XVII° - APPLAUSI PER MAURO
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La Federazione: "competa con i disabili".
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LA FAMIGLIA
Cagliari - "Non è giusto frenare con cavilli chi lotta ogni giorno contro le ingiustizie della vita. Se questa è la legge, allora va cambiata."
articolo di Barnaba Ungaro
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Il caso del pattinatore down ha toccato una legge che va senza dubbio rivistaVOGLIAMO CHE MAURO GAREGGI
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Questa volta il mondo delle rotelle non è salito sulla ribalta dei mass media per qualche successo (e sono davvero tanti) azzurro, ma per la vicenda di Mauro Muscas, diciassettenne di Cagliari affetto (affetto?! Al massimo: "portatore"!) da sindrome di Down, classificatosi terzo nella prova regionale della Sardegna di pattinaggio artistico. Acquisito pertanto il diritto sulla pista di gareggiare ai Campionati Nazionali Promozionali, che si terranno a Giovinazzo (Bari) dall'8 luglio, Mauro si è visto infrangere il suo sogno ed anni di sacrifici, di allenamenti, dall'applicazione di un decreto del Ministero della Sanità del 18/02/1982, nell'ambito dell'obiettivo indicato dall'art. 2 della legge n°833/1978, che vieta la pratica dello sport agonistico ai disabili psichici ("psichici"?! Semmai:"intellettivi", ma pure in questo caso c'è da fare, e di conseguenza applicare, un discorso molto lungo e particolareggiato che, purtroppo, anche al giorno d'oggi pochissimi sanno fare.). E' una legge dello Stato, quindi, che intima l'alt al Coni e a tutto il mondo sportivo (ma soprattutto rivela, essendo ancora in vigore senza che qualcuno si preoccupi di abolirla, tutta "l'onestà intellettuale" della campagna ufficiale di sensibilizzazione e integrazione dei portatori di handicap, in particolare dei fantastici portatori di trisomia 21, e, più che al mondo sportivo, dà l'alt a tanti genitori.).
Il caso, come avrete appreso dai giornali e da tutti gli altri mezzi di comunicazione, ha suscitato notevole risonanza. Mauro, che sui pattini si esibisce in evoluzioni che la stragrande maggioranza di tutti gli altri ragazzi della sua età non riescono a compiere, viene bloccato sulla strada dei Campionati Italiani non da una serie di difficoltà tecniche, ma da una legge. E' mai possibile? Il presidente della FIHP, l'On. Sabatino Aracu, in quei giorni (eravamo alla fine di aprile) ha ripetuto a tutti i mass media quello che è diventato il suo slogan: "La burocrazia non può rovinare la vita di una persona - ha spiegato il numero uno della FIHP - e soprattutto non deve far sentire handicappato chi non si sente tale.(Magari! Ci troveremmo a vivere in un mondo del tutto diverso, non cammineremmo sul ponte alto, che si chiama "Presunzione", di una bagnarola che sta inesorabilmente affondando con malagrazia.) Deve vincere la legge più giusta (oppure non deve vincere la legge dell'uomo? Tantomeno quella di un essere limitato a 46 cromosomi?), quella del buon senso (Quale? Il "buon senso" che ci ha imbarcato a forza di "balle" e di "lusinghe" nella bagnarola?), come sempre (Come sempre?!!!). La realtà sociale cambia, le tecnologie applicate alla medicina (la TAC ne è un esempio) si evolvono, e le leggi devono necessariamente adeguarsi (Che paura mi fanno simili parole! Udite, oramai, troppe volte! Che rapporto determinante può avere la "realtà sociale", che sembra cambiare, ma non muta mai, perché mai è mutata la parte marcia dell'Uomo, che fino ad oggi ha sempre avuto il sopravvento su quella sana? Che ruolo di supporto esistenziale può avere la medicina o la tecnologia nel caso di Mauro? Le leggi dovrebbero adeguarsi, piuttosto, alle esigenze esistenziali della diversità di Mauro, alle esigenze della diversità di ognuno. Dovrebbero, ma l'impegno sarebbe così enorme in una società, che toglierebbe tutto il "gusto" di esercitare il Potere. E quindi...). Tutti i ragazzi down devono essere messi in condizione di svolgere attività agonistica, se superano un esame di visita medica generale e poi una visita medica specifica."
