Cronache da un altro mondo

Disquisizioni e orientamenti su questioni esistenziali, sia spirituali che materiali. In gran parte espressioni originate dal genuino punto di vista di un ragazzo particolare e interpretate fedelmente da chi ha avuto modo di conoscere profondamente le sue qualità speciali e si è assunto l'impegno d'assisterlo con precisione nello sviluppo e nell'esposizione delle sue idee e sentimenti, confidando in un esito piacevole e fruttuoso. [Leggere "PRESENTAZIONE" nell'archivio - 12/06/2006]

6.7.06

V° - LA MIA MODESTA CAPACITA' DI SCRIVERE UN ARTICOLO SEGUENDO DELLE TRACCE PREDETERMINATE

Il racconto "ANNI DI SCUOLA" piacque e, poco dopo la sua pubblicazione, la cortese Redazione della rivista TEATRI DELLE DIVERSITA' mi contattò per chiedermi di scrivere un scondo articolo. Questa volta, però, mi venne data una traccia precisa, da seguire nello svolgimento dell'articolo richiesto. Come fosse formulata la traccia, lo si comprenderà facilmente leggendo quanto ho scritto. Diversamente, non so se basterà dire che "mi sentivo motivato ad impegnarmi al massimo", per far sorgere in qualcuno un'immagine approssimativa del mio stato emotivo, fatto schizzare alle stelle dall'improvvisa senzazione di sentirmi importante. Per la prima volta.
Scritto il nuovo articolo, con mio sommo piacere la rivista l'ha pubblicato. Non solo: ha voluto pubblicare anche una sorta di "prefazione", imbastita da mio papà per chiarire alcuni aspetti del mio scritto ai signori della Redazione. Costoro l'hanno trovata interessante e con squisita cortesia hanno chiesto il permesso, accordato, di pubblicarla.
Ed ecco che, proprio con la premessa scritta da mio papà, desidero cominciare la presentazione di quanto è apparso sulla rivista TEATRI DELLE DIVERSITA' di settembre 2005. Non prima di aver messo in evidenza l'editoriale di Emilio Pozzi e le fotografie di rito.
Buona visione e... buona lettura.

EDITORIALE di Emilio Pozzi
"UNA LEZIONE DA FABIO"

Che cos'è un secondo? Un attimo, un battito di ciglia, neanche il tempo di dire una parola di senso compiuto, nemmeno "Dio". In un secondo però può accadere di tutto: una nascita, una morte, una tragedia collettiva, se si scatenano gli elementi vitali: aria, acqua, fuoco. Forse, non sempre riflettiamo su quanto sia importante questa particella del tempo. E chi misura il tempo ci dice che l'anno che stiamo consumando, il 2005, si è allungato proprio di un secondo: la Terra rallenta la sua velocità di rotazione: e lo sta facendo dagli anni settanta, ben 32 secondi, ma da sette anni il conto era rimasto fermo. Ora è ricominciato.

E quale secondo in più di quest'anno è stato causa di eventi che sono andati ad agiungersi al tragico bilancio che abbiamo continuato a redigere,mese dopo mese, annotando nomi nuovi, come New Orleans e il Texas, con i suoi morti, vittime degli uragani Katrina e Rita e dell'insipienza della Casa Bianca, a quelli che si ripetono sempre uguali come i rintocchi di una campana funebre: Bagdad, Gaza, Parigi, Londra e tanti punti dei cieli nei quali sono finite tante speranze di vite felici. E i giornali, che pubblicano le notizie dei disastri aerei, anche con centinaia di morti, con spazi minimi. E' accaduto, ad esempio, il 6 agosto:143 vittime a Sumatra (Corriere della Sera: notizia a una colonna). giusto un secondo per leggere il dove e quanti morti.
Se, per una volta, quel secondo in più potessimo scegliere quando farlo capitare e trascorresse senza che nulla di tremendo accadesse! Anzi, se s'inserisse come un bip rivoluzionario e desse una svolta radicale alla vita del nostro pianeta... ma sono utopie folli.
In questi mesi abbiamo anche rinnovato la memoria di alcune ricorrenze come l'11 settembre 2001, e abbiamo cercato, spesso invano, una notizia lieta che ci sollevasse lo spirito. Macché! Se non erano drammi della follia, erano follie demenziali, di cui vergognarsi. Non è il caso di citare episodi o fare nomi di protagonisti. Meglio dimenticare a che livello può scendere la stupidità umana.

