americana globale”;
- descrive le missioni di mantenimento della pace come “riservate alla leadership politica americana, piuttosto che a quella delle Nazioni Unite";
- rivela la preoccupazione all'interno dell'amministrazione che l'Europa possa rivaleggiare con gli USA;
- afferma che “anche se Saddam dovesse uscire di scena” le basi in Arabia Saudita e in Kuwait rimarranno in modo permanente, nonostante l'opposizione interna dei regimi del Golfo allo stazionamento di truppe USA, dal momento che l'Iran potrebbe benissimo rivelarsi una minaccia agli interessi USA pari a quella rappresentata dall'Iraq”;
- evidenzia la Cina per un “cambio di regime”, sostenendo che “è tempo di accrescere la presenza delle forze americane nell'Asia sud-orientale”. Questo, dice il documento, può portare al fatto che “l'America e le potenze alleate forniscano la spinta al processo di democratizzazione in Cina”;
- sollecita la creazione di “Forze Spaziali USA”, per dominare lo spazio, e il controllo totale del cyberspazio per evitare che i “nemici” possano adoperare internet contro gli USA;
- suggerisce che, nonostante la minaccia di dichiarare guerra all'Iraq per aver sviluppato armi di distruzione di massa, gli USA meditano di produrre armi biologiche, bandite dalla nazione, nei decenni a venire. Esso afferma: “Nuovi metodi di attacco (elettronico, “non-letale”, biologico) saranno disponibili in misura maggiore e probabilmente i combattimenti avranno luogo in nuove dimensioni, nello spazio, nel cyberspazio, e forse il mondo dei microbi ... forme avanzate di guerra biologica indirizzate a specifici genotipi, possono levare la guerra biologica dal regno del terrore e trasformarla in un utile strumento politico”;
- e indica la Corea del Nord, la Libia, la Siria e l'Iran come regimi pericolosi e afferma che la loro esistenza giustifica la creazione di un “sistema mondiale di controllo e comando”.
Tam Dalyell, il ministro laburista, padre della Camera dei Comuni e una delle principali voci di ribellione contro la guerra in Iraq, dichiara: "Questa è spazzatura della consulenza presidenziale di destra, fatta di falchi col cuore da coniglio - gente che non ha mai fatto la guerra, ma è innamorata dell'idea della guerra. Uomini come Cheney, che durante guerra del Vietnam erano imboscati. Questo è un progetto per la dominazione USA del mondo - un nuovo ordine mondiale di loro invenzione. Questi sono i processi mentali di visionari americani che vogliono controllare il mondo. Mi sconvolge che un Primo Ministro laburista britannico abbia potuto saltare nel letto di una ciurma di simile levatura morale.” (Traduzione articolo Sunday Herald di Pier Giorgio per luogocomune.net)
Stralci del PNAC:
“Questo rapporto trae origine dalla convinzione che gli Stati Uniti dovrebbero cercare di preservare e rafforzare la loro supremazia globale mantenendo la superiorità delle proprie forze armate. Oggi, l’America ha a portata di mano un’opportunità strategica senza precedenti. Non esiste nessun’altra superpotenza rivale in grado di sfidarla; può contare su alleati ricchi, potenti e democratici in ogni parte del mondo; attraversa la più lunga fase d’espansione economica della sua storia; i suoi principi politici ed economici vengono abbracciati pressoché universalmente. Mai, in nessun altro periodo storico, l’ordine internazionale è stato così favorevole agli interessi ed agli ideali americani. La sfida per il nuovo secolo è preservare e accrescere questa “pace americana”. Tuttavia, questa opportunità andrà perduta se gli Stati Uniti non conserveranno sufficiente forza militare. “Come dev'essere questa forza militare? Gli Stati Uniti devono mantenere una forza militare in grado di dispiegarsi rapidamente e vincere guerre su vasta scala simultaneamente” perchè “l’incapacità di sostenere uno scenario a più guerre simultanee rischia di tradursi in una strategia di rinuncia alla guerra (il che, per gli Stati Uniti sarebbe una tragedia spirituale)”.
“Gli USA non possono neppure assumere una posizione di neutralità simile a quella delle Nazioni Unite; la supremazia militare americana è talmente grande e i suoi interessi globali così ampi che gli Stati Uniti non possono simulare indifferenza rispetto al risultato politico nei Balcani, nel golfo Persico o in Africa. ... L'esercito, in particolare, deve essere percepito come parte di una forza di superiorità schiacciante”. Nel capitolo “La creazione della futura forza dominante” del rapporto “Rebuilding America's Defenses” del settembre 2000 si spiega che “per conservare la supremazia militare americana nei prossimi decenni, il Dipartimento della difesa deve muoversi più aggressivamente, sperimentando nuove tecnologie e nuovi concetti operativi e cercando di sfruttare l’attuale rivoluzione negli affari militari”.
Per far questo serve un continuo aumento del budget per il Pentagono ed in particolare “le forze armate statunitensi di domani devono affrontare tre nuove missioni: - Difese missilistiche globali. [...] - Controllo dello spazio e del cyberspazio. Così come il controllo dei mari - e la protezione del commercio internazionale – definiva in passato le potenze globali, il controllo delle nuove “aree comuni” sarà la chiave per il potere mondiale nel futuro. Un’America incapace di proteggere i propri interessi o quelli dei suoi alleati nello spazio o nella “sfera informatica” avrà difficoltà ad esercitare un'egemonia politica globale. - Perseguimento di una strategia in due fasi mirata alla trasformazione delle forze convenzionali.”
Naturalmente, si scriveva nel settembre del 2000, “il processo di trasformazione, se anche dovesse portare un cambiamento drastico, sarà lungo, in assenza di eventi catastrofici catalizzatori, quali una nuova Pearl Harbor.”
E tutto questo sta accadendo davanti agli occhi del mondo intero. (PRESSANTE.COM)
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“La strategia del Giappone - ha precisato una fonte del ministero della giustizia - è quella di far leva sulla maggiore trasparenza “per guadagnare consensi” popolari nei confronti della pena capitale, in una fase in cui è forte la spinta internazionale in favore di una moratoria sulle esecuzioni capitali.
Al momento in Giappone le esecuzioni sono più del doppio rispetto a quelle dell'anno scorso, un record negli ultimi 31 anni.
Fino allo scorso Natale, quando furono giustiziate quattro persone, c'era stata nel paese una moratoria informale delle esecuzioni per quasi due anni, grazie alle convinzioni morali dell'allora ministro della Giustizia Seiken Sugiura, di fede buddhista.
Dall'agosto scorso, con la nomina del nuovo ministro della giustizia Hatoyama, forte sostenitore della pena di morte (Come si può permettere che uomini(?) con simili convinzioni occupino posti di governo?! Tutto “merito” delle masse di perdizione afflitte dalle medesime convinzioni, profondamente infamanti il genere umano.), due proposte sono state messe all'ordine del giorno: con una si vorrebbe annullare la firma che attualmente deve essere apposta ad ogni condanna a morte, rendendo così automatico il procedimento di esecuzione entro sei mesi dalla decisione definitiva dei giudici; con l'altra si cerca di individuare sistemi di esecuzione alternativi “meno violenti” dell'impiccagione.
Al momento nel braccio della morte sono oltre 100 i condannati, che conosceranno la data della propria esecuzione soltanto il giorno della stessa, mentre ai loro parenti la comunicazione avviene ad esecuzione avvenuta.
Vari gruppi nel Paese si battono contro la pena di morte considerata particolarmente crudele nel modo in cui viene eseguita. Ma il movimento abolizionista, non è mai riuscito a far sentire la propria voce né tra gli elettori - secondo i sondaggi favorevoli al boia sono l'80% dei giapponesi (E’ assai arduo far comprendere qualche scampolo di Verità Naturale alle masse di perdizione, che intanto coinvolgono nella loro rovina anche chi sa e potrebbe salvarsi.) – nè tra la classe politica.” (AGENZIA RADICALE)
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“Parmi un assurdo, che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà (magari!), che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ne ordinino uno pubblico.”, Cesare Beccaria.
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“Kunio Hatoyama, ministro di Giustizia giapponese martedì ha proposto esecuzioni più veloci, dicendo che i condannati a morte dovrebbero essere impiccati “automaticamente” entro sei mesi dal rigetto del loro ultimo ricorso.
Il Giappone è l'unica grande nazione industriale, oltre agli Stati Uniti d'America, a praticare la pena capitale.
Hatoyama, dimessosi martedì, ha detto nel corso della sua conferenza stampa di commiato, che il Giappone ha bisogno della pena di morte in quanto «negli anni recenti si sono visti crimini estremamente violenti e viziosi» (E la pena di morte cos’è? Giustizia?!) ed ha aggiunto che la pena di morte «ha un fondamentale ruolo deterrente» (Ecco il vero interesse dello Stato! Insomma: voi, cittadini, siete tutti dei potenziali assassini, ma noi, governanti, con le nostre leggi vi incutiamo talmente tanta paura da tenervi calmi.). Secondo Hatoyama «sono pochissime le persone che sostengono che la pena di morte dovrebbe essere completamente abolita. Sono molte di più quelle che vogliono che venga mantenuta, ed il loro numero è in costante aumento. (Quando arriverà il giorno benedetto in cui le masse di perdizione cesseranno di esistere? Sono esse il maggior conforto del Male, nelle quali il Male ripone tanto affidamento per portare alla rovina il più gran numero possibile di esseri umani.) Credo che dovremmo prendere in considerazione un sistema nel quale le esecuzioni vengano portate a termine automaticamente e senza il coinvolgimento del Ministro di Giustizia.» e ha sottolineato il peso emozionale che il Ministro deve sopportare ogni volta che approva un'esecuzione. (Un “lavarsene le mani” di questo tipo non rende esente nessuno dalla propria colpa gravissima. Ma, oramai, io sono convinto che certi incalliti nel sistema del Male capiranno la gravità di certe loro azioni o inazioni solamente un attimo dopo che saranno morti. Troppo tardi, insomma.)
Il Giappone ha ripreso le esecuzioni lo scorso anno, dopo la nomina del Primo Ministro Shinzo Abe (cristiano! E chissà perché mi viene il dubbio che anche Kunio Hatoyama lo sia, benché io non ne abbia la conferma.), e da allora sono state già giustiziate 10 persone.” (CONTRO LA PENA DI MORTE)
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“Sono i bambini a pagare il prezzo più alto della guerra in Iraq. A rivelarlo è l'ultimo rapporto Unicef, che sottolinea come le vite di milioni di piccoli iracheni siano sottomesse a violenze, povertà e a un drammatico vuoto d'istruzione causati da oltre quattro anni di conflitto dall'invasione Usa (Grande Democrazia! Sempre ammirevole!) nel Paese.
Nonostante la situazione sia «gravissima», si legge nel documento, il Fondo mondiale per l'Infanzia vede nell'attuale diminuzione della violenza registrata nel Paese una «nuova finestra di opportunità» (parole) e una preziosa occasione per «sostenere i bambini iracheni e fare pressione sul governo di Baghdad per rimettere in piedi il sistema scolastico e adeguate strutture di supporto» (Solo parole. Intanto, chi è morto è morto e chi ha patito continua a patire. Le democrazie mondiali sono concordi: nessun colpevole per questo eccidio e per i tanti delitti ad esso connessi. Quando una aggregazione detiene il primato della potenza degli armamenti, la democrazia è impotente e vigliaccamente propensa ai compromessi più ignominiosi e alle alleanze più riprovevoli e ripugnanti).
Secondo il rapporto, solo un pugno di studenti ha potuto svolgere la scorsa estate gli esami di fine anno, sempre più bambini hanno difficoltà di accesso alle scorte idriche e almeno 1.350 minori sono stati trattenuti dalle autorità nel 2007.
Critica anche la situazione degli almeno 25.000 bimbi e ragazzi che ogni mese sono costretti a fuggire da scontri e bombardamenti per trovare ripari di fortuna presso familiari o campi per sfollati. Attualmente sono circa 75.000 i minori che vivono nei campi d'accoglienza.” (L’UNITA’.IT)
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“Come nell’Africa più disperata, nell' Iraq che fu ricco, esiste oggi un fiorente mercato di bambini. Lo denuncia un bel reportage di "al Jazeera". Che, partendo da un drammatico rendiconto dell’Unicef, è andata a parlare con i genitori che si sono trovati in una situazione così estrema: sono tanti, se ne segnalano almeno due nuovi casi ogni settimana.
Già i dati dell’Unicef sono disarmanti: parlano di due milioni di bambini minacciati dalle malattie e dalla malnutrizione, di 220 mila che hanno interrotto la scuola dell’obbligo e di 760 mila (il 17% del totale) che alla scuola dell’obbligo l’anno scorso non ci è nemmeno arrivato. E di altri 25 mila bambini al mese che seguono le famiglie in migrazioni forzate per scappare dalla violenza settaria e dalle intimidazioni, mentre 75 mila, nel 2007, hanno trovato dimora stabile, si fa per dire, in campi profughi più o meno improvvisati.
