XXII° - UNA DOMENICA PUO' "BASTARE" PER TUTTA LA VITA - 1°
UNA DOMENICA PUO' "BASTARE" PER TUTTA LA VITA
- prima parte -
Avvertenza:il racconto della leggenda metropolitana in questione ad un certo punto s'interromperà per dar spazio alla disamina dei fatti relativi all'uccisione di Gabriele Sandri.
Avvertenza:il racconto della leggenda metropolitana in questione ad un certo punto s'interromperà per dar spazio alla disamina dei fatti relativi all'uccisione di Gabriele Sandri.
PREMESSA PARZIALMENTE SVINCOLATA DAL RACCONTO
Avendo notato per puro caso che una determinata leggenda metropolitana è stata squallidamente divulgata tramite Internet, mi sono sentito stuzzicato dall’idea di riproporre la medesima leggenda nella sua significativa interezza. Non nego che la banalizzazione in facezia di una vicenda altamente simbolica mi abbia irritato un po’, sebbene io sia abbastanza immunizzato contro i deprimenti effetti che la superficialità dilagante in Internet può suscitare, ma comunque non rivisiterò la vicenda con l’intento di toglierle l’aurea di leggenda che oramai l’avvolge in maniera definitiva. Il mio obiettivo è un altro, ed è in relazione diretta con gli accadimenti di un’epoca in cui il mondo è costretto ad assistere per l’ennesima volta, e in maniera imponente, alle nefande imprese delle divise, invariabilmente schierate dalla parte del Male. Obiettivo, il mio, sorretto dal convincimento che anche una piccolezza, e questa leggenda è davvero un nonnulla rispetto alla vastità della problematica in cui è inserita, possa aiutare a comprendere l’essenza di cose più grandi.
Molto più grandi e, di conseguenza, il mio prologo alla leggenda sarà molto lungo, nonostante il mio sforzo di contenerlo in una sintesi alquanto stringata.
Molto più grandi e, di conseguenza, il mio prologo alla leggenda sarà molto lungo, nonostante il mio sforzo di contenerlo in una sintesi alquanto stringata.
Oggi in Birmania una dittatura militare sta sguinzagliando la polizia contro la popolazione che manifesta per strade e piazze la propria insofferenza per la mancanza assoluta di libertà. In quel Paese le divise bastonano crudelmente, intossicano i dimostranti con i gas e sparano sulla folla che lotta per degli ideali che, se realizzati, apporterebbero un gran beneficio pure alle divise stesse e, in special modo, alla loro sventurata prole. Doppiamente sventurata! Di giorno le divise bastonano, intossicano e uccidono, di notte insistono con puntiglio in una spietata caccia all’uomo per agguantare il maggior numero di dimostranti che, identificati o no dalle telecamere, finiscono rinchiusi in stanze ove la barbarie (sarebbe più giusto dire “la civiltà delle armi”) ridicolizza la nostra immaginazione più angosciante. In moderato soccorso dell’immaginazione in panne arrivano, però, immagini e notizie divulgate da Internet.
E’ purtroppo vero che quanto di valido c’è in Internet si trova a galleggiare sparso in un mare di banalità e oscenità, che mette a dura prova la tenacia dei naviganti desiderosi di reperire i rari relitti di un qualche valore, ma è sicuramente una cosa buona che Internet ci sia. Ho sentore, però, che la bontà intrinseca di Internet non possa far affidamento su un’esistenza di lunga durata, dato che la vedo già largamente deturpata, rosicchiata e quasi scheletrita, dai maniaci del controllo ad oltranza, che vivono nella trista convinzione che sorveglianza, intolleranza e repressione possano riuscire a condurre l’Umanità verso mete esistenzialmente piene di salute psichica e fisica e neanche sanno figurarsi che soltanto la divulgazione precisa e universale della Verità Naturale potrebbe rimediare stabilmente agl’innumerevoli errori gravi fatti dalla civiltà delle religioni, tra le quali è stato incluso il culto della scienza. Oggi sarebbe davvero vitale per l’uomo non permettere a questi tristi figuri d’impossessarsi anche di Internet, oltre a tutto il resto dei media e della comunicazione in genere, ma sono intimamente convinto che il fiaccato uomo civile non riuscirà nemmeno in quest’ultima salvaguardia di un brandello della propria libertà d’espressione, lacerata e pressoché completamente sepolta sotto giganteschi cumuli d’immondizia, materiale e culturale. La strategia giusta per il successo di codesta salvaguardia disperata ci sarebbe, ma non oso neanche sognare che la si possa disgiungere dall’universo delle utopie senza futuro. Certo, basterebbe che tutti, dico tutti e perciò dico utopia, disertassero Internet, per far sì che i sorveglianti incaricati dagl’impostori staccassero di scatto le loro grinfie da quest’ultimo baluardo della libertà d’espressione, come se le avessero poste per sbaglio su una barra di metallo incandescente. Il primo interesse degl’impostori è quello d’incassare e quindi: guai alla morale, se la loro morale del controllo ad oltranza dovesse intralciare in maniera consistente l’adorato flusso delle entrate. Si tratta di personaggi che sarebbero disposti ad accettare con esultanza il dilagare della prostituzione sessuale, se la prostituzione pagasse regolarmente le tasse!
E’ purtroppo vero che quanto di valido c’è in Internet si trova a galleggiare sparso in un mare di banalità e oscenità, che mette a dura prova la tenacia dei naviganti desiderosi di reperire i rari relitti di un qualche valore, ma è sicuramente una cosa buona che Internet ci sia. Ho sentore, però, che la bontà intrinseca di Internet non possa far affidamento su un’esistenza di lunga durata, dato che la vedo già largamente deturpata, rosicchiata e quasi scheletrita, dai maniaci del controllo ad oltranza, che vivono nella trista convinzione che sorveglianza, intolleranza e repressione possano riuscire a condurre l’Umanità verso mete esistenzialmente piene di salute psichica e fisica e neanche sanno figurarsi che soltanto la divulgazione precisa e universale della Verità Naturale potrebbe rimediare stabilmente agl’innumerevoli errori gravi fatti dalla civiltà delle religioni, tra le quali è stato incluso il culto della scienza. Oggi sarebbe davvero vitale per l’uomo non permettere a questi tristi figuri d’impossessarsi anche di Internet, oltre a tutto il resto dei media e della comunicazione in genere, ma sono intimamente convinto che il fiaccato uomo civile non riuscirà nemmeno in quest’ultima salvaguardia di un brandello della propria libertà d’espressione, lacerata e pressoché completamente sepolta sotto giganteschi cumuli d’immondizia, materiale e culturale. La strategia giusta per il successo di codesta salvaguardia disperata ci sarebbe, ma non oso neanche sognare che la si possa disgiungere dall’universo delle utopie senza futuro. Certo, basterebbe che tutti, dico tutti e perciò dico utopia, disertassero Internet, per far sì che i sorveglianti incaricati dagl’impostori staccassero di scatto le loro grinfie da quest’ultimo baluardo della libertà d’espressione, come se le avessero poste per sbaglio su una barra di metallo incandescente. Il primo interesse degl’impostori è quello d’incassare e quindi: guai alla morale, se la loro morale del controllo ad oltranza dovesse intralciare in maniera consistente l’adorato flusso delle entrate. Si tratta di personaggi che sarebbero disposti ad accettare con esultanza il dilagare della prostituzione sessuale, se la prostituzione pagasse regolarmente le tasse!
Eduardo Galeano “L'utopia sta all'orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi e l'orizzonte si allontana di dieci passi. Per quanto cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? A questo: serve a camminare.”
E saper camminare significa anche saper dire con risolutezza inflessibile: «Ritorneremo in Internet solo a patto di avere la garanzia accertabile che Internet rimarrà un mare perfettamente libero, senza tracce di acque territoriali pattugliate.», questo dovrebbe essere l’urlo, unanime e determinato, degli utenti, che, purtroppo, non si udrà mai. Un comportamento di tal portata presuppone un grado di maturità, consapevole del proprio Sé, che le masse non hanno ancora raggiunto. Peccato, perché uno sforzo volitivo diretto alla realizzazione dell’utopia della ribellione universale non violenta, foss’anche destinato a non ottenere un successo completo, permetterebbe comunque d’individuare nettamente chi, per ragioni d’interesse o per altro, è il nemico vero, ovvero indicherebbe con precisione accettabile tutti coloro i quali non sono disposti a sostenere dei sacrifici per mantenere in essere un briciolo di libertà individuale. E questo non sarebbe un risultato di poco conto. Certamente non da poco, avendo notato che le masse in genere si scagliano contro i mulini a vento, scaltramente additati dai mistificatori, piuttosto che contro i veri artefici del pessimo stato di cose attuale.
“Che fortuna per i governanti che gli uomini non pensino.”, ebbe a dire lo stesso Adolf Hitler. Si riferiva alle imponenti masse che lo osannavano beote. Figuriamoci, se queste masse riusciranno mai ad imboccare una strada giusta, che conduca a qualche buon cambiamento sostanziale! Eppure: l’ora che impone drastici mutamenti è già scoccata da un bel po’ di tempo. “E' una bella prigione , il mondo.”, fa dire Shakespeare nell’Amleto, ma, caspita!, col tempo è diventata anche orrenda. Puzzolente! Asfissiante! Infetta! ... Insopportabile!
Comunque sia, intanto le notizie e le poche immagini che giungono dalla Birmania risvegliano l’eco di voci udite recentemente in uno dei tanti Paesi democratici. L’eco di parole terribili, che si riportano a galla in tutti coloro i quali non hanno mummificato il proprio cervello ballando sotto le stelle, mentre aspettano il treno dei desideri interrogandosi regolarmente su che tempo farà sull’isola dei pagliacci. Parole terribili: «Speriamo che muoiano tutti.», pronunciate con tono giocondo dalla voce di una bieca divisa indossata da una femmina, indirizzate alle migliaia di manifestanti che per strade e piazze di Genova stanno tentando disperatamente di arginare, soltanto con la loro presenza e disarmati, i devastanti e degradanti progetti globali del Male. Disperatamente avvinghiati all’ideale speranza di poter migliorare le cose di questo povero mondo soltanto con la loro inerme presenza per strade e piazze. Una speranza che ha tutte le premesse contingenti per risultare disattesa, ma che, se per misericordiosa volontà delle Cose dovesse essere esaudita, anche parzialmente, apporterebbe un gran beneficio finanche ai figli, se mai ne avrà, della femmina in divisa, che cova speranze gravide di cinismo disumano. Ora io mi domando se non sia una reazione dignitosa, umanamente dignitosa, naturalmente dignitosa, rigettare al mittente il funereo augurio espresso. Anche perché sull’asfalto di una piazza di Genova giace il cadavere di un giovane che non può più confidare negli anni che gli sarebbero spettati. E’ stato abbattuto da una pistola d’ordinanza, poiché, in presenza delle provocazioni sciorinate con astio dalle divise del divieto improvvido, non s’era rassegnato ad abbandonare la manifestazione di protesta nei confronti dei potenti che stanno squassando il mondo a più non posso e aveva reagito. Chissà, forse respirava ancora, lì, scompostamente disteso sull’asfalto, forse in un ultimo barlume di coscienza desiderava ardentemente come viatico una mano amica sulla fronte, quando una camionetta delle divise ha fatto scempio del suo corpo passandogli sopra per ben due volte con le pesanti e insensibili ruote dell’ordine pubblico. Ma non basta: subito dopo qualcuno percuote violentemente il cranio della povera vittima con un grosso sasso, allo scopo di mistificare la causa di quella morte che potrebbe gridare vendetta con urla troppo alte, fastidiosamente alte per un certo “spirito di corpo”. Il sasso insanguinato viene abbandonato accanto al cadavere, a sua volta abbandonato in mezzo a quella piazza. Per le divise quel corpo non è nulla di più d’un fagotto d’immondizia tra i tanti. «Uno a zero per noi.», infierisce disinvoltamente la "marescialla", proseguendo nell’amabile conversazione telefonica con un collega che si dimostra in piena sintonia con lei. Chiaro, il concetto che si evince dalla conversazione? Il sociale è diviso in due squadre inconciliabili tra di loro e il campionato perpetuo, a cui le due squadre rivali partecipano, è fatto da un susseguirsi ininterrotto di scontri più o meno scorretti e diretti da arbitri partigiani. Chi riascolta la conversazione, poiché quando gli è capitato di sentirla per la prima volta il tumulto del cuore gli ha fatto dubitare del proprio udito, percepisce nettamente che le voci dei dialoganti, nonostante la distanza che intercorre tra di loro, si uniscono armoniosamente in una sorta di amplesso benedetto dallo spirito di corpo. L’ascoltatore ha la sensazione che non si stupirebbe affatto se in quel caldo e settario connubio verbale irrompessero ad un tratto dei ripetuti sospiri dovuti ad orgasmo incipiente. L’affabile conversazione continua e la leggiadra “marescialla” esterna al collega la sua unica preoccupazione del momento: teme che la sua automobile venga danneggiata per rappresaglia. E del dolore arrovellante che sta per squassare una famiglia? Niente?! «Speriamo che muoiano tutti.», speriamo che la disperazione bussi perentoriamente di porta in porta, speriamo che non mi striscino l’auto, altrimenti me la pagheranno cara. Per adesso: «Uno a zero per noi.» E’ mai possibile, umanamente possibile, che a nessuno sia venuto in mente di ribaltare il risultato con una goleada mai vista prima?
“Sunt homines quos infamiae suae neque pudeat, neque taedeat.” (Cicerone)
(“Vi sono uomini che né si vergognano né si stancano della loro infamia.”) e certe donne li adorano, in special modo se sulla divisa ostentano un grado superiore al loro.
“L'uccidere è buono per evitare l'offesa futura, non per vendicare quella che è stata fatta.”, Michel de Montaigne.
Questo pensiero di Montaigne, nella prima parte della sua formulazione (la seconda solleva una gran quantità d'importanti “distinguo” che andrebbero necessariamente enumerati e specificati), va dritto al cuore di una tra le deduzioni di maggior peso che si possono trarre dall’intera comprensione della Verità Naturale. Ma chi, oggi, è ancora interessato a conoscere la Verità in tutti i suoi aspetti eterni? E’ ancora la paura, che consiglia la noncuranza? Davvero?! Anche a costo dello sfacelo spirituale?!
Bah, d’accordo, quanto scritto dal premio Nobel Bertrand Russell è vero e verificabile quotidianamente: “Essere fermato da un poliziotto è fastidiosissimo, ma non ci mettiamo a lottare con lui perché sappiamo che ha dietro di sé le schiaccianti forze dello Stato.”, ma, sebbene tutto il Sistema statale si regga sostanzialmente sulla paura, endogena, esogena, ma soprattutto indotta, deve pur accadere che la paura stessa venga sconfitta, constatato che ha prodotto un Sistema del tutto innaturale, che svuota di ogni significato e finalità l’esistenza di chiunque. Nessuno, né tra gl’impostori né tra i sudditi, può esprimere veramente se stesso in un ambiente totalmente pervertito e reso decisamente avverso alla Prospettiva della Creazione ed è certo che ognuno ne pagherà lo scotto tremendo alla fine dei propri giorni. In effetti, finché sarà trascurata o, peggio, screditata e castigata “la filosofia della potenza individuale, come quella di Nietzsche, sarà la potenza della comunità a essere considerata degna di apprezzamento”, e ogni azione dei singoli individui continuerà a sfumare e dissolversi nel nonsenso spiritualmente mortale. Eh già, ovvio: se un tizio non riesce a sviluppare la propria originalità, per cui E’, e si conforma alla condotta del gregge voluto e accudito dagl’impostori, sia laici che clericali, di conseguenza avvalendosi nella pratica quotidiana della potenza artificiale espressa dall’insieme del gregge che gli toglie la paternità esclusiva delle proprie azioni, non può mica pretendere di meritarsi l’Eternità Spirituale. Ed “è questa componente di potenza della comunità – continua ad argomentare Russell – che, secondo me, rende la filosofia dello strumentalismo attraente (effetto maligno) per coloro che rimangono maggiormente impressionati dal nostro nuovo dominio sulle forze naturali più che dalle limitazioni cui tale dominio è tuttora soggetto.”
A questo punto, come mi accade di frequente da quando ho iniziato a scrivere qualcosa su questo blog, l’impulso a svolgere per benino l’argomento in questione (qui, adesso, lo spunto stimolante mi è dato dalle parole di Russell) si fa prepotente, ma, riflettendo schiettamente, posso io permettermi di approfondire un concetto che mi porterebbe inevitabilmente ad esporre in maniera chiara tutto ciò che ho appreso sulla Verità Esistenziale? Posso davvero permettermi questa libertà, scrivendo su questo blog pubblico? A parte le svariate problematiche che codesto interrogativo dischiude, mi limito a sottolineare la sconvenienza di mettermi qui a “spiattellare” la Verità, che oggidì, in un mondo saldamente governato dalla menzogna, susciterebbe scalpore e irritazione potente, e "spiattellarla" gratuitamente (mentre le religioni incassano abbondantemente diffondendo le loro menzogne e trattasi di menzogne evidenti perché grossolane) e, per giunta, senza l’indispensabile contraddittorio (che ha la funzione di riflessiva "prova del nove") mosso da persone seriamente interessate alla Verità e quindi desiderose di valutare con duro cipiglio se io sia uno dei tanti fregnacciari oppure no. Perciò, ancora una volta spargerò nel blog solamente qualche indizio, o spunto che dir si voglia, nella quieta speranza che qualche volenteroso, avvezzo alle fatiche intellettuali, ne raccolga almeno uno tra i tanti che ho già sparsi qua e là. Anche perché ho ben presenti in me le parole di Samuel Johnson: “Il consiglio richiesto, di solito non è ben accetto e quello non richiesto è senza dubbio un'insolenza.” Parole che trovano un riscontro eclatante nelle reazioni pressoché quotidiane ai "consigli non richiesti" propinati dal papa. E, se vogliamo ben vedere, anche la Legge non è altro che una lunga sequenza di "consigli".
Seguendo il pensiero di Russell, che nella questione specifica meriterebbe di essere suffragato da quello di Fromm e Freud, in precedenza ho abbozzato che l’oppressione esercitata dalla forza innaturale delle divise è ciò che principalmente riesce a mantenere in piedi tutta l’impalcatura, altrettanto innaturale, del sistema sociale. E, sempre seguendo il pensiero di Russell, si è profilata la visione di come la potenza, messa in atto da una aggregazione in un ambiente preordinato per un rapporto esclusivo e singolare con le limitate potenzialità proprie di ogni individuo, abbia svuotato di Senso Esistenziale le azioni dell’uomo e abbia depauperato vistosamente, se non proprio distrutto, l’ambiente stesso.
“Ovviamente, vi è un mondo naturale che esiste indipendentemente dall’organismo, ma questo mondo è ambiente soltanto in quanto è coinvolto direttamente e indirettamente nelle funzioni vitali.”
“Ovviamente, vi è un mondo naturale che esiste indipendentemente dall’organismo, ma questo mondo è ambiente soltanto in quanto è coinvolto direttamente e indirettamente nelle funzioni vitali.”
Quanti oggi, avvolti dalle fitte nebbie della menzogna, sono ancora in grado di comprendere il senso fondamentale di queste parole di Russell? Non dovrei, io, mettermi qui a stendere pagine su pagine per fornire una buona spiegazione? Posso? Oppure devo munirmi di una autorizzazione particolare? E che dire in merito all’improbabile comprensione popolare del senso di quest’altra frase? “L’attività può dare soltanto una metà della saggezza; l’altra metà dipende da una passività ricettiva.” E dove li può trovare, tempo, luogo e stato d'animo adatti a una proficua passività ricettiva, l’uomo immolato agli idoli sociali Produzione e Consumismo? Quotidianamente e universalmente venerati col perverso rituale del Lavoro. Come può uscire dalla frenesia di arraffare quantitativi di libertà monetaria, consistenti, per i più, di quel poco che risulta quasi insufficiente a farli sopravvivere? Eppure, le aggregazioni dei più sviluppano una forza eccezionale che, ferma restando la sua negatività effettiva nell’ambito esistenziale, dovrebbe almeno saper liberare, proprio i più, dall’assedio di una sopravvivenza materiale precaria. Vien da chiedersi se questa forza sia davvero capace di generare un qualche beneficio esistenziale e, se la risposta è "no", meraviglia parecchio che la si mantenga ancora in essere. Ma, se la risposta è apparentemente un "sì", come propendo a credere che sia nelle menti deteriorate di molte persone, si presenta immediatamente una seconda domanda che vanifica qualsiasi positività ipotizzabile: a favore di chi vanno a finire i benefici esistenziali? Ed ecco che il grande inganno e tutti i suoi fratelli minori, pungolati dalla domanda, fuoriescono a frotte dai palazzi del Potere e con foga si metto a blaterare di Capitalismo e soltanto di Capitalismo in tutte le sue subdole apparenze. Anche Capitalismo come ambiente, in cui si muovono innumerevoli aggregazioni di subordinati, non di uomini. “Forza lavoro”, non uomini!. Quanti guai seri e quanta vergogna umana ha generato la forza sprigionata dalle aggregazioni! Quanti uomini buttati via!
“Il potere è sempre rubare ai più per dare ai pochi.”, assicura Wendell Phillips. Ma, quando gli vengono rubate aria, acqua e terra, come deve comportarsi il defraudato? Domanda che verrebbe prontamente soddisfatta dalla conoscenza della Verità Naturale, ma… chi La conosce così bene da potersi affidare completamente ad Essa per improntare una condotta esistenziale salvifica?
