IX° - LE MIE DUE VOLTE IN TIVU'
(in preparazione)
-A Fabio, con mille complimenti e tanti auguri! Con affetto e a presto!!-
Be', il libro, a qualcosa di buono è servito. Sono contento. Malgrado la brutta figura? Per il momento, sì.
Assieme a Michele Cucuzza usciamo all'aperto, dove un'automobile sta aspettando me e mio papà per portarci alla stazione ferroviaria.
-Scrivere a quattro mani, e c'è chi scrive a sei e perfino a otto, può dare ottimi risultati.-, dice ancora Cucuzza, -Però, caro Fabio, devi tener sempre presente che è l'originalità del tuo particolare punto di vista ciò che rende gustosi i tuoi scritti. La tua soggettività espressiva va salvaguardata con cura, perché sa far intravvedere spaccati, di vita e del mondo, che molti neanche immaginano. Sono notizie speciali sulla condizione umana, che altrimenti resterebbero nell'oblio. I tuoi punti di vista sono fonte di arrichimento prezioso. Tuo padre è un ottimo interprete dei tuoi sentimenti e pensieri e, leggendo ciò che avete già scritto assieme, si avverte che lui non ha tradito, e mi auguro che mai tradirà, il tuo singolare modo di vedere le cose. E proprio questa fedeltà, non facile da mantenere, è il sostegno più valido per la riuscita del tuo lavoro. Vai avanti così, Fabio, e la tua risulterà senz'altro una cooperazione umana di successo.-
Dolorosa sensazione di aver fatto una brutta figura, dove sei? Dove ti sei nascosta, se non ti sento più pesare sul mio cuore?
Michele Cucuzza non può immaginare con quanta emozionata gratitudine io lo stia salutando con un bacio sulla guancia, mentre tutti e tre ci scambiamo gli auguri di buone feste. Il noto presentatore mi consegna il suo biglietto da visita e con un caloroso "A presto!" si separa da noi.
Non appena scesi dall'automobile alla stazione Termini, mio papà mi guarda dritto negli occhi e con toni di voce catastrofici mi dice: -Fabietto mio! Che figuraccia colossale, abbiamo fatto!- e mi stringe forte le spalle con un braccio. -E sì.- gli confermo io e la tristezza riaffiora nel mio cuore.
Gironzoliamo in silenzio per il vasto atrio della stazione. Sono le tradici e dieci. Il nostro treno per Treviso partirà alle quattordici e cinquantacinque. Io vorrei tanto che fosse già il momento di partire. Anzi: vorei già essere a Treviso, a casa mia.
-Nonostante l'amarezza per l'insuccesso, con l'appetito come stai?-, s'informa mio papà.
-Lo sai bene, che la voglia di mangiare non mi manca mai.-, gli rispondo io.
Alla tavola calda della stazione la scelta delle vivande è abbastanza varia. Niente male. Acquistiamo molto di più di quanto pensiamo di poter ingerire e con i nostri vassoi straripanti di cibo ci sediamo in un angoletto della sala da pranzo.
Può accadere, subito dopo aver partecipato a una trasmissione televisiva di una certa rinomanza, che ti s'inculchi l'idea di essere stato visto e giudicato da un sacco di persone e, se fatalmente ti vieni a trovare in un posto affollato, ti succede con frequenza di guardarti attorno in cerca di prove del tuo intimo convincimento. La nostra, è stata una apparizione televisiva disgraziatissima, vergognosa, e, quindi, la nostra scelta dell'angoletto è stata appropriatamente istintiva. Ci dà un senso di protezione da eventuali occhiate di biasimo o di presa in giro.
Siamo alla terza o quarta forchettata di un piatto di spaghetti alla marinara e sentiamo squillare il nostro cellulare. Trascorsi quindici minuti, un altro squillo; dopo dieci, un altro; dopo cinque, di nuovo uno squillo e poi ancora e ancora. Mio papà pranza a tappe e, forse, questa è la prima volta che io termino di mangiare prima di lui.
Quale l'argomento delle tante telefonate? Sempre il medesimo: la figuraccia, il nostro insuccesso clamoroso.
-Ha visto che disastro?!- ... -Come, no?!- ... -Lei vuole essere troppo cortese e troppo comprensiva con due reduci da una vera e propria disfatta, ma la realtà è...- ... -Adorabile? Oh, certo! Lui, in pubblico, tiene un atteggiamento davvero ineccepibile: non una mossa fuori posto. In ogni situazione è consapevole al massimo, però...-
"Però non basta.", penso io.