Dagli intenti bisogna passare ai fatti. Nella conferenza stampa tenutasi ad hoc lo scorso 28 aprile al Palazzo delle Federazioni del CONI, Aracu non ha esitato a chiamare in causa il Ministro della Sanità Bindi, per risolvere la situazione: "Mi auguro che il Ministro della Sanità possa intervenire con un decreto, lo strumento più veloce per sanare questa situazione. Da parte mia mi sto già attivando, come deputato e come uomo di sport, perché anche la legge dei codici vada di pari passo con quella del buon senso. Mauro deve gareggiare, è un suo diritto morale, umano e sportivo."
Il terreno sul quale si deve lavorare è quello della specificità dei soggetti ( Questo è un discorso interessante e davvero serio. E voglio sperare che il senso di queste parole sia, nella mente dell'autore del presente articolo, identico a quello che io ho recepito.) e delle stesse discipline sportive. Nel caso di Mauro , tanto per rendere più chiare le idee, non ci si deve dimenticare che il pattinaggio artistico non è uno sport di contatto (Perché, adesso, questa specificazione davvero infelice? Anche fosse di "contatto"...), pertanto determinati pericoli vengono già evitati in partenza (Pericoli, verso i quali Mauro non è più predisposto di quanto lo siano tutti gli altri suoi coetanei. Anzi, io dico, conoscendo alla perfezione le peculiarità della persona down, che Mauro, sia per il suo fisico sia per la sua psiche, è senz'altro in grado di evitare, ed eventualmente affrontare, i pericoli assai meglio di tanti "normodotati" che vengono ammessi senza intoppi nelle varie discipline sportive di carattere agonistico.). Ciò che importa, comunque, è che dalla vicenda del campioncino sardo possa finalmente scaturire giustizia sul tema disabili e pratica sportiva, agonistica o amatoriale che sia ( Perché ciò possa accadere, deve diventare giusta la "pratica sociale", il che sembra essere proprio una chimera.). Per vedere a pieno titolo in pista Mauro e tanti altri ragazzi meno fortunati (di chi?! Interrogativo che i "normodotati" dovrebbero rivolgere alla loro presunzione che l'illude quotidianamente di essere più fortunati di qualcun altro a questo mondo.).
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l'opinione
di Ferdinando Camon
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Il caso scandaloso e inquietante di Mauro, il giovane atleta eliminato dai campionati di pattinaggio perché down. E poi ammesso, dopo le proteste della madre, dei media e dell'opinione pubblica.