Ma la cosa più impressionante sono i racconti come quello di Abu Muhammad, di Baghdad, che piange la figlia più piccola, Fatima, due anni, venduta a una famiglia straniera per disperazione. «La guerra – ha raccontato il padre alla tv del Qatar – ha rovinato la mia famiglia. (Oh, se le saette di un certo dio potessero davvero incenerire tutte le divise, per le innumerevoli famiglie che hanno distrutto o rovinato! Macchè! Sembra proprio che questo dio, tramite i suoi santi, sia dedito soltanto alla guarigione delle malattie di alcuni, in special modo di quelle che affliggono le articolazioni di qualche vegliardo. Per fortuna, si tratta di un mito, altrimenti staremo freschi con un protettore di tal fatta!) Mia moglie e i miei parenti sono morti, io non ho più lavoro e ho dovuto vendere la mia bambina per dare qualcosa da mangiare agli altri miei figli.».
Abu Muhammad, prima di finire profugo in un campo, viveva ad Adhamiya, che un tempo era un quartiere bene di Baghdad. Ora che non ci sono più soldi nè lavoro, i figli non vanno più a scuola e Fatima - spiega - stava diventando anemica e apatica per la scarsità di cibo. (Obesi USA, non siete mai afferrati dal misericordioso impulso di fare harakiri?) E’ stato facile allora dare retta alla coppia svedese, presentatasi a nome di una presunta ong, e affidare loro la piccola con il tramite di un traduttore/mediatore iracheno. In cambio, diecimila dollari e la speranza (?) che Fatima sia davvero andata a star meglio.
Non è così, e ne è certo Khalid Jabboury, padre di sette figli, convinto a cedere in adozione la sua bambina di sette anni a una famiglia giordana per 20 mila dollari. Ora è disperato perché dei suoi parenti hanno avuto modo di visitare la bambina, scoprendo così che viene trattata non come una figlia, ma come una schiava e picchiata senza misericordia. Ma, una volta uscita dal Paese, gli rispondono tutti, non c'è nulla da fare.
Ed è ancora il male minore (sic!), quando il "passaggio" avviene in modo consenziente, perché, dice Omar Khalif, vice presidente dell’Iraqi Families Association, ogni settimana una media di quattro bambini sparisce, semplicemente, nel nulla. Un dato in crescita del 20% annuo, che nasconde casi di vendita come quello di Abu Muhammad, ma anche veri rapimenti per strada, a opera di gang specializzate nel traffico di esseri umani. Ne sono state individuate ben 15 nel giro degli ultimi nove mesi.
Gli acquirenti non mancano: arrivano dall’Europa, Olanda e Svezia in testa, ma anche dai Paesi vicini, Giordania, Libano e Siria. I più richiesti sono ovviamente i neonati, che valgono fino a 30 mila dollari, ma fino a 5 anni di età sono facilmente collocabili, anche se il prezzo cala a 3.000 dollari, spiega Khalif. Naturalmente l’adozione all’estero è l’ipotesi più rosea, perché nulla può escludere che i bambini vengano ceduti a pedofili o al mercato nero dei trapianti d’organi.” (LA STAMPA.IT)
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Grazie per tutto quanto hai fatto, meravigliosa democrazia statunitense da... "esportazione"!
Saddam Hussein, che aveva portato l’Iraq a un livello di benessere tale da porre il Paese in una posizione di netta eccellenza rispetto alle altre Nazioni mediorientali; Saddam Hussein, che era riuscito a smorzare il fondamentalismo religioso indirizzando il Paese verso un laicismo di portata eccezionale per uno Stato mediorientale circondato da territori in cui viene alimentato dai religiosi il fanatismo più intransigente e feroce, come e quanto soltanto il fanatismo religioso arriva ad essere (Con il fanatismo cristiano l’Occidente ha già avuto modo di sperimentare a quali apici terribili d’intransigenza e ferocia possa impennarsi il fanatismo religioso.); Saddam Hussein, che a beneficio dell’Iraq era decisamente intenzionato a sottrarre alle grinfie delle multinazionali anglo-statunitensi lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e a basare il mercato del petrolio non più sul dollaro bensì sull’euro, è stato impiccato per colpe senz’altro certe, ma che non “meritavano” di essere giudicate in chiave filostatunitense. Infatti, fino al momento del tranello tesogli con la faccenda del Kuwait e del conseguente inasprimento della questione petrolifera, Saddam è sempre stato un fedele esecutore della volontà di Washington.
Ora, non voglio andare troppo per il sottile e, magari dopo aver affermato di essere assolutamente avverso alla pena di morte, anzi: a qualsiasi pena, mettermi a delucidare la questione per cui non esiste giustificazione alcuna all’uccisione di un essere umano per volontà di giudici al servizio di uno Stato. Dico semplicemente che l’impiccagione di un tiranno, e Saddam Hussein lo era ancorché non abbia fatto soltanto del male, mi può anche star bene, ma a una condizione imprescindibile: che siano puniti pure tutti quelli che si sono dimostrati peggiori di lui o, almeno, tutti coloro i quali hanno assassinato più di lui. Inoltre, le pene inflitte a costoro devono essere adeguate alle loro colpe e rapportate alle pene comminate in precedenza ad altri. Ad esempio: dato che Saddam è stato condannato all’impiccagione, per Bush figlio si è costretti a pensare, per forza di “giustizia” comparata, a una condanna a morte preceduta da tortura pubblica, prolungata per parecchi mesi e controllata da una equipe di medici, affinché, morendo anzitempo, non se la cavi tanto facilmente. Per Bush padre: stessa condanna per le sue malefatte, ma con l’aggiunta di qualche mese di tortura, per l’aggravante di aver allevato e educato una mostruosità, quale è risultata suo figlio. E Freud implicherebbe anche qualcun altro pronunciando la fatidica frase: «Vorrei conoscere sua madre.».
Invocare la “Tolleranza Zero” è di sicuro una perfida ignominia che grida vendetta in un ambiente che sta tollerando oltre ogni limite le tante scelleratezze dell’Uomo-Progresso, ma, invocarla nei confronti di figuri come i Bush, rientra naturalmente nel brevissimo, ma plausibile, elenco delle eccezioni alla regola.
Ohi! Come?! I Bush non possono essere processati e condannati assieme all’impudente ghenga filosionista che li ha consigliati e assistiti?! Per via della legge del più forte?! Un riadattamento della legge della jungla, insomma. Alla faccia della poco lungimirante “civiltà” che l’aveva bandita. Per giunta, una riedizione della legge della jungla in cui non vengano messe in campo, a giustificazione della supremazia, le naturali qualità individuali. Gran belle mostruosità partorisce la “civiltà”! Quante ce ne ha fatte conoscere dai suoi albori ad oggi! E tutte le sue mostruosità, per disseminare lutti e disperazione, si sono sempre avvalse di una potenza fondata sulle aggregazioni, astutamente rese masse di perdizione dalla mistificazione elaborata dai poteri laico e clericale. Una potenza, che la Natura con ogni sua manifestazione ci palesa essere un qualcosa di completamente estraneo a tutto ciò per cui l’essere umano E’ al mondo. E, ripeto, una potenza, il cui uso è assolutamente sconsigliato dalla Natura che dimostra chiaramente di non sopportarla, non può concepire altro che disastri irrimediabili.
Comunque, fintantoché nei tribunali del mondo si continuerà a condannare senza curarsi di punire i Bush & Company in maniera eccezionalmente esemplare, una brutta cappa di negatività, originata da un’ingiustizia universale che permane in uno stato d’accettazione per impotenza della giustizia umana, continuerà ad aleggiare sul nostro povero mondo. E l’influenza di codesta negatività non sceme col tempo e nell’uomo s’infiltra e si espande con evoluzioni non chiaramente percepibili dalle strumentazioni e dalle menti scientifiche. Tuttavia gli effetti della fluttuante influenza negativa appaiono molteplici agli occhi di chi presta scrupolosa attenzione ai fatti della vita. Sono riscontrabili soprattutto nei giovanissimi che, consciamente o inconsciamente, dalla clamorosa ingiustizia assimilano, e quindi sintetizzano, un insegnamento di questo tipo: “Per rimanere impuniti basta appartenere a un’aggregazione che sappia dimostrare la propria forza.” Da qui il progressivo acuirsi della loro violenza, talvolta del tutto immotivata ma vissuta come prova generica della loro capacità collettiva di esprimere potenza, di essere capaci di sopraffare. L’apprendimento insano, data comunque la sua forte incidenza nella sfera comportamentale dell’individuo, si sviluppa e diventa presto dottrina e, in quanto dottrina, esige di essere sorretto e giustificato ad hoc da convenienti norme “morali”. A questa esigenza non riescono a sottrarsi neppure le aggregazioni mafiose più ciniche. Non sarà sfuggito a nessuno l’attaccamento quasi morboso che i mafiosi manifestano nei confronti della superstizione cristiana, tappezzano i loro covi con immagini “sacre” e leggono assiduamente la Bibbia, poiché essa infonde la speranza che le malefatte di ognuno saranno infine perdonate. E così, sostenuti da questa stampella psichica e animistica, si può continuare a sguazzare nel malaffare più disumano senza essere infastiditi, o addirittura paralizzati, dal senso di colpa. Magari ci si pente in punto di morte e si viene assolti. "Assoluzione" che, però, non eviterà di patire il terrore di vedersi ridiventare esseri mai nati.
C’è qualcuno che abbia notato questo particolare sconcertante: i partiti politici maggiormente in sintonia con la “cristianità” della Chiesa sono proprio quelli che annoverano nei loro schieramenti il maggior numero di soggetti penalmente inquisiti o già condannati?
E’ basilare per chiunque che il senso di colpa venga eliminato in qualche modo, essendo che l’essere umano non può sopportare a lungo i suoi pungoli senza subire un’invalidante corrosione del proprio “Io”, diventando, nel meno maligno dei casi, plaudente in piazza san Pietro il duce della propria rovina. E, siccome qualsiasi apprendimento negativo non serve punto ad aumentare la maturità di una persona, non succede che il senso di colpa venga debitamente eliminato con cognizione di causa da un “Io” maturo, consapevole delle vere Finalità Esistenziali e del tutto sicuro di saper individuare ove s’annida la Menzogna, che fin dai tempi di Salomone sempre sul senso di colpa tende a far leva per sottomettere un individuo e con la trovata del “peccato originale” (Che artefice scarso questo dio giudaico-cristiano, questa specie di "creatore" di bambolotti troppo soggetti a guastarsi!) ha fatto bingo.
E’ basilare per chiunque che il senso di colpa venga eliminato in qualche modo, essendo che l’essere umano non può sopportare a lungo i suoi pungoli senza subire un’invalidante corrosione del proprio “Io”, diventando, nel meno maligno dei casi, plaudente in piazza san Pietro il duce della propria rovina. E, siccome qualsiasi apprendimento negativo non serve punto ad aumentare la maturità di una persona, non succede che il senso di colpa venga debitamente eliminato con cognizione di causa da un “Io” maturo, consapevole delle vere Finalità Esistenziali e del tutto sicuro di saper individuare ove s’annida la Menzogna, che fin dai tempi di Salomone sempre sul senso di colpa tende a far leva per sottomettere un individuo e con la trovata del “peccato originale” (Che artefice scarso questo dio giudaico-cristiano, questa specie di "creatore" di bambolotti troppo soggetti a guastarsi!) ha fatto bingo.
Accade, invece, che avendo riposto la propria fede in un principio esistenziale sbagliato, che per paura o disillusione o sconforto o rabbia o per rivalsa lo si è fatto diventare un postulato di comodo, si sia costretti a impegnare la mente, tenuta ben separata dallo spirito e soprattutto dalla genuinità reattiva dell’ “Es”, per imbastire elucubrazioni mendaci finalizzate a fungere da impalcatura ad un credo che non reggerebbe il contraddittorio naturalmente espresso dai Valori Assoluti dell’Esistenza. Le scusanti addotte da Bush per i suoi eccidi d’interesse particolare sono un esempio eclatante di codesto processo di autoimbonimento psichico. «Io sono il bene che combatte il male.» e giù embarghi e bombe sui miseri infelici impotenti, senza provare rimorso alcuno. Nessun uomo riuscirebbe ad evitare di sfasciarsi, se gli accadesse di dover ammettere coscientemente a se stesso «Io sono il male, che ha privato - con l’aggravante dell’interesse - una miriade d’individui della loro unica occasione d’esistenza.» No! Agenti del Male sono altri, quasi sempre tutti coloro che agiscono in maniera avversa al mio tornaconto, e, di conseguenza, contro il Male mi è consentito scagliarmi con tutta la durezza dei mezzi di cui dispongo. E’ evidente che si tratta di un’operazione che, partendo da un presupposto arbitrario ed erroneo, si snoda in un clamoroso sovvertimento dei Valori Assoluti e che, per reggersi, abbisogna di una dottrina.