Questa sconsolata cronaca si illumina improvvisamente: ecco il lampo falice. Dedichiamogli tutti i secondi che possiamo.
Ce ne da lo spunto un settimanale d'attualità, GENTE. Nell'editoriale del direttore Pino Aprile (n° 36) si parla di Fabio, un ragazzo di 19 anni, affetto (e dagliela col darmi del malato!Lo scuso, però, perché so che è una deliziosa persona molto umana. - nota di F. L. -) da sindrome di Down, che si è diplomato con il massimo dei voti. Fabio vorrebbe fare il giornalista e il settimanale gli ha dato subito una prima possibilità, invitandolo a scrivere un articolo sulla scuola. Il suo racconto è pubblicato a pagina 110. Un secondo dopo averlo letto abbiamo deciso di offrirgli noi una seconda occasione, aprendogli le nostre pagine. Fabio è diventato quindi un collaboratore di Teatri delle Diversità. Perché è bravo, non perché è diverso.

Emilio Pozzi

IL PADRE DI FABIO SCRIVE ALLA REDAZIONE DI "TEATRI DELLE DIVERSITA'"

Pubblichiamo con il suo consenso una lettera che, meglio delle nostre parole, fa chiarezza sull'articolo di Fabio.

Come si potrà constatare dalla lettura dello scritto, il pensiero di Fabio procede secondo la sequenza di stimoli esterni o del ricordo di essi. Avendo difficoltà relative all'astrazione del pensiero, non associa facilmente le idee che i vari stimoli gli suscitano e quindi non trae deduzioni dall'assieme dei suoi pensieri, bensì da ciascuno di essi. Tuttavia, e soprattutto in questo scritto, Fabio dimostra un'apprezzabile coerenza di esposizione che riesce a mantenersi in linea con il tema proposto dalla vostra redazione, nonostante un evidente tentativo inconscio di aggirare in qualche modo un argomento troppo scabroso per lui. In certi punti di questo suo scritto sembra perfino che qualche deduzione, tratta dall'associazione di più pensieri, sia lì lì per essere alla sua portata. Comunque, al lettore apparirà chiaro che Fabio non è lontano dal vero, dalla realtà, nella comprensione di sè e del mondo che lo circonda.

Detto questo, desidero far presente alla redazione che nella stesura di questo scritto il mio apporto è stato consistente, sebbene non abbia intaccato l'essenza di ogni pensiero espresso per iscritto da Fabio. I vocaboli usati da lui non sono stati cambiati, salvo qualcuno che è stato sostituito dopo un'adeguata spiegazione del significato e un'approvazione consapevole da parte di Fabio. In sostanza, io ho fatto soltanto un lavoro di "raddrizzamento" e "ricucitura", ma, onde evitare l'insorgenza di speranze illusorie in evntuali lettori emotivamente coinvolti, io ritengo che vada evidenziato il fatto che Fabio ha ricevuto un congruo aiuto nello scrivere questo articolo. Sempre che, ovviamente, l'articolo sia di vostro gradimento e venga pubblicato sulla vostra rivista.
Colgo l'occasione, datami da questa premmessa che mi sono sentito in dovere di fare, per porgere i miei più cordiali saluti alla redazione e sottolineare la gentilezza di Luca Angelucci che mi ha contattato.

Lorenzo Lombardi

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FABIO RACCONTA I FATTI STRAORDINARI DI UNA NUOVA VITA

Dopo aver concluso il mio ciclo di studi con un'ottima prova d'esame, mi sono capitati tanti fatti straordinari.

Tutto è cominciato con uno squillo del telefono di casa: una giornalista chiedeva di conoscermi, intervistarmi, fotografarmi. Non appena aveva visto il mio punteggio pieno sulle liste esposte nell'atrio del mio istituto, aveva deciso di scrivere un articolo sulla mia impresa scolastica ed era riuscita a procurarsi il numero telefonico della mia abitazione. Mi aveva trovato per puro caso. Infatti, già da alcuni giorni io e la mia famiglia ci eravamo trasferiti in una località marina per un periodo di vacanza e solo per quel giorno eravamo tornati in città, dovendo io sostenere la prova d'esame orale. Era una giornata grigia. A tratti piovigginava e io ho pensato che non avrei perso nulla, se per quel giorno non fossi andato in spiaggia. Così ho trascorso il resto della giornata a parlare dei miei esami e a farmi fotografare davanti alla mia scuola o seduto su un banco dell'aula che per un anno era stata quella della mia classe.

