VIII° - OPINIONI
Care lettrici, cari lettori, è leggenda che i giornalisti siano cinici. Una sciocchezza, ma contiene, come tutte le leggende, un fondo di verità: ci si indurisce, per autodifesa. Il nostro lavoro ci fa conoscere molte persone. E, si voglia o no, si diventa partecipi della loro vita. Ci si ritrova a ricevere confidenze, a condividere momenti di gioia e di dolore. Non sempre si diventa amici, ma, se si sposano, ti invitano; alle feste ci si scambiano auguri e bottiglie; se aspettano un figlio, te lo comunicano, come ai parenti.
Kyara van Ellinkhuizen l'ho conosciuta che una figlia l'aspettava già, da Amedeo d'Aosta. Una donna diafana, con un fascino strano, dato da una forte venatura infantile, contrapposta a capacità manageriali. Ha molte paure, Kyara, le vive in silenzio, non ama rivelarsi: poi decide e fa, dopo aver molto ponderato. La sua stessa attività, è regista cinematografica, richiede doti forti. Ma quando la vedo nel mio ufficio, minuta, armoniosamente magra, seduta con le ginocchia chiuse e le mani intrecciate sulle ginocchia, la schiena rigida, più che ritta, sembra una bimba spaurita. Ha una figlia di quindici anni. E una che nasce tra due mesi. Quando venne a parlarmi la prima volta, usava molte cautele, nel timore di urtare la sensibilità di lui, Amedeo: uno che perde la testa per lei, festeggia con lei e un figlio grande la notizia della gravidanza, poi sparisce, annuncia che farà il suo dovere, ma dalle pagine di un giornale. E si presenta sotto casa dell'amante incinta con la moglie che lo perdona. Ha cambiato idea. Glielo dice lui a quell'esserino che avanza verso la vita? Sono di un'altra scuola, popolare, anzi, proprio popolaresca: i figli possono pure venire per sbaglio, ma non sono loro che hanno sbagliato. Kyara s'è ritrovata sola, con lui che svicola pure al telefono e, quale prova d'amore verso lei e la nascitura, magari nominerà un avvocato. L'ultima volta, Kyara l'ho vista molto tesa. Dopo un'ora di monosillabi ha tirato fuori il peso che la rendeva silente: la bimba dovrà subito essere operata. Ha un problema al piloro. Mi aveva fatto temere di peggio. Il difetto al piloro è facilmente rimediabile; figli di miei amici (incluso Albano junior, il più piccolo dei figli del cantante e di Loredana Lecciso) hanno avuto la stessa cosa e ne sono venuti fuori con un banale intervento. Ma qualche giorno dopo, Kyara apprende che la piccola nascerà con la sindrome di Down. Sono vile, dinanzi all'handicap mi sento inadeguato, avverto l'offesa della mia fortuna nei confronti di chi parte svantaggiato, senza colpa. Lei, donna minuscola e fragile, ma madre, ha reagito con più coraggio e freddezza di me, un estraneo. So che la vita sa dare una ragione e una via a tutti. Ho visto serenità di Fabio, il nostro collaboratore down, e di suo padre. E come, persone a me vicine, spendono la loro vita per rendere un po' più degna quella di congiunti fortemente handicappati. Mi vergogno della mia intelligenza, ma il dolore dei bambini mi paralizza: resto impalato e scemo. Inutile. D'impatto. Ammiro chi si rimbocca le maniche e fa quel che serve. Per fortuna, Kyara mi pare già orientata al fare, non al dolersi. Al contrario del mio stupido ripetere, quando mi ha detto del risultato dell'amniocentesi: -Oh, no; oh noo!-. Sembrava una storia rosa con un filo di marcio: lui seduce lei e fugge lasciandola incinta. Ora è diventata amara. Ma forse non è vero. Forse pure Kyara, come il signor Lombardi, quando il figlio Fabio gli chiese: -Sei contento di me?-, risponderà: -Di tutte le cose della mia vita, tu sei la più bella.-.
Pino Aprile
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