Prima di riprendere a parlare del distruttivo e mortale “malanno aggregazione”, voglio fare un breve inciso riportando un stralcio di un articolo pubblicato su “Io donna”, che ritengo indizio significativo di uno stato di cose perverso, che attecchisce e si sviluppa all’ombra “pesante” del Capitalismo.
L’autore dell’articolo, Raffaele Oriani, fa notare che finalmente (?) tutti i politici italiani si sono accorti che la stragrande maggioranza dei cittadini patisce le angustie di una carenza monetaria avviata alla cronicità. E tutta la politica sta blaterando “che i soldi al popolo non bastano, che i salari devono crescere, che sotto i 2.000 euro le tasse vanno ridotte (e sotto i 1.000? Cosa si deve ridurre? La vita?!). Sarà che si vota fra tre mesi e mezzo?
L’autore dell’articolo, Raffaele Oriani, fa notare che finalmente (?) tutti i politici italiani si sono accorti che la stragrande maggioranza dei cittadini patisce le angustie di una carenza monetaria avviata alla cronicità. E tutta la politica sta blaterando “che i soldi al popolo non bastano, che i salari devono crescere, che sotto i 2.000 euro le tasse vanno ridotte (e sotto i 1.000? Cosa si deve ridurre? La vita?!). Sarà che si vota fra tre mesi e mezzo?
A Berlino, invece, si vota nel 2011 e il ministro socialdemocratico delle Finanze Thilo Sarrazin la pensa diversamente: i poveri non sono poi così poveri. Punto primo: perché i 9.350 euro annui (il ministro ne prende 24.000 mensili più tutto il resto delle agevolazioni e delle entrate ausiliarie), che oggi fanno la soglia dell’indigenza, sono più degli 8.200 che nel 1960 facevano lo stipendio medio. Punto secondo: perché i suoi uffici hanno appurato che il disoccupato morigerato (che non beve e non fuma) può farsi colazione, pranzo e cena con 3,76 euro al giorno (nel menù: spaghetti, patate, salcicce, musli e ben due fette di pane nero a pasto). Per il vitto, il sussidio prevede 4,25 euro al giorno, quindi – è la tesi dell’ineffabile Sarrazin – restano anche i centesimi per scialare.”
Insomma: l’uomo è un tubo con un’entrata e un’uscita. Quando lungo questo tubo passa qualcosa di non troppo velenoso con frequenza quotidiana, l’uomo può ritenersi del tutto soddisfatto, appagato. Dunque: le lamentele specifiche sono pretestuose. E milioni d’individui, dai quali il termine “civile” ha risucchiato anche il più infinitesimale frammento di dignità, accettano mestamente che un uomo nato da donna faccia discorsi di questo tipo più che umiliante e, fatto d’importanza decisamente maggiore, che questi discorsi rispecchino un stato di cose reale.
Questioni di democrazia. Cosa sarà mai la democrazia, se i suoi effetti sono questi, se ovunque la stragrande maggioranza dei governanti può permettersi, rimanendo illesa, di ragionare pubblicamente alla maniera di Serrazin? “Democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che ne abbiamo bisogno.”, ebbe a dire Robert de Flers. Ogni qualvolta si presenta la necessità formale di giustificare il Potere con il voto del popolo, dell’armento. Un armento così ottuso che ancora non riesce a comprendere l’essenza, per niente complessa, di ciò che un anonimo ha saputo segnalare con due onesti aforismi esplicativi: “Se il voto cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale.” e “Una campagna politica costa molto più di quanto possa pagare un uomo onesto.”
Bah, riprendiamo a parlare di aggregazioni, ripartendo dal punto in cui avevo sentito il bisogno di esclamare: «Quanti guai seri e quanta vergogna umana ha generato la forza sprigionata dalle aggregazioni!»
Inoltre, l’idea, di poter usufruire di una forza multipla e crescente con progressione geometrica, genera negli sprovveduti di Verità la folle ambizione di poter spadroneggiare a piacimento sulla Natura, immemori di essere niente di più di una piccola parte di Essa. Ed è più che grave (non c’è vocabolo che possa esprimere, neanche approssimativamente, l’essenza della gravità relativa allo svanire delle Finalità Esistenziali dell’Uomo) che la negatività, di questa forza distruttrice patrocinata dal Male, permei di sé l’esistenza tutta. Il risultato è invalidante in maniera sconvolgente. Una modesta chiarificazione di tale risultato nichilistico può essere questa: ammesso e assolutamente non concesso che in virtù di questa forza impropria mal sopportata dalla Natura (sopportata fino a quando?) un’aggregazione di uomini riesca a compiere una "buona azione", a chi tra gli aggregati può essere attribuito il merito? A tutti oppure a nessuno? Ad ogni singolo aggregato sicuramente no, quindi optiamo provvisoriamente per "a tutti", il che, però, corrisponde ad ammettere che questo insieme, "tutti", ha un’anima "artificiale", unica e unificatrice, alla quale va tutto il merito. «Ma… un individuo, da solo, non ce l’avrebbe fatta a compiere quella determinata azione. Si presentava di gran lunga superiore alle sue forze, superiore alle forze di qualsiasi essere umano valutato singolarmente con rigore.» Appunto! Nessuno può dire: «Sono stato capace di andare sulla Luna.» Neanche Neil Armstrong. L’impresa è stata compiuta da un numero, notevole e indefinito, di esseri umani in concorso tra di loro in maniera più o meno consapevole. Non ultimi per il loro contributo, anzi: primi, tutti coloro i quali hanno fornito il nutrimento, con tale apporto permettendo a tutti gli altri di rimanere in vita mentre si dedicavano a faccende diverse. (La faccenda della sussistenza alimentare dovrebbe far riflettere in maniera onesta anche sull’iniqua questione della “proprietà intellettuale”.) Ammesso per assurdo, e soltanto per portare un esempio, che l’essere andati sulla Luna sia stata un’azione con valore esistenziale, l’attestato di merito per l’impresa, se in questo caso, come in tanti altri, il merito potesse davvero essere attribuito a qualcuno, dovrebbe essere conferito ai fornitori di cibo prima che a qualsiasi altro. Ma, capace di andare sulla Luna, è stata l’Umanità, comprensiva del primo come dell’ultimo uomo apparso sulla Terra. Il primo ha sopportato un peso, l’ultimo ha fornito una motivazione. E così possiamo ben dire che il “merito” dell’impresa spaziale va, indubbiamente, tutto all’Umanità, la quale, però, altro non è se non un’entità astratta determinata dall’uomo, priva nel suo insieme di Finalità Esistenziali di Valore Spirituale. A parte il fatto che un merito sminuzzato dalla divisione per miliardi e miliardi d’individui non può essere considerato un valore consistente, né determinante e tanto meno influente, non è che in virtù delle “buone azioni” dell’Umanità tutti gli uomini siano automaticamente buoni e meritevoli di accedere all’Universo Spirituale Eterno. L’Umanità rimane in parte buona e in parte cattiva, con maggioranze variabili a seconda dell’andamento della lotta perpetua tra le due originarie Forze Assolute: il Bene e il Male. Qualsiasi azione fatta da un’entità astratta concepita dall’uomo è ininfluente sul piano prettamente esistenziale, ovvero è influente per quel tanto (molto poco) che concerne il giudizio datole da ogni individuo capace di ragionare secondo se stesso. Quel ch’è stato rilevato per l’Umanità, aggregazione massima, vale anche per tutte le aggregazioni minori. E, a questo proposito, è consigliabile, per coloro i quali non hanno la mente soggetta alle tante lusinghe di quel capolavoro del Male che è la Comodità, concentrare le capacità intellettive su una caratteristica davvero maligna: tutte le azioni attribuibili all’operato dell’Umanità si sono rivelate, e continuano a rivelarsi, micidiali. Anche quelle considerate le migliori hanno fatto, e fanno, più male che bene in dismisura aberrante. Pensateci coscientemente, con mente libera da imbonimenti sociali che fanno travisare ogni cosa, la realtà è questa: lasciato l’indiscutibile primato ad eserciti e governi, si può ipotizzare che soltanto la Giustizia abbia fatto, e faccia, più vittime della Sanità, ma il testa a testa continua ad essere… indiavolato. Poi ci sono i trasporti, i quali, più che spostare passeggeri e merci, trasferiscono da un continente all’altro ammassi di microbi che infine vengono smistati nelle varie regioni, affinché, con orgiastici connubi di massa tra microbi indigeni e stranieri, abbiano felice origine specie di microrganismi più robuste, o magari mostruose, capaci di fronteggiare spavaldamente qualsiasi tipo di antibiotico escogitato dalla miope scienza dell’uomo. Allo stesso livello stanno le fabbriche, a cui milioni e milioni di operai hanno legato, ahimé, le sorti loro e delle rispettive famiglie. E anche le fabbriche, per non essere superate in classifica dai trasporti, s’industriano (wow! Termine azzeccatissimo!) a produrre (e due!) annualmente un notevole quantitativo di cadaveri. La grande chimica è leader in questo settore. Le persone, tutte quelle che beneficiano del diritto alla salute, possono anche astenersi dal fumare e dal bere alcolici, ma la grande chimica riesce a stenderne ugualmente in gran numero. Fabbriche e trasporti, messi in funzione a pieno ritmo da impressionanti sciami di esseri umani convinti di vivere, fanno anche di più: predispongono l’habitat adatto a un futuro incremento della produzione di cadaveri e, all’unisono con tutto il resto delle attività intraprese con solerzia dall’Umanità, che tutti conoscono e che io ora non starò qui ad elencare, si ripromettono di sovvertire l’assetto climatico del pianeta per sentirsi simili agli dei e poter adorarne solamente uno superiore a tutti: il "Denaro". Stando ai sondaggi e ai risultati degli esperimenti fin qui condotti, sembra proprio che abbiano ottime probabilità di successo entro un breve lasso di tempo. Con i più vivi ringraziamenti di tutti i microrganismi che prosperano beati e viepiù aggressivi nel calduccio accresciuto.
Ma, credetemi… anzi: credete ad un vostro onesto esame della realtà che vi circonda e vi renderete conto che nessun’altra delle micidiali opere umane da me appena vagliate ha una forza distruttiva pari a quella dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi. Entrambe codeste attività, con l’ausilio della Scienza e della Tecnica assatanate di Progresso, radicano permanentemente nella natura gli elementi di una progressione ferale.
Formulando un’osservazione più generalizzata, ma al contempo molto stringata, si può dire che i tre vessilli maggiori, che sventolano prepotenti sulle guarnigioni costituite a difesa delle roccaforti del Male, sono questi: Scienza, Tecnica e Progresso. Si tratta di gonfaloni ben curati, lisciati, che da qualche tempo in qua stanno eclissando il quarto vessillo: Religione, che oggi si mostra parecchio sgualcito.
Mi rendo conto che per un congruo chiarimento del concetto, abbozzato sbrigativamente nelle righe precedenti, sarebbe necessario stendere un trattato esaustivo che, inoltre, rintuzzasse ogni obiezione plausibile, ma, siccome intendo mantenere “vaporoso” il clima di questo blog, mi limiterò ad aggiungere una similitudine, molto semplice, ai vaghi spunti di meditazione già forniti, confidando che, nonostante le mie tante carenze espositive, qualche lettore riesca ugualmente a comprendere l’essenziale e ne tragga giovamento esistenziale. Del resto, sono fermamente convinto che Averroè avesse ragione quando affermò che “Chi pensa è immortale, chi non pensa muore.” Magari potrei perfezionare la locuzione di Averroé dicendo: «Chi pensa ha la possibilità di diventare immortale, chi non pensa muore certamente.», ma in sostanza condivido il suo pensiero. Pensiero che io collego sia a quello di Paul Valéry: “Ogni pensiero costituisce un'eccezione a una regola generale, quella di non pensare.”, sia a quello di Martin Heidegger: “La scienza non pensa.”. La scienza prova, tenta, esperimenta, stila statistiche epidemiche, ma, in quanto a pensare veramente con tutto ciò che il pensare comporta, non pensa, non sa pensare. Non conosce l’Ordine delle Cose, e mai potrà conoscerlo essendo limitata e non infinita, quindi ad essa mancano i Dati Certi, i soli che permettono di fondare un ragionamento corretto. La scienza, invece, pone alla base dei suoi ragionamenti dei “dati propri”, considerati “certi” in virtù di altri ragionamenti che si fondano su altri “dati” di sua invenzione. Si tratta di un brutto serpentone che si morde la coda e, quali siano i risultati, oggi lo si può riscontrare ad occhio nudo e… preoccupato. Molto preoccupato.
Eh, già: se, ad esempio, l’intelligenza scientifica dice, come in effetti ha detto: «Il futuro è nell’amianto.» oppure «Il futuro è nella plastica.» o, più in generale, «Il futuro è nella chimica.», si può essere più che certi che un ennesimo futuro di morte è stato messo al mondo.
La similitudine, a cui ho accennato qualche riga fa, e che adesso desidero proporre, concerne l’atletica che, malgrado la sua origine si trovi nella guerra, è disciplinata da regole semplici e pressappoco naturali. Ebbene: così come la prestazione di un atleta, che per conquistare la vittoria si sia fatto aiutare da qualcuno durante una gara, non ha alcun valore in sé e non viene considerata, poiché nella competizione egli non ha dimostrato affatto quale siano le sue reali qualità, così pure per ogni singolo elemento di una aggregazione, grande o piccola che sia, l’azione compiuta congiuntamente agli altri elementi non ha alcun valore esistenziale, né durante lo svolgimento né a risultato ottenuto. Non procura al singolo alcun aumento di maturità spirituale, in quanto lo spirito di ognuno accetta d’incamerare per la propria crescita esclusivamente le sintesi degli atti compiuti dalla materia in cui E’ e attuati secondo le peculiarità proprie di se stesso. La crescita spirituale ha un arresto nonostante l’attività del corpo, resa ininfluente, e, se lo stato di cooperazione subordinata alla volontà di entità astratte concepite dall’uomo persiste a lungo, come accade per forza di cose nell’ambito di una società qualsiasi, lo spirito si atrofizza e in seguito soccombe definitivamente. E’ la fine delle speranze di pervenire a una maturità spirituale individuale, mentre la Maturità Spirituale E’ tutto ciò per cui si dovrebbe vivere, dato che la Vita della Materia si conclude inevitabilmente con la Morte della Stessa. Della perdita della vitalità spirituale ne risente anche il modo di ragionare, che presto diventa oltremodo relativo o addirittura sballato. Mantenere con artifizio le poppe gonfie fino al momento della dipartita non conta nulla: ha un “peso” soltanto fisico, destinato a satollare i vermi che, naturalmente, sapranno rifiutare il silicone. Loro! Pervenire secondo se stessi a una giusta maturità del proprio spirito è, invece, l’unica speranza in cui l’essere umano può confidare per riuscire ad arrivare a conoscere l’Eternità e non veder svanire nel Nulla la propria identità. Se una precisa identità spirituale sarà riuscito ad acquisire in vita, però. Altrimenti: puf! Sarà come non fosse mai nato. Il guaio è che in una aggregazione è difficile più del normale, praticamente impossibile, essere veramente se stessi e, non potendo agire di testa propria, l’individuo fa le cose sotto la spinta di un automatismo consuetudinario che gliele fa fare malvolentieri e di conseguenza impara presto a lamentarsi ripetutamente per l’insoddisfazione che il suo stato esistenziale gli arreca. Si aggrappa, come un naufrago disperato e privo di orientamento, a parole senza senso come “dovere” o “interesse” e l’unico collante che lo trattiene nell’aggregazione è per l’appunto la forza superiore espressa dall’aggregazione stessa in tutti i campi. Al di fuori di questa, l’individuo vede soltanto il "regno della paura", da dover eventualmente affrontare senza l’ausilio dei suoi simili. Si rende conto, inoltre, che il Male ha esteso il Sistema aggregante in ogni angolo del mondo e che quindi non c’è più spazio per chi volesse tentare l’impresa di vivere decisamente secondo se stesso. Non gli resta altra strada che quella di affrontare direttamente il Sistema per salvare se stesso.
“Un popolo perisce quando confonde il dovere personale con il concetto di dovere in generale. Niente guasta tanto in profondità e intimamente quanto qualsiasi dovere «impersonale». … Che cosa è più deleterio del lavorare, del pensare, del sentire senza una necessità interiore, senza una profonda scelta personale, senza gioia, come un automa del «dovere»?”, puntualizza vigorosamente Friedrich Nietzsche, forte della preziosa saggezza acquisita da chi è stato un profondo osservatore dell’uomo ed è riuscito a percepire e delineare la consistenza reale del Vero Senso della Vita.
Una considerazione, questa di Nietzsche, che rafforza con l’autorità della saggezza, perseguita e vissuta, la conclusione a cui erano addivenuti i miei pensieri: oggi, diversamente da qualsiasi altra epoca precedente, l’uomo ha davanti a sé un’unica strada da percorrere, se è fermamente intenzionato a fornire di senso e di futurizzazione eterna la propria esistenza.
Una considerazione, questa di Nietzsche, che rafforza con l’autorità della saggezza, perseguita e vissuta, la conclusione a cui erano addivenuti i miei pensieri: oggi, diversamente da qualsiasi altra epoca precedente, l’uomo ha davanti a sé un’unica strada da percorrere, se è fermamente intenzionato a fornire di senso e di futurizzazione eterna la propria esistenza.
E la strada sarebbe quella già nettamente tracciata, in congiunture meno stringenti delle odierne, sia da Pierre Joseph Proudhon: “Ben lungi dal subordinare la libertà individuale allo Stato, è lo Stato, la comunanza, che bisogna sottomettere alla libertà individuale.”, sia da tanti altri. Strada che andrebbe percorsa tenendo sempre a mente l’inconfutabile asserzione di Hegel: “Possiamo essere liberi solo se tutti lo sono.”.
Ma la disparità di forze tra lui e l’avversario, che l’ha ingabbiato, lo spaventa. In generale, paura e occupazione dei territori, mantenute stabili da nugoli di divise, fanno desistere gl’individui, anche i migliori, dal tentativo di riscattare pienezza e senso della propria esistenza e, mentre il tempo terreno trascorre inesorabilmente, sopravvivono nell’accettazione di un assurdo e mortale stato di stallo che li rende perfino dimentichi di essere nati proprio per percorrere quella strada che hanno paura d’imboccare. “Finché non riconoscerete voi stessi le vostre paure personali e non vi metterete, con difficile sforzo, al riparo dalla loro capacità di creare miti e sudditanza, non potrete sperare di pensare nel modo giusto a numerose questioni di grande importanza, soprattutto a quelle che sono legate alle convinzioni religiose.”
Detto per inciso: in questa frase di Russell c’è anche la spiegazione del motivo più rilevante (la debolezza e, quindi, un influsso maggiore della paura sull’individuo di sesso femminile) per cui le donne in genere ragionano peggio degli uomini e allorché arrivano ad occupare un posto di comando manifestano degli apici di crudeltà ineguagliabili per l’uomo.
“Le donne apprezzano la crudeltà più di qualunque altra cosa. E amano esserne dominate.”, Oscar Wilde.
Tuttavia, è corretto non generalizzare mai, nel contesto delle Iperboli della Varietà e della Diversità volute dalla Creazione, e tener ben presente che non tutte le donne sono realmente donne e che non tutti gli uomini sono veramente uomini.
“La paura è la principale fonte di superstizione e una delle principali fonti della crudeltà. Vincere la paura è il primo passo della saggezza, sia nella ricerca della Verità sia nel tentativo di vivere in modo degno.” Le aggregazioni sociali sono state originate dalla paura, paura collettiva, e “la paura collettiva stimola l’istinto gregario (Istinto di Conservazione pervertito) e tende a scatenare la ferocia verso quelli che non sono considerati membri del gregge.”
Così argomenta Russell, trattando il tema della paura, ma bisogna comprendere bene le sue parole. La paura della Morte non deve rappresentare un impedimento insuperabile per chi tenta di vivere in maniera degna e, ricercando la Verità, desidera ardentemente mantenere libero e giusto il proprio modo di ragionare. Per nessuno, al termine dei propri giorni terreni, la paura della Morte potrà valere da scusante per il fatto di non essere stato capace di vivere secondo il proprio essere e in armonia con ciò di cui ha fatto parte per Volontà di Onniscienza e Onnipotenza: la Natura. E la Natura è qui a illustrarci maternamente e chiaramente che ogni vita si conclude con la morte e che, se la vita ha un valore, se gli atti della vita hanno un valore, la morte, essendo la conclusione di tutto ciò che ha avuto valore, rappresenta la somma dei valori stessi. Somma grandiosa e inevitabilmente messa insieme con gran pena, ma valevole per che cosa? Se non si vuole sostenere la scriteriata idea di un’entità creatrice crudelmente folle, bisogna convenire che dopo la morte questa somma dovrà pur rappresentare qualcosa d’importante e, siccome a quel punto non si tratterà più di questioni relative alla materia dell’individuo, bensì riguardanti il suo spirito, il “qualcosa” dovrà essere, per Disposizione delle Cose, d’Importanza Spirituale Assoluta. Comunque, non è il caso di rimanere nel dubbio fatto insorgere dall’interrogativo “la vita è una follia a tempo determinato oppure è naturalmente inserita nel Senso Infinito delle Cose?”. C’è un ragionamento, a portata della mente umana, che permette di dissolvere questo dubbio dando una risposta precisa all’interrogativo e a tutti quelli che gli gravitano attorno. Un ragionamento che io, puntualmente, non svolgerò qui adesso. Non mi trattengo, però, dal dire, come ho già precisato in tanti altri scritti, che non siamo stati abbandonati in una “valle di lacrime”, privi d’Istruzioni sull’uso della Vita. E’ stato il Male ad eclissare le Istruzioni e a fornire in cambio codici comportamentali sballati, scritti da uomini che hanno fatto della mistificazione la loro unica, remuneratissima, professione. “La religione é un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente.”, dice Freud che, fin da quando scrisse “Totem e tabù” non aveva mai dubitato “che i fenomeni religiosi debbano essere compresi secondo il modello dei sintomi nevrotici dei singoli individui”. E per quantificare il danno procurato dalla Mistificazione, si può meditare su come sia conciata oggidì l’esistenza umana: un insieme di speranze di vita, ripetutamente frustrate o per forza di cose proiettate in un nebbioso futuro remoto, e di tante illusioni mortali. Chi, invece, è convinto di trovarsi in movimento vitale in una realtà sensata, oggi più di ieri, ha semplicemente (mica tanto!) smarrito la capacità di orientamento e da un bel pezzo di tempo sta disinvoltamente percorrendo una strada sbagliata, spiritualmente mortale.