Il giorno dopo, felici che il sole fosse ritornato a splendere, io e i miei famigliari abbiamo letto sotto l'ombrellone l'articolo scritto dalla giornalista. Un articolo strepitoso! Quanto spazio aveva concesso quel giornale alla mia vicenda scolastica e alle foto! Venivo descritto non tanto come uno studente bravo, ma piuttosto come un eroe che era riuscito a superare delle difficoltà davvero enormi, da tanta gente considerate assolutamente insuperabili. E un eroe cominciavo a sentirmi, sebbene non capissi con precisione come mai sul giornale non si parlasse anche di altri miei compagni di scuola, che avevano superato gli esami di maturità con un risultato buono quanto il mio. Anzi: di più, perché ho in testa l'idea che le loro prove d'esame siano state molto più difficili delle mie, dato che durante tutto l'anno scolastico erano stati loro ad aiutare me e non io loro.
Nei giorni successivi alla pubblicazione di quell'articolo strepitoso il mio telefonino non fece altro che squillare: altri giornalisti volevano incontrarmi per parlare del mio successo e quindi scrivere di me sui loro giornali. Poi fu la volta delle emittenti radiofoniche e poi delle televisioni. Una girandola di nuove conoscenze, che un po' mi frastornava, ma che mi rendeva felice per il fatto di vedere tante persone interessarsi a me. E poi, questi incontri inattesi sono stati un'occasione per conoscere persone fantastiche, come l'inviato del settimanale Gente, che è venuto a trovarmi accompagnato da una fotografa deliziosa. In loro compagnia ho pranzato piacevolmente e non mi sono mai distratto mentre ascoltavo il giornalista raccontare meravigliose storie di viaggi avventurosi.
Anche a me piacerebbe tanto viaggiare, ma purtroppo la mia famiglia può permettersi soltanto di portarmi al mare ogni anno per una breve vacanza. La mamma dice che l'aria del mare mi fa stare in salute per tutto l'inverno.
Dopo quattro o cinque giorni la girandola dei media si è fermata, ma oramai in un buon tratto di spiaggia non c'era villeggiante che non avesse letto di me su qualche giornale e non mi avesse riconosciuto. Ogni volta che mi allontanavo dal mio ombrellone per andare a fare una nuotatina, più persone mi fermavano e prima di raggiungere l'acqua mi toccava ascoltare con un certo imbarazzo una sfilza di "bravo!", "bravo Fabio!", "davvero bravo!" e qualche incoraggiamento del tipo: "Continua così.". Spesso, anche mentre me ne stavo sotto l'ombrellone a leggere un libro o a studiare le prestazioni dei cavalli partecipanti alle corse serali, si avvicinavano gruppi di persone che con tanta gentilezza e tanti sorrisi mi facevano un sacco di domande per conoscermi meglio. Un viavai costante, insomma, che è continuato per tutto il tempo del nostro soggiorno marino. Ma, di questo "viavai", solo una cosa mi ha colpito, impressionato, veramente. Alcune signore, sempre una alla volta, mai in gruppo, venivano sotto il nostro ombrellone, parlavano a lungo e a bassa voce con i miei genitori e poi concludevano la visita esclamando con voce rauca: -Magari il mio diventasse come Fabio!- Le visite di questo tipo m'indurivano i muscoli del corpo e mi lasciavano a bocca aperta. No, ciò che mi turbava non era il fatto di essere diventato un "esempio". Mi turbava molto, invece, vedere, in una splendida giornata di luglio, delle signore in costume da bagno allontanarsi dal mio ombrellone con le lacrime agli occhi.
Bah, che gran confusione ho nella mia testa! Sento dentro di me che, di tutta la bella festa fattami dai media per la mia promozione, qualcosa non l'ho ben capita. Non so dire cosa, ma ho paura che ciò che non ho capito sia qualcosa di molto importante o di... brutto. Oggi questo mio dubbio è cresciuto e adesso voglio tentare di spiegare il perché, pur sapendo che non riuscirò a dire quello che, forse, vorrei dire.
Passata la "grande festa", che comunque m'è piaciuta moltissimo, alcuni giornalisti importanti mi hanno chiesto di scrivere qualche riga raccontando i miei ricordi scolastici. Io, subito, mi sono messo al lavoro impegnando tutta la mia testa. E, di righe, ne ho scritte un gran numero. Mai prima, neanche a scuola, mi sono applicato così tanto! Capperi! Dei veri giornalisti, che avevano scritto anche alcuni libri, chiedevano a me di scrivere per il loro giornale. Cosa poteva accadermi di più bello?
Per l'occasione mio papà ha preso un libro dalla libreria e mi ha detto: -Ecco, Fabio. Questo è un libro scritto dal direttore del giornale per cui stai scrivendo. Se vuoi, puoi leggerlo, ma chiedimi sempre di spiegarti ciò che non comprendi. E' un buon libro.- Io l'ho preso in mano e ho letto il titolo: Elogio dell'imbecille.
Ora giudicate voi, che state leggendo, se ho o non ho ragione ad avere dei dubbi sul vero significato della "grande festa". Visti certi comportamenti e uditi certi discorsi, mi pare che... C'è qualcosa di nascosto, lo sento. Forse qualcosa di nascosto soltanto per me, ma che la "grande festa" ha messo un po' in luce.
Comunque, mentre scrivevo, io avevo nella testa un altro pensiero, che mi ha aiutato a scacciare i dubbi e ha aumentato la mia volontà di fare. Pensavo che, se in questa occasione avessi fatto le cose per benino, forse un giorno proprio io avrei potuto regalare ai miei genitori un viaggio lungo e bello.
Ho lavorato sodo e poi, assieme a mio papà, ho ricomposto tutto quello che ero riuscito a scrivere.
E' bellissimo lavorare con mio papà ed infine vedere che con il suo aiuto le mie frasi ruvide diventano lisce e capaci di esprimere più chiaramente il mio pensiero. Lui non si stanca mai di mostrarmi come uno scritto riesca a comunicare molto di più quando le parole vengono messe in un certo ordine piuttosto che in un altro. A lui piace molto scrivere. Spesso trascorre notti intere a battere i tasti del suo computer e al mattino io lo trovo ancora impegnato a pensare e a scrivere, sempre con una sigaretta tra le dita e con una nuvola di fumo intorno. Io gli metto un braccio sulle spalle e gli dico: -Ti chiamerò "fumo che scrive"- e subito spalanco le finestre del suo studio, come la mamma mi ha consigliato di fare sempre. E sì, mio papà fuma troppo e la mamma gli dice e gli ridice che tre pacchetti in un giorno sono una vera esagerazione mortale. Io ho fatto i conti, lento come una lumachina ma li ho fatti, e ho capito che tre pacchetti al giorno sarebbero una spesa che mio papà non potrebbe permettersi. Ma, purtroppo, le sigarette gliele portano le tante persone che vengono in casa nostra per ascoltare la lettura degli ultimi scritti di papà. Persone che arrivano anche da molto lontano. Sfortunatamente, però, il lavoro di scrittura di papà non gli procura altro guadagno, oltre alle sigarette e a qualche bottiglia di whisky che lui non tocca e conserva per gli ospiti. Tante volte l'ho sentito dire: -Hai mai visto pubblicare la Verità? Non vale neanche la pena di provarci, sapendo bene come stanno le cose. Chi ci prova finisce dritto dritto in galera.- Parole che mi fanno venire i brividi.
Ricordare queste parole di papà mi ha fatto ripensare agli studi fatti a scuola sulla Costituzione Italiana e sono corso a prendere un mio libro di testo per rileggere un articolo. L'articolo 21, che dice: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione." Mi sembra che questo articolo della Costituzione dica qualcosa di molto diverso da ciò che dice mio papà. Però, a un ricordo se n'è aggiunto un altro. Mi sono venute in mente altre parole di mio papà, dette proprio mentre stavamo studiando assieme la Costituzione. All'articolo 3 avevamo appena letto che "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...", quando mio papà mi disse: -Questo articolo lo si trova scritto, ma in realtà non esiste. La nostra famiglia è una delle tante prove evidenti della sua assenza.

