Cronache da un altro mondo

Disquisizioni e orientamenti su questioni esistenziali, sia spirituali che materiali. In gran parte espressioni originate dal genuino punto di vista di un ragazzo particolare e interpretate fedelmente da chi ha avuto modo di conoscere profondamente le sue qualità speciali e si è assunto l'impegno d'assisterlo con precisione nello sviluppo e nell'esposizione delle sue idee e sentimenti, confidando in un esito piacevole e fruttuoso. [Leggere "PRESENTAZIONE" nell'archivio - 12/06/2006]

16.5.20

 E' possibile eliminare il covid 19 con un procedimento non farmacologico?


La volontà di pensare e agire per il bene comune

Lettera aperta al Presidente del Consiglio Prof. Giuseppe Conte
 (riguardante l’emergenza covid 19)
           

Pregiatissimo Presidente,

mi sono risolto a scriverle perché è da più di un mese, in questo frangente angoscioso per l’Umanità intera, che non riesco a ricevere una risposta in relazione a una mia idea volta ad eliminare il covid 19 con un metodo non farmacologico. Ho sviluppato l’idea raffigurandola nel disegno di un prototipo che ho cercato di proporre a politici e mass-media per una valutazione approfondita, ma le mie svariate e-mail hanno sortito soltanto silenzio. Avrei accettato pacatamente delle risposte del tipo «Il progetto non è realizzabile» o «Il progetto è errato» accompagnate da brevi spiegazioni dei “perché”, invece il silenzio, con il suo effetto d’indifferenza, mi ha ricollocato malvolentieri nello stato d’invisibilità proprio della stragrande maggioranza dei cittadini. Già: il cittadino che non si è esibito sui soliti palcoscenici sociali non esiste o, forse, esiste soltanto allorché da analfabeta traccia una “x” sulla scheda elettorale. Ma no! Neanche! Una penna intelligente ha scritto: “se le elezioni avessero un vero valore, non ce le farebbero fare”.
Tuttavia, siccome un certo numero di persone mi consiglia di non desistere, io mi rivolgo a Lei nella certezza che un suo parere in merito, magari confortato da un consulto con degli esperti da Lei agevolmente reperibili, potrebbe determinare senza lasciar dubbi l’utilità sociale o l’inutilità del progetto che desidero proporle in questa missiva. Sempre che Lei voglia usarmi la cortesia di comunicarmelo, il suo parere.
Le persone che, sollecitandomi, confidano nella speranza di trovare una soluzione, efficace nel far svanire l’incubo in cui si sono svegliate circa tre mesi fa, sono psicologicamente sconcertate soprattutto dalla rappresentazione mentale di una possibile convivenza con il coronavirus e da come appaiono avvilenti le prime modalità d’attuazione di codesta convivenza malsana. Alcune tra le prime ideazioni per la convivenza sembrano addirittura espressioni di uno stato di follia: sulle spiagge cubi di plastica incolore dovrebbero tener separati i villeggianti tra di loro (chi starebbe in spiaggia in queste condizioni?); altra plastica per formare barriere sui tavoli dei ristoranti così obbligando gli avventori a comunicare tra di loro usando cornette telefoniche, come avviene in certe carceri; sagome di cartapesta, pazzesco!, sugli spalti degli stadi invece che spettatori; lunghe file di cerchi tracciati ad intervalli regolari su asfalto e marciapiedi e in ogni cerchio un utente in penosa ed incerta attesa di poter salire su un autobus o un treno, mezzi di trasporto con capienza ridotta dal virus e quindi impossibilitati nel garantire a chiunque orari certi di partenza e di arrivo; anche negli aerei separé di plastica e posti a sedere ridotti; controlli diretti su ogni spostamento delle persone e visite quotidiane per verificare lo stato di salute di ogni lavoratore, preoccupato di portarsi a casa il virus; e ho piluccato soltanto un po’ dalla lista delle follie molto più lunga. Non so dire se in breve tempo ci si troverà in un mondo abitato da marionette manovrate da un burattinaio invisibile, ma il presentimento è fastidiosamente presente. “Tutto andrà bene”? Che strani effetti possono originare le parole! Pacate locuzioni di speranza possono trasformarsi in cinica ironia offensiva nei confronti di chi, per le irreparabili perdite subite, sta urlando senza voce: “Tutto è già andato troppo male.