E Bush, come si è visto chiaramente, s’affida al cristianesimo e alla Bibbia, che di massacri perpetrati per interesse ne elogia in quantità smodata e li giustifica come orditi dalla volontà di un dio. (Sarebbe cosa positiva meditare con disgusto montante sull’increscioso fatto che da questo stesso dio, da questo grumo d’ignominia, sono stati giustificati sia il potere papale sia quello regale.) E così il branco, composto dai giovanissimi ingannati e disillusi dal comportamento pubblico degli adulti, partendo dai presupposti offerti dall’apprendimento negativo, arriva a scavalcare perfino i più scorretti concetti di comportamento esistenziale partoriti dall’Occidente e la scadente massima “Il fine giustifica i mezzi” viene trasfigurata dal branco in “La potenza dei mezzi giustifica qualsiasi fine.” Inoltre, mentre la sicurezza vera dovrebbe derivare dall’acquisita consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, l’appartenenza ad un branco infonde una sicurezza esaltante, inebriante, che rende facile infrangere la barriera di alcune remore interiori, che dovrebbero far riflettere sul rispetto di se stessi. Infatti, può accadere che qualche elemento del branco incorra nel rigore della giustizia sociale, ma, condanna a parte, costui non patirà altri tormenti di derivazione intima. Non di certo quelli innescati dal sentimento di vergogna o dal timore dell’emarginazione o da altro che abbia una determinata influenza sull’autostima. Il branco assicura la propria solidarietà e l’accoglienza non viene compromessa dalla condanna sociale. Anzi: chi è passato sotto le forche caudine della giustizia sociale torna in seno al branco con prestigio accresciuto.
Ho abbozzato, con la maggior semplicità e concisione di cui sono stato capace, alcune considerazioni su un fenomeno sociale che pochi si preoccupano d’indagare a fondo e d’inquadrare nelle sue giuste dimensioni, che dovrebbero essere motivo di forte preoccupazione per qualsiasi genitore che non proprio detesti la prole che ha messo al mondo. Peraltro, se non se ne curano i genitori, non mi sembra che altri siano in grado di risolvere, almeno in parte, i problemi concernenti il moltiplicarsi delle aggregazioni giovanili che privilegiano la violenza come mezzo per ottenere. Di certo, né politici né magistrati. Costoro hanno imboccato, e vi si stanno inoltrando con sicumera, l’aspra ed inaffidabile mulattiera denominata “Tolleranza Zero”, che non risolve nulla e ha come naturale conseguenza l’accrescimento della violenza reattiva.
Ho già accennato, come al solito senza svolgere il tema in questione con la meticolosa diligenza che gli sarebbe dovuta, alla causa prima dell’aumento degli atti di violenza organizzata compiuti da gruppi di giovanissimi: i troppi crimini macroscopici contro gli uomini e contro la Natura che, compiuti da chi per primo dovrebbe dare tutt'alto esempio nel sociale, restano impuniti per l’ignominiosa realtà che vede i colpevoli disporre di un’aggregazione capace di mettere in campo una potenza maggiore di quella dell’aggregazione che dovrebbe incriminarli.
Un’altra concausa di tutto rilievo è ancora il pessimo esempio che, nell’ambito di ogni singola società, gli adulti consegnano ai giovani. Il branco, tra gli adulti che tramano per ottenere un potere sempre maggiore, diventa casta, lobby, corporazione, partito, multinazionale, ma la condotta di queste aggregazioni, benché si differenzi nella forma, nella sostanza non si differenzia da quella comune a qualsiasi branco. La violenza, però, che sovente viene esercitata addirittura “legalmente”, è assai più potente e devastante di quella messa in essere da un qualsiasi branco di giovanissimi ed etichettata come microcriminalità, e le intimidazioni e i ricatti sono di un’arguzia e di una malvagità ineguagliabili dai giovanissimi che ancora difettano di adeguata esperienza pratica e che, quindi, per un certo periodo di tempo non possono far altro che immagazzinare gli apprendimenti per l’utilità di un domani e, nel frattempo, effettuare esercitazioni generiche di sopraffazione a danno dei più deboli.
L’aspetto del malcostume, proprio del potere degli adulti, che affascina maggiormente i giovani è la capacità di sovvertire l’andamento degli attacchi giudiziari che talvolta riescono a sfiorare pericolosamente il membro di una casta che ha agito in maniera più che sconveniente. Non appena un magistrato corretto s’azzarda ad incriminare un membro di una casta, con un’accusa corredata da un sufficiente numero di prove e fedele specchio giuridico della personalità dell’accusato che per il popolo sprizzava malaffare da tutti i pori già da molto tempo, la casta tutta, in più onesti frangenti puntualmente smembrata da contrapposte correnti intestine, reagisce compatta tributando al presunto reo un prolungato applauso corale di solidarietà incondizionata, che placa in lui qualsiasi eventuale sentimento di vergogna o di timore per un severo ostracismo e lo ringalluzzisce a tal punto da permettergli, per mezzo del potere proprio della casta stessa, di discostare da sé la “certezza della pena” e di farla ricadere con certezza accresciuta sull’imprudente testa del magistrato temerario. Se, poi, un tentativo d’incriminazione coinvolge uno tra i bricconi maggiori della casta, l’indagato, che si trova in una posizione di preminenza proprio in quanto egli è un riconosciuto e riverito briccone di lunga e travolgente carriera, riesce a far sì che la Legge stessa non contempli più come reato la mala azione da lui commessa, che fino a quel momento era stata considerata un reato addirittura foriero di pessimi risvolti sociali.
Meraviglioso divenire della Legge! Ma che razza di umani sono mai questi?! Quali valori possono essere espressi da qualsivoglia loro aggregazione?! Solamente quelli posticci, quando non completamente fasulli, a cui deve attenersi esclusivamente il popolino per permettere agli “scaltri” di caste, lobby e logge di sfruttare a basso prezzo la sua "forza lavoro"?!
Sono perle rare, i magistrati che osano cimentarsi in imprese volte ad incriminare qualche esponente delle caste e delle lobby più potenti e, se il popolo non riesce a difendere con successo i pochi magistrati che vorrebbero farlo vivere in un mondo meno nebbioso e meno putrido, significa proprio che si tratta di un popolo a cui non può venir attribuita una qualche qualità esistenziale di un certo pregio, un popolo inutile per se stesso e dannoso per le sane e valide eccezioni spirituali travolte dalla sua massa imponente quanto ottusa. E, quando l’evidenza delle cose sociali è questa, i buoni consigli si fanno debitamente duri, della durezza espressa, ad esempio, da Bertolt Brecht: “Davanti a questo mondo socialmente disonesto bisogna sfoderare tutta la propria cattiveria, anzi aumentarla.”
Anche questo è un insegnamento che i giovanissimi, grazie ai tanti esempi “edificanti” presentati dagli adulti assetati di potere e ricchezza, hanno assimilato profondamente. E’ ovvio, naturale, che lo traducano in pratica e, nel caos delle menzogne sociali, senza star lì a fare tante sottili distinzioni d’indirizzo e di bersaglio. Peccato, perché la precisa individuazione dei bersagli dipende da una qualità fondamentale della condotta esistenziale realmente diretta contro il Male. Che gran bel argomento da trattare, sarebbe anche questo, ma… a chi interessa?
Nessuno ha più presente in sé il perché del suo essere su questa terra?!
“I dati, raccolti in un’inchiesta durata cinque mesi dal network Cbs, sono impressionanti e impietosi: soltanto nel 2005 sono stati 6.256 gli ex soldati che hanno deciso di togliersi la vita una volta tornati dalle loro famiglie. Una media di 17 suicidi al giorno, più del doppio del resto della popolazione statunitense.
Il tasso di suicidi negli Stati Uniti è di 8,9 casi su 100 mila persone, ma tra i veterani la cifra sale a 18,7. I numeri si fanno ancora più preoccupanti, se messi a confronto con quelli dei soldati caduti in combattimento in Iraq dal 2003. Per il sito internet i Casualties, fondato dall’ingegnere elettronico Michael White per monitorare le vittime del conflitto in Iraq, sono 3.863 i soldati americani uccisi in servizio dal 2003 a oggi, una media di 2,4 al giorno.
I militari più a rischio sono i reduci giovani, che hanno tra i 20 e i 24 anni: 22,9 su 100 mila decidono di togliersi la vita, un numero quattro volte superiore ai coetanei che non hanno prestato servizio militare in zone di guerra.
«Siamo di fronte a una crisi gravissima - ha dichiarato Kevin Lucey - e troppe persone hanno deciso di voltare la testa e guardare da un’altra parte». Lucey si riferisce alle autorità militari e federali che, secondo i parenti delle vittime, non stanno facendo abbastanza per arginare il problema. Tanto che, sebbene molti studi siano stati condotti in merito a questa tendenza, non esiste un rapporto ufficiale che stabilisca il numero totale dei casi di suicidio tra i veterani. Anche per questo motivo la tv Cbs ha dovuto lavorare oltre cinque mesi per raccogliere i dati e le testimonianze.
Daniel Akaka, presidente della commissione Veterani del Senato, ha definito la situazione descritta nell’inchiesta "inaccettabile": «Sono particolarmente preoccupato per il fatto che così tanti giovani soldati decidano di togliersi la vita. Per troppi reduci tornare a casa non significa finire di combattere. Non c’è alcun dubbio che qualche provvedimento vada preso.».
Negli Stati Uniti gli ex soldati sono oltre 25 milioni, 1,6 dei quali ha servito in Iraq o in Afghanistan. Secondo il “National Center for Post Traumatic Stress Disorder” lo stress e i traumi a cui i soldati sono sottoposti al fronte non fanno che aumentare il rischio emarginazione sociale e suicidio, così come l’abuso di droghe o farmaci e le difficoltà relazionali ed economiche che spesso affliggono chi ritorna in patria.” (CLANDESTINOWEB)
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“New York - Almeno 121 veterani di guerra dell’Iraq e dell’Afghanistan hanno commesso un omicidio dopo il loro ritorno a casa. Li ha contati il New York Times, rivelando che gli omicidi da parte di ex soldati in missione sono aumentati del 90% negli ultimi sei anni, dall'invasione dell'Afghanistan nel 2001. In tre quarti dei nuovi casi di omicidio sono coinvolti proprio reduci dall'Iraq e dall'Afghanistan. I traumi riportati durante il servizio militare all’estero fanno da sfondo alle tragedie. Tre quarti dei veterani coinvolti in casi di omicidio erano ancora militari quando hanno commesso i delitti, compiuti usando pistole in oltre la metà dei casi. Le vittime sono in gran parte le mogli o le fidanzate, i figli o altri familiari stretti (Vengono colpiti, eliminati, gli affetti, in quanto tremendamente "incompatibili" con le truci scelleratezze compiute opprimendo e distruggendo gli affetti altrui con una disumana guerra d'aggressione.).
Né il Pentagono né il dipartimento alla Giustizia si sono interessati a questi delitti, che sono stati perseguiti non dalla giustizia militare, ma dai tribunali civili degli Stati in cui sono accaduti. La maggior parte degli omicidi non aveva precedenti, ma in alcuni dei casi, aggiunge il Times, «il fatto che fossero di ritorno dalla guerra non ha in apparenza alcuna relazione con il crimine commesso».” (CORRIERE DELLA SERA.IT)
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“Washington, 11 gennaio - Gli Stati Uniti potrebbero “facilmente” mantenere una presenza militare in Iraq per i prossimi 10 anni. Lo ha detto George W. Bush. A Bush è stato chiesto in un'intervista alla Nbc cosa pensasse della previsione di McCain, secondo il quale l'opinione pubblica deve accettare il fatto che le truppe Usa potrebbero restare in Iraq 100 anni. (In Italia, è da 60 anni che stanno mantenendo una presenza militare più che significativa.) «100 anni non è la cifra giusta.», ha detto. Alla domanda se 10 anni fosse una previsione più accurata, ha risposto: «Potrebbe facilmente accadere.»” (ANSA)
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“La Cia ha distrutto nel 2005 almeno due videocassette che documentavano gli interrogatori di due operativi di Al Qaeda sotto custodia dell'agenzia. La convinzione sarebbe maturata nel mezzo del dibattito al Congresso sui metodi utilizzati dall'agenzia di intelligence, più volte condannati dalle organizzazioni in difesa dei diritti umani come tortura, e oggetto di aspre dispute legali. I video mostravano gli interrogatori di sospetti terroristi - fra cui anche Abu Zubadayah, il primo detenuto in mano alla Cia, arrestato nel marzo del 2002 - in cui venivano usate tecniche dure, riferisce il New York Times. Secondo il quotidiano americano, vennero distrutti perché i funzionari dell'agenzia erano preoccupati che tali documenti potessero esporre i loro agenti a cause legali.