Ecco, ora sto pensando che, forse, proprio questo è mancato negli articoli dei giornali che hanno elogiato la mia impresa scolastica: la lista completa di tutte le difficoltà superate per portare a buon fine l'impresa stessa. Difficoltà che stavano e stanno tutte al di fuori di me e non, come m'è sembrato di capire dalla lettura dei giornali, difficoltà soltanto mie, della mia persona, di come sono fatto io.
Mamma mia, come sto diventando serio! Sto crescendo, papà? Di testa, non di corpo. Sei contento di me, papà? Che pensieri! Che pensieri!
Pensieri che non mi sono venuti per caso. Infatti, dopo che avevo terminato di scrivere il racconto dei miei ricordi scolastici, che è piaciuto ed è stato pubblicato, fatto che mi ha dato tanta gioia, un'altra rivista mi ha chiesto di scrivere qualcosa. E' per questa nuova rivista che adesso sto scrivendo, cercando di seguire i tre suggerimenti ricevuti. Primo: "come ho vissuto il momento di notorietà suscitato dal mio successo scolastico". E su questo punto mi sembra di aver detto qualcosa. Secondo: "le mie impressioni su quanto è stato scritto dai giornali su di me". E anche su questo secondo punto mi sembra di aver espresso il mio parere, pur sapendo che dovrò meditare ancora a lungo su quest'argomento che per me non è del tutto chiarito.
Per scrivere fino a qui, non ho incontrato difficoltà diverse dalle solite, ma, nell'affrontare il terzo punto, per me le cose si complicano parecchio. Mi si chiede di dare il mio parere su "come i giornali trattano l'argomento handicap." Io mi sforzo per farmi venire qualche pensiero, ma la mia testa rimane vuota. Eppure, è stata proprio l'idea di dover affrontare quest'argomento, quella che mi ha fatto diventare sempre più serio man mano che scrivevo. Non sono diventato serio per caso. Ma, allora, perché non mi vengono dei pensieri?
Io, di handicap, conosco soltanto quello appioppato in groppa ai purosangue. I cavalli che portano più chili degli altri, però, sono anche i migliori. Forse che questo significa che anche tra gli uomini gli handicappati sono i migliori e per questo motivo viene resa più "pesante" la corsa della loro vita? Non ho nessun pensiero preciso in testa, ma sento che non è questo il significato di handicap, su cui mi è stato chiesto di scrivere.Decido d'intervistare mio papà, tanto per poter scrivere qualcosa sull'argomento e chiudere questo mio scritto. Intervistare è più facile del farsi venire in testa dei pensieri. Tocca all'intervistato superare le difficoltà per riuscire ad esprimere i pensieri difficili.