COSTRETTO PER LEGGE ALLA DIVERSITA'
Ha una grazia innata (come tutti gli adolescenti, maschi o femmine), scivola sui pattini con leggerezza, curva e gira come se fosse senza peso, si arresta come una freccia controvento:è un pattinatore nato. Ha 17 anni. Si chiama Mauro ed è finito sui giornali perché nientemeno che una legge (neanche tanto vecchia: del 1982) gli vietava di partecipare ai campionati nazionali del suo sport. Motivo: lui è down, e dunque può iscriversi solo a tornei separati, con quelli come lui. Lui si sente un atleta, e probabilmente lo è diventato anche per vincere la sua condizione (Quale condizione? Quella originata dalla nascita oppure quella determinata dalla società? Comunque, sono certo che Mauro ha dato la sua preferenza a questo sport per il suo individuale piacere di essere, e di essere anche un atleta.), per riscattarsi (Da quale colpa?! Oh, cielo! In quante menti è ancora assente il concetto naturale e preciso di Diversità?). Ce l'ha fatta (Sì, indubbiamente ce l'ha fatta, ma il fatto grave è tutto racchiuso nell'obbligo inflittogli di partecipare a una corsa ad ostacoli non contemplata in Natura e nell'essere stato costretto a vincere questa prova innaturale, pena l'emarginazione, se non fosse riuscito a vincerla.). Non è la prima volta che un ragazzo diventa un grande sportivo, a forza di combattere contro una situazione di partenza sfavorevole. Coppi era rachitico. Cruyff, uno dei più grandi calciatori del mondo, aveva una deformazione ai piedi. Lo sport non è altro che una lotta per superare i limiti che la natura ti ha imposto (Ma, oltre ai "limiti" - meglio: alle "diversità" - distribuite dalla Natura ad ogni essere vivente, non si dovrebbe essere costretti a superare, come sforzo ulteriore e spesso frustrante in maniera decisiva, pure i limiti arbitrariamente imposti dagli uomini.). Gianni Brera diceva che il salto in lungo è un "inane tentativo di volo":la natura non ci fa volare, tutti ci rassegnamo, tranne i saltatori: loro tentano.
Per tornare a noi, Mauro voleva sfidare i compagni normali per sentirsi normale (No comment! Ci sarebbe troppo da dire e da ridire.Ci pensi su il lettore, con la sua testa.). A impedirglielo c'era una legge. Questo lo scandalo. La legge voleva essere protettiva: impedire che sportivi poco dotati o sfavoriti gareggiassero contro sportivi più dotati o più favoriti dalla natura. Ma ha finito per risultare dannosa:dichiarando perdente (per tutta la vita) un ragazzo senza neanche farlo gareggiare. Nulla stabiliva a priori che il ragazzo fosse meno dotato (Fuorché il preconcetto, mantenuto attivo da una scienza paraocchiata e generalizzante.) E' stato sottoposto a tutti gli esami attitudinali: non ha problemi fisici. Escluderlo dalla gara era un sopruso. E' stato ammesso per l'intervento dell'opinione pubblica, dei media, per la protesta di sua madre. Ma non basta.Ora bisogna rivedere la normativa sullo sport per i disabili e il complesso mondo delle loro gare.Ci sono altri steccati che devono sparire (Dal 1999 ad oggi ne è trascprso di tempo! E per quanto riguarda gli steccati da rimuovere, io li noto ancora tutti al loro posto.) In America non usano le parole "cieco", "nano", "sordo". Dicono: "sfidato nella vista", "sfidato in altezza o nell'udito" (Formalismi, gusci vuoti che infondono la parvenza di una avvenuta rimozione degli ostacoli, presenti, invece, tanto quanto prima e riverniciati di fresco proprio con simili modi di dire.). Questo ragazzo deve dirsi, ahimé, "sfidato nella legge" o "nel rapporto con lo Stato". Non c'è altra definizione (Ce ne sono, ce ne sono! A bizzeffe!).
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"MAURO PUO' GAREGGIARE"
ACCOLTO L'APPELLO DELLA MADRE DEL RAGAZZO
Proprio contro la Turco si era espresso l'ex ministro per la Famiglia, Antonio Guidi, accusandola, con la Melandri, di "un silenzio assordante", in quanto "avevano delegato a Rosy Bindi un problema che riguarda lo sport e il sociale e non la sanità". Giovanna Melandri, ministro per i Beni e le Attività Culturali, con delega per lo sport, invece, si è fatta sentire con una lettera al presidente del CONI, Gianni Petrucci, in cui chiede di "utilizzare la legge attuale interpretandola in modo da contemperare l'esigenza della salvaguardia della salute psicofisica nell'attività agonistica con il diritto a praticare sport da parte di ragazzi come Mauro". Una legge, quella che ha penalizzato Mauro, definita "anacronistica e discriminatoria" dal direttore del Comitato Interparlamentare per il sostegno allo sport. "Il caso di Mauro - affermano i vicepresidenti del Comitato, il senatore Dino De Anna (FI) e l'onorevole Giuseppe Alveti (UDR) - rivela la necessità di mettere mano all'intera legislazione dello sport per i disabili."