La distruzione dei video fa riemergere i dubbi sul comportamento della Cia nei confronti del Congresso, dei tribunali e della Commissione sugli attacchi dell'11 settembre, cui potrebbe aver occultato informazioni importanti. In particolare, quei nastri non sono stati forniti alla corte federale dinanzi alla quale era processato Zacarias Moussaui, considerato il 20esimo dirottatore, e alla Commissione sull'11 settembre, che pure aveva fatto richiesta alla Cia di avere tutte le trascrizioni e tutta la documentazione sugli interrogatori ai detenuti sospettati di terrorismo. (Chi mai potrà sorvegliare i sorveglianti?)
La notizia riaccende anche il dibattito sulle leggi che autorizzano la Cia ad impiegare metodi di interrogatorio più duri di quelli permessi alle altre agenzie di intelligence. La notizia della distruzione dei nastri, sottolinea il New York Times, è arrivata poche ore dopo l'approvazione in una commissione del Congresso di un provvedimento per mettere fuorilegge le pratiche e i metodi troppo duri di interrogatorio, provvedimento che però dovrà passare in aula alla Camera e al Senato e su cui molto probabilmente il presidente George W. Bush porrà il veto.” (LA REPUBBLICA.IT)
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“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. (Il “Segreto di Stato” è il ricettacolo più capiente.) Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. (Mi riservo di dubitare che le “masse di perdizione” arrivino a compiere azioni di così alto valore esistenziale. Comunque…) La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri.”, Joseph Pulitzer.
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“Sara Galletti da Boston.
Caro signor Pintor, questa mattina leggevo online il suo editoriale "Non sanno", in cui lei esprime la speranza che, se davvero gli americani sono per questa guerra, per lo meno lo siano senza essere al corrente degli orrori in corso in quella Baghdad che una (preoccupante) maggioranza di loro non sapeva identificare su una mappa del mondo fino all'autunno scorso.
Lei cita la "censura" e "auto-censura" dei media americani, una democrazia "squalificata", e un odio nei confronti dell'America che rischia di diventare, agli occhi del mondo, meno "immotivato e ingiusto" di quanto non sia stato finora.
Vivo e lavoro a Boston con il mio compagno e nostra figlia di un anno dal novembre 2001: guerra in Afganistan (si può, da qui, tracciare una serie piuttosto macabra di riferimenti temporali: l'ecografia morfologica del quinto mese di gravidanza risale all'11 settembre 2001; mia figlia ha cominciato a parlare nei giorni del famigerato appello di Bush alla nazione per l'attacco contro l'Iraq, e ha cominciato a camminare durante la seconda guerra del Golfo...).
Non guardo la televisione americana perché è inguardabile. (Quale televisione non lo è?) Cnn trasmette immagini della guerra che sembrano spezzoni di un buon film di fantascienza: esplosioni, bagliori, spari, vittime talmente pulite che lo sanno anche i bambini che, finito il ciak, si rialzano tutti e vanno a bere. Fox e le altre sembrano il ritrovo di un club impazzito di Dungeons & Dragons: sovreccitati esperti di guerra di serie C (quelli di serie A devono essere impegnati altrove) che spostano bandierine colorate, litigando sulla posizione finale da darsi con esperti politici di serie C (quelli di serie A non lavorano per Fox, né per le altre), e blaterano a ritmo regolare qualcosa su «l'ormai già troppo umiliato popolo iracheno». Ne ho sentito uno, prima di chiudere definitivamente, che parlava degli «orrori e meraviglie della guerra», e che, nel suo scempio, sarebbe stato un caso interessante per uno studio di archeologia culturale.
I giornali sono anche peggio. Non che fossi particolarmente entusiasta di trasferirmi in America due anni fa, ma avevo anch'io il mio bagaglio (piccolo) di miti americani. (“Bagaglio” che, in genere, denota l’appartenenza alle masse di perdizione e, non a caso, la scrivente si sente in dovere di specificare che il suo è “piccolo”, così dimostrando di essere consapevole del fatto che, più grande è questo “bagaglio”, maggiore è la vergogna che un individuo si porta addosso.) Mito americano numero uno: il Rock'n roll (vedi Thunder Road di Springsteen per dare un'idea). Mito americano numero due: il Washington Post, il grande giornale della sinistra democratica, delle indagini, insomma il posto dove lavora un giornalista se è un giornalista figo. Thunder Road tiene (faticosamente) ancora (per quanto non si capisca dove sia la terra promessa dove corrono tutti su quelle vecchie Cadillac), il Washington Post è, invece, una delusione che richiederà anni di elaborazione per essere assorbita. Come tutti i giornali americani, si tratta di una demi-vierge: dice ma non dice, fa ma non fa, denuncia ma mai per davvero, si scandalizza ma sempre alla maniera di una vecchia signora. E non si incazza mai. Soprattutto con il governo. Nei "grandi" giornali americani come quello, si legge dei prigionieri di Guantanamo, e delle condizioni disumane in cui vivono (più volte denunciate da organizzazioni per la difesa dei diritti umani), ma non si legge che vengono "torturati", bensì che sono "sottoposti a pressione da stress indotto". Nei "grandi" giornali americani si parla della guerra nel Golfo, ma gli ospedali pieni di civili iracheni non vengono "sventrati" ma "toccati dai detriti di un bersaglio militare vicino"; i "cadaveri" di soldati americani non sono mai stati trovati, quello che si trova attorno a Baghdad e altrove sono i "cadaveri di soldati che non è immediatamente da escludere che portassero uniformi americane"; quelle impegnate in Iraq non sono "le truppe Americane(per favore, dite tatunitensi!) e Inglesi" ma "le forze di liberazione della Coalizione internazionale".
Le immagini pubblicate sono di natura analoga: i soldati in azione sono sempre quelli inglesi; gli altri, puliti, sorridenti, seduti in una tenda super-accessorriata con computer, telefonini satellitari, connessioni Internet extra-veloci e altri gadget alto-tecnologici, quelli sono gli americani. Gli iracheni, poi, non muoiono mai, e compaiono sempre festanti attorno a qualche mezzo militare pieno di caramelle e d'acqua minerale dal Maine.
Sì, signor Pintor, lei ha ragione: gli americani non sanno cosa succede in questa guerra (Lo sanno! Lo sanno! Eccome, che lo sanno! Ma tutto succede lontano da loro e perciò se ne fregano. Tutti se ne fregano, anche perché è stato detto e spergiurato che la guerra è nel loro interesse. Tutti se ne fregano, fintantoché qualche singola famiglia non perde qualche suo caro.) e credono nel loro governo perché sono stati educati a farlo, sostengono le loro truppe perché sono i loro figli (Perché li hanno lasciati andare a formare le truppe? Per educazione impartita? Non piangano i morti, ma se stessi. Per indigenza? Bisognava spiegare per bene che è più conveniente morire di fame, piuttosto d'indossare una divisa.) e sono patriottici perché amano il loro Paese e la ferita del World Trade Center è lontana dall'essere rimarginata. (Anche questa signora, che pur dimostra senz’altro di possedere un intelletto autonomo e perspicace, non è riuscita a dipanare l’intricata matassa di qualche mistificazione messa in atto da chi governa il Paese in cui lei è andata ad abitare.) E sembrano così ingenui e, francamente, stupidi: milioni su milioni su milioni di pericolosissimi imbecilli guerrafondai. Invece no, non sono stupidi. (Ah! No?!) Ha ragione Bush quando dice che «quella americana è la più antica democrazia del mondo», ma dimentica sempre la seconda parte della frase: «ed è finita da tempo» (Oggi è rimasto soltanto il marciume della vetusta decomposizione.) Gli americani vivono in un Paese in cui il 95% della ricchezza è in mano al 5% della popolazione; quello stesso 5% è quello che controlla i media (di cui sono proprietari ), che elegge il presidente (anche lui da quel 5%), che guida le scelte politiche del Congresso (attraverso le lobby), che manda i propri figli nelle (poche) ottime scuole che formano la classe dirigente di domani (a mo’ di manutenzione della specie) e i figli degli altri a combattere le (molte) guerre sporche, e che, tramite una combinazione di questi e altri fattori, gestisce l'intero Paese, le sue scelte e la sua immagine all'estero, in barba ai desideri, bisogni, e diritti di tutti gli altri. Che non hanno niente: 1 su 5 di loro non ha accesso all'assistenza sanitaria; 1 su 5 di loro vive, pur lavorando, al di sotto della soglia di povertà; 1 su 5 di loro sperimenta almeno una volta nella vita, assieme alla propria famiglia, la vita per strada (family homelessness, tradotto: una famiglia normale che non arriva a coprire le spese alla fine del mese, e in mancanza di qualsiasi genere di struttura sociale, finisce a dormire sotto un ponte. Per la cronaca: nel Massachusetts, che è uno stato ricco, e dove in inverno la media sono i 15 sotto zero, ci sono almeno 80 mila persone che si trovano, al momento, in questa situazione), 1 su 8 di loro è, mentre scrivo, in galera, e hanno più o meno tutti frequentato pessime scuole. Questa America (Stati Uniti, la prego!) qui, certamente non ha nessuna voglia (uhm, sicura?) di mandare i propri figli a bombardare un Paese che non sa nemmeno dove sia (“I poveri vanno alla guerra, a combattere e morire per i capricci, le ricchezze e il superfluo di altri.”, Plutarco. Ma perché ci vanno?! Paura? Di che, se confrontato a quello che vanno a fare?). Ma non ha voce. Come non hanno voce quelli che manifestano per le strade (vedi New York City, 15 febbraio scorso), messi a tacere, più o meno violentemente: dalla polizia che li carica con i cavalli per non lasciar loro raggiungere il luogo di incontro dei manifestanti; dalle televisioni, che del corteo di New York hanno trasmesso 9 secondi (che grande ed invidiabile democrazia, ci dev'essere negli Stati Uniti d'America! Che Paese meraviglioso! O... delle meraviglie?) in mezzo a due servizi sui dubbi sostenitori iracheni di Saddam, senza neanche menzionare dei milioni di persone nel resto del mondo, favorevoli a queste manifestazioni.
(Non sembra lampante che questa perspicace signora stia enumerando le tessere di un puzzle che, se correttamente incastrate tra di loro, raffigurerebbero l’immagine di una tirannia piuttosto che quella di una democrazia? Non sorge il fondato sospetto che la democrazia sia la veste che il Potere indossa soltanto la domenica, quando si reca a presenziare ai riti consueti, e che in tutti gli altri giorni si senta più a suo agio indossando i soliti panni della tirannia?)
Questa America (Stati Uniti, che diamine! Comunque: pazienza!), signor Pintor, non si vede mai, neanche sui media europei. Semplicemente non esiste, dimenticata, come tanti terzi e quarti mondi, al fondo di un Paese le cui libertà non sono che mistificazioni della Libertà (la libertà di scegliere tra 32 tipi di hamburger McDonald, tanto per fare un esempio, ha decisamente avuto la meglio sulla libertà dei lavoratori di McDonald di avere un contratto che duri più di tre mesi, di poter organizzarsi in sindacati, o di ricevere la copertura delle spese sanitarie). C'è una guerra anche qui, signor Pintor, tutti i giorni, inascoltata e nascosta agli occhi delle telecamere: quella che Bush fa al proprio popolo, impoverendolo, impaurendolo, mantenendolo ignorante, non garantendogli i diritti basilari alla vita, lasciando che nel «più grande e più ricco dei Paesi del mondo» ci siano tassi di mortalità infantile che competono (vincendo) con quelli di alcuni dei Paesi più poveri della terra. Questi americani qui, signor Pintor, sono già vittime e non meritano odio, ma compassione. Soprattutto, quell'odio giustificabile di cui lei parla come di un pericolo a venire, è già una delle migliori armi nelle mani di Bush, del suo governo e dei suoi generali che, assieme a quella in Iraq, stanno conducendo un'altra campagna crudele: quella di convincere il popolo americano che il mondo tutto il mondo - non solo quello arabo - li odia e li vedrebbe volentieri tutti morti, o perlomeno sofferenti, e finalmente scarichi di quell'insopportabile strafottenza (Beh, se fosse vero, se davvero Bush stesse conducendo una campagna di questo genere, almeno per una volta starebbe dicendo alla sua popolazione qualcosa che si avvicina alla verità. Bush, però, non si sogna nemmeno di iniziare una simile campagna. Bush sta convincendo la popolazione che il mondo pullula di suoi alleati che gli ubbidiscono a bacchetta, poiché ha alle spalle il più grande e potente esercito che si possa trovare sulla Terra.). Come lei sa bene, non c'è come chi si senta solo, detestato e minacciato che sia disposto a stringersi coi suoi simili attorno alla prima delle bandiere, foss'anche la più stupida, la più aggressiva, e la più cara (molto cara) da pagare.