Insomma, concludono coloro i quali sono a conoscenza del particolare progetto anticoronavirus, di fesserie se ne sono sentite a iosa e a tutti i livelli, non sarà uno scandalo se nel mucchio gettiamo anche la nostra. Questa, perlomeno, è sviluppata su una base di onesta sensibilità umana. E se fesseria non fosse? Farebbe trarre un gran respiro di sollievo al mondo intero.
Il nostro gruppo ha una cultura d’impronta umanistica (salvo alcuni medici generici e specialisti), piuttosto che tecnico-scientifica, ma… talvolta…
Prima di passare alla presentazione del progetto avverto l’impulso a fare alcune considerazioni, che in altre circostanze andrebbero meglio sviluppate. Qui le esprimo per il sol fatto che sono state il motore nella mia ricerca di una soluzione per la pandemia.
Certo, il covid 19 ha preso tutti alla sprovvista e ha evidenziato magagne croniche, più o meno presenti in tutte le Nazioni, ma gli uomini (non tutti ma… molti ovvero troppi) si sono trovati costretti dallo stato di cose tragico a palesare (in certi casi inconsciamente) quanto bacato e limitato sia il loro modo di pensare che, prima del coronavirus, era ancora abbastanza mascherato, quel tanto per poter apparire alle masse con sembianze pressoché umane.
I mass-media dell’etere da mane a sera tendono a far risaltare in mille modi (sempre inconsapevolmente?) che l’importanza dell’economia eclissa quella dell’essere umano. Eppure anche un qualsiasi povero di spirito è in grado di capire che l’economia, nell’impostazione fino ad oggi sostenuta, è destinata a scomparire per incompatibilità ambientale e l’Uomo, se resterà aggrappato ad essa, non potrà sperare in un esito diverso. «Bisogna riprendere a produrre a tutti i costi, magari cercando di contenere alla meno peggio le perdite umane.» Ancora produrre e ancora consumare cosa? In un pianeta vieppiù stremato e ridotto a una appestata camera a gas?! Al massimo si potrà continuare a produrre alimenti, magari meno avvelenati degli odierni che sono prodotti secondo le malsane regole del profitto, esoso motore dell’economia. D’accordo: attualmente un vero e sano cambiamento della condotta esistenziale si presenterebbe assai complesso e necessiterebbe di tempi molto lunghi, ma almeno facciamo in modo di non sacrificare altri esseri umani all’idolo balzano dell’economia. Cerchiamo in maniera efficace di liberarci del covid 19 e poi forse ci sarà il tempo per meditare convenientemente su una inversione a “u” nell’autostrada del progresso.
E questo, tra i tanti, è un motivo inerente alla mia proposta.
Passiamo ad altro.
Gli “scienziati”, con imbarazzo minimo, continuano a ripetere che beh, sì, insomma la maggioranza dei decessi riguarda anziani con addosso diverse patologie croniche, quasi a giustificarsi per aver scambiato un virus micidiale per quello di un’influenza un po’ più accesa.
Intanto gli anziani si sono sentiti gettare sulle spalle un grosso peso in più, aggravato dall’orrido pensiero che in caso di emergenza sanitaria, accentuata dall’impreparazione, avverrebbe la scelta disumana di chi curare tra un anziano e un giovane. Non c’è coscienza del fatto che essere al mondo è unica e irripetibile occasione di esistere e che gli anziani con tutta la loro cronicità avrebbero potuto vivere molti “giorni” in più, se non fosse intervenuto il covid 19. Inoltre, il reale successo della Scienza, quello di aver prolungato significativamente la durata della vita dell’essere umano, viene parecchio sminuito proprio dalla malcelata noncuranza nei confronti degli anziani, unici testimoni del successo stesso. Successo che viene sminuito del tutto rivolgendo lo sguardo alle “case di riposo”, meglio definibili come “fatali sale d’aspetto”. Che valore esistenziale può avere la longevità, se la sua fine può assumere aspetti così tanto degradati e degradanti? Le “fatali sale d’aspetto” non dovrebbero proprio esistere, ma anche questo argomento esige tempi lunghi per essere svolto in maniera tale da non dare adito a obiezioni di alcuna sorta, e non è questo il momento adatto.