... -Eh, sì. questo è vero. La storia delle domande, prospettate con largo anticipo e mai formulate in trasmissione, lo ha spiazzato parecchio. Meglio sarebbe stato che non gliele avessero mai inviate. A mente sgombra, da lui qualcosa di buono sarebbe saltato fuori.- ... -Sì! Sì! Anch'io ho provato la stessa sensazione che ha provato lei. Sembrava, quasi, che gli stessero giocando un brutto scherzo. Per come è fatto lui, poi! Che ripone la sua fiducia incondizionata in chiunque. "Perché non mi fate quelle precise domande che avete promesso di farmi?". Un interrogativo scombussolante, per lui, che deve averlo assilato durante tutta la trasmissione con una brutta sensazione di fiducia tradita, di parola data ma non mantenuta.- ... -E che ne pensa lei di quella faccenda del "da solo"? Che sciocchezza, eh?- ... -mi fa piacere sentirle dire che pure lei è rimasta sconcertata sentendo quella domanda senza senso. Io, ad un certo punto, mi sono trattenuto a stento dal gridare: "Gliele volete fare o no, quelle benedette domande preventivate?!" Un altro, al posto di Fabio, avrebbe reagito spiegando che, i voti, non si era manco sognato di andarli a vedere. Nè da solo ne in compagnia. Gli era bastato che quelli della commissione esaminatrice si fossero complimentati con lui al termine delle prove orali e gli avessero stretto la mano. Poi, il "Bravissimo!" e l'abbraccio della sua insegnante di sostegno, che l'aveva atteso nel corridoio poiché Fabio aveva rinunciato ad avvalersi della sua assistenza, gli sono stati più che sufficienti per avere la certezza del buon risultato ottenuto.- ... -Un leone, lei dice? Davvero le ha dato quest'impressione?- ... -Beh, le confesso che io ero certo che non sarebbe riuscito a rivolgere una domanda passabile a Michele Cucuzza. Con il marasma che doveva avere nella testa! Invece...- ... -Non si è esprsso benissimo, però... Sì, credo che lei abbia ragione. Considerando l'intensità della tensione in quel frangente, ne è uscito come un leone, sì. Io, forse, in quel momento ero troppo innervosito per poter cogliere appieno la portata del suo sforzo espressivo, ma voglio proprio sperare che, in chi l'ha visto sullo schermo televisivo, abbia suscitato la stessa impressione che lei mi dice di aver avuto. Che Fabio sia forte e coraggioso è una realtà innegabile. Straconfermata in tanti frangenti.- ... -E sì, il secondo abbacchiato è qui, seduto davanti a me, e sente tutto quel che dico.-
"Sì, ascolto, ascolto, sì. E mi vien da pensare che siano o doti sprecate o di scarso valore, se forza e coraggio mi servono soltanto per non venir sciacciato completamente sotto il peso delle mie brutte figure. ... Ho usato il plurale? Non è questa la mia prima brutta figura? ... La Sorte ha voluto rendermi consapevole di un aspetto della mia vita di cui ancora non avevo coscienza? ... Che non ero capace di vedere."
... -Comunque, io credo che questa partecipazione televisiva sia stato un fallimento che potrà risultargli giovevole. Prima di tutto, deve aver capito che, per continuare a sentirsi dire "bravo", è indispensabile che si sforzi per migliorare la propria personalità. Per qunto riguarda sia il bagaglio culturale, sia le capacità verbali e relazionali. Non può più pensare che procedere nella vita equivalga a muoversi per sempre nella bambagia predisposta da altri. Nell'attuale ambinte sociale, per giunta! Dovrà rassegnarsi a rinunciare in parte alla rassicurante sensazione di sentirsi costantemente protetto con sollecitudine. Io stesso non ho voluto aiutarlo durante la trasmissione, ancorché questo suo insuccesso abbia qualche scusante più che valida.-
Questo, più o meno, il contenuto di molte telefonate. In altre: toni e contenuti più confidenziali, che sembrano voler criticare mio papà, piuttosto che me.