Guardavo stamattina su un giornale italiano la foto di una bambina irachena, circa dell'età della mia, ferita alle gambe che piange in braccio a suo padre, che la ascolta e si guarda intorno con occhi vuoti e angosciati. Un orrore. E ha certamente ragione lei, signor Pintor, a dire che sia scandaloso che il pubblico americano non possa guardare in faccia quella bambina per, magari, trovare rivoltante la guerra e, magari, finalmente opporvisi. Ma lavoro come volontaria in rifugio per senza tetto, la sera: 9 famiglie, 14 bambini, io passo un paio d'ore a giocare con i cinque più piccoli, tutti tra i due e i tre anni e mezzo. Fortunati, che se piangono è in genere per qualcosa che passa con una distrazione. Ma quando mi allungano i tre quarti di dollaro che hanno messo insieme non so come «perché così anche la tua mamma può smettere di dormire all'aperto», e piangono perché vogliono tornare a casa, o perché hanno paura di dover andare ancora a dormire per le strade, o perché pensano sia stata colpa loro, provo disperazione, rabbia, e un orrore che non è affatto diverso da quello della foto. Sono le stesse vittime, degli stessi carnefici, che trovano più conveniente spendere milioni di dollari in bombardamenti piuttosto che in pane, latte, libri, medicine, ecc. I media però, anche quelli sensibili agli orrori, non li fotografano, non ne parlano (Democrazia, dove sono le tue spoglie?! Almeno le spoglie! Almeno quelle! Macché, non si rinviene nulla.). Perché queste vittime qui hanno il passaporto sbagliato: sono yankee, e quello che piace ai media degli yankee è che sono tutti grandi, tutti biondi, tutti grassi, tutti ricchi, tutti scemi, e, forse un domani, meritevoli di quell'odio che c'è già. Non credo all'esistenza di un odio giustificabile (se così è, allora questa donna non può credere veramente nemmeno nell'amore), signor Pintor, non credo ai capri espiatori, e non credo alle generalizzazioni e all'anti-americanismo da Bar Sport di paese. C'è un orrore qui e ora, tutti i giorni, ovunque si abbia il coraggio di guardare, che non ha passaporti né bandiere e che non può e non deve diventare il pretesto di nessun odio tollerato (ma esiste anche la capacità di discernere).” (KELEBEKLER)
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“Gli elettori americani avranno bisogno di altri due o più cicli elettorali nazionali per epurare il Congresso di quegli elementi, sia Repubblicani che Democratici, che hanno causato il pantano iracheno. … Il pubblico americano può aver esternato frustrazione nel corso degli eventi in Iraq, ma questo sentimento è frutto più di una delusione per una sconfitta che di qualsiasi altro sdegno morale per essere coinvolti in una guerra che prima di tutto non doveva essere combattuta. … Ci vuole coraggio per opporsi a questa guerra, quando la crescente ondata di opinione pubblica continua a coltivare grandi speranze di vittoria. (Ecco, umanissima signora Sara, autrice della lettera riportata in precedenza, sebbene Lei abbia delineato con sentimenti molto nobili un panorama realistico degli Stati Uniti d’America, per quanto riguarda certe deduzioni sull’essenza della popolazione statunitense, e soltanto su queste, io mi trovo in maggior sintonia con codesta analisi, fatta da Scott Ritter, piuttosto che con la sua. Veritiera, ma troppo parziale, la sua.) … “Fare la cosa giusta” sembra appartenere al passato. “Fare la cosa politicamente vantaggiosa” è la tendenza attuale. … Suggerirei di convocare tutti gli uomini (e donne) del Presidente, e interrogarli su ogni parola pronunciata in merito alla “minaccia” iraniana, soprattutto se legata alle armi nucleari. Chiederei che vengano esposti i fatti che possano avvalorare la retorica.
Convocherei in prima linea l’American-Israeli Public Affairs Committee (AIPAC) o una qualsiasi delle altre lobby che sostengono lo scontro con l’Iran, (avrà mai una fine questo feroce sodalizio maligno tra Israele e Stati Uniti? Quanti altri morti bisognerà contare – in verità i morti, che non sono dei loro, neanche vengono contati, la quantità, la stimano “ad occhio” – prima che qualcuno, o qualcosa, imponga uno stop netto, definitivo, ai progetti sciagurati che questo spietato sodalizio è intenzionato a realizzare?) in modo che le frasi dette dietro le quinte vengano esposte di fronte ai cittadini americani.
Riterrei questi “professionisti della distruzione” responsabili delle proprie posizioni – chiedendo di confermarle con fatti incontrovertibili. Verificherei se la comunità di intelligence Usa condivide i controversi avvertimenti suggeriti da questi esponenti delle lobby pro-guerra, e se così non fosse, mi chiederei chi, quindi, sta guidando la politica Usa verso l’offensiva contro l’Iran.
Coloro che per legge hanno ricevuto un mandato e sono soggetti alla tutela del Congresso? O altri che operano al di fuori di qualsiasi struttura rappresentativa della volontà del popolo americano? … Se la ragione per andare in guerra con l’Iran si rivela essere illusoria quanto quella della guerra con l’Iraq, il Congresso deve agire per prevenire che ciò avvenga. Così come stanno le cose, l’amministrazione Bush, tanto incoraggiata dalla teoria dell’unitary executive(1) (Uno dei motivi che sta all'origine dei fatti dell'11 settembre 2001) come mai prima d’ora nella storia della nazione americana, ritiene di avere tutta l’autorità legale necessaria per occupare militarmente l’Iran.” (Scott Ritter - Traduzione di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media)
(1)Filosofia di governo secondo cui – soprattutto in caso di guerra o di minaccia imminente – il presidente degli Stati Uniti (potere esecutivo) può scavalcare il Congresso (potere legislativo) e lo stesso potere giudiziario per imporre una guida unica e unitaria del paese, imponendo all’intero settore pubblico di conformarsi solo ed esclusivamente alle direttive del presidente.
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“Roma - Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha dichiarato che il presidente americano George Bush ha usato toni “inutilmente allarmanti” sulla pericolosità dell'Iran. «Questi toni, dal capo della più grande potenza del mondo, non li trovo utili e inutilmente allarmanti.», ha detto il vicepremier alla trasmissione di Fabio Fazio su Rai tre.” (CORRIERE DELLA SERA.IT)
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“Londra - Oltre un milione di iracheni sono morti a causa del conflitto che ha fatto seguito all'invasione delle forze a comando americano nel marzo del 2003, secondo il risultato di una ricerca condotta dall'istituto britannico Opinion Research Business.” (ADNKRONOS)
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Trattandosi di un dato formulato “ad occhio” e per giunta fornito da un istituto britannico, è giudizioso moltiplicarlo almeno per tre. A questo va sommato il numero delle vittime cagionato dalla prima guerra del Golfo, condotta da Bush padre, e quello degl’innumerevoli morti per cause riconducibili agli spietati embarghi antecedenti e contemporanei alle due ingiustificate e ingiustificabili guerre d’invasione dell’Iraq. Tenendo presente anche il numero indefinito, ma “ad occhio” impressionante, dei mutilati, dei feriti gravi “rattoppati” alla meglio e in generale di tutti coloro i quali sono stati resi invalidi dalla violenza anglo-statunitense con propulsore israeliano, ci si trova in presenza di una cifra mortuaria che non è deficitaria rispetto a quella di quell’olocausto di cui annualmente si celebra il “giorno della memoria”. Giorno, in cui una certa memoria interessata, attiva non soltanto per un giorno ogni anno, non ricorda mai il tragico numero di disabili psico-fisici, e men che meno le loro disperate sofferenze, che per primi furono avviati all’eliminazione dalle divise di un popolo farneticante. Cifra che non appartiene alla comunità ebraica.
“Washington, - La speciale unità di intelligence del Pentagono, fortemente voluta dall'allora segretario alla Difesa Ronald Rusmfeld, raggiunse conclusioni “inconsistenti” riguardo ai presunti legami tra Saddam Hussein ed al Qaeda. Un rapporto dell'ispettore generale del Pentagono, Thomas Gimble, mette nero su bianco la condanna definitiva del modo in cui lavorò nei mesi precedenti all'invasione dell'Iraq il “Defence department analysis”. ” (ADNKRONOS)
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“Un George Bush in calo di consensi e di approvazione (oltre 3600 morti e oltre quindicimila mutilati di guerra - cifre del Pentagono, secondo alcuni molto sottostimate - sono una cifra difficile da digerire per un Paese che non ha mai avuto la guerra in casa sua) ha parlato alla Nazione invitando il Congresso a dare fiducia al suo piano per l'Iraq.
Davanti ad un pubblico di parlamentari scettici, Bush ha difeso la sua strategia sottolineando che «un fallimento in Iraq avrebbe conseguenze terribili» e ha chiesto a maggioranza e opposizione l'unione sui temi a lui cari: «come è successo più volte in passato, possiamo superare le nostre differenze e raggiungere grandi traguardi per l'America», ha aggiunto.
«Vi chiedo di dare il vostro sostegno alle nostre truppe in prima linea e a quelle che stanno per giungervi.», ha detto Bush alludendo ai 21.500 soldati che saranno inviati presto in Iraq.
«Possiamo andare avanti con fiducia - ha chiuso Bush - perché lo Stato della nostra Unione è forte, perché la nostra causa nel mondo è giusta (Che spudoratezza!), e questa notte la nostra causa va avanti.» Nonostante il discorso, secondo un sondaggio Washington Post/Abs News oggi solo il 33% della popolazione americana (ancora troppi!) approva la condotta di George Bush.” (CENTRO STUDI GIUSEPPE FEDERICI)
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“Le crude immagini di Saddam giustiziato, come monito per il futuro. Questo il trattamento riservato ai detenuti nella base Usa di Guantanamo a Cuba, secondo quanto riferito da David Hicks, unico australiano rinchiuso nel campo di detenzione, in attesa di processo. I suoi avvocati rivelano che le guardie del carcere mostrano foto dell'impiccagione dell'ex raìs, e del suo fratellastro, decapitato durante l'esecuzione.
«Mostrare fotografie di uomini condannati a chi può subire la pena capitale, può solo essere interpretato come un tentativo di intimidire e di costringere alla sottomissione sotto minaccia di morte, e di torturare mentalmente una popolazione di detenuti che già subiscono abusi.», ha detto l'avvocato civile Usa di Hicks, Joshua Dratel, in un comunicato ai media australiani.” (TIGCOM)
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“«Per quanto mi riguarda, tutti gli abitanti di Gaza possono camminare.», ha replicato stizzito Olmert alla domanda preoccupata di un giornalista, riguardo la catastrofe umanitaria in corso. Non è una battuta razzista da bar sport, ma la dichiarazione ufficiale di Olmert, primo ministro israeliano.
Da venerdì l'esercito israeliano ha bloccato le forniture di carburante alla Striscia di Gaza e impedito alle Nazioni Unite di consegnare gli aiuti umanitari. L'unica centrale elettrica di Gaza City domenica si è spenta, lasciando al buio circa un milione e mezzo di persone. Potranno sicuramente "camminare" verso un radioso futuro anche i pazienti in dialisi all'ospedale di Gaza e i trentacinque bambini prematuri nell'incubatrice, per non parlare delle decine di malati gravi tenuti in vita dalle macchine. Il gasolio per il generatore di emergenza dell'ospedale può bastare per poche ore, dopo le quali la sentenza è già scritta. Quarantacinque pazienti sono già morti da giugno a questa parte a causa della chiusura di Gaza da parte dell'IDF.
L'escalation comincia martedì scorso, quando attacchi dell'aviazione israeliana massacrano trenta palestinesi, tra cui il figlio dell'ex Ministro degli Esteri del governo Hamas, oltre a numerosi altri civili inermi.
Il governo Olmert decide di attuare una punizione collettiva e sigillare completamente la Striscia, impedendo il passaggio di elettricità e gasolio, per i quali Gaza dipende da Israele. Da Venerdì scorso persino il transito di carburante, cibo e medicinali è stato fermato completamente. In sostanza, un milione e mezzo di persone si sono ritrovate all'improvviso in un enorme campo di concentramento (Quali e quanti sentimenti genuini e potenti nutrireste, se disgrazie di questo genere "comandato" coinvolgessero voi e le vostre famiglie?). Il paragone è quanto mai calzante, dal momento che il governo israeliano ha sancito che d'ora in avanti «non permetterà ai residenti di Gaza di avere una vita confortevole» (Forse che non vi servireste di qualsiasi mezzo per rendere assai meno confortevole la vita agli israeliani?). Il braccio armato di Hamas considera rotta la tregua con Israele e aumenta l'intensità dei lanci di razzi artigianali Qassam.