Ciò che Norman O. Brown ha intuito, “La Natura non ci assegna una meta senza fornirci i mezzi per raggiungerla.”, è verità che può essere verificata con un ragionamento avanzato, però non ci si deve scordare che spetta all’uomo, ad ogni singola persona, individuare quale sia la meta giusta a cui tendere.
“Ecco una delle cause dei nostri mali: viviamo imitando il prossimo e non ci facciamo regolare dalla ragione, ma trascinare dall'abitudine.”, Seneca.
Inoltre:
“Quando si guarda la verità solo di profilo o di tre quarti la si vede sempre male. Sono pochi quelli che sanno guardarla in faccia.”, Gustave Flaubert.
Inoltre:
“Quando si guarda la verità solo di profilo o di tre quarti la si vede sempre male. Sono pochi quelli che sanno guardarla in faccia.”, Gustave Flaubert.
Certuni sostengono che Platone sia stato un filosofo degno di essere ricordato con un’aureola di fama positiva. A scanso di equivoci, però, è prudenziale che gli allievi delle scuole non vengano a sapere che Platone raccomandava l’infanticidio per prevenire gli eccessi demografici. Questa non mi sembra realtà sensata. Mi sembra, piuttosto, un frutto bacato prodotto dal pensiero di chi, galoppando con ostentata sicurezza lungo una strada sbagliata, ha interposto tra sé e la Verità una distanza non più riducibile. Infatti, la prima cosa che il Progetto Supremo contempla è la scrupolosa protezione del diritto degli infanti a vivere la loro irripetibile esperienza dello spirito nella materia. Una protezione che deve scattare al primo istante del concepimento e che deve durare fino a quando il protetto non manifesta una individualità propria aspirante all’indipendenza. Chi sopprime un infante può confessarsi quanto vuole ed essere assolto per cento volte, ma il suo stato di “perso per sempre” non potrà più mutare, in quanto per il suo delitto non esiste alcun atto riparatore e in assenza di una riparazione effettiva ogni pentimento, sia pure del tutto sincero, ha valore assolutamente nullo in seno all’Ordine delle Cose. In Natura, l’Infanticidio non rientra nemmeno nella pur gravosa sfera dell’Omicidio. E’ un delitto assai più grave, sta in una sfera a parte che ingloba sia l’aborto sia l’uccisione di qualsiasi giovanetto che non sia ancora diventato individuo, cioè capace di esprimere la propria precisa volontà. In un ambiente naturale integro, l’Omicidio può avere delle ragioni che non lo determinino come delitto “censurabile” in eterno. L’Infanticidio, invece, non ne ha. Mai!
Ma Platone - nel dire Platone intendo riferirmi a un modo d’intendere le cose che si è malignamente radicato nell’Occidente che per certi suoi modelli di vita ha attinto a piene mani da quella traboccante pattumiera che è stata l’antica civiltà greca - ha perorato anche un’altra idea che, per certi versi può essere considerata perfino peggiore dell’infanticidio. Senz’altro micidiale per lo spirito di chiunque l’abbia fatta propria. Nel suo scritto “Repubblica”, Platone sostiene che tra i compiti principali di uno Stato ci debba essere quello di diffondere raffigurazioni affascinanti dell’Oltretomba. Non ha rilievo alcuno che codeste rappresentazioni non abbiano una qualche attinenza con la Verità Metafisica percepibile dall’Uomo, argomenta Platone. Esse hanno l’importantissima funzione di far sì che i soldati siano assai più propensi del normale a morire in battaglia. Davvero “grandiosi”, certi pilastri della cultura che c’è stata imposta per la nostra rovina! L’Oltretomba, che il primigenio pensiero dell’Uomo rappresentava come un Luogo in cui il trapassato avrebbe goduto appieno delle capacità acquisite e di tutto ciò che aveva imparato ad apprezzare in vita, col tempo diventa una componente formidabile del sistema d’inganno finalizzato all’oppressione. Non è difficile intuire che l’Uomo, nei suoi primordi, grazie ad un ambiente intatto, non violato dalla corruzione materiale e spirituale, fosse in grado di percepire con naturale precisione il senso delle cose e della vita, ma in seguito… malauguratamente...
Per tracciare un confine netto tra Verità e menzogna, per chiunque e per tutti dovrebbe bastare l’intrinseca precisione di questa osservazione sulla questione metafisica: “La preistoria non ha avuto bisogno di testi, mentre qualsiasi religione ne ha avuto e ne ha un bisogno vitale.”
Tracce residue del pensiero primigenio erano presenti nelle civiltà Sumera, Ittita e Fenicia e qualcosa è giunto fino a noi con i reperti delle loro rovine. Ad esempio, le fonti sumero-accadiche ci fanno capire che i popoli della Mesopotamia di quel tempo lontano ritenevano che l’esistenza dell’uomo fosse inserita totalmente in un originario progetto divino, improntato a far assaporare la vita terrena come massimo bene. Nell’epopea di “Ghilgames”, scritta su 12 tavole all’incirca nel 2100 a.c., si possono leggere dei versi il cui valore senza tempo li rende di attualità in qualsiasi epoca, poiché laVerità rimane sempre attuale, anche quando è stata espressa con vetusto timbro plebeo. Nella III colonna della X tavola a scrittura cuneiforme, partendo dalla sesta riga sta scritto: “Ghilgames, riempi (di cibo abbondante) il tuo ventre! / Giorno e notte rallegrati / e ogni giorno fa festa, / giorno e notte danza e canta! / Il tuo vestito sia pulito, / il tuo corpo ben lavato! / Con acqua tu sia bagnato! / Rallegrati del piccino che afferra la tua mano. / La tua diletta goda sul tuo seno. / Ecco quanto può fare l’umanità!”
Dunque, qualche tratto dell’impronta lasciata dalla primigenia concezione della Verità Naturale si poteva ancora intravvedere nelle civiltà di quell’epoca. Tuttavia, non va dimenticato che si sta parlando di organizzazioni sociali già avanzate, in cui la Verità era stata abbondantemente stravolta dai mistificatori di professione.
Del resto, con la costituzione delle prime aggregazioni, chiamate tribù, e ancor peggio dopo la comparsa in esse della figura dello sciamano, l’errore di vivere in comunità, errore dovuto principalmente alla paura, innesca la lotta per la supremazia e per i vantaggi terreni ad essa correlati, e si sa che l’oppressione dell’uomo sull’uomo abbisogna permanentemente del sostegno fornitole da un’adeguata mistificazione e manipolazione della Verità Naturale. Altrimenti il Potere non avrebbe alcunché su cui basare la propria ignominia, decisamente bandita dall’Universo della Verità Naturale.
Anche nel culto dei morti egizio c’è qualche aspetto che lo riallaccia alla primigenia concezione dell’Oltretomba. Tuttavia, la civiltà egizia era già largamente pervasa dall’Avere e perciò nella tomba, oltre alla salma, venivano posti degli oggetti che nell’Aldilà avrebbero dovuto essere d’indispensabile utilità per il trapassato. Nel sarcofago veniva posto soprattutto denaro ed altri oggetti propri della ricchezza, il che ci fa comprendere quanto lontani dal Vero, dal Naturale, fossero ormai gli egizi. Non era più in loro la facoltà d’intuire che tutto ciò che avrebbe avuto valore nell’Aldilà non si trovava più nel sarcofago.
Più nitide e significative sono, invece, le tracce del pensiero primigenio, relativo all’Oltretomba, che sono state riscontrate nelle tribù dei pellerossa.
(I “pellerossa” non avevano… la pelle rossa. Nient’affatto! Venne dato loro questo nome per il fatto che era usanza di gran parte di quella popolazione cospargersi sul corpo una creta rossiccia che assorbiva gli umori sprigionati dalla pelle durante le fatiche quotidiane. Una creta tratta da un terreno allora incontaminato e capace di curare e rimarginare le ferite. Oggi, in Occidente, una terapia del medesimo genere conseguirebbe un risultato da dover sottoporre con urgenza e preoccupazione alle cure ospedaliere. Per i proponimenti infami dei conquistatori bianchi, comunque, andava benissimo che questi “animali a due zampe” – definizione coniata dai missionari e il perché lo s’intuisce d’acchito – avessero una pelle che dava l’impressione di essere rossiccia, che, insomma, non potesse essere considerata bianca, immacolata (sic!) come la loro, e perciò l’appellativo “pellerossa” fu usato fino a quando tutte quelle popolazioni non furono annientate da un’accozzaglia di genti avide, che infine s’insediarono stabilmente sui territori rapinati a mano armata. Un’accozzaglia di banditi, alla cui genia non smetterò mai d’augurare tutto il male del mondo. Una maledizione, la mia, impotente come tutte le maledizioni e parimenti a tutte le benedizioni, constatato che questa genia continua a distribuirlo imperterrita, tutto il male del mondo, anziché riceverlo.)
Più nitide e significative sono, invece, le tracce del pensiero primigenio, relativo all’Oltretomba, che sono state riscontrate nelle tribù dei pellerossa.
(I “pellerossa” non avevano… la pelle rossa. Nient’affatto! Venne dato loro questo nome per il fatto che era usanza di gran parte di quella popolazione cospargersi sul corpo una creta rossiccia che assorbiva gli umori sprigionati dalla pelle durante le fatiche quotidiane. Una creta tratta da un terreno allora incontaminato e capace di curare e rimarginare le ferite. Oggi, in Occidente, una terapia del medesimo genere conseguirebbe un risultato da dover sottoporre con urgenza e preoccupazione alle cure ospedaliere. Per i proponimenti infami dei conquistatori bianchi, comunque, andava benissimo che questi “animali a due zampe” – definizione coniata dai missionari e il perché lo s’intuisce d’acchito – avessero una pelle che dava l’impressione di essere rossiccia, che, insomma, non potesse essere considerata bianca, immacolata (sic!) come la loro, e perciò l’appellativo “pellerossa” fu usato fino a quando tutte quelle popolazioni non furono annientate da un’accozzaglia di genti avide, che infine s’insediarono stabilmente sui territori rapinati a mano armata. Un’accozzaglia di banditi, alla cui genia non smetterò mai d’augurare tutto il male del mondo. Una maledizione, la mia, impotente come tutte le maledizioni e parimenti a tutte le benedizioni, constatato che questa genia continua a distribuirlo imperterrita, tutto il male del mondo, anziché riceverlo.)
Riprendendo il discorso dopo la parentesi, voglio dire semplicemente che la popolazione pellerossa, con la sua concezione delle “praterie del cielo”, ove lo spirito del defunto si diletta nell’esplicare le abilità perfezionate in vita, aveva conservato nella propria tradizione parecchi tratti caratteristici del primigenio pensiero metafisico. Più di qualsiasi altra aggregazione umana al mondo e più di qualsiasi altra si era mantenuta nel tempo abbastanza contigua alla Verità Naturale. Periodo esistenziale felice, fintantoché non arrivarono i missionari cristiani seguiti dagli spietati conquistatori, pure questi cristiani. L’aspetto più interessante e più veritiero della tradizione metafisica dei pellerossa consisteva nell’intuizione che, giunto nell’Aldilà, lo spirito di ogni individuo, vissuto nel rispetto delle regole suggerite dalla Natura, avrebbe trovato il maggior diletto nella varietà infinita del proprio operato in qualità di essere spirituale. L’intuizione umana, nella questione relativa all’Aldilà, non può spingersi oltre questa visione grandiosa e fatalmente molto imperfetta, ma, si tratta provvidenzialmente di un aspetto della Verità Assoluta la cui conoscenza perfetta non è necessaria all’esistenza umana. Si tratta di un’ignoranza che, assolutamente contemplata dal Progetto Supremo, E’ nelle Cose e, quindi, non invalida il processo di sviluppo dello spirito. Invece invalida, e molto, non sapere quale condotta esistenziale adottare in vita per presentarsi nell’Universo Spirituale Eterno con uno spirito meritevole di eternità. Il persistere di questa inconsapevolezza irresponsabile, oltre ad invalidare, finisce col precludere. “Sicché tutti noi crediamo di agire bene e facciamo a chi s’inganna di più, con la follia come ricompensa e la stupidità come clima abituale, nel quale l’ignoranza appare il primo dovere, per dare campo libero alla menzogna e al calcolo.” Parola di Albert Caraco. “Nei Paesi in cui regna la censura ci si affanna a negare l’evidenza, nei Paesi in cui è stata abolita si dice qualsiasi cosa: la differenza appare impercettibile, giacché mentire o perdersi è lo stesso, e si suppone che chi mente andrà a raggiungere un giorno o l’altro chi si è perduto.”
Ho gettato un rapido sguardo su alcune tradizioni metafisiche dell’antichità giustappunto per introdurre nel discorso qualche breve osservazione su quanto ci riguarda più da vicino.
A conferma che questo nostro(?) mondo non è proprio fatto per sopportare le aggregazioni, possiamo constatare quanto estremamente micidiali siano pure le aggregazioni di carattere religioso. L’avvento delle religioni monoteiste ha, disgraziatamente, originato il fondamentalismo, parola nuova di consistenza antica, che s’accompagna immancabilmente al termine “fanatismo”. E non può essere altrimenti, poiché gli amministratori di ogni religione monoteistica, per sopravvivere, debbono sostenere con ogni parola e atto che, essendoci un dio unico, quello vero è il loro e soltanto il loro. Ogni teologo cerca di far convogliare tutte le acque al proprio mulino redditizio, e con facilità addita gli errori connaturati nelle religioni differenti dalla sua. Migliaia di esseri umani al servizio del Male tentano con assiduità perenne di far quadrare i conti di un’operazione che comunque risulta sempre più fasulla piuttosto che errata. Benjamin Franklin ironizza su questo fatto con le seguenti parole: “Tante lunghe dispute fra teologi si possono riassumere in questo modo: E’ così. Non è così. È’ così. Non è così.”.
A conferma che questo nostro(?) mondo non è proprio fatto per sopportare le aggregazioni, possiamo constatare quanto estremamente micidiali siano pure le aggregazioni di carattere religioso. L’avvento delle religioni monoteiste ha, disgraziatamente, originato il fondamentalismo, parola nuova di consistenza antica, che s’accompagna immancabilmente al termine “fanatismo”. E non può essere altrimenti, poiché gli amministratori di ogni religione monoteistica, per sopravvivere, debbono sostenere con ogni parola e atto che, essendoci un dio unico, quello vero è il loro e soltanto il loro. Ogni teologo cerca di far convogliare tutte le acque al proprio mulino redditizio, e con facilità addita gli errori connaturati nelle religioni differenti dalla sua. Migliaia di esseri umani al servizio del Male tentano con assiduità perenne di far quadrare i conti di un’operazione che comunque risulta sempre più fasulla piuttosto che errata. Benjamin Franklin ironizza su questo fatto con le seguenti parole: “Tante lunghe dispute fra teologi si possono riassumere in questo modo: E’ così. Non è così. È’ così. Non è così.”.
Diversamente da Franklin, Friedrich Nietzsche, l’unico filosofo saggio intramontabile, non si limita a ridicolizzare la forma della menzogna, ma s’impegna benignamente a penetrarne la malefica sostanza: “Fino a quando il sacerdote, questo negatore, calunniatore e avvelenatore della vita per professione, verrà ancora considerato una razza superiore di essere umano, non vi potrà essere risposta alla domanda: che cosa è la verità? … Chiunque abbia nelle vene sangue di teologo ha un'attitudine radicalmente falsa e disonesta nei confronti di tutte le cose. Il pathos che esso genera è chiamato fede: chiudere gli occhi una volta per tutte davanti a sé stessi per non soffrire alla vista di un'incurabile ipocrisia. Con questa falsa prospettiva su tutte le cose, ci si crea una morale, una virtù, una santità su misura, si unisce la buona coscienza alla falsa visione, si pretende che nessun altro tipo di ottica abbia valore, dopo che si è resa sacrosanta la propria con le parole «Dio», «redenzione», «eternità». … Ciò che un teologo percepisce come vero è sicuramente falso: questo è quasi un criterio di verità. E il suo istinto più basso di autoconservazione a proibirgli di considerare un qualsiasi aspetto della realtà o anche solo di parlarne. Ovunque si estenda l'influenza teologica, viene capovolto il giudizio di valore, i concetti di «vero» e di «falso» sono necessariamente rovesciati: qui viene chiamato «vero» ciò che è più dannoso alla vita, mentre ciò che la eleva, la rafforza, la afferma, la giustifica e la fa trionfare è chiamato «falso».”
Pensate un po’ se sia solo lontanamente plausibile che la Verità, per essere sostenuta, abbia bisogno di schiere di teologi e dei loro almanaccati aggiustamenti. La Menzogna, sì, ne abbisogna, eccome! (concili e bolle in quantità!), ma il risultato resta sempre il medesimo: dalle diatribe tra religioni non viene evidenziato prevalentemente che questa o quella dottrina è in sé una menzogna, bensì che tutte assieme formano un colossale ammasso di falsità. Del resto, non è un “dettaglio” dovuto a pura fatalità che tutte e tre le principali religioni monoteistiche affondino le loro radici nel medesimo Libro del Male. L’acceso scambio d’accuse di falsità presenta su un piatto d’argento (platino, direi) parecchi indizi atti a determinare la fisionomia dell’inganno, con finalità di potere e di lucro, perpetrato dalle religioni e codeste accuse reciproche dovrebbero essere idonee e sufficienti a ripulire dalla superstizione tradizionale le menti di coloro i quali non amano impegnare l’intelletto in una più dettagliata ricerca della Verità.
Comunque, è un dato certo che “mistero” e “dogma” non sono vocaboli corrispondenti al termine “Verità”.
Comunque, è un dato certo che “mistero” e “dogma” non sono vocaboli corrispondenti al termine “Verità”.
La Chiesa cattolica ha contratto con arroganza inumana, senz’altro diabolica, un debito tremendo con l’Umanità. Essa ha tentato di spacciare il debito per “diritto divino”, ma in verità il conto da pagare - un debito, inequivocabilmente, e che ancora non è stato saldato - è grosso in maniera spaventosa. Comunque è previsione sicura che la Giustizia delle Cose glielo presenterà e si tratterà di una riscossione tremenda, spietata almeno tanto quanto la consistenza del debito stesso. Un debito appesantito dal sangue innocente versato con profusione sconvolgente, dalle torture più che crudeli, dalla sclerotizzazione mortale degli animi, dalle vessazioni e persecuzioni inaudite, fatte patire a chiunque abbia tentato di sconfiggere i ragionamenti contorti della Menzogna con la limpida evidenza della Verità Naturale. Probabilmente, fu proprio con il pensiero rivolto alle feroci persecuzioni degli eretici che Graham Greene, celebre scrittore inglese convertitosi al cattolicesimo, si sentì in dovere di dire: “Eresia è solo un sinonimo di libertà di pensiero.”
(1)“Ci voleva molto poco per essere tacciati d’eresia: bastava aver fama di pensatori troppo liberi o di temperamento rivoluzionario e, quanto ai sistemi da usare nel trattare gli eretici, non si andava molto per il sottile.
«La pietà del popolo», scrive un prete al papa, «è così accesa che non si bruciano solo gli eretici riconosciuti, ma anche quelli semplicemente sfiorati dal sospetto.» E il monaco Arnaldo, ambasciatore di Innocenzo III°, visto che Beziers è un covo di eretici albigesi, decide di stanare tutti gli abitanti per farli sgozzare; e a chi cerca di fargli osservare che si corre il di uccidere insieme con gli altri anche dei buoni cristiani, egli risponde: «Voi uccideteli tutti, ci penserà il buon Dio a distinguere i suoi.»
«La pietà del popolo», scrive un prete al papa, «è così accesa che non si bruciano solo gli eretici riconosciuti, ma anche quelli semplicemente sfiorati dal sospetto.» E il monaco Arnaldo, ambasciatore di Innocenzo III°, visto che Beziers è un covo di eretici albigesi, decide di stanare tutti gli abitanti per farli sgozzare; e a chi cerca di fargli osservare che si corre il di uccidere insieme con gli altri anche dei buoni cristiani, egli risponde: «Voi uccideteli tutti, ci penserà il buon Dio a distinguere i suoi.»