... -Oh, ciao! Per carità, non dirmi che hai visto Incominciamo bene di 'sta mattina!- ... -Cavolo! Quanto mi dispiace! Ho sperato tanto che tu stessi lavorando indefessamente!- ... -Addirittura?! Ti sei portato un televisore in studio?!- ... -Ma bravo! Indice di un'intesa perfetta tra pettegoli molto autorevoli, l'aver già commentato con Gianni la mia figuraccia! E lo sciamano in camice bianco? Pure lui s'è portato un televisore in ospedale?- ... -E già: ne ha acceso uno di quelli che si trovano nell'ospedale. E, magari, per l'occasione, ha radunato nella saletta tutti i suoi poveri pazienti. Capacissimo, Gianni! E va be': visto che dietro alle mie spalle il peggio l'avete già detto, ora infierisci direttamente. Forniscimi qualche campione della matassa arrotolata dalle vostre malelingue. Dai!- ... -Ah! Io sciupo le occasioni! Perché tu pensi che sia una cosuccia da niente riuscire a parlare di verità in televisione?!- ... -Non voglio trovare scusanti. So di aver fatto una figura da chiodi, però, non so se l'hai notato, mi hanno dato la parola un'unica volta. A meno di non essere incivili, ben oltre all'incivile che io voglio essere per prendere le acconce distanze dai civili che hanno ridotto il mondo nell'odierno stato pietoso ed infetto, ti assicuro che non è affatto un'impresa semplice intrufolare un ragionamento pregno di verità pungenti in un contesto discorsivo improntato su una superficialità pressocché assoluta. Finanche infischiandosene di andare fuori tema, non è facile. E poi: metti in conto che ero fuori di me a causa dell'incaglio in cui s'era arenato mio figlio.- ... -Beh, Fabio, verso la fine si è districato come un leone.- ... -Ah, no?! Secondo te, no?! Due conigli spelacchiati, sembravamo?! Parli così, da amico sincero, tanto per risollevarmi il morale, vero? Conigli più che spelacchiati per davvero, lo sembravano, e forse lo sono realmente, i giocatori della tua beneamata Juventus, interrogati durante quel famoso processo per doping. Ricordi?- ... -Continua! Continua! Invece di evidenziare che, se gli avessero fatto le domande convenute, tutto sarebbe filato liscio. In questo caso, tu e Gianni cosa avreste detto? "Bravo" o, forse, "un automa"? Tu, di sicuro, non avresti fatto questa telefonata e, se ti fosse capitato di pensare a un automa, sarebbe stato un pensiero sbagliatissimo, poiché le risposte da dare se le era preparate lui, da solo. Il subbuglio al posto della tranquillità può fare la differenza, per quanto riguarda l'essenza di un individuo? No. E' soltanto l'apparenza che suggerisce differenze di questo tipo.- ... -Ma certo! Che subito dopo ho chiesto spiegazioni! Sulla discordanza tra gli accordi preliminari e la realtà riscontrata in trasmissione. Ho interrogato la stessa segretaria che, prima dell'inizio della trasmissione, mi aveva rassicurato su tutto. Perfino sulla possibilità di leggere dal libro che m'ero portato appresso. Hai visto, per caso, che io abbia letto una riga? Sai quale è stata l'esaustiva risposta di codesta segretaria? "Così è fatta la televisione." Sarebbe valsa la pena far seguire una discussione a questa dogmatica risposta?- ... -Va be', va be', ho capito. Ne riparliamo domani.-
"Ecco ome devo essere apparso in realtà: come un coniglio spelacchiato. Nonostante io abbia molti più capelli di mio papà. E' la prima volta che sento parlare gli altri di una mia brutta figura, di una mia... sì: sconfitta. Per la prima volta sono come costretto ad osservare me stesso con gli occhi di altri. Mi sa tanto che l'aver vissuto quest'insuccesso sta acquistando il sapore... e il valore, soprattutto!, di... una lezione di... sì, di vita. Un'esperienza basilare. Basilare? Vocabolo imparato e compreso di recente."
Finalmente ci siamo accomodati in un vagone e il treno sta filando verso Treviso, verso casa. Mio papà sta leggendo un libro, io mi sono fatto dare un quotidiano dal personale che offre i giornali ai passeggeri e sto leggendo qua e là sulle pagine sportive, ma non riesco a prestare attenzione a ciò che leggo. Sono inquieto. Mio papà deve essersene accorto e per cercare di distrarmi mi chiede:
-Hai voglia di ascoltare, mentre ti leggo qualche riga di questo libro scritto da Giovanni Mariotti?
-Sì, certo.- dico io e penso: "Quando mio papà decide di leggermi qualcosa, si tratta sempre di roba molto interessante e con qualche nuovo insegnamento per me. Il fatto è che lui ne legge davvero troppi, di libri, e io ricordo malamente le troppe cose che mi vengono messe nella testa. Lì per lì, capisco bene tutto quanto mi viene detto, ma poi ricordo molto poco. Talvolta ho bisogno di una spiegazione accurata, ma infine capisco, però... Ecco! Forse sto capendo cosa non funziona bene in me: la memoria. La mia memoria non è un granché. Oh cielo! L'aver fatto fiasco in tivù mi sta provocando... sì, come tante... sì, fioriture. E' cosa buona? Non lo so. So soltanto che fa male."