La mancanza di elettricità ha precipitato Gaza City nell'età della pietra. Che le macchine non possano girare non è una gran problema, con la disoccupazione a livelli dell'ottanta per cento nessuno può permettersi di usarle comunque. Gli effetti del blocco dell'elettricità sono ben altri, oltre alla mortale chiusura degli ospedali. Il problema principale riguarda l'acqua: essendo Gaza una zona desertica, l'elettricità è indispensabile per pompare l'acqua dai pozzi profondi e renderla potabile. Quindi la Striscia si ritrova al momento priva di acqua potabile. L'impianto fognario di Gaza City si è fermato, trasformando la città in una colossale fogna a cielo aperto. Le strade sono intasate da dieci o venti centimetri di liquami che appestano l'aria ed entrano nelle case. La catastrofe sanitaria è solo questione di giorni. Per non parlare di fabbriche, scuole, uffici chiusi. Per avere un'idea di cosa succede, basta immaginarsi la propria città al buio completo, in inverno, circondata da un muro elettrificato e sotto l'attacco continuo di caccia bombardieri.
Nei piani del governo israeliano, per evitare un imbarazzante catastrofe umanitaria immediata (non per un atto di misericordia del popolo eletto), si prevede la fornitura a singhiozzo, ogni qualche giorno, del poco gasolio necessario a mantenere in funzione l'ospedale.
Il leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshal, ha dichiarato che «la resistenza, incluso il lancio di razzi, si fermerà solo quando Israele si ritirerà dalla terra Palestinese (condizione minima, che non tiene conto di troppe altre cose.)».
Le reazioni internazionali all'imminente genocidio a Gaza sono state però molto tiepide (e quelle dei cristiani?). E di genocidio si tratta, infatti, secondo l'articolo II della Convenzione dell'ONU sulla Prevenzione e Punizione del Genocidio, questo crimine viene definito nel modo seguente: “Uno tra i seguenti atti commessi con l'intento di distruggere, del tutto o in parte, un gruppo nazionale, religioso, etnico o razziale; l'uccisione dei membri del gruppo; causare danni corporali o mentali ai membri del gruppo; infliggere deliberatamente sul gruppo condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione fisica del tutto o in parte.”
Mentre il segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon si è detto “preoccupato” per la situazione in Gaza, le diplomazie occidentali hanno evitato prese di posizione (e i cristiani?).
La nuova posizione ufficiale dell'Unione Europea è stata presentata Martedì da Franco Frattini in un incontro a Herzilya, in Israele, ed è molto interessante. Frattini afferma che «il blackout di Gaza non si può considerare un crimine di guerra» e «Israele ha il diritto di difendersi contro l'incessante lancio di razzi Qassam. (Scambiare l'effetto con la causa è mistificazione grave. Che sia proprio vero, come dicono all'estero, che, i peggiori, li si trova in Italia più in abbondanza che altrove?)» Possiamo dunque concludere che, tecnicamente, secondo la Convenzione dell'ONU citata in precedenza, l'UE sta supportando un genocidio.
Il “sindaco di Ramallah” (come viene sovente chiamato il presidente palestinese Abu Mazen), si presterà alle foto ricordo con Olmert e Bush, persino mentre Olmert lascia morire di stenti i palestinesi della Striscia di Gaza, protetto dal veto di Bush al Consiglio di Sicurezza.” (sunto dell’art. di Elle Emme da ALTRENOTIZIE)
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“La polizia in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord ha ottenuto un aumento di stipendio del 2,5% retrodatato solo al primo dicembre 2007. Il ministero dell'Interno si è ostinatamente rifiutato di retrodatare di altri tre mesi, al primo settembre, l'aumento di stipendio, come richiesto dalla polizia. Secondo il Police Arbitration Tribunal, che è indipendente, questo equivale di fatto a ridurre l'aumento di stipendio all'1,9 per cento. La richiesta costerebbe allo Stato solo 30 milioni di sterline.
La delusione della polizia inglese è stata esacerbata dal fatto che i loro colleghi in Scozia hanno ottenuto il pieno aumento del 2,5% retrodatato al primo settembre 2007, mentre gli insegnanti hanno ricevuto un incremento del 2,45% e i deputati si apprestano ad auto-elargirsi un aumento di stipendio del 2,8%, superiore al tasso di inflazione, nonostante l'appello alla moderazione del premier Gordon Brown.” (IL SOLE 24.COM)
“Tutto il mondo è paese.” Un brutto paese.
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“Washington - Il settimanale "New Yorker" dedica, nel suo numero di domani, un lungo profilo al comico Beppe Grillo, definendolo «il Michael Moore italiano» e raccontando le sue numerose iniziative per mettere a nudo l’inefficienza e la corruzione della classe politica italiana. «Grillo ha galvanizzato gli italiani parlando della corruzione con irriverenza, humour e con il fatto stesso di parlarne, scrive il settimanale in un articolo di sette pagine (con richiamo in copertina) intitolato "Beppès Inferno", L’Inferno di Beppe. La stampa tradizionale italiana è controllata, o posseduta, dai partiti politici e dalle compagnie, le cui malefatte tendono ad essere ignorate o sminuite dalla Tv e dai giornali.».
Il profilo racconta il successo di folla di Grillo alla dimostrazione di Piazza Maggiore a Bologna ed il successo del suo blog (l’ottavo più letto nel mondo, secondo Technorati) dove Grillo «non soltanto denuncia le ingiustizie dei politici, ma gestisce una specie di governo parallelo completo con un gabinetto di consiglieri volontari, che comprendono l’architetto Renzo Piano e il commediografo Dario Fo». L’articolo sottolinea che un sondaggio fatto il mese scorso ha mostrato che "Grillo" è il personaggio politico al secondo posto come popolarità in Italia dopo il sindaco di Roma Walter Veltroni (Non è un onore essere secondi a Veltroni. Anche perché mi risulta assai strano che Veltroni riscuota una gran simpatia tra gl'italiani. Oppure i peggiori sono proprio tutti in Italia?) Il settimanale ricostruisce la carriera di Grillo, ricordando l'espulsione di fatto dalla Tv italiana dopo una battuta contro Bettino Craxi, e sottolineando che quando in dicembre il Dalai Lama si è recato in visita in Italia «dopo che il Papa e il premier Prodi avevano rifiutato di incontrarlo (Un sonoro urrà per il rispetto delle opinioni altrui, che per i cattolici viene senz'alto molto dopo gl'interessi politici. Ma è proprio vero che i peggiori si trovano in Italia? La faccenda si fa sempre più seria, sfoltisce i dubbi come una falciatrice spinta a tutta birra.), si era invece incontrato con Grillo».” (LA STAMPA.IT)
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“Ecco quanto percepisce un nostro parlamentare, che non abbia cariche supplementari, per governare nel modo in cui governa: la cifra giusta è 14.200 euro al mese. Di cui 5.100 euro di stipendio, più 4.000 per il soggiorno a Roma, più 4.190 per pagare i collaboratori. Ma poi usano treni, aerei e autostrade gratis, hanno 3.000 euro all’anno di rimborso per il telefono, un ufficio attrezzato a Roma, un computer portatile, viaggi all’estero per 3.100 euro, la tessera per il cinema, per lo stadio, la liquidazione e il vitalizio. Molti di loro, però, continuano a fare anche le loro attività professionali. Per esempio l’onorevole Gabriella Carlucci, deputato della Repubblica, ogni domenica su rete 4, in una sua trasmissione televende salami, materassi e prodotti di altro genere. (Che dubbio invadente si stava insinuando in me quando, in precedenza, m'interrogavo su dove si potesse reperire il maggior numero di esseri umani considerati davvero "i peggiori"?)” (REPORT)
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“Vergogna! Mentre la Confindustria nega ai lavoratori metalmeccanici il rinnovo del contratto e di conseguenza i legittimi aumenti salariali, il governo del democristiano Prodi vara lo scandaloso aumento delle pensioni minime, quelle che non superano i 600 euro, con una elemosina di appena 33-35 euro al mese, pari a 1 euro e poco più al giorno (ossia neppure il costo di un litro di latte). Eppure i deputati si sono garantiti un aumento dello stipendio di ben 4 mila euro lordi annuo, che corrisponde a 200 euro netti in più al mese, che vanno ad aggiungersi ai 14.200 netti che percepiscono per 14 mesi. Un aumento che, c'è da scommetterci, sarebbe totalmente passato sotto silenzio con la connivenza della destra come della sinistra del regime neofascista, se non fosse per i riflettori che in queste ultime settimane si sono accesi sugli scandalosi “costi della politica”. Infatti per questo “ritocco” alla loro busta paga i deputati si sono risparmiati persino l'imbarazzo di votarlo in aula, perché, come ha spiegato il questore “anziano” della Camera, Gabriele Albonetti (Unione), sarebbe «solo il frutto di un adeguamento automatico (Altro che annose battaglie per i rinnovi dei contratti salariali!) all'indennità del presidente di Corte d'appello». Insomma per loro sono “quisquilie” e per di più dovute.
Ma vai a raccontarlo al giovane precario in un call center che per mettere insieme 4 mila euro gli occorrono cinque mesi di lavoro, se gli va bene. Vai a raccontarlo ai milioni di lavoratori, a cui i signori del palazzo, per legge hanno scippato ogni automatismo sugli aumenti degli stipendi, a partire dalla cancellazione della “scala mobile”, con il vergognoso pretesto che creavano inflazione, mentre per quanto li riguarda, come si vede, gli aumenti automatici se li sono tenuti ben stretti.
Altro che riduzione dei “costi della politica”! E il bilancio preventivo per il 2007 della Camera parla da solo. La spesa è stata prevista in 1 miliardo e 53 milioni, più del 2006 quando si erano limitati a spenderne “solo” 980 milioni. Le spese per i deputati in carica crescono di 169 milioni di euro, +1,54%, quelle per i deputati in pensione di 132 milioni di euro, +2,72%, per i dipendenti in servizio di 267 milioni di euro, +3,68%, per quelli in pensione di 167 milioni di euro, +3,85%. E lievitano addirittura del 31% i costi per garantire gli spostamenti gratuiti dei parlamentari sul territorio nazionale, dove è stato previsto di spendere ben 12 milioni di euro in più. Come si fa, a giustificare tale aumento di budget col solo aumento delle tariffe di treni e aerei? Per non parlare dei 300 mila euro messi in bilancio per “controllare i rendiconti dei partiti”, che vuol dire che per questo capitolo di spesa la Camera spende quasi mille euro al giorno.
E che dire dello scandalo della buvette di Montecitorio, dove i deputati pagando prezzi da mensa aziendale (9 euro) si abbuffano con raffinati pranzi che costano alle casse della Camera, e cioè all'intera collettività, ben 90 euro, a cui gli fa sponda la protesta inscenata da Buttiglione per ottenere il gelato alla buvette di Palazzo Madama?
Con quale coraggio questi “mangiapane a tradimento” invocano di tagliare le pensioni a milioni di lavoratori che si spezzano la schiena nelle fabbriche e nei cantieri, quando a loro bastano 2 anni sei mesi e un giorno per ottenere un dorato vitalizio finché campano, e sono, anche se non più eletti, tutelati a vita da un apposito ufficio (il “Servizio per le competenze dei parlamentari”) che accompagna e assiste l'ex eletto letteralmente fino alla tomba. Basta dire che se l'anziano ex-senatore si sente poco bene, il detto ufficio provvede subito con un finanziamento fino a 15 milioni annui per cure fisioterapiche. Altrettanti soldi è pronto a sborsare se a star male sono mogli o figli. Se gli occorre un'assistenza infermieristica paga fino a 30 milioni l'anno. E quando trapassa? Ebbene il Parlamento praticamente gli paga un funerale coi fiocchi erogando un contributo di 5.164 euro che va a beneficio esclusivo dei suoi eredi, chiunque essi siano.
Ma Albonetti si rammarica per la vita dorata dei parlamentari ch’è finita nell'occhio del ciclone e messa all'indice dall'opinione pubblica. Perché lui dice che la sua «è una vita di merda (condivido, ma sulla base di ben altre valutazioni), niente cene o feste, solo lavoro fino a tardi e prendo 6 mila euro netti al mese perché ne verso la metà al partito” e si lamenta di guadagnare “meno del suo medico curante...». Poverino!
Con questi presupposti come possono essere credibili i provvedimenti che Camera e Senato si sono impegnati a prendere per ridurre i “costi della politica”, a partire dalla riforma del vitalizio. Ma ammesso e non concesso che tali provvedimenti vedranno la luce, e ci permettiamo di dubitarne, essi entreranno in vigore solo a partire dalla prossima legislatura, perché, ci spiegano, non si possono toccare i diritti acquisiti.
Chissà perché i diritti acquisiti, come ad esempio quello alla pensione, si possono toccare e anzi peggiorare per milioni di donne e uomini che faticano tutti i giorni nelle fabbriche, negli uffici e nei cantieri, mentre diventa un diritto inalienabile e intoccabile se si va a intaccare gli interessi dei politicanti che siedono nel parlamento nero.” (L’UNITA’)
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“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.” (COSTITUZIONE ITALIANA)
Nel suo 60° anniversario «la Costituzione dev’essere di riferimento unitario per i cittadini», ha raccomandato il Presidente Napolitano.