E a questo proposito il senatore Michele Bonatesta, responsabile di AN per le problematiche dell'handicap, ha annunciato che AN si farà promotrice in Parlamento di una iniziativa volta a modificare la legge del 1982. Mentre Mario Borghezio (Lega) ha rivolto una interrogazione al ministro della Sanità per sapere "quali misure intenda attuare per rimuovere gli ostacoli normativi che discriminano in maniera ingiusta coloro che come portatori di handicap dovrebbero ricevere dallo Stato tutela e non ulteriore emarginazione".
Ma dopo tante prese di posizione, la più bella notizia giunge dal presidente della Federazione hockey e pattinaggio, Sabatino Aracu: "I certificati medici parlano chiaro: Mauro non ha problemi fisici, ha superato gli esami necessari per praticare sport. Non è down, è un ragazzo come tutti gli altri, quindi, per me, deve gareggiare. (Ancora parole di un certo tipo e ancora paura in me. Paura di non farcela a spiegare. Mauro, come chiunque, non è "come tutti gli altri", è essenzialmente diverso da tutti gli altri e ha le sue proprie esigenze particolari. Questo è il cardine principale su cui va articolato ogni ragionamento orientato a comprendere appieno il Senso della Vita e le Finalità Esistenziali. Invece, questo è il Guaio Grosso che sembra incorreggibile, una società, qualunque società civile, non può proprio, per la sua stessa struttura che per giunta è di tipo gerarchico, prestare attenzione al Particolare, così guastando l'individualità di tutti. Individualità, che è l'unico aspetto sostanziale, veramente importante, dell'Esperienza dello Spirito nella Materia.) La burocrazia non può rovinare la vita di una persona" (Non è tanto la burocrazia in sè che "rovina la vita di una persona", quanto i pregiudizi che la animano. Mi sia concesso esporre un piccolo esempio tratto dal mio vissuto: allorquando mia moglie si è presentata per iscrivere Fabio a un centro scout, ritenendo in famiglia che questa fosse una delle poche esperienze naturalmente interessanti offerte dalla società, ha incassato un rifiuto netto. Rifiuto espresso senza nemmeno vedere il ragazzo e senza valutarlo neanche un po'. Evento spiacevole che non si è verificato nel vissuto di Mauro, e questo potrebbe portare a pensare che la differenza tra Sardegna e Veneto sia da ricercare nella valutazione del diverso livello di grettezza presente in questo o quel territorio, però...).
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articolo di Gino Zasso tratto dal Corriere della Sera del 13/06/1999
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Cagliari: al ragazzo, inizialmente, era stata negata la possibilità di partecipare alle gare
MAURO, IL PATTINATORE DOWN, VINCE LA MEDAGLIA D'ORO
Cagliari - Mauro ha vinto: una legge dell'82 vietava al ragazzo, affetto ( e dagliela, con questo "affetto"!) da sindrome di Down, 17 anni, terzo anno del liceo artistico, appassionato di pattinaggio, la partecipazione a gare di livello agonistico. Ora la sua volontà ha infranto la barriera della burocrazia e, nei giorni scorsi, a Fano, in un meeting organizzato dalle Acli, ha conquistato la medaglia d'oro nella sua categoria.
E' salito sul podio commosso, finalmente soddisfatto per aver partecipato a una competizione "con i più bravi", come era solito dire e che rappresentava la sua massima aspirazione.