Ne portano di pesi, gli anziani! Sentono perfino asserire sfacciatamente che sarà con il lavoro dei giovani che verranno pagate le loro pensioni. E tutti i loro contributi versati durante il periodo di attività? E i contributi versati da coloro i quali non ce l’hanno fatta a raggiungere l’età della pensione? Tutti fagocitati e già digeriti, piuttosto che averli fatti fruttare convenientemente, mentre gli “economisti” non smettono di fare discorsi con parvenza di razionalità basati proprio sull’oscenità della questione: giovani che devono trovare impiego per pagare le pensioni degli anziani. Altro che razionalità! A me sembrano ragionamenti scorretti con la pessima funzione di relegare nell’oblio le cattive gestioni e le furfanterie del passato, che lasciano l’amaro sentore della probabile reiterazione nel futuro. Intristiscono l’animo, piuttosto che essere gustate per la loro ironia, certe battute di spirito come questa: «Il coronavirus è socio dell’INPS.» Insomma, l’anziano è avvolto da un’atmosfera che sembra suggerirgli di togliersi di mezzo, se vuole dare ancora un suo ultimo contributo alla società. Invece l’anziano va protetto per molteplici motivi, il principale dei quali, sebbene intuibile, ce lo fa capire meglio la psicanalisi: la misura della sanità mentale è data dalla possibilità di estensione della programmazione della propria esistenza nel futuro. La realtà, non un’astrazione, della presenza del longevo, quindi, fornisce idealmente al giovane la misura del tempo che potrebbe essere a sua disposizione per realizzare le proprie aspettative. Un fattore eccezionale che infonde energia, voglia di fare e di assaporare la vita con sentimenti positivi. In seguito il giovane, ben che gli vada, diventerà anziano pure lui e capirà. Capirà che, nonostante un bagaglio inestimabile di esperienze, non potrà più imbastire programmi a lunga scadenza perché non avrà davanti a sé una figura garante del tempo a venire. Capirà che anche l’anziano è stato giovane e che l’ultimo breve lasso di tempo per l’esistenza ha un’importanza davvero straordinaria. A questo punto può diventare divulgatore della memoria, tanto cara a Lorenz in quanto, senza la memoria di com’era un tempo il mondo, non si potrà riuscire a ripristinare un equilibrio ecologico secondo Natura e non secondo l’Uomo, di per se stesso solo una piccola frazione della Natura. Ovviamente, per divulgare è necessario che ci sia chi ascolta, ma sembra che tra i giovani l’interesse sia debole, lo si è già notato da alcune generazioni. I giovani hanno perso la giusta prospettiva nella visione dell’anziano, forse a causa dell’esplosione incondizionata della tecnologia, e non vedono più nel longevo il “massimo” concesso all’essere umano, bensì un “limite” fastidioso. E’ evidente, esempio tra i tanti, che si dedicano a “sport” estremi per dimostrare a se stessi di essere immortali. Questa immaginaria e ingannevole prospettiva esistenziale non è certo una buona base su cui evolvere una maturità apprezzabile. In effetti, assistere a come con assoluta indifferenza i giovani infrangano le regole precauzionali imposte dal rischio di contagio, noncuranti di diventare un mortale pericolo per gli anziani, rende esplicito il loro menefreghismo morale, che non si discosta troppo dalla cinica massima “mors tua vita mea.” Probabilmente anche la consapevolezza, impudentemente indotta dall’interesse politico, di dover lavorare per mantenere gli anziani, ha contribuito ad intensificare il conflitto generazionale e la disattenzione verso i longevi. Anche l’essenza spregiativa di certe locuzioni, come ad esempio “un Paese di vecchi”, hanno senz’altro concorso allo svilimento della figura dell’anziano. Il Potere, con la sua economia poco economica, abbisogna di giovani che producano e consumino, mentre gli anziani già utilizzati, anzi spremuti, non producono e consumano poco. Oh, che bello un mondo di soli giovani inconsapevoli di diventare vecchi! Bello da impazzire!
Oltre ai tanti problemi, che opprimono gli anziani in una società via via sempre più disumanizzata e avversa alla Natura, di questi tempi si è aggiunto il coronavirus. Caspita! La depressione, sempre più saldamente appollaiata sulle spalle degli anziani principalmente per l’impossibilità sociale di proiettare aspettative esistenziali in un lasso di tempo presumibilmente troppo breve, adesso è preparata per un assalto dilagante. In effetti la presenza del coronavirus annulla quotidianamente ogni minima speranza nel domani. La morte alita alle spalle di tutti, ma predilige gli anziani. Basta una boccata d’aria e…