Alle eresie la Chiesa reagisce con un rimedio tanto drastico quanto poco persuasivo: l’Inquisizione. Per secoli gli eretici, veri o presunti, impegneranno i tribunali inquisitori in processi che troppo spesso trovano la loro rapida soluzione nelle fiamme purificatrici dei roghi accesi sulle piazze.”
Gli omicidi di eretici venivano definiti dalla Chiesa “atti di fede”. E non solo di eretici! Anche di presunte streghe (tanto per assestare una buona picconata all’infallibilità, dato che le streghe non esistono. A tale proposito può essere un apprendimento interessante, leggere “Il martello delle streghe”. Un buon commento al testo infame, lo si può trovare nel sito raggiungibile cliccando qui su “streghe”.). Anche di handicappati indubbi. Anche di ebrei e di tanti altri ancora. Un numero di morti incalcolabile, ma intuitivamente pazzesco; un numero incalcolabile di tormentati con persistenza atroce, ma intuitivamente ancor più pazzesco; un numero, di esseri umani distolti dal vivere naturalmente e convenientemente l’unica occasione d’immortalità, cifra che, oltre a non essere calcolabile, non si può nemmeno qualificare come pazzesca, tant’è immensa oltre la portata della mente umana. Cos’è, confrontata con tutto questo insieme delittuoso, la guerra dei cent’anni? Cos’è, in confronto, l’olocausto ebraico? O forse che i roghi bruciano in maniera meno colpevole dei forni crematori? Semmai, è il contrario che può essere sostenuto con un po’ di sconsideratezza: nei forni venivano bruciati dei cadaveri, sui roghi le persone venivano arse vive.
E’ doveroso precisare, inoltre, che proprio l’uso delittuoso dei forni crematoi ha il suo imprimatur con le agghiaccianti azioni dell’Inquisizione a Siviglia, ove vennero costruiti orrori mostruosi come “los quemaderos”.
Il numero degli eretici condannati al rogo era divenuto così alto da costringere gl’inquisitori ad inventarsi qualcosa di più funzionale per i loro intenti criminosi e di maggiormente economico nel consumo di legna rispetto ai roghi tradizionali. Perciò costruirono uno accanto all’altro quattro enormi forni circolari basati su una piattaforma di pietra. Ciascun forno poteva contenere fino a quaranta “condannati”. I carnefici (molto spesso frati) accendevano un piccolo quantitativo di legna sotto le piattaforme, che generava un fuoco modesto, buttavano dentro i forni le loro vittime (condannate a quell’orribile morte dagl’infallibili assistiti dallo spirito santo) e le arrostivano a fuoco lento: ad ogni disgraziato infornato occorrevano dalle 20 alle 30 ore per crepare. Agonia che appagava sia l’indole perversa dei carnefici sia quella dei giudici “infallibili”. “Los quemaderos” rimasero ininterrottamente in funzione per oltre tre secoli. Solo nel 1808 furono chiusi e distrutti da Napoleone Bonaparte. Tuttavia, l’esempio di questo “atto di fede” è rimasto e non molto tempo fa, come tutti sanno, le SS lo hanno devotamente rispolverato e religiosamente riproposto per un’attuazione in grande stile. Esecuzione, però, che, bisogna riconoscerlo, non si è mai spinta, però, fino al punto “celestiale” d’infornare esseri umani ancora vivi.
Tutta quest'immane tragedia, che non sembra avere confini capaci di contenerla e che non è una somma di errori individuali bensì il risultato di precise volontà gerarchiche, è stata attuata da tristi figuri che sostenevano di essere assistiti dall’infallibilità di un certo spirito santo.
“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti assieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono sopra ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.” (ATTI, 2 : 1-4)
Ve le immaginate le varie impossibilità che rendono una scena di questo genere assolutamente estranea alla realtà terrena? Eppure, una Bibbia zeppa d’impossibilità assolute, si vuol farla apprezzare come un libro sacro, invece di considerarla come un assemblaggio di brutti miti ideati da uomini secondo l’ignoranza e le mistificazioni proprie del loro tempo.
Uno “spirito santo”, in ogni modo, che nel tempo deve aver logorato le sue qualità, visto che oggi gl’invasi da questo spirito stentano parecchio a parlare una o due lingue diverse dalla loro, nonostante anni e anni di studio indefesso. Riescono ad imparare qualcosa con risultati peggiori rispetto a quelli conseguiti da tanti altri mortali non assistiti da qualche divinità fluttuante sopra le loro teste.
Il Male doveva in qualche modo ammantare di attendibilità le proprie menzogne e, tra i tanti stratagemmi puerili (delirio di onnipotenza infantile nell’ideazione delle menzogne) escogitati, s’è inventato anche quello di uno spirito divino che rende “infallibili” i suoi agenti, allorché questi trattano argomenti riguardanti la metafisica e le sue specifiche coerenze terrene. (Per poter essere infallibili, bisognerebbe essere infiniti) Ovviamente, ogni suo espediente dottrinale rientra nel campo dei “dogmi”, ovvero nel campo del “non dimostrabile”, inserito ad hoc nella dottrina di fede che il Male fa predicare per la rovina della Creazione, secondo la sua propria natura antitetica al Bene, per manifestare la quale, in effetti, esso E’.
Risulta, invece, chiaramente dimostrabile l’infondatezza delle pseudoverità propagate dal Male, la cui mendacia è facilmente evidenziabile da qualsiasi mente che si sia mantenuta in sintonia con le Direttive Naturali. Queste, sì, indubbiamente divine in senso lato.
Per quanto riguarda l’infallibilità, che pretende parlare di Verità, va sempre tenuto presente in primo luogo che, nell’assurdo caso che ci fosse un essere umano dotato d’infallibilità in questioni metafisiche, motivo per cui tutti gli altri uomini fossero tenuti ad accettare la condotta imposta dai principi divulgati dall’infallibile, l’Esistenza dotata di Senso e Finalità non avrebbe più alcuna ragione di Essere. L’Esistenza Umana è di per se stessa ricerca individuale della Verità Naturale da seguire autonomamente per addivenire con merito proprio al conseguimento del traguardo indicato dalle Finalità accertate tramite Essa e convalidate dal raffronto con i Valori Assoluti da Essa chiaramente espressi. Un individuo, che tenesse una condotta esistenziale derivante da una verità che gli fosse stata impartita e perseguisse delle finalità esistenziali indicate da un suo simile dichiaratosi infallibile, che merito avrebbe? L’uomo vero, non il civile fantoccio sociale, l’uomo che si è sviluppato con buona armonia intercomunicativa tra spirito e corpo, deve corrispondere alla precisa descrizione fatta dal Premio Nobel Rabindranath Tagore:
“Ora, infine, aveva gettato ai venti tutto il ciarpame dei culti religiosi e irreligiosi, e si era ritirato in un mondo di semplicità e di pace tali che nessuno avrebbe potuto indovinare quello in cui credeva e quello in cui non credeva.”
Uno stato, quindi, di equilibrio e compostezza interiori che oggi, più che mai prima, è prezioso per la sanità e l’autonomia mentale dell’individuo. Specialmente oggi che “La pace personale risulta fondamentale per contrastare i messaggi di terrore con i quali i grandi interessi provano ad esasperare la vita di tutti.”, Arturo Paoli.
Ammesso per assurdo, e solamente per portare una specie di esempio, che verità e finalità indicate dall’infallibile fossero proprio quelle giuste, l’Entità Creatrice avrebbe fatto meglio ad immettere direttamente nell’Universo Eterno lo spirito di quell’individuo, senza fargli attraversare un’inutile esperienza dello spirito nella materia. Ed è intuibile che un’Entità Onnisciente e Onnipotente non sia soggetta a commettere sciocchezze né di questo né d'altro genere. Inoltre, se tutti gli esseri umani fossero tenuti ad avere la medesima condotta, sarebbe stato sufficiente che l’Entità Creatrice avesse fatto apparire sulla Terra soltanto un essere umano e non un’infinità di suoi doppioni. Ed invece in tutto il Creato è stata instaurata l’Iperbole della Diversità.
Basta appropinquarsi un po’ alla tematica dell’Esistenza, che subito si comincia ad avvertire la Grandiosità della Verità Naturale, che maggiormente risalta in presenza della Menzogna che davanti ad Essa si affloscia sempre repentinamente. Ecco la Meravigliosa Grandiosità: la Verità è Unica e al contempo si presta ad infinite interpretazioni soggettive (assolutamente mai collettive!) e l’ottica di qualsivoglia delle sue infinite interpretazioni la riconosce immancabilmente come Unica. Concepire Grandiosità come questa, di certo non rientra nelle abilità intellettive dei teologi, per quanto fini mistificatori essi siano.
E’ molto triste constatare che libri come “L’anima e il suo destino”, di Vito Mancuso, manco contengano l'intuizione parziale di questa Verità e, tuttavia, riscuotano un buon successo tra i lettori. E’ proprio vero: in un mondo corrotto l’invenzione menzognera affascina assai più della Verità. Esime gli spiriti fiacchi, che sono incredibilmente tanti, dall’impegno, sempre più oneroso man mano che l’uomo viene viepiù “civilizzato”, ovvero sempre più avvoltolato nella menzogna, di scegliere e mantenere uno stile di vita consono alle Finalità Esistenziali. Ed è senz’altro per questo motivo che la stragrande maggioranza degli esseri umani si è comportata e si comporta nel modo che si rispecchia nelle parole di Michel de Montaigne: “L'uomo è assai insensato. Non saprebbe fabbricare un piccolissimo insetto e fabbrica dei a dozzine.”. “Dei” comodi, che infondono quella perniciosa passività che delega alle innaturali istituzioni delle aggregazioni la conduzione della propria vita e che fa giubilare il Potere e lo invoglia a farsi sempre più strafottente.
Sembra pazzescamente incredibile, ma bisogna proprio ammettere che nella realtà odierna le bubbole continuano ad attrarre più della Verità.
Altrettanto infinite, come le “interpretazioni soggettive della Verità” di cui ho parlato dianzi, sono le strade che si possono seguire per mantenersi nell’ambito delle Finalità Esistenziali, ma Esse rientrano inequivocabilmente nell’Unicità che E’ per tutti. Solamente l’Esito non è Unico bensì Duplice e non si presta a variazioni soggettive. L’Unicità della Verità e delle Finalità Esistenziali è data dal confronto delle interpretazioni soggettive con gl’immutabili Valori Naturali Assoluti. Confronto, che è il dovere naturale d'ogni uomo nei riguardi della propria Madre. La Madre di tutti: la Natura.
E va be’: non soffermiamoci ad ammirare lo splendore della Verità che, specialmente se accostata al grigiore mortale della vita prospettata dai teologi o al baratro oscuro in cui certi scrittori vorrebbero far precipitare il cervello umano, mi entusiasma a tal punto da farmi correre il rischio di lasciarmi sfuggire tutto ciò che per il momento non ho intenzione di dire. Vediamo, piuttosto, chi sono i beneficiari dell’infallibilità infusa dal magico spirito santo.
“I possessori dell’infallibilità sono:
a) il Papa (il Papa è infallibile quando parla ex cathedra).
b) l’intero Episcopato (la totalità dei vescovi è infallibile quando essi, sia riuniti in concilio generale, sia dispersi sulla terra, propongono un insegnamento di fede o di morale che deve essere accolto da tutti i fedeli).”
Nell’imbastitura dell’artificio di derivazione essena si racconta che Gesù, rivolgendosi ai suoi apostoli, disse: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce.” … “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.” (GIOVANNI, 14 : 16, 17 – 26)
Quindi, persecuzioni, torture, roghi e massacri d'ogni genere in ogni luogo del mondo, essendo atrocità messe in atto basandosi su fondamenti di fede e morale, devono aver ricevuto per forza il supporto e il benestare dell’infallibilità dello spirito santo che inoltre, tanto per spazzar via ogni residuo di dubbio, è uno spirito che dovrebbe insegnare ogni cosa.
Che avrebbe dovuto insegnare, tra le innumerevoli verità mai insegnate, che i pellerossa non erano “animali a due gambe, assolutamente non appartenenti al genere umano.” (vedi in questo blog i post XVIII e XX)
Che nausea mi prende ogni qualvolta mi succede di rimestare nella menzogna più spregevole! Maligna! Mi asterrei volentieri dal farlo, ma puntualmente m’afferra un sentimento molto simile all’angoscia, fatto sorgere dal pensiero che la stragrande maggioranza dei cristiani non conosce un granché, o addirittura nulla, della menzogna in cui crede. E un uomo, che nutra qualche sentimento, finanche modesto, di rispetto per l’Umanità a cui appartiene, non può evitare che il suo cuore venga strizzato alla vista di una piazza rigurgitante di persone inneggianti alla menzogna e, in definitiva, al duce della propria rovina.
I teologi sostengono che (5)“la Teologia è la più eccelsa delle scienze umane, in quanto trae la sua certezza dai principi rivelati da Dio, che non può ingannarsi né ingannare.”
Ecco: questa asserzione menzognera lascia perplessi, perfino sbalorditi, per il come evidenzia il banale espediente del suo intento mistificatorio. E’ abbondantemente dimostrato che la rivelazione divina, di quella specie a cui l’asserzione fa riferimento basilare, non c’è mai stata, che tutto quanto è stato predicato e scritto su di essa è opera esclusiva della malignità che s’impossessa della mente di certi uomini pervertiti nell’intimo dal loro stesso stile di vita, e quindi l’asserto capovolge immediatamente il suo senso proprio davanti ai nostri stessi occhi e ci fa capire d’acchito che la teologia, oltre a non essere una scienza, è tutt’altro che roba eccelsa e, poiché affonda le proprie radici nella putredine delle più basse bramosie terrene, è davvero intenzionata unicamente ad ingannare. Non può fare diversamente: per la sua stessa sopravvivenza si trova costretta a sostenere come vera un idea del mito che è invenzione e che il Potere considera come impostura necessaria. “Uso ingannatorio, propagandistico, falsificante del mito. – scrive Adriano Prosperi, professore ordinario di Storia Moderna all’Università di Pisa - Pensate ai Protocolli degli "Anziani Savi(?!) di Sion", un documento falso che crea le condizioni per enormi stragi.”
E i teologi, non paghi fin qui della loro sfrontatezza, insistono e aggiungono: (5)“La teologia è ancora la più nobile delle scienze per l’oggetto che considera: Dio; e per ragione del fine, in quanto tende a condurci a Lui, nostra felicità eterna.” Ma, se questo dio è esso stesso la falsità inventata (abbondantemente copiando e traendo ispirazione da falsità precedenti), dove sta la nobiltà? In quanto al fine di condurci a lui, beh, proprio questa teologia ha levigato la strada maestra che conduce direttamente e con certezza (rilevabile perfino dal limitato intelletto umano) alla perdizione spirituale eterna.
Misericordia! Che oceano di balle è stato fatto dilagare nel mondo per l’insulso fine d’impossessarsi di qualche oncia di meschino potere mondano! Quando sarà che tutti gli uomini impareranno a nuotare così bene da poter ritornare con robuste bracciate sulla buona e saggia terraferma della Verità?
Con struggimento profondo comprendo visceralmente il sentimento di esasperazione che ha indotto Friedrich Nietzsche a scrivere queste parole ruggenti:
“II parassitismo come unica prassi della Chiesa; che col suo ideale anemico di "santità" beve fino all'ultima goccia ogni sangue, ogni amore, ogni speranza di vivere: l'al di là come volontà di negazione d'ogni realtà; la croce quale segno di riconoscimento per la più sotterranea congiura mai esistita - contro salute, bellezza, costituzione bennata, coraggio, spirito, bontà dell'anima, contro la vita medesima...
Questa eterna accusa al cristianesimo io voglio scrivere su tutti i muri ovunque siano muri - possiedo caratteri per far vedere anche i ciechi... (senza ombra di presunzione posso affermare di possederli anch’io, ma a che mi servono? Oggi, se si scrive sui muri, ancorché lo scrivere la Verità sui muri sia un atto che, se compiuto, nobiliterebbe i muri, si viene arrestati e, per quanto riguarda il resto delle possibilità non utopiche, non resta altro che constatare che i megafoni, in un mondo globalizzato capace di comunicare efficacemente soltanto per mezzo dei megafoni, sono stati tutti requisiti dai media che li prestano esclusivamente a quelli di loro gradimento, tra i quali non figura mai un portatore di Verità.) Io chiamo il cristianesimo unica grande maledizione, unica grande intima perversione, unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun mezzo è abbastanza velenoso, occulto, sotterraneo, piccino - io lo chiamo unico imperituro marchio d'abominio dell'umanità...
E noi computiamo il tempo a partire dal dies nefastus con cui questa calamità principiò - dal primo giorno del cristianesimo! - Perché non piuttosto dal suo ultimo?! - Da oggi!” (L'Anticristo, TEN, 2a ediz., 1992, pag. 92-93.)
Magari! Del resto, è risaputo che per i cristiani l’annientamento di qualsiasi credo diverso dal loro deve essere realizzato con qualunque mezzo e questo proposito è per loro un imperativo morale. E per piegare l’esistente al volere della Chiesa bisogna che essa, rigidamente, si proclami quantomeno detentrice d’infallibilità.
Comprendo l’incorrotta furia di Nietzsche, perché patisco in prima persona le pene di chi è coinvolto suo malgrado in un grave pasticcio. Infatti, i cristiani, particolarmente i cattolici, sono pure la rovina di tanti altri, poiché ai governanti, oltre al fatto che le giuste pretese della gente siano tenute a debito freno da una fede accecante, fa comodo anche la consistenza elettorale delle masse di perdizione e perciò, lungi dal permettere che vengano erudite sulla Verità, le vezzeggiano concedendo molto al loro culto ottundente, così privando altri del necessario e perfino del valore della loro parola. Considerando soltanto l’Italia, un triste conto orientativo è presto fatto: se negli anni si fosse usato diversamente il denaro versato in vari modi dallo Stato alla Chiesa, oggi non ci sarebbe una sola famiglia italiana sprovvista di una comoda casa di sua proprietà. Questo conto, comunque, è un’ipotesi di possibilità che implica la presenza di un mondo assai diverso dall’attuale. Inoltre, stando le cose come stanno, io sono fermamente convinto che, Chiesa o non Chiesa, il Sistema, per svariate ragioni soltanto sue, non trascurerebbe mai di mantenere presenti delle ampie sacche d’indigenza, in primo luogo per trarre da esse il numero di divise che gli necessitano. In effetti, chi mai si presterebbe ad indossare una divisa, se non fosse sciaguratamente pressato dall’indigenza dovuta all’assenza di altre fonti di guadagno? E’ vero: ci sono anche quelli che la indossano per “vocazione”, ma il numero di questi anomali non risulta mai sufficiente per le esigenze oppressive del Sistema.
Confesso che, personalmente, poco fastidio mi procurano le somme di denaro che finiscono nell’accogliente grembo della Chiesa. Ciò che m’infastidisce molto è il fatto che ingenti quantitativi di denaro siano usati principalmente per mantenere in auge la celebrazione di una menzogna dannosa per lo spirito di chiunque. Io sarei felicissimo che la Chiesa percepisse anche il triplo di quanto incassa oggidì, purché si decidesse, in nome del bene universale, ad abbandonare nel dimenticatoio il culto di una dottrina palesemente scorretta nei propri fondamenti. Dirò di più: durante l’ultimo decennio mi sono trovato in piena sintonia con tutto quanto la Chiesa ha detto in merito a molteplici aspetti dell’esistenza umana e sono del parere che, se si sbarazzasse del pesante ed iniquo fardello della menzogna metafisica, potrebbe aspirare con ragione al ruolo di migliore istituzione umana. Un ruolo guida nelle questioni terrene, che agevolerebbe ogni singolo essere umano nella necessità di effettuare una corretta interpretazione personale della Verità Naturale, ovvero Esistenziale. E, che oggi siano tanti i non credenti che si trovano d’accordo con parecchi concetti esistenziali espressi dalla Chiesa, sta a significare che il laicismo in connubio idilliaco con la scienza ha disilluso una gran quantità di persone.
La Chiesa dovrebbe saper approfittare del momento favorevole a un cambiamento spirituale e sostanziale. Mollata la pesante zavorra, - composta di sacre scritture, che proprio nulla hanno di sacro, bensì tanto di maligno; composta da miracoli, impossibili in quanto, se venisse sovvertita una sola delle Regole interconnesse tra loro e poste con Onniscienza e Onnipotenza (alcuni esempi di sovvertimento impossibile: un astro che arresta il suo corso, una puerpera rimasta vergine, un morto resuscitato, della materia moltiplicata per se stessa, materia inorganica che versa materia organica, l’invisibile mondo spirituale che si rende visibile al mondo materiale), tale sovvertimento, per la sua ingiustizia infinita sconvolgerebbe tutto quanto è stato creato e l’intero Universo cesserebbe di Essere; composta da santi dei quali, chiunque avrà l’appagante ventura di accedere all’Universo Spirituale Eterno, non troverà traccia; - scartate tutte queste cianfrusaglie, la Chiesa potrebbe dedicarsi alla divulgazione dei Principi di Verità e al soccorso umano con rinnovato vigore e ammirabile splendore e senza dover persistere nell’umiliazione di dichiararsi assistita da uno spirito santo (che, se fosse, rappresenterebbe una grandiosa ingiustizia divina, infinita, che toglierebbe al Genere Umano l’Uguaglianza di Specie, assolutamente non eliminabile) per essere creduta e considerata degna del massimo rispetto.