Con Mauro ha vinto la madre, Antonietta Porrà, che si è battuta con tutte le sue forze perché al suo ragazzo non fosse impedito di gareggiare con i coetanei "normodotati". Aveva raccontato il suo caso e le sue battaglie in un'accorata lettera al Corriere della Sera: "Per quel cromosoma in più, il trisoma 21, mio figlio è escluso dalle gare, che sono la sua ragione di vita: è giusto che sia una legge, forse sbagliata (che soave "prudenza" in questa madre! In un mondo poco soave.), a impedire che un ragazzo si senta e diventi normale?"
Il fatto aveva suscitato clamore: il ministro della Sanità, Rosy Bindi, si era immediatamente dichiarata disponibile a proporre una revisione della normativa, il presidente del CONI, Gianni Petrucci, - il suo è l'ente che, per legge, non poteva concedere il certificato di idoneità - ha promesso tutto il suo interessamento, sollecitato anche da una lettera di Giovanna Melandri, ministro con delega per lo sport.
Le conseguenze (il caso era venuto alla luce lo scorso aprile) sono state, almeno questa volta, immediate: dopo gli opportuni accertamenti, il presidente della Federazione italiana Hockey e Pattinaggio ha fatto rilasciare a Mauro l'attestato di "sana e robusta costituzione" che gli consente di partecipare alle gare di pattinaggio artistico anche a livello agonistico. Qualche giorno fa la prima esibizione di Mauro a una competizione ufficiale che non ha tenuto conto del suo handicap: in virtù dei risultati conseguiti finora ha partecipato nella categoria "D" e ha avuto successo.
Antonietta Porrà, la madre del ragazzo coraggiosa e battagliera (Poverette quelle madri che non lo sono!), è finalmente soddisfatta? "Sono molto contenta - risponde - ma non completamente soddisfatta. Lo sarò solo quando sarà modificata - così come si sono impegnati i ministri e i parlamentari - quella legge assurda che vieta ai portatori di handicap di essere considerati normali almeno dal punto di vista dello sport. Perché Mauro, che pure è stato esaudito nella sua legittima aspirazione, non deve rimanere un'eccezione."
La sua battaglia dura da 17 anni ( Bel corredo sociale, per una nascita permessa dalla Natura!), da quando è nato Mauro, quartogenito dopo tre figlie. Per assecondare le sue inclinazioni, ha fondato e presiede il Centro Down di Cagliari, nel popolare quartiere di Is Mirrionis. Ieri sera si è riunito il direttivo dell'associazione - tanti genitori come Antonietta Porrà - ed è stata valutata con soddisfazione la partecipazione di Mauro, in rappresentanza della provincia di Cagliari, a una competizione a livello nazionale. "Ringrazio con affetto l'Unione sportiva Acli che lo ha convocato - dice Antonietta Porrà - Mauro è tornato dalle Marche rivitalizzato, caricatissimo, finalmente soddisfatto. Adesso pensa con entusiasmo ai campionati nazionali. Vuole partecipare, vuole ancora misurarsi "con i più bravi". Possibilità di successo? Questo è del tutto marginale (davvero?!). Quel che vale è che un ragazzo che la legge non considera portatore di handicap fisico ma, troppo semplicisticamente, malato di mente, possa confrontarsi con atleti meno sfortunati di lui (Questo è troppo! Avevo già sentito la necessità di precisare, nel contesto di un articolo precedente, che la trisomia 21 non comporta una deficienza propriamente psichica, bensì una "minorazione", tutta da valutare, di carattere intellettivo, ma a questo punto mi viene d'impulso l'esigenza di precisare che le malattie mentali, i disturbi della psiche veri e propri, si riscontrano con frequenza assai maggiore, una differenza quantitativa abissale, tra i "normodotati" che tra i portatori di trisomia 21. Anche perché quest'ultimi sono refrattari ai tremendi pungoli disgreganti di un certo tipo di cultura, ufficialmente sociale. In quanto ai "meno sfortunati di lui", io ritengo che se ne possa discutere, magari facendo riferimento a chi si "dopa" per eccellere nello sport, soltanto tenendo ben presente il risultato di una seria valutazione delle caratteristiche specifiche della "fortuna" e della "sfortuna", così come sono originate e strutturate dal sociale, e non, come le si considera popolarmente, espressione bizzarra di un "destino astratto". Discorso, quindi, molto lungo e complesso. Da non fare qui, adesso.). E che questo gli dia la forza di migliorarsi, fisicamente e intellettualmente, sempre di più ( Alla formulazione di questo augurio mi associo con intima convinzione di buon esito.).