No, non si può scendere a patti di convivenza con il covid 19, non si può giorno dopo giorno ascoltare discorsi di adattamento e soluzioni folli che comprovano quanta ragione avesse Fromm asserendo che in una società civile la follia non è tanto un disagio del singolo quanto quello di milioni di persone che si reputano mentalmente sane per il sol fatto, non convalidante, di essere una maggioranza.
La paura è diventata un sentimento generalizzato che, lo si sa, influisce sul pensiero, e quindi sul comportamento, in maniera assai più incisiva della normale preoccupazione. La paura può degenerare in panico che annulla le facoltà mentali; può generare rabbia i cui effetti non agevolano la risoluzione dei problemi, tanto meno quelli di carattere prettamente sociale; può instaurare depressione e abbandono dando spazio alla tristezza del fatalismo che rende inerti, socialmente inerti. In alcuni individui, però, la paura attiva un processo di autodifesa che intensifica con lucida freddezza intellettuale le capacità di ricerca di una possibile soluzione. Quando accade che l’autodifesa sia rivolta a un pericolo comune ad altri esseri umani, la ricerca personale di una soluzione per l’eliminazione del pericolo diventa di utilità sociale.
La paura ha innescato in me proprio una reattività che mi ha obbligato a ricercare una soluzione che non comportasse strascichi indesiderati e comportamenti lesivi sia per il corpo sia per la libertà individuale insidiata nel proprio privato. L’ideazione di un progetto volto ad arginare la diffusione del Covid-19 con metodica non farmacologica.
L’ ideazione, che ho esemplificata con uno schizzo del prototipo di ciò che dovrebbe essere perfezionato, prodotto e messo in funzione, gliela propongo qui in calce, ma non voglio trattenere l’impulso a confidare quale altro forte propulsore, oltre a quelli che già Le ho “propinato”, mi abbia spinto alla ricerca di qualcosa che potesse eliminare il covid 19.
Bah! Sono Presidente di un’Associazione (Contatto Natura nel web) che si è prodigata nel far calare qualche raggio di sole sulle persone down, nonostante il disinteresse delle istituzioni, ed oggi si trova disgregata da un virus e, credetemi, proprio oggi più che mai è doloroso constatare che delle persone con svariate qualità incantevoli (principalmente la sensibilità pura) siano destinate a subire tutti i dolori dell’esistenza senza alcuna contropartita veramente gioiosa e veramente confortante. Oggi, a causa del virus, stanno perdendo perfino le compensazioni palliative. Duole vederli isolati accanto soltanto ai genitori (sentimentalmente non più sufficienti in quanto un essere umano non può rimanere bambino per tutta la vita) con la mascherina sul volto a renderli ancor meno comunicativi e a lungo andare causa di surriscaldamento delle vie respiratorie, laringe e bronchi in primis. Idem per i guanti particolari indossati sulle loro pelli delicate. Figuriamoci con il clima caldo!
Ora un gruppo di persone, sempre più nutrito, mi ha spinto a rinnovare la mia richiesta di supporto e voglio sforzarmi nel rimanere fiducioso, mentre rimango comunque dell’avviso che qualsiasi congettura volta a sconfiggere l’orrendo virus vada approfondita a prescindere da qualunque sorta di scetticismo iniziale. A maggior ragione quando i quotidiani bollettini di “guerra” spengono ogni barlume di speranza in una remissione e gli addetti alla scienza non cessano di contraddirsi tra di loro alla distanza di un metro, del tutto inadeguata nell’impedire il contagio.
Più della metà della popolazione mondiale è costretta a restrizioni che gravano parecchio sulla percezione positiva del senso stesso dell’esistenza umana, mentre, per assurdo sociale, si pensa proprio di allestire una nuova realtà in cui a tutti gli errori di quella vecchia verrebbero sommate le nuove “restrizioni” non esenti da conseguenze negative per spirito e corpo. Anche per questa ragione rimango speranzoso di ricevere il suo giudizio e intanto Le porgo i miei più distinti saluti.