E’ facile da comprendere che la faccenda dello spirito infallibile è una subdola panzana per dotare di credibilità degli impostori che, al fine di garantirsi potere, prestigio e agi mondani con poca fatica, hanno pensato perfino d’istruire i loro futuri “clienti” fin da quando si trovano avvolti dalle fasce e dall’inconsapevolezza più vulnerabile. Tutta la loro dottrina, parimenti a qualsiasi altra dottrina, è stata imbastita mirando ad un unico effetto: “affinché crediate a ciò che ci preme farvi credere”. E “dovete credere a noi per salvarvi, poiché con il “peccato originale” siete dannati ancor prima di nascere.”
Ma... che razza di dio si sono inventati?! E per far quadrare le loro menzogne teologiche si sono inventati pure il “Limbo”. Misericordia! Eh, già: il “Limbo”! Che trovata! Non ancora meritevoli per questioni teologiche né del Paradiso né dell’Inferno, in qualche luogo ultraterreno bisogna pur piazzarli gli spiriti dei bambini che un certo dio lascia morire di fame – con una media di 13 mila al giorno – mentre è tutto intento a sanare l’infermità di qualche vegliardo.
“Unicef: 26 mila bimbi muoiono ogni giorno, metà per fame. I bambini continuano a morire a frotte per fame, per malattie infettive, per cattive condizioni igieniche. Si tratta di 26 mila bambini con meno di cinque anni - l’80% nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale - che nel mondo ogni giorno soccombono a cause ambientali e sociali facilmente prevenibili (l'intervento di un dio non sarebbe necessario, basterebbe l'intervento leale di tutti gli uomini che predicano la Bontà.), praticamente scomparse nei paesi occidentali. Questo dramma quotidiano è segnalato dall’Unicef, che oggi ha presentato il rapporto del 2006 sulla condizione dell’infanzia nel mondo.”
Per fortuna che un dio così orribile è presente soltanto nella fantasia di certuni, altrimenti io credo che avrei trascorso la vita intera a bestemmiarlo con tutte le mie fibre, per avermi coinvolto mio malgrado in un pasticcio così brutalmente crudele ed altrettanto insensato.
Sembra, però, che oggi, dopo secoli d'infondate certezze, lo spirito santo, tanto per riconfermare la propria infallibilità, che di per se stessa esclude ogni tentennamento, e più che mai quello secolare, abbia cambiato le proprie convinzioni e abbia deciso di suggerire ai suoi prediletti che il Limbo non c’è più, anzi: non c’è mai stato. Bah!
Ora, lasciando perdere i ragionamenti più precisi, che schiacciano la menzogna a mo’ di macigni enormi e definitivamente irremovibili, ci si può dilettare intellettualmente, ma non senza un po’ d’irritazione, individuando certe pecche minori, ma ugualmente smascheranti l’inghippo inerente alla subdola questione dello spirito santo.
Mi va di iniziare lo smascheramento riportando un articolo che evidenzia benissimo quanto gli assistiti dallo spirito onnisciente si trovino in grave imbarazzo finanche nel dirimere semplici problematiche che, essendo ben chiarite dalle disposizioni della Natura, neanche come problematiche dovrebbero essere considerate.
“San Paolo (Brasile) - Sono sempre di più i sacerdoti cattolici che chiedono una revisione della legge canonica che li obbliga al celibato (La stessa revisione di una legge canonica esclude perentoriamente l’infallibilità.), con un occhio a quanto avviene in diverse confessioni protestanti dove i pastori possono mettere su famiglia. Il dibattito (L’infallibilità non può dare adito a dibattiti.) è aperto da tempo e la stessa Chiesa sembra avere assunto in materia posizioni un po' meno rigide, anche se non ancora possibiliste. L'ultimo appello arrivato a papa Benedetto XVI è dei preti brasiliani che hanno inserito la loro richiesta nel documento finale della loro convention nazionale, terminata martedì a Indaiatuba, nello Stato di San Paolo.
Il dogma che non c’è - La sollecitazione sarà inviata alla Sacra Congregazione per il Clero, presieduta dal brasiliano Claudio Hummes, ex arcivescovo (detentore d’infallibilità) di San Paolo e che era stato uno dei papabili (idem) nel conclave in cui fu eletto il cardinale tedesco Joseph Ratzinger. E proprio il porporato brasiliano (idem), grande amico del presidente Luiz Inacio Lula da Silva, aveva detto subito dopo il nuovo incarico, che il celibato dei sacerdoti «non è un dogma» (ma… lo è o non lo è? Perplessità di una infallibilità inesistente!) e che il calo delle vocazioni potrebbe indurre la Chiesa a«riflettere su tale questione».
Altro che santa ispirazione onnisciente! Scelte e impostazioni canoniche e dottrinali sono sempre e soltanto ispirate dall’interesse mondano della Chiesa e il calo delle “vocazioni” è una preoccupazione più determinante di qualsiasi ipotetico santo consiglio.
Obiettivo famiglia - Nel documento inviato a Roma si chiedono due tipi di sacerdozio: il celibatario, che potrebbe essere obbligatorio per i religiosi che facciano voto di castità nei rispettivi ordini e congregazioni religiose; e il sacerdozio senza l'obbligo del celibato (ma… con quale intento viene fatto il voto di castità? Forse per far piacere all’Entità Creatrice che ha provvisto l’Uomo di organi assolutamente non “votati” alla castità?! Il voto di castità, più che un omaggio, ha me sembra un’offesa, un grave oltraggio.). E si chiede anche che i vescovi (idem) possano ordinare i coniugati ritenuti degni del sacerdozio, e possano essere reintegrati nell'esercizio del sacerdozio quelli che lo abbiano abbandonato per formare una famiglia.
Sono rintocchi di una campana molto stonata, quelli che accompagnano gli sproloqui sull’incompatibilità della famiglia naturale con il sacerdozio. Le cause vere di questa presunta inconciliabilità sono tutte connesse al nocciolo di una particolare questione economica: se ogni prete dovesse mantenere una propria famiglia più o meno numerosa, le entrate della Chiesa, e quindi del Vaticano, si assottiglierebbero in misura notevole.
Sacramenti ai divorziati - Secondo quanto riferito al quotidiano spagnolo "El Pais" da un vescovo (idem) che non ha voluto rivelare il suo nome, in Brasile già da tempo laici sposati vengono ordinati sacerdoti: «Roma lo sa, ma chiede non sia reso pubblico.».
La falsità e il sotterfugio secolari sono sempre attivi nel comportamento di questa setta. Nella realtà, venendo a mancare la possibilità di rifugiarsi nel “mistero”, la setta religiosa confida nell’occultamento per non rendere evidenti tutte quelle magagne che la screditerebbero immediatamente anche agli occhi dei tanti poveri di spirito che formano il suo gregge.
I sacerdoti brasilianichiedono anche che si cambi la nomina dei vescovi per renderla più democratica (e lo spirito santo che ne dice? La sua infallibilità muterà le proprie convinzioni poco democratiche?) e che si consenta ai divorziati, che si siano rifatti una nuova famiglia, di accedere ai sacramenti.” (CORRIERE DELLA SERA.IT)
Eh, già: con l’andazzo in corso, la Chiesa rischierebbe di assistere a un inquietante sfoltimento del proprio gregge, se persistesse nell’emarginare i divorziati. Ennesima comprova di una torva realtà: è sempre l’interesse mondano a dettare la conveniente morale della conveniente dottrina. Una direttiva comportamentale sempre dettata dalle opportunità offerte dalle circostanze, che viene seguita pure nell’accomodamento delle incomprensioni con le altre religioni. “Accomodamento” che, in altri tempi, assai più favorevoli per la Chiesa, è stato gestito con intolleranza estrema da parte dello spirito santo. Al giorno d’oggi, invece, in un periodo di vacche magre non è affatto conveniente che le beghe tra religioni rendano reciprocamente palesi le rispettive falsità. Oggi, non risulta più fruttuoso cercare di fare proseliti pescandoli tra i credenti in altre dottrine. Oggi, la prima preoccupazione dei mistificatori è quella di far sì che l’intera torta teologica redditizia non debba subire una drastica riduzione delle sue dimensioni e la convenienza di ogni singola setta sta nell’accontentarsi della fetta che al momento le spetta, sperando che non si assottigli troppo. Oggi, è il tempo opportuno per parlare di fratellanza e per instaurare un sagace dialogo ecumenico.
Ma, adesso, torniamo ad occuparci di pedofilia clericale alla luce dello spirito santo e della sua infallibilità, così com’è concepita in una sua accezione dai teologi cattolici: “L’infallibilità della Chiesa si estende alla disciplina generale della Chiesa. Questa proposizione è teologicamente certa (ma è quel “teologicamente” il contenitore della menzogna.). Col termine “disciplina generale della Chiesa” si intendono quelle leggi ecclesiastiche stabilite per la Chiesa universale per la direzione del culto e del vivere cristiano.
L’imposizione di comandi non appartiene direttamente all’officio docente, ma all’officio di governo; le leggi disciplinari sono solo indirettamente oggetto dell’infallibilità, cioè, solo a motivo della decisione dottrinale in esse implicita. Quando i legislatori della Chiesa promulgano una legge, essi compiono implicitamente un duplice giudizio: “Questa legge quadra con la dottrina della fede e con la morale della Chiesa”; cioè, non impone nulla che diverga dal sano credere e dalla buona morale. Ciò equivale ad un decreto dottrinale.”
“Il dono dell’infallibilità non riguardava solo gli Apostoli che ascoltavano a viva voce le parole di Gesù (fatto che non è mai avvenuto), ma riguarda i successori di Pietro e i successori degli Apostoli uniti e sottomessi al Santo Padre.
Il dogma della infallibilità fu definito solennemente durante il Concilio Vaticano I, nell’anno 1870, con la costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” che, confermando l’essenza dell’insegnamento impartito dal Quarto Concilio di Costantinopoli, stabilì quanto segue:
«Noi, quindi, aderendo fedelmente a una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede e i costumi dev’essere ritenuta da tutta la Chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quell’infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua Chiesa allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della Chiesa».
Se esaminiamo alla luce dei fatti i loro concetti di “sano credere”, di “buona morale”, di “vivere cristiano” e di “costumi”, possiamo correre il rischio di essere sopraffatti dall’orrore, ed è forse per questo motivo di carattere prudenziale che qui di seguito io non mi azzardo a proporre qualcosa di più di una dose monocromatica del variegato ed imponente cumulo d’indecenze. Proporre in una sola volta l’esame completo di tutto il cumulo, potrebbe condurre a un impatto insostenibile sia per lo spirito di molti sia per il mio.
“Forte con i deboli e debole con i potenti. A leggere le inchieste e le rivelazioni sulle coperture del Vaticano ai sacerdoti accusati di pedofilia sembra di assistere a un capovolgimento dei valori della Chiesa.
Oh, spirito santo! Eternamente “sicuro” ed “infallibile”!
Scandali come quelli statunitensi e irlandesi o come l'incredibile vicenda di don Gelmini aprono crepe nella credibilità delle istituzioni ecclesiastiche.
Nel libro “Viaggio nel silenzio” Vania Lucia Gaito raccoglie testimonianze e documenti inediti, fondendoli in una panoramica planetaria delle coperture concesse dalle curie ai protagonisti dei reati.
C'è la lettera-memoriale inviata a Giovanni Paolo II da un gruppo di sacerdoti e fedeli messicani contro padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo. E c'è pure il racconto del calvario di Alessandro Pasquinelli: «Nel gennaio del 2004 ho patteggiato una condanna per pedofilia. Ho patteggiato senza saperlo. E ho da scontare tre anni senza aver fatto nulla.»
Perché accettare una pena senza difendersi? L'ex parroco Pasquinelli sostiene di avere potuto provare la sua innocenza e mostra all'autrice del volume documenti e testimonianze.
«Mi fecero firmare un foglio in bianco. Dissero che ci avrebbero scritto un mandato per l'avvocato. Invece ci scrissero il patteggiamento. E il patteggiamento ci fu, senza che io neanche ne sapessi nulla. Mi venne comunicato a cose fatte dal mio vescovo (detentore d’infallibilità in questioni di “buona morale”).»
Che interesse poteva avere un vescovo a far condannare un suo sacerdote innocente?
Pasquinelli non accetta: dichiara di avere reagito alle prime voci con denunce. Mentre il vescovo di Pescia gli avrebbe consigliato il quieto vivere: «Con me fu chiarissimo: “Io obbedisco al Vaticano: il Vaticano dice di trasferire senza scandali, e io ti trasferisco”.» E così fece. Senza accertare i fatti, senza fare alcun genere di indagine, nulla. Pasquinelli elenca perizie a sostegno della sua innocenza. Ma quando diventa formalmente indagato entra in depressione. Fino a quella firma sul foglio bianco che si trasforma in una condanna “benedetta” dal vescovo. Perché, sostiene, la Curia non voleva che la sua difesa al processo potesse far emergere ben altri scandali. Uno tra i tanti: «Non voleva che si sapesse, poi, di Enrico Marinoni, un sacerdote che era stato prelevato dalla diocesi di Fiesole, il quale aveva alle spalle storie di adescamento di minori. Il vescovo l'aveva nominato responsabile dell'Azione cattolica bambini. Era stato come affidare le pecore al lupo, don Enrico si era scatenato, alla fine c'erano state le denunce e aveva patteggiato due anni e sei mesi.».
Pasquinelli dopo la sentenza ha reagito, chiedendo gli atti per andare al dibattimento e il vescovo lo ha sospeso (Per consiglio dello spirito santo?). Da lì un percorso che lo ha visto lasciare la diocesi, per poi prendere moglie e diventare un alfiere dei preti sposati. Ma il suo racconto colpisce. Perché parte dal seminario: «Ho l'impressione che ci fosse una percentuale di omosessuali molto alta. È capitato anche a me di ricevere proposte.» La più esplicita: «Venne da un mio compagno che, quando io ero in seminario, era già stato ordinato sacerdote.» Descrive l'approccio, il bacio: «Lui continuò ad abbracciarmi e mi disse: “La nostra è un'amicizia sacra.” Io non riuscivo a dire nulla, l'imbarazzo era troppo forte. Ero pietrificato. E a quel punto lui cercò di sbottonarmi i pantaloni.»
A Roma viene indirizzato «a un prelato del Vaticano con un ruolo molto importante. Telefonai e mi fu fissato un appuntamento. I miei amici, quando lo seppero, esplosero in risate e battutine: “Ah, ma vai da Jessica! Attento! Mettiti la cintura di castità!”. Pensavo che scherzassero, e invece avevano ragione. In Vaticano mi ricevette in uno studio splendido, elegantissimo... Cominciò a lisciarmi le gambe, poi ad accarezzarmi. Io ero gelato. Poi arrivò alla cerniera dei pantaloni. Mi salvò il telefono: lui dovette rispondere e io mi alzai e andai alla porta.» (L’ESPRESSO)
In questa vicenda non trovo traccia alcuna dell’influenza dello spirito santo nella “direzione” del “vivere cristiano”. Uno spirito santo inteso come buon consigliere infallibile. Se, invece, lo consideriamo come infida metafora della forza attiva del Male… beh, può essere.
“Il papa si è rivolto ai vescovi irlandesi ed è intervenuto più volte nello scandalo statunitense, ma nessuno conosce l'estensione del problema pedofilia nella Chiesa italiana. Perché alla discrezione, che giustamente protegge indagini con vittime minorenni, si aggiunge un rispetto verso le gerarchie ecclesiastiche, che porta a tutelare il segreto istruttorio in modo eccezionale. Una cortina di riservatezza che, secondo molte denunce, incentiva anche una spinta al silenzio da parte delle curie, dove la preoccupazione non è punire i colpevoli, ma evitare la pubblicità negativa, tentando ogni strumento per delegittimare chi trova la forza di ribellarsi alla violenza.
All'età di 12 anni Marco Marchese è stato violentato nel seminario vescovile di Favara, nell'Agrigentino. Don Bruno, il sacerdote che ha abusato di lui e di altri sei minorenni, nel 2004 ha patteggiato ed è stato condannato a poco meno di tre anni. La prossima settimana inizierà il processo anche in sede civile contro don Bruno, il seminario e la curia della città siciliana, a cui i legali di Marco Marchese chiedono 65 mila euro di risarcimento per danni biologici e una cifra ancora da quantificare per i danni morali. Non una grossa somma, per una violenza che ha accompagnato tutta l'adolescenza e che è costata a Marco gravi problemi di salute, lunghe terapie in analisi e un tentativo di suicidio. «Ci siamo attenuti alla percentuale di danno biologico indicata nella perizia medica di parte.», spiega l'avvocato.
Non si è fatta attendere la contromossa della curia che chiede un risarcimento di 200 mila euro a Marco, colpevole di aver infangato l'immagine del vescovado. La controcitazione recita: “La curia vescovile di Agrigento ha subìto e continua a subire, a causa del comportamento offensivo e oltraggioso tenuto dal Marchese, pesanti danni che si ripercuotono sull'immagine, sul decoro e sul prestigio che la curia riveste nell'opinione pubblica”. Il vescovo, tramite il suo legale, ha ritenuto di dover essere risarcito. Nella stessa controcitazione si legge che “il comportamento lesivo tenuto dal Marchese, concretizzatosi nell'abnorme pubblicità compiuta anche a mezzo Internet, ha infangato il prestigio della curia” (Quale prestigio?! La pomposità che abbaglia gl’ignavi? Roba che non vale più di due centesimi, sebbene assorba gran parte degli introiti della Chiesa, di certo non vale duecentomila euro.). Insomma: anche se un dodicenne è stato stuprato nel seminario, non c'è bisogno di alzare tanto polverone.
Quando Marco è entrato nell'istituto religioso di Favara non poteva passare inosservato. Capelli neri e grandi occhi verdi, era introverso e sensibile, più fragile degli altri (Forti con i deboli e deboli con i potenti). E più bello. In quei corridoi lunghi e freddi e in quelle stanzette da dividere con altri seminaristi scopre tutto sul sesso. Quello sbagliato, quello di un adulto con un ragazzino. A guidarlo, a fargli da padrino, c'era don Bruno: «Non devi parlarne con nessuno - gli ripeteva - il nostro è un rapporto unico, non è peccato e quindi non lo devi neanche confessare.». Quando don Bruno tornò dal bagno dopo il primo rapporto gli chiese soltanto: «Ti sei sporcato?» Altre volte lo avrebbe sporcato, soprattutto nell'anima. Marco soffriva di coliche, non riusciva a dormire e aveva frequenti attacchi d'asma. Ora racconta che tutti i malesseri sono scomparsi quando scappò dal seminario e trovò il coraggio di denunciare tutto.
Non è stato preso alcun provvedimento nei confronti di don Bruno, che ancora oggi, dopo aver patteggiato, esercita il ministero sacerdotale. Con il beneplacito del vescovo e dei suoi superiori (e dello spirito santo no?). Nella sentenza di condanna al sacerdote venivano concesse le attenuanti generiche perché “la complessa vicenda che ha visto protagonista il religioso va inscritta in quel particolare clima che caratterizza le comunità chiuse come il carcere, i collegi, i seminari, le navi durante lunghe navigazioni (ambienti innaturali, potentemente malsani) dove spesso si instaurano, tra soggetti deboli ed esposti, dinamiche a sfondo omosessuale”. Marco, che oggi ha 23 anni, nel dolore ha trovato la forza di laurearsi in psicologia, di fondare un'associazione che si occupa di minori molestati e gira l'Italia per testimoniare il suo calvario. (FISICA/MENTE)
“In Italia, la prima causa legale contro una curia, accusata di essere responsabile dell'operato di un suo parroco, è stata presentata a Napoli. Gli avvocati chiedono 170 mila euro perché l'ex arcivescovo, il cardinale (emerito detentore di spirito santo) Michele Giordano, “era a conoscenza del vizio di padre Giovanni, ma non fece niente per impedire che molestasse sessualmente Gaetano, un ragazzo di 14 anni con lieve ritardo mentale” (Forti con i deboli e deboli con i potenti). Questa settimana il tribunale deciderà se accogliere le motivazioni dei legali di Gaetano e procedere nell'iter che potrebbe costringere la curia a risarcire i danni, morali e psichici, subiti dal ragazzino. Un precedente assoluto che, se accolto, aprirebbe la strada in Italia a decine e decine di risarcimenti milionari (liquidati con l’8 per mille e le offerte, cospicue e non, ma sempre numerose, dei fedeli). La tesi dei legali si fonda su una lettera che Franco Poterzio, medico psichiatra e docente all'Università Statale di Milano, scrisse al cardinal Giordano. Nella lettera lo psichiatra informava l'arcivescovo che padre Giovanni “è affetto da disturbo bipolare di primo tipo, in fase di grave eccitamento maniacale”. Poterzio segnalava anche l'opportunità che il sacerdote fosse allontanato dai servizi di catechesi e comunque non fosse lasciato solo insieme ai ragazzini. Il professore per tre volte ha parlato al telefono col cardinale (detentore d’infallibilità in questioni di “buona morale” per la “direzione” del “vivere cristiano”). Inutilmente.