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CAMPIONE d'ITALIA IL PATTINATORE DOWN CHE NESSUNO VOLEVA
LA GIOIA DELLA MADRE
"Quando Mauro è salito sul podio mi sono commossa. E' stato uno dei giorni più belli della mia vita."
"Nella mia vita nemmeno per un attimo ho pensato che la nascita di Mauro fosse una disgrazia."
"Fin da piccolo Mauro ha lavorato molto, e senza tregua, per la sua riabilitazione."
"Mauro aveva una grande aspirazione: misurarsi con i più bravi. Ora l'ha fatto, e con successo."
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articolo di Nino Materi tratto da Il Giornale
"Al primo classificato, Mauro Muscas, medaglia d'oro di Campione d'Italia."
La voce gracchia dall'altoparlante, ma alle orecchie dei genitori di Mauro arriva come una musica celestiale. Perché questa non è la semplice storia di un diciassettenne che ha vinto una gara di pattinaggio, ma qualcosa di molto più importante. E' una fiaba di una mamma che ha lottato e vinto per il suo figlio down. Un ragazzo al quale una legge assurda voleva impedire di sentirsi "normale", uguale a tutti gli altri suoi coetanei. (Cambia il giornale, ma non cambiano i concetti. Universalmente radicati! Sarà impresa assai ardua mutarli. Impresa già votata in partenza al fallimento?) Chi avrà mai deciso che "gli atleti down non possono svolgere attività agonistica nell'ambito delle competizioni riservate ai "normodotati"?" Questo almeno finché la signora Antonietta Porrà, la mamma di Mauro, non ha fatto scoppiare lo "scandalo". Lo scandalo del suo Mauro col quale un giorno era andata dal medico per farsi rilasciare un certificato che permettesse al figlio di prendere parte ai campionati di pattinaggio artistico, specialità in cui Mauro è un asso. E fu in quella occasione che venne fuori la verità amara di un codicillo che nessuno avrebbe mai dovuto scrivere. Nell'attimo in cui il medico pronunciò le parole della vergogna, Mauro e la madre si sentirono sprofondare.
Ma la signora Antonietta Porrà non è una donna che si arrende facilmente. E nello stesso studio medico dove era stata emessa la terribile sentenza giurò solennemente: "Questa è una regola ingiustamente crudele, che nessuno dovrà più applicare." Così la madre di Mauro si mise al telefono e chiamò tutti i giornali, poi scrisse al Corriere della Sera una lettera che venne pubblicata in prima pagina. Il giorno dopo fra CONI, ministero della Sanità e ministero dello Sport si scatenò la gara dello scaricabarile. Tutti d'accordo nel dire che sì quella legge era un'ingiustizia, ma tutti egualmente impotenti dinanzi al molosso della burocrazia. Che nel nostro caso ha le sembianze di un decreto del 18/02/1982. E' il testo che disciplina la materia che vieta la pratica dello sport agonistico ai disabili psichici (Quindi, una legge che non avrebbe dovuto riguardare Mauro, che disabile psichico non è, essendo un portatore di trisomia 21 con leggere minorazioni intellettive. I soggetti down non sono disabili psichici ed è molto difficile che lo diventino, salvo in quei rari casi in cui, oltre che dallo Stato, sono lasciati in una condizione di completo abbandono anche dalle rispettive famiglie e vengono affidati alle "amorose cure" di certi istituti finanziati proprio dallo Stato. Ma chi non diventerebbe disabile psichico in determinate condizioni di degrado estremo? Questi casi, oggi sporadici, non possono fare testo, tantomeno per la formulazione di una legge che deve essere applicata in maniera generica. I disabili psichici sono altri, non i down, e il loro