Lorenzo Lombardi
llombard1@alice.it
cell. 3483416294 tel. 0422 22640

► Il rame non è in alcun modo dannoso per la salute umana, mentre le sue superfici sono antibatteriche ed antimicrobiche. L’ossido di rame, che si forma sul minerale a contatto con l’aria e gl’infonde la colorazione azzurro-verdognola, ha dato prova di far addirittura esplodere alcuni virus o, comunque, di farli morire in poco più di due ore. Con il covid 19 non c’è sperimentazione (che per l’appunto potrebbe essere fatta utilizzando questa maschera) ma c’è stata con la SARS che è pur sempre un coronavirus.
La parte esteriore del cilindro potrebbe essere ricoperta da un sottilissimo strato di plastica, esclusivamente per questioni estetiche.

1 – L’aria entra nel cilindro di rame e virus, batteri, ecc. da essa trasportati vanno in parte a cozzare contro le pareti del cilindro. La respirazione rende mossa l’atmosfera interna al cilindro, per cui, siccome il virus non ha autonomia direzionale, una consistente quantità di virus entra in collisione con le pareti del cilindro e le conseguenze sono quelle già descritte all’inizio.

2 – L’aria all’interno del cilindro è pervasa da raggi UV con frequenza adattata all’uopo. E’ sicuro, come minimo, che gli UV invalidino la capacità replicante dei virus. La lampada emittente è schermata con vetro speciale per non surriscaldare l’aria, sebbene il modesto calore emanato non renda l’aria particolarmente irrespirabile. Inoltre, una valvola 3M ridurrebbe ulteriormente il calore dell’aria nel condotto che arriva alla bocca di chi indossa la maschera e eliminerebbe l’umidità. La respirazione, dunque, avviene in piena libertà naturale, a differenza di ciò che accade indossando le mascherine messe in circolazione. Con le mascherine si torna a inspirare buona parte della CO2 emessa con l’espirazione.