Padre Giovanni aveva delle attenzioni particolari verso i suoi chierichetti. Uno di questi, Gaetano, aveva qualche problema di apprendimento e per questo era seguito dagli assistenti sociali. Sono stati loro a denunciare quel prete alla magistratura. Dagli atti del processo svolto a Napoli si scopre che durante una gita organizzata dalla parrocchia a Marechiaro, mentre sono tutti in mare, Gaetano viene abbracciato da dietro da padre Giovanni. Alle assistenti sociali e al magistrato, racconterà di aver sentito “il suo pene che struscia sul mio sedere” (che “santa vocazione”!). In un'altra occasione, il 15 dicembre dello stesso anno, durante un viaggio a Roma, il sacerdote e Gaetano passano la notte nell'istituto dei Padri missionari della Carità, in via di sant'Agapito 8. Secondo il racconto di Gaetano, padre Giovanni si sarebbe accoppiato davanti a lui con altri due ospiti di sesso maschile. Il terzetto avrebbe costretto Gaetano ad assistere, chiedendogli anche di partecipare. I riscontri della polizia giudiziaria hanno verificato la presenza del sacerdote e del ragazzo nell'istituto religioso, ma non hanno potuto scoprire se l'orgia c'è stata davvero. Il tribunale, al termine di una lunga istruttoria, nel 2002 decreta il non luogo a procedere perché “il fatto è stato commesso in stato di incapacità di intendere e di volere” (consueto “rispetto” nei riguardi delle gerarchie ecclesiastiche utili al mantenimento del Sistema?) In attesa dell'esito della causa civile, la curia non ha adottato alcun provvedimento di cautela. Dopo le parole dei giudici, dopo le perizie psichiatriche, dopo le stesse ammissioni di padre Giovanni, l'unica misura del vescovado, ora retto dal cardinale Sepe (altro detentore d’infallibilità in questioni di “buona morale” per la “direzione” del “vivere cristiano”, ad ulteriore conferma dell’insostenibile menzogna), è stato quello di un suo primo trasferimento in una parrocchia del quartiere popolare dell'Arenaccia e la sua successiva destinazione come cappellano in uno dei più importanti ospedali napoletani. Oggi padre Giovanni si sveglia tutti i giorni all'alba, dice la prima messa alle 7.45 del mattino e poi passa a dare parole di conforto e di fede tra le corsie dell'ospedale, anche nel reparto pediatrico, dove 42 lettini ospitano ogni anno 3 mila bambini.” (FISICA/MENTE – L’ESPRESSO)
E nemmeno in questo resoconto di una realtà ripugnante trovo qualche buona conferma dell’edificante presenza dello spirito santo presso chi asserisce di esserne assistito.
“Morali, se non penali, sono le responsabilità del vescovo di Arezzo, monsignor Gualtiero Bassetti. Fu lui che, nel 2000, ordinò sacerdote don Pierangelo Bertagna, al centro del maggiore scandalo di pedofilia che abbia di recente colpito la Chiesa italiana. L'11 luglio 2005 don Bertagna, parroco di Farneta, in provincia di Arezzo, viene arrestato dai carabinieri con l'accusa di aver abusato di un tredicenne. La denuncia era partita dalla madre a cui il ragazzino aveva raccontato dei particolari toccamenti che subiva da Bertagna. Ma nessuno poteva immaginare cosa nascondesse il parroco. Fondatore della comunità Ricostruttori di preghiera, il sacerdote predicava una vita di ascesi. Lui stesso, barba lunga e personalità carismatica, dormiva sul pavimento e si cibava di verdura. Nel 2000 fu ordinato sacerdote nel duomo di Arezzo. Cinque anni dopo esplose la vicenda e il vescovo affidò all'Ansa, un unico commento: «Siamo rimasti sbalorditi nell'apprendere dell'arresto. Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere; don Bertagna è sempre stato un ottimo sacerdote (Valutazione fatta, ovviamente, con il concorso dello spirito santo.). Speriamo che le indagini portino in breve ad accertare la verità (vi è mai capitato di udire le medesime parole pronunciate dai colleghi di una divisa inquisita per qualche reato grave? Più che lo spirito santo, agisce lo spirito di corpo.)»
Quello che sembrava uno scandalo di provincia diventò un terremoto che dall'epicentro di un paese di poche anime arrivò a scuotere i palazzi del Vaticano. Dopo la prima confessione del sacerdote, che ammise di aver violentato il tredicenne, crollò il muro di omertà e molti genitori denunciarono fatti analoghi in un crescendo che terrorizzava gli stessi inquirenti (un problema anche per costoro, mantenere comunque il “rispetto” per i prelati!). Poi, a settembre, nel corso di un interrogatorio Bertagna crollò e ammise di aver abusato di 38 minorenni. Dieci vittime sono della Valdichiana, la zona che circonda l'abbazia millenaria di Farneta, dove viveva Bertagna. Dei 38 casi rivelati dal sacerdote, i carabinieri hanno trovato finora 18 conferme. Ma l'indagine prosegue per scoprire eventuali molestie commesse in seminario.
Ci sarebbe di che interrogarsi sull'efficacia delle misure adottate dalla Chiesa italiana per impedire altri orrori. Mentre ancor oggi la soluzione per i sospetti, per i dubbi e anche per le denunce che segnalano l'evidenza, è troppo spesso soltanto il trasferimento. Che lascia il sacerdote solo alle prese con le sue turbe ed espone nuove vittime alla violenza.” (FISICA/MENTE – L’ESPRESSO)
Niente, dello spirito santo non c’è traccia.
“Con gli Stati Uniti, l'Irlanda è la nazione dove la Chiesa ha più fatto scandalo.
In Irlanda, i vescovi hanno accertato che in sessant'anni, dal 1945 al 2004, i sacerdoti implicati in abusi sessuali su minori di 18 anni sono stati 105, quasi il 4 per cento del totale dei preti, con circa 400 vittime (ma, se consideriamo che l’accertamento è stato eseguito da dei vescovi infallibili...) Di quelli tuttora in vita, otto sono stati condannati al carcere dopo un processo penale, altri 32 hanno in corso un processo civile. Altri ancora non hanno avuto una condanna giudiziaria per l'impossibilità di provare azioni troppo lontane nel tempo. Negli Stati Uniti è lo stesso. Anche lì si è accertato (sempre e soltanto secondo le investigazioni svolte dai vescovi infallibili) che sono stati circa quattro ogni cento, nell'ultimo mezzo secolo, i sacerdoti che hanno commesso abusi sessuali su minori: 4.392 su un totale di 110 mila preti diocesani e religiosi. I tre quarti dei crimini si sono avuti negli anni tra il 1960 e il 1984, quando la prassi usuale era semplicemente di trasferire il colpevole da un incarico all'altro, magari inframmezzando sedute di psicoterapia che in realtà non cambiavano nulla (Non si combatte il Male con la psicoterapia, bensì con la precisazione della Verità che sbaraglia le difese del Male, ovvero le sue menzogne.). Questa prassi irresponsabile (ma che consigli darà mai questo fluttuante spirito santo nelle questioni inerenti la “direzione” del “buon vivere cristiano”) e indulgente si è protratta fino ad anni molto recenti, finché nel 2002 è esploso sui media lo scandalo e tutto si è scoperchiato (Si sono scoperchiate le pentole del diavolo che sono proverbialmente senza coperchio?! Macché! Erano tutte lì, conformemente senza coperchio, ma quasi tutti gli esseri umani erano troppo imbambolati dalle prediche per avere l'ardire di dare un'occhiata ai contenuti e i pochi che riuscivano a guardare venivano aspramente (eufemismo) zittiti.). Un numero molto alto di cause hanno invaso i tribunali civili e sulle diocesi sono cadute ingenti richieste di risarcimento. Anche qualche vescovo ne è uscito travolto, non solo per aver coperto gli abusi, ma per averne personalmente commessi (Mentre lo spirito santo assisteva? Si deve ben comprendere, sebbene si tratti di una logica lampante, che un solo caso di errore specifico, commesso da un detentore di quell'infallibilità profusa per dogma dallo spirito santo in questione, è più che sufficiente per liquidare come assolutamente infondata tutta la faccenda dell'infallibilità. L'infallibilità non può sbagliare con uno e agire giustamente con tutti gli altri suoi beneficiari. O non sbaglia mai, o sbaglia sempre e in tal caso infallibilità non è.).
Uno di questi (vescovi), Anthony O'Connel di Palm Beach in Florida, fece nel 2002 un'ammissione rivelatrice. Disse che nel compiere tali atti si sentiva influenzato dallo spirito di quegli anni Settanta: «Nei quali dettava legge il rapporto Masters & Johnson e imperava un clima di trasgressione sessuale.».
Paurosamente influenzabile dai “costumi” terreni, questo spirito santo disceso dal cielo!
In alcune cortidi giustizia, negli Stati Uniti, si è arrivati a citare in giudizio la Santa Sede come corresponsabile dei crimini in esame. L'ultima richiesta del genere è venuta lo scorso maggio da un tribunale dell'Oregon. Ma finora sono state tutte bloccate in forza dell'immunità della Santa Sede come stato sovrano (Ecco, in verità, a cosa s'aggrappa lo spirito santo per non fare una figuraccia oltremodo barbina!).
L'8 febbraio 2005, ricevendo in Vaticano Condoleezza Rice, l'allora segretario di Stato Angelo Sodano (ispirato santamente?!) chiese alla sua omologa negli Stati Uniti di intervenire in difesa dell'immunità della Santa Sede, chiamata in giudizio da un tribunale del Kentucky. Il che avvenne.
In Italia, come è raccontato per esteso nelle pagine seguenti, le cifre degli abusi sessuali commessi da preti sono meno impressionanti che negli Stati Uniti e in Irlanda (Forse perché l’Italia è più a portata della “lunga mano” del Vaticano?). Il segretario generale della Conferenza episcopale, Giuseppe Betori, nel 2002 definiva il fenomeno “talmente minoritario da non meritare un’attenzione specifica” (Anche in questo caso è stato lo spirito santo a coadiuvarlo nella valutazione “giusta” di un fatto che riguarda la “morale”).
Anche Ratzinger, quand'era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (secondo il dogmatismo, uno dei maggiormente assistiti dallo spirito santo. Non c’è nulla da fare: ovviamente sono tutti fatti della stessa pasta, altrimenti non sarebbero accoliti della medesima setta nefasta.), era meno intransigente di oggi (Instabilità dello spirito santo?). I delitti contro il sesto comandamento (quello che dice: non commettere atti impuri) erano di competenza esclusiva della sua congregazione, ma in vari casi denunce anche molto circostanziate non trovavano in essa alcun seguito (carenze o mutismo dello spirito santo?). Ancora nel novembre del 2002, quando lo scandalo negli Stati Uniti era all'acme, Ratzinger minimizzò il numero dei preti colpevoli: “meno dell'1 per cento”, e attribuì l'esplosione dello scandalo soprattutto al “desiderio di screditare la Chiesa” (Solita tiritera difensiva che viene invalidata dal fatto evidente che la Chiesa si scredita da sola, poiché, come ho rilevato più volte, il Male sa fare le pentole, e ne fa tante, ma non sa fare i coperchi. Certo che questo spirito santo non ne azzecca una! Il suo logo? Potrebbe essere questo: "Non solo Galileo.").
Poi, però, cambiò strada (Ravvedersi è cosa ottima, ma il ravvedimento non appartiene proprio alle peculiarità dell’infallibilità.). Era l'autunno del 2004 e Ratzinger ordinò al promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede di ripescare negli scaffali tutti i processi dormienti riguardanti il sesto comandamento. L'ordine era: «Ogni causa deve avere il suo corso regolare.» (corso solamente canonico, però). In altre parole: nessuno poteva più essere ritenuto intoccabile, nemmeno tra i protetti dell'allora potentissimo cardinale Sodano e nemmeno tra i prediletti del papa (“Mi pare” che anche quest’ultimo “titolo” conferisca una certa infallibilità ad un mortale.) regnante Giovanni Paolo II.
Cominciarono o ricominciarono così, tra le altre, le investigazioni contro due fondatori di ordini religiosi con forti appoggi nella curia: l'italiano Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, e il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, entrambi accusati di abusi sessuali contro loro giovani seminaristi e discepoli e di gravissime violazioni del sacramento della confessione (Ah, se in merito a questo tipo di violazioni, si mettessero a parlare tutte le donne e i minorenni di questo mondo! E se a questo coro eventuale potessero unirsi le voci dei trapassati di ogni epoca cristiana! Dopo un simile uragano, – altro che polverone! – resterebbe ancora in piedi una sola pietra riconducibile alla struttura edile di una chiesa?). (L’ESPRESSO)
Cominciarono o ricominciarono così, tra le altre, le investigazioni contro due fondatori di ordini religiosi con forti appoggi nella curia: l'italiano Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, e il messicano Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, entrambi accusati di abusi sessuali contro loro giovani seminaristi e discepoli e di gravissime violazioni del sacramento della confessione (Ah, se in merito a questo tipo di violazioni, si mettessero a parlare tutte le donne e i minorenni di questo mondo! E se a questo coro eventuale potessero unirsi le voci dei trapassati di ogni epoca cristiana! Dopo un simile uragano, – altro che polverone! – resterebbe ancora in piedi una sola pietra riconducibile alla struttura edile di una chiesa?). (L’ESPRESSO)
"?!"
“Due grandi quotidiani nazionali riportavano ieri la notizia di accertamenti in corso da parte della procura su un presunto coinvolgimento del vescovo ausiliare mons. Claudio Maniago in casi di festini a luci rosse e ricatti.
Accuse come macigni.
Il vescovo ausiliare di Firenze, chiamato in causa da alcuni testimoni tra cui due sacerdoti e due dipendenti civili della Curia stessa, è finito nel tritacarne delle accuse indicibili che stanno destabilizzando la Chiesa fiorentina, e che ha visto già una testa cadere, quella di don Lelio Cantini, ex parroco della chiesa “Regina della Pace”, indagato - insieme alla sua perpetua “veggente” (lo spirito santo dei non eletti), Rosanna Saveri - dalla Procura di Firenze per violenze sessuali, psicologiche e plagio.
Don Cantini è già stato “condannato” dal Vescovo, il cardinale Ennio Antonelli, al termine di un processo canonico – “essendo i fatti a lui contestati ormai lontani nel tempo e giuridicamente prescritti (ma non esistenzialmente prescritti)” - al divieto (per cinque anni) di confessare, di celebrare messa e gli altri sacramenti, di assumere incarichi ecclesiastici. Ma quelle accuse, anche se lontane nel tempo (le violenze anche contro ragazze minorenni dai 12 ai 17 anni), sono state ritenute fondate. E l’inchiesta aperta dalla Procura di Firenze avrebbe anche raccolto testimonianze di abusi e di violenze più recenti.
Nell’ambito di questa indagine sono emerse le accuse nei confronti del vescovo ausiliare, Claudio Maniago, che “sapeva” cosa faceva don Cantini e lo avrebbe protetto, coprendolo anche nella gestione (privatistica) del patrimonio immobiliare, frutto delle “donazioni” dei parrocchiani. Di più, secondo le testimonianze raccolte in Procura, anche il Vescovo Maniago avrebbe partecipato a degli incontri sessuali, l’ultimo nel 2003, e avrebbe “minacciato” i testimoni "esortandoli" al silenzio.
Storie indicibili, di festini a luci rosse. Le vittime delle violenze subite da don Cantini già nel 2004 si rivolsero al Vescovo Maniago, per chiedere aiuto. Ma non accadde nulla. Solo un anno dopo, si rivolsero al vescovo Antonelli e il 20 marzo del 2006 addirittura a Sua Santità Benedetto XVI, cioè a papa Ratzinger.
Il 21 aprile scorso, il pm Paolo Canessa, riceve nel suo ufficio un uomo, P. C., gay dichiarato, che ha riconosciuto nella foto pubblicata sulle pagine locali di un quotidiano il vescovo Maniago, come colui che partecipò, nell’agosto di dieci anni fa, a un incontro “sadomaso”. «Feci un annuncio sul periodico “Contattiamoci” (Letto, evidentemente, anche dal vescovo. Che edificanti “letture” consiglia lo spirito santo!) nella rubrica “sadomaso” - verbalizza il testimone - e un giorno fui chiamato da una persona che poi seppi essere un sacerdote che si presentò come “don Andrea”, che mi diede appuntamento alla Certosa del Galluzzo a Firenze e che poi mi portò sulla costa vicino Cecina. Ebbi un primo rapporto con don Andrea, che poi mi ospitò in quella che indiscutibilmente era la canonica di una chiesa. La mattina dopo, don Andrea e un altro sacerdote, don Mauro, mi dissero di prepararmi che sarebbe arrivato il “padrone”. C’erano anche due “ragazzi di vita”, meridionali... Il “padrone” l’ho riconosciuto in fotografia, era Claudio Maniago...».
Storia incredibile, quella verbalizzata da P. C. (in parte accennata sulle pagine locali di un quotidiano e per questo l’uomo è stato minacciato). Il testimone racconta della sua crisi, quella sera, del suo abbandono, della fuga. E che fu ricontattato da don Andrea che gli offrì (e poi diede) dei soldi, oltre tre milioni di lire: «Avevo paura - ha verbalizzato - che si potesse pensare a un’estorsione per comprare il mio silenzio... ma loro dicevano di volermi fare soltanto un’offerta...».
P. C. ha indicato al pm Canessa la possibilità di trovare dei riscontri: «Quei soldi mi furono bonificati sul conto della agenzia 1 della Banca di Iesi (poi Banca delle Marche ndr.)». Effettivamente, dai primi accertamenti è confermata una movimentazione proprio in quel periodo. Un “indizio” che non prova nulla, ma che, evidentemente, rappresenta per gli inquirenti un punto a favore della credibilità del testimone. Ma non è soltanto questa “accusa” ad aver convinto la Procura di Firenze ad allargare le indagini sugli abusi sessuali compiuti da don Cantini, il padre spirituale, il “maestro” che ha guidato il vescovo Maniago nel suo percorso che lo avrebbe portato ad indossare la tonaca. Ci sono i testimoni della Curia.” (LA STAMPA.IT)
Si potrebbe rimestare ancora a lungo tra quest’abbondante immondizia carnale e spirituale, ma non si riuscirebbe comunque a ravvisare nessun atto benignamente influenzato da uno spirito santo, magari anche soltanto parzialmente infallibile.
Tempo sprecato. Finché la Verità non verrà fatta conoscere alle masse, nulla cambierà e l’immondizia aumenterà.
Ora, piuttosto, vien da meditare con sensazioni di orrore crescente su una considerazione che s’impone alla mente. Se nell’opulento e controllato Occidente certe oscenità risultano così largamente diffuse nel tessuto del clero (e democraticamente ci è dato modo di conoscerne soltanto una porzione minima), è mai possibile che le missioni sparse nel Terzo Mondo, ove i controlli sono inesistenti e le popolazioni non hanno voce, siano risparmiate da questa piaga carnale e morale?
E’ meglio che io non riferisca ciò che è giunto al mio orecchio, potrebbe trattarsi di esagerazioni, perché è duro da far credere che proprio tutte quelle povere creature oltremodo diseredate subiscono per giunta anche l’oltraggio di… ma penso che il dovere d’indagare coscienziosamente debba pur spettare a qualcuno. Magari a dei giornalisti, ancora provvisti di uno spirito vivo, dato che le istituzioni non sembrano affatto disposte a farsi carico di certe preoccupazioni squisitamente umane. Oppure vogliamo considerare prive di valore esistenziale tutte le genti del Terzo Mondo? Sarebbe un guaio grosso, poiché non è difficile comprendere che, se anche un solo uomo viene considerato privo di valore, codesta valutazione ricade logicamente su tutta L’Umanità.
Qualche avvisaglia dello scempio occulto, perpetrato ai danni di creature misere e assolutamente non difese dalle istituzioni di quel mondo che, paradossalmente, ambirebbe ad essere considerato innocente, si può riuscire a rinvenirla sulla stampa, ma resta il dubbio che quanto la stampa fa emergere sia ben poca cosa rispetto alla tristissima realtà illustrata dalle voci portate dai venti. Comunque, tutto ciò che delle più vergognose tragedie sociali viene reso pubblico, io sono intenzionato a riportarlo fedelmente in questo blog, che di proposito riserva qua e là degli spazi a mo’ di prati ove disporre in dignitoso ordine delle lapidi prive di croci. Senza croci, almeno dopo la morte.
“Pedofilia:12 anni al prete missionario in Nicaragua. - Don Marco Dessì, il padre missionario originario di Villamassagia (Cagliari) è stato condannato dal gup di Parma al termine del processo con rito abbreviato, a 12 anni di carcere per abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Ieri il pm Lucia Russo, al termine di una requisitoria durata quasi due ore aveva chiesto 16 anni di pena. L’accusa aveva ricordato tutte “le prove schiaccianti” che testimoniano come il prete 59enne, abbia abusato, un numero imprecisato di volte, nell’arco di circa vent’anni, degli orfanelli ospitati a Chinandega (Nicaragua), dove lo stesso don Dessì ha dato impulso a una grande missione umanitaria, Betania, che comprende scuole, ospedali, centri di addestramento professionale e ricoveri. A denunciare il religioso, finito in manette lo scorso 4 dicembre, erano stati il comune di Correggio e l’associazione Rock No War, che avevano ospitato giovani della comunità raccogliendo le loro drammatiche testimonianze sulle violenze subite da bambini.” (Yahoo News)
“Francia: otto anni a un prete stupratore di minori.- Un sacerdote cattolico accusato di avere abusato sessualmente di sei ragazzini senegalesi è stato condannato a otto anni di reclusione dalla Corte d'Assise di Nanterre, nella Francia settentrionale. Per padre Francois Lefort, oggi 59/enne, il procuratore generale Olivier Auferil aveva chiesto una condanna da 13 a 15 anni di reclusione.