-Ti leggo senza appesantire la cosa con delle spiegazioni, né farò commenti.- dice mio papà -Ne riparleremo in altre occasioni, semmai. Per ora, ascolta soltanto per il piacere di ascoltare. Io, se mi sembrerà opportuno, qualche volta accentuerò il tono della mia voce, ma niente più di questo.-
Per qualche secondo mio papà sfoglia il libro che stava leggendo e, prima d'incominciare la lettura a mio beneficio, m'informa:
-Qui è Pattolo, un fiume dell'Asia, che parla e si rivolge a un errabondo proveniente dall'Ellade. Per Ellade puoi intendere tutta la Grecia, sebbene in origine fosse solamente il nome di una piccola città della Tessaglia, che secondo Omero fu fondata da Elleno. Ti ricordi di Omero? Iliade e Odissea? Sì? Bene. Elleno fu un eroe capostipite del popolo greco.-
"Ci sono sempre delle spiegazioni, quando mio papà parla. Altro che no!"
-Ascolta, Fabio: "Hai lasciato l'Ellade perché hai avvertito la sua piccolezza e meschinità. Nell'Ellade ogni cosa ha un nome. Dividono sassi ammucchiati podere da podere. ... Di parole vivono gli Elleni e di opinioni e di dispute. Quando discute mostra l'Elleno certezze anche là dove dubita. Convincendo un pubblico convince se stesso. Tutto questo è trucco e autoinganno. A poco a poco, o Elleno, hai imparato a odiare gli Elleni e le loro dispute eloquenti. Sulle piazze dell'Ellade ti accadeva di sognare gli idiomi balbettanti dei barbari, le feste fraterne nelle grotte o sotto la tenda, il desiderio che paralizza le lingue, l'Asia e la sua vastità. Che cosa potrebbe dire un fiume a chi si mantenga fisso nel proprio luogo e stimi i costumi della propria terra superiori a quelli di tutte le altre? Niente che valga la pena."
Mio papà fa una breve pausa e poi sollecita la mia attenzione:
-Adesso, segui bene, parla il forestiero elleno. "... Infatti, deboli sono le parole e poco credute e spesso velano quello che dovrebbero svelare. ... Sull'arte delle parole si reggono i governi e più di ogni altro il governo democratico."
Altra pausa e successiva spiegazione che non poteva mancare:
-Devi intendere il termine "arte" nel significato di "artificio". Del resto, tutto ciò che viene definito "arte" è soltanto "artificio". Per far sentire "bravo" l'Uomo rispetto alla Creatività Irraggiungibile che, invece di essere fonte costante di estasiata ammirazione appagante, è per gli spiriti miserabili uno stimolo a sfidare la sua Bellezza e, con frequenza sempre maggiore, a farla scomparire per far posto alle loro "ceazioni" miserevoli. Proseguo nella lettura: "E questa, o Pattolo, è verità, perché io stesso ho visto nelle assemblee dichiarare guerra e condannare uomini a causa di una clausola armoniosa o di un'antitesi felice. Nelle scuole siamo cresciuti e nelle città e nelle assemblee dell'Ellade in mezzo a cose atroci." Questa è una delle due antiche eredità delle quali l'Occidente va fiero, caro Fabio. Le chiama "radici" e non si risolve a reciderle definitivamente, poiché, nonostante la loro altissima perniciosità abbondantemente documentata dalla Storia e ancor più dal Presente, queste radici sono indispensabili per il nutrimento del Potere. "Atroci sono stati i massacri compiuti dagli Ateniesi a Samo, a Mitilene, a Melo, ma ancora più atroce era per me sentire dietro questi massacri tutto un frusciare di parole e di tropi." Non sembra anche a te che Pattolo e l'Elleno stiano parlando dei giorni nostri? Del Male che si proclama Bene e discute di morte e distruzione con i suoi alleati? "Ah, se senza bisogno di parole fosse in mezzo a noi la realtà!" E tu, Fabio, sappi che hai in te questo sentimento meraviglioso. Naturale. Onesto. Naturalmente onesto. Sei tu ad essere nel giusto, ma in un mondo fatto di parole... "Ma come posso chiedere questo io?" Tu, Fabio, ma anche "Come può sperarlo un elleno e un alunno di Gorgia?" Gorgia fu un filosofo greco. Sofista, si arricchì parecchio con l'arte della retorica. Ora mi piacerebbe illustrarti le sue teorie filosofiche, ma sono sicuro che impazziresti. E con ragione! Lasciamo stare. Un po' t'è piaciuto quanto ti ho letto?-