3 – Nella parte terminale del cilindro è posta una lastra elettrificata, molto sottile e con fittissimi fori di 0,3 millimetri, quasi il minimo per permettere una normale respirazione. Il covid 19, però, pur avendo il nucleo più grande degli altri appartenenti alla famiglia dei coronavirus, misura 100/180 nm (100/180 milionesimi di millimetro) e potrebbe facilmente attraversare i fori. Anche considerando le goccioline (droplets) o altre particelle organiche alle quali si aggrappa il virus per sopravvivere non si arriva mai a una misura che renda impossibile l’attraversamento dei fori. E’ vero che la maggioranza dei virus, dopo il percorso nel cilindro, avrebbe perso le droplets vitali e per giunta finirebbe sulla lastra elettrificata restando fulminata. E’ vero, quindi,  che i fori sarebbero attraversati da rari virus non più in grado di essere aggressivi e incapaci di replicarsi, e già questo sarebbe un buon risultato, ma l’intento della maschera è quello di eliminarli senza eccezioni. Quindi i fori dovrebbero essere coperti da un campo elettrico costante, facile da impostare quasi automaticamente.
         Questa maschera elimina il virus, a differenza di tutte le altre mascherine in uso.
         C’è stata una sperimentazione in laboratorio che ha determinato questo: il coronavirus muore in 7 giorni alla temperatura di 22 gradi e in 24 ore alla temperatura di 37 gradi. Gli esperimenti di laboratorio sono quasi sempre suscettibili di qualche ritocco, allorché li si confronta con dati dell’andamento naturale, però ci permettono di dedurre che i virus che finiscono sulle normali mascherine o le attraversano o, se in qualche modo respinti, non muoiono ma vanno a posarsi dove capita, così diffondendo il contagio con dinamiche diverse da quella della trasmissione diretta tramite droplets o aerosol.

4 – Il peso della maschera potrebbe essere inferiore a quello della maschera antigas più leggera. Più leggere e assai meno ingombranti dei “mascheroni” (che non eliminano il virus) acquistati in Germania da alcuni imprenditori italiani.