-Papà, cos'è l'handicap degli uomini? Cosa significa questa parola?
Mio papà non mi risponde prontamente come al solito. Difficili, eh?, queste domandine! Bello fare l'intervistatore! Poi mi dice:
-Un handicap è l'insieme delle difficoltà particolari che un individuo manifesta nello sforzo d'integrarsi nel sistema sociale. Ci sono tanti tipi di handicap, da quelli fisici a quelli mentali e spirituali. Ogni uomo ha il suo. Comunque, il vero problema che un individuo deve risolvere non è tanto l'handicap in sè, quanto trovare le strategie per superarlo. Non sempre ci si riesce, ma è anche vero che quasi sempre il fallimento non è imputabile all'individuo. Fai attenzione: è l'impostazione artificiale del sistema sociale che rende gli handicap dei macigni talvolta irremovibili. Per giunta, il sistema stesso origina una miriade di handicap di tipo materiale che ora non ho voglia di elencarti. In un contesto di esistenza naturale quasi tutti gli handicap sarebbero dei sassolini da far rotolare lungo il cammino a testimonianza della Diversità Infinita.
La spiegazione datami da mio papà non mi ha chiarito molto le idee, ma sono sicuro che ne riparleremo. E molto a lungo. Intanto posso dire che secondo la mia esperienza, che è davvero poca cosa, mi sembra che sui giornali si parli solo di handicap fisici. E' vero che io preferisco leggere le pagine dei giornali che parlano di sport e anche qualche articolo di cultura letteraria, ma qualche volta anche altri articoli m'incuriosiscono. E da qualche tempo sempre di più.
Mio papà, seduto vicino a me, ha visto che sto per terminare il mio scritto e mi domanda:
-Ma dimmi, Fabio, dentro di te cosa pensi di tutto quello che ti sta succedendo negli ultimi tempi?
-Papà, questa volta sono andato oltre.
E sento la voce di mio papà che mi dice:
-Sì, Fabio, ultimamente hai superato te stesso.

Fabio Lombardi

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