numero aumenta con progressione allarmante esclusivamente tra i "normodotati", cosicché ci tocca assistere quasi quotidianamente alla sempre più frequente ripetizione del medesimo dramma della follia, indotta dall'insopportabilità generata da determinate condizioni sociali civilissime: il tranquillo cittadino modello estrae la pistola d'ordinaza e fredda tutti i suoi famigliari, prima di farla finita lui stesso; la perfetta madre di famiglia, strangola o affoga o massacra o, nei casi più lievi di disagio psichico, abbandona in un cassonetto, le proprie creature. Altri irreprensibili cittadini "normodotati", poiché la loro disabilità psichica interpreta la presenza della diversità come l'infida presenza di un nemico, mettono in atto stragi orripilanti. E non dilunghiamoci qui nell'esaminare ciò che il disagio psichico fa commettere alle nuove e ancora fresche generazioni di "normodotati". Le pagine dei giornali sono piene di resoconti delle loro imprese eclatanti. Per contro: avete mai sentito di un down che sia salito agli "onori" della cronaca nera per atti delittuosi di un qualche genere efferato?). Lo prevede l'articolo 2 della legge n° 833/1978, contro la quale si scaglia anche il CONI: "Da parte nostra possiamo fare ben poco, finché in questa materia non interverrà il legislatore". Da parte loro, il ministro della Sanità Bindi e quello dello Sport Melandri, presero la parola in Parlamento assicurando che si sarebbe messo subito mano alla modifica. Intanto per Mauro si sarebbe potuto "chiudere un occhio". (Certuni dovrebbero chiuderli entrambi ogni qualvolta si guardano allo specchio. Ma i civili "morti dentro", i cosiddetti "gusci d'uomo" sono esseri che hanno perso ogni cognizione di sé.) E in forza a questa scorciatoia all'italiana, ieri Mauro ha potuto finalmente coronare il suo sogno: andare a Fano per i camponati nazionali organizzati nel meeting dell'Acli. Qui ha difeso i colori della sua Cagliari e qui ieri si è verificato il miracolo ( Ahi! Ahi! Ahimé! Quanto mi sento stanco e sfiduciato!): un atleta down (Per contro non ho mai sentito dire un "atleta normodotato" o un "atleta cretino", pur essendocene tanti in giro.) è stato il più bravo della categoria "D", finendo sul podio più alto. Mauro Muscas "Medaglia d'Oro".
"E' una soddisfazione immensa. - dice papà Giampaolo - Inizialmente vi erano stati problemi e difficoltà, ma la passione e la bravura di Mauro sono andate oltre gli impedimenti che non consentivano di fare agonismo come i "normodotati".
"Ma la medaglia d'oro di Mauro Muscas rappresenta una vittoria anche per tutti i giovani down che attraverso lo sport si confrontano con i coetanei che non sono stati penalizzati dalla presenza di un cromosoma in più (Si è indagato a sufficienza su quali altre "penalizzazioni" essi abbiano?)", tengono a precisare atleti e dirigenti della Società rotellistica sarda, per la quale Mauro corre da quando aveva 9 anni.
Sprizzano entusiasmo pure i due allenatori che di Mauro hanno fatto un campione. "Mauro sui pattini si dimentica il suo handicap (Non lo ha mai avvertito, finché non glielo hanno fatto avvertire. E, forse, nonostante l'aver subito questa civile crudeltà, ancora non lo avverte. Lui!) - spiegano Gianni Schirra e Milena Careddu - E ha raggiunto livelli di bravura tali, come testimoniato dalla vittoria a Fano, da potersi confrontare al livello degli altri atleti. A confermarlo ci saranno presto altre gare".
E il pubblico tiferà per Mauro sempre con la stessa gioia.
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