Il religioso era accusato di corruzione di minori, aggressione sessuale e stupro ai danni di ragazzi di strada incontrati in Senegal. I fatti erano avvenuti in un centro di accoglienza nel paese africano e nell'abitazione del sacerdote a Neuilly sur Seine, alla periferia di Parigi.
Subito dopo la lettura delle sentenza, padre Lefort è stato arrestato e tradotto in carcere.
Ad averlo portato sul banco degli imputati sono alcuni di quei ragazzi che aveva incontrato in Senegal e in Francia quando si occupava per ragioni umanitarie (“ragioni” che sarebbe doveroso esaminare a lungo. Ma molto a lungo!) di bambini e ragazzi di strada.” (SWISSINFO.ORG)
“Natale e Capodanno in cella a Gibuti per il missionario trentino don Sandro De Pretis. - Si è svolta nella mattinata del 29 dicembre, nel tribunale di Gibuti, l’udienza per don Sandro De Pretis, 52 anni, sacerdote trentino in carcere a Gibuti, piccolo paese del Corno d’Africa, dal 28 ottobre scorso. «Scosso e amareggiato, con la netta impressione che il giudice voglia arrivare presto a una condanna per pedopornografia.». Così mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti, ha descritto l’umore di don Sandro De Pretis all’uscita di una seduta lunga, alla quale il missionario trentino si è presentato provato, dopo due mesi e un giorno di detenzione in isolamento. «Sono rimasto con lui e l’ho riaccompagnato in carcere: mi ha raccontato che il giudice ha voluto prendere in esame diverse foto di quelle contenute nel suo computer e sulle quali si basano le accuse, non ancora formalizzate, di pedopornografia.»
Ora per il religioso trentino l’accusa è di “incitamento alla depravazione e alla corruzione di minori” e, dopo il recente interrogatorio, alle tre foto con bambini, che gli erano state inizialmente contestate e che avevano fatto partire l’inchiesta per pedofilia, se ne sono aggiunte altre 15.
L’inchiesta, dunque, prosegue secondo il filone iniziale, che mons. Bertin ha sempre definito “pretestuoso e assurdo”. Con ogni probabilità, il missionario trentino è il capro espiatorio di una vecchia vicenda, che ha coinvolto la Caritas e una Ong locale sfrattata dalla stessa Caritas in maggio, poco prima che iniziassero a circolare strane “voci” su don Sandro. «L’inchiesta dovrebbe volgere al termine - ha proseguito il vescovo di Gibuti - ma l’impressione di don Sandro è che il giudice voglia arrivare a una condanna. La posizione della magistratura, dopo l’intervento della Curia e della Farnesina, si sarebbe addirittura irrigidita. Ma questo potrebbe preludere anche a una via d’uscita: alla condanna non è escluso che segua la grazia o l’espulsione, anche se un accordo chiaro in questo senso tra Italia e Gibuti non è mai stato fatto.». La pena inflitta, se don Sandro dovesse essere rinviato a giudizio e affrontare il processo con esito negativo, potrebbe però superare i dieci anni. Se i capi d’accusa dovessero essere quelli ventilati, il giudice potrebbe avere la mano pesante.” (Barbara Marino da fonte korazim org.)
“Usa, missionari pedofili tra gli eschimesi. I gesuiti pagheranno i danni. - La Compagnia di Gesù pagherà 50 milioni di dollari per risarcire 110 eschimesi che subirono abusi sessuali da religiosi gesuiti quando erano bambini o adolescenti, tra il 1961 e il 1987.
Gli scandali nella Chiesa americana continuano a rivelare nuove e inaspettate storie, cominciati nel 2002 a Boston, sembravano dover finire con il grande accordo di quest'estate tra la diocesi di Los Angeles e 508 persone che erano state molestate o stuprate negli ultimi settant'anni. Ma ora dall'Alaska arriva la notizia che per tre decenni in 15 minuscoli villaggi, tra i più isolati e remoti al mondo, abitati dagli Yupik, che insieme agli Inuit formano il popolo eschimese, si sono ripetute violenze e abusi da parte di una decina di preti e da tre missionari della Compagnia fondata da Ignazio di Loyola.
Da quattro anni erano cominciate le denunce, ma prima del processo si è arrivati ad un'offerta di risarcimento che eviterà il dibattito in tribunale. Secondo l'avvocato degli eschimesi si tratta di una cifra record per un ordine religioso, grazie all'accordo extragiudiziale ogni vittima riceverà oltre mezzo milione di dollari, in cambio nessuno dei gesuiti verrà incriminato e non è richiesta alcuna ammissione di colpevolezza.
La Compagnia di Gesù, attraverso il padre provinciale dell'Oregon, John Whitney, responsabile per l'Alaska, ha mostrato fastidio per la pubblicità data all'accordo, ha definito l'annuncio prematuro e ha negato che i gesuiti abbiano inviato per anni "in esilio" in Alaska sacerdoti di cui conoscevano le tendenze sessuali, come invece sostengono alcune delle vittime. Lo stato nel nord-ovest del continente americano viene invece definito dai gesuiti come "una delle terre di missione più difficile" e per questo la Compagnia sostiene di inviarvi i missionari più coraggiosi e preparati (Figuriamoci come possano essere combinati tutti gli altri!).
A St. Michael, un'isoletta lunga 15 chilometri che si trova nel Norton Sound, la baia del mare di Bering scoperta dal capitano James Cook nel 1778, il diacono Joseph Lundowski abusò di quasi tutti i bambini di Stebbins e St. Michael, i due minuscoli villaggi abitati da 150 famiglie.
Accusato da 34 persone, che nelle testimonianze raccontano delle violenze avvenute in una minuscola chiesa, dopo il catechismo, durante i bui pomeriggi dell'inverno dell'Alaska, Lundowsky era un gigante con la testa pelata e gli occhi blu, lavorava come diacono per la diocesi anche se i gesuiti hanno negato alcun legame con il loro ordine e ufficialmente non sapevano chi fosse (Ma… non inviavano “i missionari più coraggiosi e preparati”?! Per valutarli, dovevano o no conoscerli?!). Lasciò l'isola nel 1975 e ora si è scoperto che è morto una decina di anni fa a Chicago alla Pacific Garden Mission, un ricovero religioso con mensa e dormitorio. La maggior parte dei sacerdoti accusati sono ormai morti e le vittime, scelte nel tempo tra chi aveva tra i cinque e i quindici anni, oggi hanno tra i trenta e i sessant'anni.
In questa causa, come nel caso di Los Angeles, i gesuiti pagano per un mancato controllo e per aver tenuto nascosto per anni lo scandalo. Nel 2004 si erano poi aggiunte accuse di aver bruciato e distrutto documenti che dimostravano il comportamento dei religiosi. Tra i sacerdoti sotto accusa il reverendo James Poole, fondatore della radio cattolica del Nord dell'Alaska, che oggi vive in una casa di riposo. Secondo l'accusa i gesuiti sapevano fin dal 1960 che teneva "comportamenti sessuali inappropriati", ma anche quando lo richiamarono a Portland lasciarono che continuasse ad insegnare ai bambini (Quanto poco importa a costoro preservare con un minimo di accortezza anima e corpo degli esseri umani che a loro si affidano! A questi figuri maligni e duri interessa solamente che gli esseri umani ancora in erba assimilino per bene la loro dottrina, così assicurando a questa malefica aggregazione religiosa il suo futuro di potere e agi.).
L'avvocato delle vittime, da Anchorage dove ha lo studio, racconta che nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciare finché non arrivò notizia dello scandalo che aveva investito la diocesi di Boston, allora a poco a poco emersero storie di disperazione, alcolismo e suicidi. «In alcuni villaggi eschimesi - sostiene Roosa - è difficile trovare un adulto che non sia stato sessualmente abusato. Ma nessuno ha ammesso che i preti problematici venivano confinati in Alaska (e non solo in Alaska, sussurrano le tante voci portate dai venti). Ora per i nostri clienti questo accordo significa che le loro storie di abusi, sempre negate, sono finalmente riconosciute.»” (Mario Calabresi per REPUBBLICA)
“No One To Turn To, estratti dal documento shock presentato da Save The Children sugli abusi sui minori di missionari e soldati di pace. - 37 pagine come 37 macigni, gettati contro il lettore, ma ancora di più contro quelle infanzie violate, come spesso accade, proprio da coloro i quali dovrebbero difenderle (inconvenienti perpetui in seno alle aggregazioni).
37 pagine di orrori e miserie quotidiane, di stupri, prostituzione minorile, pedofilia e pedopornografia in tutto il mondo, perpetrati da soldati e missioni umanitarie e di pace a bambini in cambio di pochi spicci, o con la violenza, o con la falsa promessa di un futuro migliore. Questo è quello che emerge dal rapporto shock “No One To Turn To” presentato da Save The Children martedì scorso.
(una ragazza 15enne di Haiti) - «Una sera stavo passeggiando con alcune amiche al National Palace, quando abbiamo incontrato due uomini della missione umanitaria. Ci hanno chiamate e ci hanno fatto vedere i loro peni. Ci hanno chiesto se glieli succhiavamo per 2,80 dollari e un po’ di cioccolata. Io ho detto di no, ma alcune mie amiche hanno accettato e loro le hanno pagate.»
(una bambina tra i 10 e i 14 anni di Haiti) - «Gli uomini mi hanno toccata. Hanno toccato il mio seno, hanno preso i loro peni e me li hanno mostrati.»
(Un ragazzo del Sudan del Sud) - «Anche se i soldati di pace non avevano la base qui, qui hanno abusato di ragazze. Sono stati qui qualche giorno, quando soggiornavano in una complesso qua vicino. Questo complesso è vicino alla pompa d’acqua, dove tutti vanno ad approvvigionarsi. Nelle ore serali i portatori di pace si mettono vicino alla pompa. Alcune ragazze del villaggio vanno là e raccolgono l’acqua. Gli uomini le chiamano e insieme vanno nel complesso. Una di loro rimase incinta e sparì. Non sappiamo tuttora dove sia. Questo accadde nel 2007.»
(una bambina di Haiti) - «C’è un posto non lontano da qui dove vado a visitare i miei familiari. Gli uomini mi chiamano in strada e mi invitano ad andare con loro. Ma io non vado. Lo fanno con tutte le ragazze giovani che passano di là. Ho diverse amiche che sono andate a letto con loro. Alcune mi hanno detto che in cambio di denaro hanno fatto per loro uno spettacolo lesbo.»
(tre ragazzini 14enni della Costa D’Avorio) - «Tutti lavoriamo presso il Campo della missione di pace. Ci abbiamo lavorato ogni giorno dal 2003, vendiamo loro sculture e gioielli (altro tipo di sfruttamento “fino all’osso”, di cui si parla pochissimo). Ci vado per guadagnare qualcosa, per contribuire al reddito familiare e per essere autosufficiente. Se ci sono altre cose che vogliono e non possono dirle davanti ad altra gente ci invitano nelle loro camere per dircele in privato. Ci chiedono vari tipi di favori. A volte ci chiedono di trovare loro ragazze. Solitamente ci chiedono ragazze della nostra età. Spesso 8 o 10 uomini si dividono 2 o 3 ragazze. Quando propongo una ragazza più grande, mi rispondono che la vogliono della mia età. Le ragazze le trovo in città. So quelle che già l’hanno fatto in precedenza e vado a chiedere a loro. Cerco di essere molto convincente con loro, perché gli uomini mi promettono belle cose, come telefoni cellulari e cibo. Le forze di pace fanno tutto nel massimo riserbo e ci invitano a fare altrettanto, altrimenti saremmo puniti. Anche se questa non è una bella cosa, ci siamo detti che ci stiamo guadagnando qualcosa, e allora continuiamo a farla, almeno finché ci frutterà questi vantaggi, come souvenir, scarpe da ginnastica, t-shirts nuove, orologi e soldi.»
(un ragazzino di Haiti) - «C’è una ragazza che dorme per strada, e un giorno un gruppo di persone ha deciso di farci dei soldi. L’hanno data a un uomo che lavora per un’organizzazione non governativa. Lui le ha dato un dollaro e lei era contenta di vedere il denaro. Di mattina i dollari erano due. L’uomo l’ha toccata e violentata. La mattina la ragazzina non poteva camminare.»
Tra le cause del perché non vengono denunciati gli abusi, l’elenco è altrettanto triste e agghiacciante: paura di ritorsioni, paura di essere additate dalla comunità come impure e quindi abbandonate al loro destino, bisogno di soldi, assenza di persone di cui fidarsi, ignoranza.
Alla luce di questo documento, pagherà qualcuno? Partiranno indagini per rimuovere le mele marce? (Non si farebbe prima, selezionando quelle sane?)” (Dario Folchi per CRIME)
E adesso andiamo ad archiviare le lapidi relative a qualcosa che si presenta come una variante del medesimo tema.
“Roma - Preti che molestano suore, preti che abusano di suore, preti che costringono ad abortire le monache con cui hanno avuto rapporti sessuali. Emergono dagli archivi della Chiesa le denunce su un fenomeno che abbraccia i cinque continenti e che sino ad ora è stato soffocato sotto la coltre del silenzio (Non credo che possano sussistere dubbi: il silenzio criminale, che per quanto riguarda le sette e le cosche è chiamato omertà, è parte sostanziale del concetto di “buona vita cristiana” che, se ricordate, è un concetto legato a codesta affermazione perentoria: “L’infallibilità della Chiesa si estende alla disciplina generale della Chiesa. Questa proposizione è teologicamente certa .”)
Le denunce sono precise, firmate con nome e cognome e presentate a più riprese durante gli anni Novanta, alle istanze maggiori della Chiesa (eccellenti detentrici dell’infallibilità): la Congregazione vaticana per la vita consacrata, le riunioni dei Superiori degli ordini religiosi, varie Conferenze episcopali.
Il 18 febbraio 1995 un rapporto viene consegnato al cardinale Martinez Somalo, prefetto della Congregazione vaticana per la vita consacrata. E' un pugno nello stomaco. Si parla di suore sfruttate sessualmente, sedotte e spesso violentate da preti e missionari. Messo in allarme il cardinale Martinez Somalo, incarica un gruppo di lavoro della Congregazione di approfondire la questione con suor Maria O' Donohue, autrice del rapporto e coordinatrice per conto della Caritas internazionale e dell'agenzia Cafod (Fondo cattolico per lo sviluppo oltremare) i programmi sull'Aids.
Le sue denunce in Vaticano sono agghiaccianti. «Gli abusi sono diffusi.», racconta, «le segnalazioni molteplici.» Aspiranti alla vita religiosa violentate dal prete cui portano i certificati necessari. Medici di ospedali cattolici avvicinati da preti che portano «ad abortire suore e altre giovani donne». Fedeli allarmati per gli abusi. Nello shock dei monsignori presenti, suor O'Donohue evoca la storia di un «prete che spinge una suora ad abortire, lei muore e lui celebra ufficialmente la messa requiem» per la sventurata (Il cinismo spietato conseguente all’erosione spirituale operata dalla dottrina. Se t’imponi di amare tutti, finisci con non amare nessuno, tanto per indicare uno dei tanti solchi dovuti all’azione proteiforme dell’erosione maligna.).
Molti casi vengono riportati dall'Africa dove la cultura non favorisce il celibato e dove per tradizione “è impossibile per una donna o un'adolescente dire no ad un uomo, specie ad un anziano e particolarmente ad un sacerdote” (Da quanti missionari si è sentito dire che “amano l’Africa” e che, quando se ne allontanano, “fremono per ritornarci al più presto”!). Ma gli esempi di abuso vengono da tutto il mondo. Suor O'Donahue ha lavorato sodo per mesi ed anni. Già nel 1994 ha trasmesso alle autorità ecclesiastiche un rapporto in cui informa che con l'espandersi dell'Aids le suore sono state identificate anche da preti come gruppo "sicuro" dal punto di vista sanitario e quindi oggetto di richieste sessuali. Certi preti le cercano proprio «per timore di contrarre l'Aids con prostitute». In una determinata Nazione la superiora di una comunità di suore è stata avvicinata nel 1991 da preti che le chiedevano di poter usufruire dei favori sessuali delle sue monache.
Purtroppo è piuttosto diffuso il fenomeno di “preti ed esponenti della gerarchia ecclesiastica che (così viene riportato) abusano del loro potere e tradiscono la fiducia di suore coinvolte in relazioni sessuali di sfruttamento”. Accade spesso che preti invitino le suore a prendere la pillola (Ricordate le tante ammonizioni del papa sui contraccettivi e sull’aborto? Solo parole, parole vuote, parole formali proprie del ruolo mistificatorio, atte all’imbonimento sociale.). Poi succede, invece, che in una comunità venti suore si trovino incinte contemporaneamente (Pensate un po’ a che razza d’intensità ci sia nell’attività sessuale dei chierici “casti”.). Ma accade anche che le autorità ecclesiastiche locali siano sorde alle denunce (E beh, se lo spirito santo consiglia loro così…). In un caso citato - 29 suore rese gravide dai preti di una diocesi - la superiora chiese invano l'intervento del vescovo. Fu, invece, “rimossa dal vescovo” (sempre per consiglio “infallibile”) e rimpiazzata da un'altra (più in sintonia con i consigli di buona vita cristiana dati dallo spirito santo). L'appello alle istanze ecclesiastiche superiori non ebbe seguito.
Testimonianze di abusi, ha dichiarato suor O'Donahue, vengono da 23 paesi del mondo: dal Burundi al Brasile, dalla Colombia all'India, dall'Irlanda, all'Italia, alla Nuova Guinea, alle Filippine, agli Stati Uniti. Le sue denunce, raccolte dal National Catholic Reporter in America e in Italia dall'agenzia Adista (che le metterà presto on line), non nascono da posizioni femministe - che lei respinge - ma esigono dal Vaticano un intervento educativo a tutti i livelli.
Nel 1998 anche la superiora religiosa suor Marie Mc Donald ha presentato un suo rapporto, gettando luce su “molestie sessuali e stupri perpetrati da preti e vescovi”. Il Vaticano sta monitorando il fenomeno, sensibilizza discretamente i vescovi, ma non risultano atti ufficiali in cui il grave problema sia affrontato direttamente. «Per quanto io ne sappia, non è stata disposta alcuna ispezione», afferma suor Mc Donald, superiore della Suore Missionarie di Nostra Signora d'Africa. Le strategie dello sfruttamento sono varie, spiega: «Suore diventate finanziariamente dipendenti da preti, che possono chiedere in cambio favori sessuali» oppure «preti che da direttori spirituali o confessori estorcono rapporti di sesso.» «La cospirazione del silenzio (Caspita! Nella gran confusione della dottrina la suora, forse, non si è nemmeno resa conto di aver dato del “cospiratore” allo spirito santo, oltre che ai beneficiari della sua infallibilità.) - aggiunge - contribuisce al problema. Solo se lo affronteremo insieme, riusciremo a trovare le soluzioni.»
Però bisogna agire presto. Già tre anni fa suor Mc Donald segnalava che la situazione peggiorava invece di migliorare.” (Marco Politi per REPUBBLICA)
“Città del Vaticano - La Santa Sede conferma l'esistenza di «casi di abusi sessuali subiti da religiose da parte di sacerdoti o missionari», afferma che «sta trattando» il problema - «ristretto, però, ad un'area geografica delimitata» (la mistificazione, per sopravvivere, non guarda in faccia nessuno e deforma spocchiosamente perfino le verità evidenziate dalle sue stesse consorelle nella dottrina, che, proprio in qualità di consorelle, portano alla luce, in fin dei conti, delle verità sempre alquanto “ristrette”) che dovrebbe essere l'Africa (anche se non viene ufficialmente specificato). Questa la risposta del Vaticano alla notizia di un rapporto che documenterebbe centinaia di stupri e molestie.
«Il problema - spiega in una dichiarazione il portavoce Joaquin Navarro Valls - è conosciuto. La Santa Sede sta trattando la questione in collaborazione con i vescovi, con l'Unione superori generali (Usg) e l'Unione internazionale superiori generali (Uisg). Si lavora sul doppio versante della formazione delle persone e della soluzione dei casi singoli. Alcune situazioni negative - commenta ancora Navarro - non possono far dimenticare la fedeltà spesso eroica della stragrande maggioranza di religiosi, religiose e sacerdoti» (La solita trita manfrina a base di “sparute mele marce”, la manfrina del Potere che vuole nascondere, o quantomeno minimizzare, le proprie macroscopiche magagne e quelle ancor più macroscopiche e universalmente diffuse dei suoi collaboratori. Basta che il Sistema tiri avanti senza scossoni fatali, tutto il resto poco importa. Peccare o non peccare sono aspetti di una questione molto relativa: i sottomessi peccano sempre, ancor prima di nascere, il Potere, invece, non pecca mai, poiché i suoi reggenti sono stati prescelti in cielo ancor prima di nascere. Comunque, il mio consiglio resta sempre il medesimo: «Contate con un barlume di onestà, se siete capaci di onestà per la durata un attimo, le vostre mele sane e constaterete che si tratta, per l’appunto, di una faccenda che non v’impegnerà più a lungo di un attimo.») (LA REPUBBLICA.IT)
“Ottavo: “non dire falsa testimonianza”. Le menzogne del Papa sulla pedofilia nella Chiesa. - Dopo aver formulato discutibili teorie sul rapporto tra la centralità della famiglia e la pace nel mondo, senza nemmeno riprendere fiato, vengono serviti caldi caldi dati liberamente interpretati, emessi dal John Jay College of Criminal Justice della City University di New York, la più autorevole autorità degli Usa in materia criminologica. Con calcoli astrusi ed estrapolazioni quantomeno fantasiose, si dimostra che i casi di pedofilia nella Chiesa sono in forte diminuzioni e, nel loro insieme, numericamente insignificanti. Fisiologici insomma.