Ma con quale forma di dialogo un cittadino può far rispettare il proprio riferimento al terzo articolo della Costituzione, eluso da una sessantina d’anni?
Ma con quale forma di dialogo un cittadino può far rispettare il proprio riferimento al terzo articolo della Costituzione, eluso da una sessantina d’anni?
Bah! Sarebbe già una gran bella cosa se fosse realmente di riferimento unitario per certuni, nella loro duplice qualità di cittadini e di governanti. Purtroppo, invece… Parole, soltanto parole. A che scopo ribadirle? Con quali speranze? In effetti, mi sembra che nella nostra Repubblica, ma si tratta di un malcostume mondiale, tutto sia volto ad accrescere la disparità economica tra i cittadini e il primo indizio relativo a questo andazzo ci viene fornito proprio da quei governanti deputati a ridurre al minimo, se non proprio ad eliminare, lo stato di sproporzione economica.
Ahimé! Sembra che il misero destino dei migliori articoli della Costituzione debba essere quello di venire stravolti nella realtà proprio da coloro i quali per primi dovrebbero osservarli e metterli in pratica con precisa diligenza esente da deroghe. Nella pratica, invece ed a esempio, l’articolo undici della Costituzione sembra essere stato stravolto in questo modo indecente: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie… salvo nelle occasioni in cui la guerra venga promossa dagli Stati Uniti d’America.”
Comunque, nel vitale riordino del mosaico della Verità, le cui tessere io non ho fatto collimare alla perfezione nel presente abbozzo concettuale, qualsiasi riferimento alle Costituzioni redatte dagli uomini ha un rilievo pressoché insignificante. La fiducia nelle opere della politica è irreperibile nella bisaccia del saggio, accortamente riempita. Per il momento, può essere di una certa utilità generale concludere la riflessione ispirata dallo scritto di Russell asserendo che una società bisognosa di giudicare e punire, e per giunta incapace di giudicare in maniera non generalizzata, è una falsità più ancora che un errore di condotta esistenziale ed è una falsità peggiore del concetto cristiano che, in parte, non ignora la sconvenienza del giudicare per punire. Funzioni assolutamente innaturali, in quanto, tra l’altro, il loro espletamento sarebbe impossibile in assenza di aggregazioni.
In sostanza, una società giudica e punisce senza essere suffragata da un qualche diritto, naturale o divino che sia, e agisce in tal modo precipuamente per incutere paura e per mezzo della paura mantenere una coesione che non disturbi i placidi “godimenti” del Potere, che sulla coesione dell’armento sociale si fondano. Nulla di più e nulla di diverso. Come sempre nel corso dei secoli.
La vasta e travolgente problematica, che il giudicare comporta, grava sul mio cuore ancor prima che sul mio spirito e qui mi fa ripensare che, allorquando una persona viene condannata, assieme ad essa ne vengono condannate in media almeno altre quattro. Assolutamente non colpevoli, queste, ammesso e non concesso che il condannato principale sia veramente colpevole. Poca importanza esistenziale avrebbe, infatti, se risultasse colpevole solamente per gli amministratori della “giustizia” sociale. Quante società hanno condannato individui considerati eroi da altre! In quante società sono stati esaltati e additati ad esempio degli uomini ritenuti assassini altrove! Incongruenze, che già di per se stesse inficiano in assoluto l’idoneità di qualsivoglia sistema sociale a formulare giudizi genuini. E, in assenza di genuinità, il giudicare ha poca attinenza con la Giustizia che, comunque, non potrà mai essere amministrata dall’uomo in una qualche maniera corretta. Inoltre, i “danni collaterali” del giudicare, di cui una società non può tener conto, ma che, in particolar modo quando s’abbattono su dei minorenni, incidono pessimi segni indelebili durante lunghi periodi di dura sofferenza, non smetteranno di sciorinare le loro oppressive conseguenze per tutta la vita sia del colpevole sia degl’innocenti sentimentalmente coinvolti. Quanti uomini buttati via con responsabile indifferenza!
Un tempo, intorno agli anni sessanta, quando la gente non era ancora stata corrotta dall’Avere in maniera oltremodo smodata e il numero dei reati originati dalla protezione dell’Avere non aveva iniziato quell’impennata che oggi possiamo definire “vertiginosa”, circolava un concetto ritenuto sacrosanto dalla stragrande maggioranza delle persone, nonostante che, pure in quel tempo, gli amministratori della “giustizia” sociale non lo tenessero in dovuta considerazione: “Meglio 100 colpevoli in libertà che un innocente in prigione.” Oggi, invece, tutta la disumana attenzione è stata convogliata, in special modo dai media a servizio esclusivo del Potere, sulla “certezza della pena” e sull’inasprimento della stessa, per aumentare il comodo e deresponsabilizzante (vedi, come esempio minimo, gli articoli della Costituzione del tutto disattesi) effetto deterrente delle punizioni e soddisfare con poco l’inaridito spirito tremebondo dell’armento che ha perso l’umana capacità (nella quantità maggiore soppressa dai tutori imposti dallo Stato) di difendere se stesso e ciò che possiede. Ferma restando l’eterna prescrizione naturale (oggi considerata “primordiale” dalla cretineria in auge) che stabilisce l’impossibilità per l’uomo di possedere più di quanto sappia proteggere e amministrare con le sue sole forze. E’ sulla “certezza della colpa” che dovrebbe concentrarsi tutta l’attenzione e, se così fosse, si scoprirebbe con squinternante disorientamento quanto rara sia la colpa nell’ambito in cui la si cerca per questioni sociali e quanto sia diffusa laddove la società non è interessata ad infliggere le proprie punizioni.
Eh, già: Regole Naturali che sembrano appartenere esclusivamente a tempi lontanissimi, o così si vuol far credere, ma che in verità sono intramontabili. E, pensando a Onniscienza e Onnipotenza che le hanno poste, si può essere certi che a queste Regole Intramontabili si dovrà ritornare a sottostare. Umanamente. Quando il ripristino avverrà, e oggi si può preconizzare che avverrà in maniera tragica, solo allora il Progetto Supremo farà affluire una gran quantità di identità spirituali nell’Universo Eterno. Tanto: il Progetto Supremo non ha “fretta”, non è soggetto al Tempo. Per Lui Passato, Presente e Futuro rappresentano sempre e soltanto la Presenza Assoluta dell’E’.
Bah, un discorso, quest’ultimo, che in un lontano ieri era comprensibile per un uomo che ancora non conosceva il linguaggio e che oggi risulta assai complesso per tutti. Io, qui, non lo estenderò, sebbene continui a gravarmi sull’animo una preoccupazione che, sì, riguarda l’Umanità tutta, ma che soprattutto mi coinvolge drammaticamente in prima persona: da un certo momento lontano fino ad oggi pochi debbono essere risultati gli eletti al vaglio determinante del Progetto Supremo.
Pazienza?! Modo pessimo di accantonare la problematica dell’irripetibile esperienza individuale dello Spirito nella Materia.
Bah!
E riecco Russell:
“Poi Cristo dice: «Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.».”
Non è il caso di commentare questo consiglio che sprona in una direzione risolutamente scartata dalla stragrande maggioranza dei cristiani. Davvero rari devono essere quelli che non hanno sperimentato l’umiliazione di rimanere impalati a guardare con fissità e cuore profondamente addolorato le terga di un cristiano che si allontana con andatura strafottente dalla loro richiesta di soccorso.
“Vi è poi un altro precetto di Cristo che penso abbia in sé una grande ricchezza di contenuto, ma non trovo che sia molto popolare fra alcuni dei nostri amici cristiani. Egli dice: «Se vuoi essere perfetto, vai, vendi quello che hai e dallo ai poveri.». Questo è un precetto veramente eccellente, però, come dico, non è molto praticato dai cristiani.”
I cristiani preferiscono di gran lunga incendiare le misere baracche dei diseredati dagli Stati dediti al Progresso Furioso, con la precisa e “focosa” intenzione di cacciare i poveri e i derelitti lontano dalle proprie abitazioni, lontano dai propri occhi, piuttosto che dar loro qualcosa.
Qui, però, è doveroso evidenziare che il discorso del Cristo si fa assurdo, nella maniera tipica di un certo uomo/dio ed, inoltre, sta a dimostrare una volta di più che nell’ambito di una società nulla di buono ha la possibilità di essere realizzato. Infatti: se c’è qualcuno che vende, significa, ovviamente, che c’è qualcuno che compra. E, chi compra, evidentemente non ha dato ai poveri né ha intenzione di dare. D’altro canto, se tutti fossero intenzionati a vendere, per diventare perfetti, non ci sarebbe più qualcuno disposto a comprare. Quindi il discorso non ha in sé un valore propositivo universale. E’ proprio impossibilitato ad averlo dallo stato reale delle cose, è così gli viene a mancare la principale caratteristica che un precetto morale deve possedere: l’universalità. Se si considera, poi, che dovrebbe trattarsi di un precetto formulato da un dio… Perdinci, che miseria intellettuale! Comunque, non solo ogni singolo cristiano non aspira ad essere un cristiano perfetto, ma nemmeno la Chiesa, come istituzione, ha ambizioni di questo genere sublime. Basterebbe, tanto per evidenziare il minimo e tralasciare il massimo, tradurre in moneta il vestiario di un prelato per alleviare consistentemente le penose ristrettezze di una famiglia, ridotta in uno stato di povertà dal tragico stravolgimento operato dalla società “civile” nell’ambiente naturale, che ha indissolubilmente legato la sopravvivenza alla più perfida invenzione escogitata dal Male: il denaro.
Qui bisogna anche dire che Russell formula un pensiero concettualmente utopico, quando attribuisce “una grande ricchezza di contenuto” a questo precetto di Cristo. Precetto, che sembra, piuttosto, un grumo di parole buttate là per impressionare con effetto momentaneo. Proprio e soltanto in assenza del vendere e comprare verrebbe eliminato lo “stato di povertà” e verrebbe ritrovata una grande ricchezza di contenuto nell’atto del dare che si configurerebbe con le squisite peculiarità del donare e che si effettuerebbe tra individui che godrebbero tutti dell’essenziale. Essenziale a loro disponibilità individuale esclusiva, in tal modo non soggetto a uno sfruttamento incompatibile con l’equilibrio e i tempi di rinnovamento dell’ecosistema in generale e di quello alimentare in particolare. Per riflettere meglio sul superfluo, che depaupera oltre il necessario, ancora una volta va diretto lo sguardo sullo sfarzo della Chiesa, mai intenzionata a dare veramente. La Chiesa (ugualmente a qualsiasi altra aggregazione religiosa) chiede, incamera e ridistribuisce in minima parte con finalità di effetto promozionale a favore della propria confessione. Tuttavia, nonostante la presenza eclatante di tanti spunti di riflessione, sembra che questo principio dell’essenziale, e tanti altri assieme a questo, non siano proprio digeribili dai cristiani, amanti accaniti del superfluo, sia fisico che metafisico.
D’altro canto, la pigrizia mentale non permette loro di approfondire le questioni e di separare il grano da loglio. Sono refrattari alla percezione del Vero. Seguire ciecamente un rituale pomposo risulta comodo: fornisce dei batuffoli da introdurre nelle orecchie per azzerare il sommesso vociferare della Verità e al contempo è un passatempo che, in assenza di dialogo con il proprio spirito, conforta un po’. Tanto più constatando che viene frequentato e venerato da molti. Vivere secondo imitazione non è faticoso: si risparmiano energie, che possono essere impiegate per altre incombenze. Ma c’è un però, ed è grande. Oltre al fatto grave che l’ignavia non permette di conoscere le Finalità Esistenziali e vanifica l’esistenza, se vi rassegnate a vivere soltanto per pagarvi la casa (un’assurdità pazzesca, sia che la compriate o che l’abbiate in affitto), per pagare ciò che mangiate e ciò che vi veste, per pagare i costi del vostro tentativo di sopravvivere comodamente dentro e fuori casa e per mettere al mondo e nutrire delle creature che subiranno il vostro stesso destino, siete spacciati. E se siete spacciati, se non potete perseguire le Finalità Esistenziali, tanto vale crepare. E’ una soluzione che elimina perfettamente tutte le ansie da pagamento, che hanno reso inutile il vostro vivere. Una vita senza Libertà è già morte e il denaro è uno spietato carceriere con la funzione aggiunta di necroforo spirituale.
“La fede non è che una vanità tra le altre, è l’arte d’ingannare l’uomo sulla natura del mondo.”, dice Albert Caraco, senz’altro il più lucido e sincero scrittore venuto al mondo, se non il migliore.