5 – La maschera dovrebbe essere distribuita secondo i dati dell’Anagrafe, annullando il problema dei clandestini con una sorveglianza accurata. Se in un territorio, ad esempio una regione con i confini momentaneamente sigillati, tutti gli abitanti indossassero la maschera, togliendola con le dovute precauzioni esclusivamente per il tempo destinato ai pasti e al sonno (sacrificio minimo rispetto all’essere intubato e a una morte orrenda), nel giro di 3 max 4 giorni non ci sarebbero più nuovi contagi. Rimarrebbero i contagiati prima dell’uso della maschera, che a loro volta, nonostante le accortezze del caso, potrebbero aver contagiato dei famigliari, ma nessun altro. Comunque, anche i contagi pregressi e le loro poche conseguenze si manifesterebbero e si esaurirebbero nel giro di due settimane o poco più. Per quanto riguarda i portatori di virus asintomatici, non individuati per il fatto casuale di non aver contagiato dei famigliari, verrebbero accertati dai tamponi fatti in maniera sistematica alla restituzione di ogni maschera, che per larga sicurezza dovrebbe avvenire dopo un mese.
Ampliando l’ottica della programmazione relativa alla maschera, anche la faccenda dei confini sigillati potrebbe essere ovviata. E’ ragionevole pensare che anche i territori limitrofi verrebbero sanificati e l’eliminazione del virus si espanderebbe a macchia d’olio. Quindi il controllo dei confini sarebbe di brevissima durata, ovvero non necessario qualora gli stati confinanti avessero incominciato ad indossare la maschera prima che in Italia fosse arrivato il momento di deporla. Come altro esempio supponiamo che l’Italia si trovi liberata dalla presenza del virus. A questo punto dovrebbe far entrare nel suo territorio soltanto stranieri provvisti di maschera, ma soltanto fino a quando anche gli altri Stati si fossero adeguati alla programmazione anticovid 19.
Si potrebbe qui continuare a vagliare altri aspetti pratici dell’impiego della maschera nei territori, ma è già assicurato che sono stati scrupolosamente esaminati tutti quelli immaginabili. Il problema non sono le modalità e le tattiche relative all’impiego della maschera, se è presente la volontà di non voler più contare i morti, la cosa importate è che la maschera funzioni e venga prodotta.
Le persone, indossando la maschera, potrebbero muoversi tranquillamente e riprendere le loro attività. Anzi: gli affollamenti sarebbero consigliati per eliminare in breve tempo una maggior quantità di virus. Anche i contagiati lievi e i portatori asintomatici trarrebbero beneficio dall’uso della maschera, poiché l’aggressione al virus avviene anche durante il percorso inverso ovvero durate l’espirazione. Costoro, dovrebbero indossare la maschera ed essere tenuti in isolamento fino a tampone negativo. Soltanto per i già contagiati gravi non rimarrebbe altro che la prassi di cura medica ma, perlomeno, le strutture ospedaliere verrebbero alleggerite parecchio e il personale ospedaliero potrebbe curare i pazienti senza correre alcun rischio di contagio, fino a svuotamento dei luoghi di terapia intensiva. A questo punto nel territorio non ci sarebbe più traccia del virus.
E’ ovvio congetturare che la pratica della maschera potrebbe essere estesa a più territori contemporaneamente secondo la rapidità di produzione della maschera stessa ed infine estesa a tutto il mondo, affinché il coronavirus scomparisse per non ripresentarsi mai più con le sue odiose e ferali ondate 2, 3, 4…
La diffusione universale comporterebbe senz’altro le difficoltà maggiori, alle quali ogni Stato dovrebbe prestare tutta la sua attenzione e tutta la sua capacità attuativa. Certe piccole frazioni di territorio, con uno stato di cose estremamente complesso, potrebbero essere isolate e bonificate con maggior pazienza. Difficoltà comunque presenti anche nell’attuale programmazione di contrasto al virus. Diversamente, la ciclica ricomparsa del covid 19 comporterebbe l’intollerabile convivenza con il medesimo, circostanza che in breve tempo vedrebbe circolare nel mondo masse di squilibrati. Per quanto riguarda i vaccini e le inevitabili falle di copertura dovute soprattutto alla natura cangiabile del virus… (vaccinare il mondo intero! Misericordia!) Beh, vivere non può consistere soltanto nel mantenere in piedi una specie di vescica imbavagliata e condizionata dai risultati della Scienza con i suoi inevitabili effetti collaterali. Una vescica già in grave difficoltà a causa dell’inquinamento universale e di una economia dissennata, fattore determinate la disumana e perniciosa disuguaglianza sociale. No, non possono sussistere alternative: questo virus va fatto scomparire, volendo seriamente confidare nel ritorno ad una vita provvista di un po’ di senso esistenziale. Piuttosto che vaccinare ripetutamente (secondo le mutazioni del virus) quasi 8 miliardi di persone oppure piuttosto di curare in continuazione un numero smisurato di pazienti continuando a vivere nell’incertezza, penso che sia assai più ragionevole distribuire 8 miliardi di maschere (in realtà molte di meno con una buona programmazione a rotazione).

6 – Con un calcolo approssimativo il costo di produzione delle maschere risulterebbe assai inferiore a quanto sborsato fino ad ora dalle Nazioni per contrastare il covid 19 con modesto successo e non conosciamo gli esborsi di tutte le Nazioni (non si può ancora immaginare la spesa che dovrà essere sostenuta per rimettere in funzione i lavoratori, per produrre miliardi di mascherine, venderle con costi significativi per le persone e… misericordia!, smaltirle) mentre con l’effetto maschera tutte queste spese (e molte altre) risulterebbero nulle, perché poco niente ci sarebbe da cambiare di ciò che già c’è. La spesa maggiore sarebbe per le batterie, ma probabilmente degli esperti sarebbero in grado di ridurla come, sono certo, sarebbero in grado di perfezionare la maschera in maniera ottimale. Anzi: dopo una realizzazione precisa la maschera potrebbe avere sembianze anche molto diverse da quelle abbozzate da me. Io, con la raffigurazione del mio prototipo ho semplicemente indicato una strategia da adottare, se il sentimento di umanità non è ancora andato perso del tutto.

            Infine, mi preme soffermarmi ancora una volta nel sottolineare i primi segnali di una realtà che mi angustia: guanti e mascherine stanno formando il prossimo disastro ecologico di proporzione smisurata.