-Sì e mi sono ricordato del discorso su Busch e i terroristi, che abbiamo fatto io e te il giorno in cui sono scoppiate delle bombe a Londra. Ti ricordi, papà? Ho cominciato io, chiedendoti perché c'è tanta paura nel mondo.-
-Sì, ricordo benissimo, ma non è proprio questo, ciò che volevo farti capire. Comunque, non è il caso che tu ci debba pensare su adesso. Se qualcosa della lettura ti rimarrà come ricordo, potrà esserti utile un domani, quando avrai appreso di più. Ben altre cose. Non è il momento, questo, per cercare nei libri raffinate scusanti alla nostra brutta figura. Oggi dobbiamo vivere fino in fondo le avvilenti sensazioni del nostro comune fallimento. E comprendere bene tutto quello che è successo.-
"Ho capito. Ho capito, papà. Più di quanto riuscirei a spiegarti con le parole, se avessi voglia di tentare quest'impresa. Anche qualche punto della lettura che mi hai fatto, l'ho capito bene. Ad esempio: ho collegato le parole del libro a quelle che tu mi hai detto tempo fa, citando un altro scrittore: "Non è che chi non parla non abbia niente d'importante da dire." Ci sono altri modi di comunicare, molto più schietti. L'azione è il principale tra tutti.", così ho pensato dopo aver ascoltato.
Il treno è fermo nella stazione di Firenze: Santa Maria Novella. In me è spuntato, chissà perché, il desiderio di rileggere la dedica fattami da Michele Cucuzza. Lui, la sua bella figura in tivù, ha saputo farla. Perché è un professionista? No: perché e veramente bravo. In ogni occasione e difronte a qualsiasi imprevisto. Ecco il punto! Da capire e da cui imparare. Ha ragione mio papà: "La vita non va mai programmata. Tantomeno nei dettagli. Invece, bisogna addestrarsi il più possibile ad essere all'altezza di qualunque evenienza." Devo essere preparato su tutto e a tutto. Però mi sembra una missione impossibile. Ci dev'essere una via di mezzo, forse una specie di trucco che bisogna imparare per non soccombere. Se trucco c'è, lo devo conoscere al più presto. E forse mio papà mi ha fornito una traccia con alcune delle sue tante parole profuse per me: "Tu ti spaventi davanti all'apprendimento perchè ti sei messo difronte alla "cultura" che ti occulta la "semplicità del mondo naturale".
Prendo il libro dalla borsa da viaggio e rileggo con piacere la dedica. Poi sfoglio il libro e m'imbatto in una pagina in cui alcune righe di parole sono sottolineate a matita. Si tratta del brano che mio papà intendeva citare in trasmissione. Lo conosco già, ma mi sento spinto a rileggerlo. Ha un non so che capace di consolarmi. "I genitori devono sapere che il cromosoma in eccesso, quello che provocherà la sindrome di Down, è un cromosoma perfettamente normale, che deriva direttamente dal padre (25% dei casi) o dalla madre (75% dei casi). In altri termini non viene da "chissà chi" o "da chissà dove", non è un cromosoma "cattivo" o "malato". Devono anche sapere che, poiché è da loro stessi che provengono i cromosomi, il bimbo affetto dalla sindrome di Down somiglierà a loro e a tutti i membri della famiglia. Il loro figlio, un essere umano come tutti gli altri e in quanto tale diverso da tutti gli altri, sarà unicamente loro. Più loro di qualsiasi altro figlio."
Io posso aggiungere soltanto che, come ho detto scrivendo su Il Gazzettino, sono felicissimo di appartenere ai miei genitori meravigliosi più che normalmente.
Oh cielo! Quante cose sono successe in me oggi! Più passano le ore, più mi sembra che l'esperienza fatta in questa insolita giornata di dicembre prenda la forma, e soprattutto la sostanza, di un regalo importante. Tra pochi giorni sarà Natale e io mi sto convincendo di aver già ricevuto oggi il regalo migliore. Il più prezioso. Grazie RAI! "Di tutto, di più." Sembra proprio un motto indirizzato a me. Come sprone, è davvero appropriato!
Fabio Lombardi
(con il premuroso concorso di mio papà Lorenzo per quanto riguarda la parte discorsiva del racconto)
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