Personalmente, preferisco di gran lunga la critica alla religione impostata da Caraco nel suo “Breviario del caos”, critica diretta e complessiva, piuttosto del metodo critico adottato da Russell, che punta a smantellare i particolari della dottrina del Male. Sebbene io debba ammettere che, in fin dei conti, nemmeno Russell si sofferma troppo a lungo sui particolari e risulta molto più incisivo allorché attacca la Menzogna nel complesso della sua essenza. Piergiorgio Odifreddi, ad esempio, è assai più meticoloso di Bertrand Russell, e il suo libro “Perché non possiamo essere cristiani”, per certi versi ottimo, non sorte un grande effetto pro Verità. La Menzogna va disintegrata costringendola a un confronto diretto con la Verità Assoluta. Per tutto il resto, ha poca rilevanza esistenziale che si contesti e si confuti quanto scritto e predicato dalla Menzogna. Quando si sa quale sia l’origine della Bibbia e quale quella dei Vangeli (per la stesura dei quali fu usato l’espediente fondato sulla parvenza di veridicità, incussa dal fatto che quattro individui trattino dei medesimi fatti, in realtà mai avvenuti. Un espediente di cui oggi, con la comunicazione globale verificabile nel suo poliedrico aspetto, non ci si potrebbe servire come subdolo attestato di verità.), si lasci al suo caduco destino tutto il resto e si pensi all’individuazione della Verità Naturale, occupazione molto più vantaggiosa. Spiritualmente assai vantaggiosa, ma vantaggiosa non solo spiritualmente. (Di certe “origini” mi occuperò in maniera un po’ più dettagliata nei prossimi post, che porteranno il titolo “La follia occidentale”.)
Comprendo, però, che analizzare i particolari più infidi di una dottrina, quantunque fasulla nel suo complesso, possa essere di una qualche utilità: serve ad acquisire una conoscenza più approfondita di ciò che, consciamente o inconsciamente, ispira l’aggregazione religiosa che su quella dottrina si fonda. E codesto apprendimento risulta senz’altro vantaggioso nel momento in cui si ha a che fare con qualche elemento dell’aggregazione.
La storiella evangelica del “fico maledetto” è la più citata da coloro i quali sono colti dall’indignazione scoprendo che in verità una dottrina, che sembra ammantarsi di bontà in maniera smodata, contiene e propaga sottilmente i germi prolifici di una violenza estrema.
Qui di seguito, per rinfrescare un po’ la memoria e sperando che qualcuno in più capisca, riporterò la duplice versione della storiella del “fico maledetto”, ma lo farò principalmente per tutti quelli che non conoscono nulla della dottrina in cui credono.
Prima versione:
“La mattina dopo, mentre rientrava in città, Gesù ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: «Mai più in eterno nascano frutti da te!» E subito quel fico si seccò. Vedendo ciò, i discepoli vennero colti da grande stupore e domandarono: «Perché il fico si è seccato immediatamente?» Rispose Gesù: «In verità vi dico che, se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: - Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. Tutto quello, che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete.»” (Matteo, 21 : 18-22)
Oh, capperi amari! Sì! Sì! E’ proprio confermato: i milioni (oramai la somma fatta nel tempo parla di miliardi) di fanciulli, che non sopravvivono al quinto anno di permanenza sulla terra, non sanno pregare. E’ soltanto colpa loro, se non riescono ad ottenere regolarmente neanche un tozzo di pane. Non hanno abbastanza fede!
Per dire qualcos’altro sul messaggio insito in storielle di questo tipo, sulle quali più s’insiste a discutere e più si è pervasi dalla sensazione di perdere del tempo a dissertare su qualcosa di platealmente ridicolo (tragicamente ridicolo), mi limiterò ad osservare brevemente due contenuti. Uno è quello che manifesta il destino di morte violenta che codesta dottrina riserva a tutti gl’individui che non si assoggettano all’imperativo di servire a puntino, perfino oltre le possibilità naturali, i sacerdoti di tale dottrina del potere “occulto” (definirlo “mistico” sarebbe un’esaltazione assolutamente smodata), ma concretamente tradotto in pratica. Fondamento spirituale di tutti i macelli inscritti nella Storia dell’Uomo nel corso degli ultimi duemila anni. Ideazione pseudomistica di un popolo, gli Esseni, che, intimamente arresosi di fronte alla preponderante forza dell’esercito romano, per riottenere il potere escogitò una via alternativa (già intuita da Salomone, padre dell’introiezione del “guardiano” delle azioni in sussidio alle guardie in carne e ossa) a quella tracciata nell’Antico Testamento, che si basava in toto sullo scontro armato assistito dalla potenza ultraterrena di un dio partigiano. L’esempio fornito dai racconti delle imprese di mitici condottieri, sempre vincitori, risultava troppo incompatibile con la realtà di un popolo completamente sottomesso ai Romani e privo di una minima speranza di riscatto ottenibile con la forza. “Porgi l’altra guancia” e “ama il tuo nemico” ebbero un poderoso impatto sovversivo in seno alla società romana e così, reso convinto il nemico sulla bontà del tuo amore, puoi disarmarlo facilmente e, disarmato che lo hai, puoi seccarlo come il fico, qualora non ubbidisse pronto e prono ai dettami della tua dottrina dell’amore, o infilzarlo come infedele o bruciarlo come eretico. Puoi eliminarlo, insomma. Sempre e soltanto come colpevole, però, colpevole di non aver dato buoni frutti, di non aver dato quei frutti che tu con arroganza desideravi ricevere proprio in un determinato momento, perché hai convinto tutti che la tua dottrina dell’amore è buona e non fa del male ai buoni. Così come il tuo dio (quale più alto esempio a giustificazione del tuo sordido operato?) castigherà duramente soltanto i cattivi. Ma i buoni sono soltanto quelli che tu stesso designi come tali, cioè tutti quelli che ubbidiscono alle tue leggi, tralasciando di vivere secondo se stessi. Ecco il potere dell’uomo sull’uomo.
Un potere che, nella sostanza, non si differenzia di un ette dal primitivo potere dello sciamano: «Nottetempo io parlo con il dio delle saette e dei tuoni e, se tu non vuoi essere incenerito ("fatto secco", locuzione diventata in seguito allusiva espressione comune) da un fulmine, portami sia rispetto sia abbondanti offerte di primizie di stagione e di ottima cacciagione.» Il Male ha una fantasia piuttosto limitata e, quando escogita un sistema per irretire, stenta parecchio ad abbandonarlo.
L’altro contenuto, che m'interessa mettere in luce, è quello relativo allo spregio, insito nella dottrina, per l’assetto della Natura. Confidando in un certo dio, posso spostare le montagne e gettarle dove mi pare. Pur di esibire la propria potenza, non ci si cura di rispettare l’Ordine Naturale delle Cose, stabilito con Onniscienza e Onnipotenza dalla vera Entità Creatrice. Oggi, le nefaste conseguenze di tale condotta sono più che mai palesi. Condotta peculiare dell’impotente che fa danni nell’ansia di dimostrare di non essere impotente.
Seconda versione:
“La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, (Una discordanza rispetto alla versione di Matteo. Un particolare stonato privo di rilevanza dottrinale e quindi meritevole di attenzione sospettosa. Che entrasse o uscisse ha poca rilevanza: sempre nei medesimi luoghi gravitava Gesù, ma la discordanza sta ad evidenziare scaltramente che tra Matteo e Marco non c’era un’intesa e, di conseguenza, nemmeno una comunione d’intenti nello scrivere. Invece… cambiano i nomi, ma gli scrittori sono sempre gli stessi.) Gesù ebbe fame. E, avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi si trovasse qualche frutto; ma, giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. Ed egli disse: «Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti.» E i discepoli l’udirono.”
Che temperamento ciclotimico! Non fa una piega digiunando per quaranta giorni nel deserto e poi, per un po’ di fame, perde il lume della ragione, non ricorda più in quale stagione il fico dia i suoi frutti e s’imbestialisce a tal punto da far secco un innocente. Eh, già: sia nel deserto sia davanti al fico quel che interessa agli autori è mettere in risalto la potenza ultraterrena del loro personaggio. Il despota, padrone di Tutto, può permettersi di agire al di là del Bene e del Male. E’ questa l’eredità concettuale che il Nuovo ha ricevuto dall’Antico e che è diventata, per intercessione papale, l'innaturale appannaggio dei regnanti sulla Terra. Concetto che, a dispetto delle intenzioni degli autori antichi e nuovi, tradisce la sua ispirazione maligna, in quanto esula dalla Giustizia propria dell’Ordine delle Cose che vede, tra l’altro, l’Entità Creatrice come prima responsabile della buona fattura delle sue creazioni, per cui, in assoluto, non le può giudicare e tanto meno punire.
“Il giorno dopo, passando, i discepoli videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato.» E Gesù disse loro: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico che, se uno dice a questo monte: - Levati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Perciò vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato.»” (MARCO, 11 : 12-14, 20-24)
Come ho già fatto notare, taluni prediligono insistere nella disamina della storiella del fico maledetto, onestamente convinti del fatto che in questo raccontino a doppia versione siano chiaramente rinvenibili quegli espedienti dottrinali che più accuratamente di altri sono stati predisposti per insinuarsi clandestinamente nel bagaglio culturale di un individuo e condizionarne la capacità di critica autonoma della realtà in cui vive. Se l’individuo è un bimbo, non sbagliano coloro i quali considerano questa influente operazione dottrinale come un vero e proprio stupro della sbocciante personalità individuale. E, purtroppo, principalmente ai bimbi ( o a chi è rimasto bambino, che non è uno stato esistenziale augurabile, checché ne dica in giro la mistificazione) è diretta la dottrina, poiché rappresentano l’assicurazione sulla sopravvivenza futura della dottrina stessa.
Dallo stupro mentale a quello carnale il passo è più breve di quanto si possa immaginare. E' vero. Ma a questo proposito, allora, io dico che nei Vangeli si trovano dei concetti assai più pericolosi di quelli evidenziati di solito, se non addirittura follemente pericolosi. Eccone un esempio.
“Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandar via le vostre mogli, ma da principio non era così (Esatto!). Ed io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per cagione di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio.» I discepoli gli dissero: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi.» Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo (celibato), ma solo coloro ai quali è stato concesso (influsso di Paolo di Tarso, "sfasciatore del matrimonio"). Non tutti sono capaci di praticare questa parola, ma soltanto quelli ai quali è dato. Poiché vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; vi sono degli eunuchi i quali sono stati fatti tali dagli uomini e vi sono degli eunuchi i quali si son fatti eunuchi da sé a cagione del regno dei cieli, chi è in grado di farlo lo faccia. Chi può capire, capisca.»”
Che c’è, da capire?! Tutta la follia che pervade la menzogna?! Che c'è da capire?! Che autocastrarsi, che mutilare ciò che è stato “fatto” con Onniscienza e Onnipotenza, può costituire un’azione lodevole?! Tanto lodevole da far meritare il regno dei cieli a chi la compie?! Quanto in odio dovevano avere la sessualità (lo è ancora? Stando a quanto si può leggere nel "Giornale dell'anima" di Giovanni XXIII, sembrerebbe proprio di sì. E più in generale, come indizio, non c'è soltanto questo.), quei sacerdoti esseni autori di scritti come quello che ho appena riproposto! O è tutta opera soltanto di Paolo? E s’intuisce chiaramente il perché di quest'odio perenne: perché la sessualità che esplode tra un uomo e una donna, e ancor meglio l’esaltazione di essa che si chiama erotismo, parla con toni forti di Libertà Assoluta al cuore, e l’erotismo anche alla mente, degli uomini. E chi ha per la testa pensieri di dominio dell’uomo sull’uomo teme e detesta qualsiasi scintilla che arda per la Libertà.
Oh… basta! Mi ha preso la nausea. Sebbene io consideri importante aver tratteggiato, purtroppo soltanto parzialmente, lo stato di cose in cui è ambientata la leggenda metropolitana che intendo narrare con la dovuta precisione, a questo punto, e per questioni di stomaco affaticato, è meglio che io desista dal rovistare tra l’immondizia, sia concettuale che istituzionale, e mi decida a dedicarmi al racconto.
Comunque, voglio sperare che non si sia rivelato inutile aver precisato brevemente e alla meno peggio come e perché le aggregazioni di persone sono la principale causa di rovina per tutte la creature e per l’ambiente in cui esse sono destinate a vivere e, disgrazia ancor più grave, vanificano ogni tentativo di perseguire le Finalità Esistenziali per cui l’uomo E’. Quanti uomini buttati via! Avrà mai un termine questo flusso maligno verso il Nulla?
Comunque, voglio sperare che non si sia rivelato inutile aver precisato brevemente e alla meno peggio come e perché le aggregazioni di persone sono la principale causa di rovina per tutte la creature e per l’ambiente in cui esse sono destinate a vivere e, disgrazia ancor più grave, vanificano ogni tentativo di perseguire le Finalità Esistenziali per cui l’uomo E’. Quanti uomini buttati via! Avrà mai un termine questo flusso maligno verso il Nulla?
(il seguito è nel post sucessivo: il XXIV°)
Lorenzo Lombardi
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BIBLIOGRAFIA
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