Il rapporto del John Jay College dice però che negli ultimi decenni, negli Stati Uniti, ben 4.392 preti su 109mila totali sono stati denunciati proprio per questo reato ed il fatto che ad oggi solo 150 circa siano stati condannati dipende da numerosi fattori che non sono necessariamente associabili al non luogo a procedere o all'innocenza, ma a prescrizioni del reato, alla difficoltà dei minori a testimoniare l'abuso, al fatto che numerosi processi non siano ancora andati a sentenza, per ritrattazioni negoziate a fior di centinaia di migliaia di dollari. Non sono quantificabili, e non fanno quindi parte della statistica, le innumerevoli denunce mai fatte per pudore o per volontà di rimozione. Chi scrive frequentava a Tripoli, in Libia, le scuole dei Fratelli Cristiani ed ha ricevuto avances, prontamente respinte e denunciate in famiglia, dal preside dell'Istituto, cui non è seguita alcuna denuncia. Il cinismo di Ratzinger non solo gli impedisce di manifestare dolore e ripugnanza per un reato così odioso, che dovrebbe indignarlo profondamente anche fosse stato commesso una sola volta, ma mentre balbetta le sue scuse, lo spinge a tentare di ridimensionare il problema e manda a dire dai suoi giannizzeri, che statisticamente i preti peccano, quanto i rabbini, i pastori protestanti o gli imam (Non ne dubito! Appartengono tutti alla medesima schiatta.).” (Raffaele Barki per RESISTENZALAICA)
Volendo protrarre la navigazione in Internet, dopo aver issato la grande “vela” della pedofilia clericale, verremmo travolti da un'ulteriore quantità impressionante di sozzi marosi mossi da un inarrestabile uragano della turpitudine, tra le cui potenti raffiche non scorgeremmo baluginare alcuna rossa fiammella vivificatrice. Potremmo approdare in luoghi che ospitano edifici immersi nella segretezza più impenetrabile - “Pochi sanno cosa succede nell'istituto, ma i vescovi e il Vaticano conoscono bene quell'indirizzo e talvolta vi ricorrono, obbligando qualche parroco a ritiri forzati. Alternano terapie mediche, psichiatriche e persino ormonali a tanta preghiera per mesi, fino alla valutazione sulla convalescenza o l'isolamento in convento.” (L’ESPRESSO) - , ma comprenderemmo ugualmente che il Male non può riuscire a curare se stesso. E capiremmo, inoltre, che il Male non può avere ispiratori capaci di suggerire infallibilmente la direzione del buon vivere, mentre il Bene ha in se stesso l’ottima ispirazione, senza alcun bisogno di una discesa celeste integrativa, e non gli succede mai di suggerire condotte contro natura o di efferatezza religiosa.
Ora, parliamoci chiaro, uno spirito santo infallibile, che per eredità tradizionale impregna di sé taluni esseri umani, non dovrebbe assolutamente “permettere”, per gli stessi poteri attribuitigli, che alcuni di questi esseri umani, da lui invasi, cadessero in uno stato morboso di turpitudine tale da invalidare nell’essenza la sua stessa mistica natura di spirito santo infallibile. Oppure: forse che in presenza di uno stato morboso questo santo spirito s’arrende, si ritira e se ne va? La cosa non quadra proprio ed evidenzia ulteriormente l’artificio maligno.
Adesso, qui di seguito, riproporrò la disquisizione teologica citata in precedenza, perché non la ritengo una ripetizione superflua, in quanto essa agevola la comprensione di come e quanto anche le parole più ingegnose si dimostrino nient’altro che vanità ingannatrice allorquando non vengono avvalorate dalle azioni, ovvero, per meglio dire, dalla realtà naturale.
“L’infallibilità della Chiesa si estende alla disciplina generale della Chiesa. Questa proposizione è teologicamente certa. Col termine “disciplina generale della Chiesa” si intendono quelle leggi ecclesiastiche stabilite per la Chiesa universale per la direzione del culto e del vivere cristiano.
L’imposizione di comandi non appartiene direttamente all’officio docente, ma all’officio di governo; le leggi disciplinari sono solo indirettamente oggetto dell’infallibilità, cioè, solo a motivo della decisione dottrinale in esse implicita. Quando i legislatori della Chiesa promulgano una legge, essi compiono implicitamente un duplice giudizio: “Questa legge quadra con la dottrina della fede e con la morale della Chiesa”; cioè, non impone nulla che diverga dal sano credere e dalla buona morale. Ciò equivale ad un decreto dottrinale.”
L’imposizione di comandi non appartiene direttamente all’officio docente, ma all’officio di governo; le leggi disciplinari sono solo indirettamente oggetto dell’infallibilità, cioè, solo a motivo della decisione dottrinale in esse implicita. Quando i legislatori della Chiesa promulgano una legge, essi compiono implicitamente un duplice giudizio: “Questa legge quadra con la dottrina della fede e con la morale della Chiesa”; cioè, non impone nulla che diverga dal sano credere e dalla buona morale. Ciò equivale ad un decreto dottrinale.”
Questa puntualizzazione teologica fallisce clamorosamente nell’intento prestabilito dai teologi, poiché essa non fa altro che confermare la partecipazione della presunta infallibilità dello spirito santo ai misfatti della Chiesa e in particolare alle atrocità perpetrate dalla Santa Inquisizione, a motivo della decisione dottrinale in esse implicita. E, siccome l’infallibilità della Chiesa si estende alla disciplina generale della Chiesa, la stessa efferatezza disumana dei delitti, commessi in osservanza di certe leggi promulgate dai legislatori della Chiesa, e l’assodata stoltezza di certe credenze predicate, che ai delitti per fede hanno istigato, liquidano la questione dell’infallibilità, derivante dalla presenza di uno spirito santo assiduamente attivo, affibbiandole il marchio infamante di menzogna ipocrita, preordinata per irretire con volontà di profitto il maggior numero possibile di sprovveduti.
Parimenti all’asserzione testé presa in esame per la seconda volta, tutti i ragionamenti dei teologi cristiani vengono invalidati dall’inconsistenza delle premesse da cui prendono spunto per sviluppare la loro logica posticcia, che invariabilmente risulta confutabile con estrema facilità.
Porto un esempio.
I mistificatori asseriscono: “E’ evidente dalle promesse di Cristo che il magistero, l’officio docente della Chiesa, fu provveduto dell’infallibilità in modo che essa potesse esser capace di compiere adeguatamente la sua missione (di tutto ciò, ne abbiamo avuto atroce testimonianza), cioè, salvaguardare con riverenza, spiegare con sicurezza, e difendere efficacemente il deposito della fede.”
Ma quale valore di evidenza veritiera possono avere le promesse di Cristo, se esse stesse sono parte sostanziale della menzogna macchinata? Queste promesse sono ben lungi dal rappresentare un assioma accettabile!
Addirittura ridicola, per quanto falso e per nulla evidente è l’assioma su cui si basa, appare la logica usata da Papa Leone XIII, che con la Satis Cognitum insegnò:
“Se il vivente magistero potesse essere in qualsiasi modo falso — ne seguirebbe una evidente contraddizione, perché allora Dio sarebbe l’autore dell’errore.”
Un nonsenso fin troppo evidente, basato su un presupposto privo di qualsiasi valore: “gli stessi autori della dottrina menzognera assicurano che il loro magistero è stato istituito dal dio che adorano e che, quindi, come istituzione d’impronta divina non può essere una falsità.” Che logica stringente! Autocertificante in maniera pietosa! Non vi sembra che una logica così palesemente assurda si addica soltanto ad imbroglioni della peggior specie, consapevoli che l’Umanità è costituita, purtroppo, in maggioranza assoluta da sprovveduti sulla cui ottusità perfino imbroglioni di mezza tacca possono fare affidamento? Inoltre, proprio perché l’Entità Creatrice Onnisciente e Onnipotente (facile e chiaro dimostrare che lo è) non può commettere errori, la Natura, creata da codesta Entità e ovviamente superiore all’Uomo che ne è soltanto una parte, non può emanare insegnamenti falsi ed è Essa che evidenzia con semplicità e chiarezza disarmante che la Chiesa è un’ideazione del Male camuffatosi da Bene, poiché la sua dottrina è essenzialmente avversa alla Natura tutta e in particolare alla essenza naturale dell’essere umano. (vedi in questo blog i post XVIII e XX)
Dopo aver meditato con onestà intellettuale su quanto suggerito dagli articoli precedentemente presi in esame e dai successivi esempi di ragionamento ingannevole, osserviamo con mente libera da preconcetti fideistici un altro aspetto della fallacia di chi, secondo i dogmi della Chiesa, dovrebbe conoscere in maniera eccelsa la sostanza di ciò che predica.
“Il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno.” (MATTEO, 16 : 27, 28)
Parola del Cristo, dotato, secondo la Chiesa, di un’infallibilità ineguagliabile. E, puntualmente, la previsione fatta “in verità” divina non si è avverata.
E’ evidente che coloro i quali si sono inventati il personaggio erano fermamente intenzionati ad infondere nelle genti di quell’epoca l’idea terrorizzante di una fine del mondo prossima a venire, pressoché imminente, e, inculcando questa paura, ottenere una subordinazione alla loro volontà di mutare uno stato di cose sociali che non era vantaggioso per loro. (In futuro, ho intenzione di trattare adeguatamente quest’aspetto delle origini del Cristianesimo.)
Un’ulteriore conferma di ciò è data da quest’altri versetti di Matteo, un Matteo spesso raffigurato in maniera emblematica assieme ad un angelo che lo ispira o gli guida la mano mentre scrive il suo Vangelo.
“Il sole si oscurerà, la luna non darà più luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. (Tanto per far notare: quante sciocchezze in poche parole! Quel “cadranno”, poi! Termine buttato là in un Universo in cui non c‘è né sopra né sotto, né alto né basso, né destra né sinistra.) Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba ed essi raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli. (E, oltre gli “estremi dei cieli”, cosa ci sarebbe? Ahi! Ahi! Ahi!)” … “Sappiate che Egli è proprio alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada.” (MATTEO, 24 : 29, 31 – 33, 35)
Parola del Cristo. E, puntualmente, la previsione fatta “in verità divina mai fallace” non si è avverata.
Comunque, in presenza di queste previsioni mai azzeccate, l’irritazione per la menzogna evidente s’accompagna a un mesto sorriso. Ogni ombra di sorriso scompare, invece, allorché nel Libro del Male ci s’imbatte in locuzioni come questa:
“Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.»” (MATTEO, 16 : 24)
Ma c’è di peggio: Gesù arriva al progetto di sradicamento delle Radici Naturali dell’Esistenza Umana.
“Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi ha trovato la sua vita (principio fondamentale dell’Esistenza) la perderà; e chi ha perduto la sua vita per causa mia, la troverà.” (MATTEO, 10 : 37 – 39)
Ecco: con poche e perentorie parole viene consigliato l’annullamento dell’Esistenza stessa.
Sono certo che sia capitato a chiunque d’imbattersi in qualche vero saggio e di averlo sentito raccomandare agli uomini di non scostarsi mai da questa prima e più importante Regola Esistenziale: “Vivi secondo te stesso”. Beh, ecco che il Male, consapevole di ciò che deve demolire per avere successo, consiglia proprio di rinnegare il proprio essere. Consiglia l’imitazione mortale.
Questi, sui quali pochi si soffermano a meditare, sono gli aspetti più tremendi della didattica usata dalla dottrina mortale!
Anche Paolo di Tarso, con parole diverse, porta il suo attacco alla medesima Regola Esistenziale, costante bersaglio eccellente, che sta al primo posto nelle intenzioni distruttive del Male:
“Potreste avere anche diecimila pedagoghiin Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori! Per questo appunto vi ho mandato Timoteo, mio figlio diletto e fedele al Signore: egli vi richiamerà alla memoria le vie che vi ho indicato in Cristo, come insegno dappertutto in ogni Chiesa.” (CORINZI 4 : 14 – 17)
“Fatevi miei imitatori!”, così io avrò potere incondizionato su di voi e voi diventerete dei doppioni senza valore, destinati ad essere riassorbiti dal Nulla Eterno.
Poco fa ho scritto “anche Paolo” e ho sbagliato. Infatti, con il mio errore posso aver dato l’impressione che le parole di Paolo vengano nel tempo dopo quelle dei quattro Vangeli, ma in verità le cose non stanno così. I Vangeli, come li conosciamo oggi, sono stati rimaneggiati per rispecchiare abbastanza fedelmente la predicazione di Paolo, tanto che non si dovrebbe parlare di cristianesimo e cattolicesimo senza accoppiare i termini con l’aggettivo specificativo "paolino". Tuttavia, ci tengo a precisare per inciso, che qualcosa di quanto attinto in origine dalla miriade di vangeli, che, come testimoniano pure i Rotoli di Qumran, circolavano principalmente nelle comunità essene, è rimasto anche nell’ultima stesura dei vangeli adottati dalla Chiesa. E ogni tratto originario rimasto, per errore o per superficialità, è in netto contrasto con la predicazione di Paolo.
Si deve a Paolo, definito il “tredicesimo apostolo”, l’invenzione di molti dei concetti chiave del cristianesimo. Sia i Vangeli che gli altri successivi scritti cristiani, in particolare gli Atti degli apostoli redatti da un discepolo di questo equivoco tredicesimo apostolo, sono stati elaborati per riflettere ed esaltare il pensiero di Paolo, in contrapposizione alla predicazione del “clan degli apostoli” (clan d'impronta prevalentemente famigliare), fondata sulla venuta di un messia: un “uomo” destinato a regnare “terrenamente” su Israele. Una predicazione che voleva essere un moto, in parte capeggiato da Pietro e Giacomo, di ribellione al dominio romano e a quello dei collaborazionisti ebrei.
La figura di Gesù di Nazaret, così come ci è dato di conoscerla oggi, è strutturata in maniera assai diversa dall’originario messia di ideazione essena. Essa è in gran parte frutto della costruzione mirata di generazioni successive che si sono attenute precipuamente alla predicazione di Paolo.
Tanto per tratteggiare rapidamente la situazione sociale che originò il Cristianesimo, va detto che da un lato c’era una parte del popolo giudeo, con una maggioranza di estrazione essena, che aveva maturato un potente odio nei confronti sia degli aristocratici, che (3)“protetti dalle armi romane avevano negato con superbia e durezza qualsiasi agevolazione ai piccoli borghesi, ai contadini e ai proletari”, sia dei sacerdoti giudei, che per conservare i loro privilegi erano diventati collaborazionisti, infischiandosene delle condizioni umilianti in cui versava la popolazione sottomessa ai Romani. In special modo è il popolo della Galilea a lamentarsi del proprio stato e ad essere in gran fermento. (3)“Questa gente non prende molto sul serio l’osservanza dei comandamenti e non ha molto rispetto dell’interpretazione dotta della Scrittura. D’altro canto, invece, sono molto rigidi e fanatici. Non vogliono assolutamente adattarsi alle condizioni presenti. Dicono che bisognerebbe cambiare dalle fondamenta lo Stato e la vita; soltanto allora potrebbero adempiersi le parole della Scrittura. Tutti sanno a memoria il libro del Profeta Isaia. I pastori discorrono della pace perpetua, i lavoratori del porto del regno di Dio sulla terra. … Sono lenti e tardi, calmi e pacifici nella vita esteriore, ma nei loro cuori non sono affatto pacifici, bensì violenti, pieni di aspettazione e pronti a tutto. … Essi vivono nella terra promessa, ma le viti non prosperano per loro. Il reddito del paese confluisce a Cesarea pei Romani, l’olio a Gerusalemme pei signori. Ci sono le imposte in natura: la terza parte del grano, la metà del vino e dell’olio, la quarta parte della frutta. Poi la decima per il Tempio, cioè il testatico annuale, e i contributi pei pellegrinaggi. Poi le tasse delle aste pubbliche e l’imposta sul sale e i pedaggi dei ponti e delle strade. Qua tasse, là tasse, tasse da per tutto.”
Come si può arguire, la sostanza dello stato sociale di oggi rimane invariata rispetto a quella di ieri.
Per sferrare un vigoroso attacco ai sacerdoti compromessi con l’invasore, quale strategia migliore poteva essere escogitata, se non quella d’inventarsi un messia che predicava un dottrina in netta antitesi con la violenza “divina” espressa dalle Antiche Scritture, sulle quali poggiava il potere sacerdotale ancora in auge?
Va comunque precisato che all’inizio questa dottrina novella non aveva bandito da sé la violenza, ma ne sottintendeva un’impronta assai più sottile, già abbastanza individuabile nell’imperativo cardine della dottrina stessa: “Solamente chi acconsentirà a farsi circoncidere potrà convertirsi e quindi salvare la propria anima nell’Aldilà.” Si può facilmente immaginare quali risvolti questa imposizione comportasse, tutti più o meno connessi all’intento di fagocitare il potente oppressore con gl’invisibili denti affilati e le tenaci mandibole della religione.
La stessa dottrina, inoltre, non dimenticava di colpire duramente anche i ricchi aristocratici e scagliava contro di loro uno sciame di maledizioni, dirette o implicite, tra le quali oggi la più conosciuta è questa: “E’ più facile che una gomena (“cammello” è un ridicolo errore di traduzione degli “infallibili” assistiti dallo spirito santo, che hanno scambiato “gamta = gomena”, grossa fune per imbarcazioni, con “gamal = cammello”, oppure l’errore può essere sorto durante la trascrizione dei Vangeli dal greco in latino, dove “kamilos = gomena” è stato scambiato per “kamelos = cammello. Comunque, “grossa fune per imbarcazioni” ha piena attinenza con l’ipotetico discorso fatto da Gesù a dei pescatori che maneggiavano gomene da mattina a sera; cammello, invece, rende il discorso piuttosto bizzarro.) passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.”
Tutto questo, dunque, stava da un lato del sociale, mentre dal lato opposto si trovavano i Romani, sempre più convinti dall’idea che (3)“era da stolti impegnare un esercito regolare contro un simile popolo di fanatici e di pazzi.” Meglio combatterli sul loro stesso piano dottrinale.
Questi fanatici e pazzi attendono con ansia crescente la venuta di un messia? E’ un dato di fatto che intere comunità, il cui numero è in costante aumento, credono che il messia sia già venuto e abbia già predicato? E’ vero o no che ognuna di queste comunità crede nel suo proprio messia e nel suo particolare e preciso vangelo? Bene, seguiamoli sulla strada che intendono percorrere deliberatamente. Si prenda il vangelo più diffuso, che sembra essere quello predicato dai famigliari di Giacomo e Pietro, e vi si apportino delle modifiche convenientemente ben ponderate e maliziosamente agganciate a “verità” malleabili secondo le esigenze del momento. Si prepari, insomma, una dottrina di origine non sospetta e capace di fiaccare l’acceso spirito nazionalistico e il violento ardore messianico che va diffondendosi rapidamente.
All’imbastitura delle modifiche, finalizzate a tendere e al contempo ad occultare la voluta trappola sociale, si dedicò Paolo, ma non credo proprio che abbia approntato tutto da solo. Nella dottrina stessa, così com’è stata predicata a suo tempo, vi sono troppi indizi idonei a suggerire l’idea che ci sia stato un meticoloso lavoro di gruppo ancor prima del “folgorante” inizio e conseguente battesimo pubblico di Paolo a Damasco per opera di un certo Chananja/Anaìa, mercante pure lui, che aveva già convertito il re dell’Adiabene a quel novello giudaismo-cristiano che non contemplava il rito della circoncisione.
Le principali innovazioni dottrinali apportate da Paolo riguardarono l’uomo-dio, la crocifissione e la resurrezione secondo ispirazione della tradizione ellenica, l’apertura alla conversione dei non ebrei, senza che questa comportasse l’obbligo di sottoporsi alla pratica della circoncisione e all’osservanza delle regole alimentari ebraiche. Inoltre, egli non trascurò mai di ribadire con veemenza, durante tutto il suo vissuto missionario, due concetti: che il peccato originale, la cui conseguenza è la morte del corpo, è una “verità”, e su questo primo punto abbiamo già visto che non vale neanche la pena di perdere del tempo a ragionarci su per ribadirne la pacchiana falsità, e, secondo, che unicamente la sua predicazione era veritiera e che egli diffondeva il vero ed unico Vangelo, ispiratogli direttamente da Gesù Cristo tramite, ovviamente, lo spirito santo.
Le principali innovazioni dottrinali apportate da Paolo riguardarono l’uomo-dio, la crocifissione e la resurrezione secondo ispirazione della tradizione ellenica, l’apertura alla conversione dei non ebrei, senza che questa comportasse l’obbligo di sottoporsi alla pratica della circoncisione e all’osservanza delle regole alimentari ebraiche. Inoltre, egli non trascurò mai di ribadire con veemenza, durante tutto il suo vissuto missionario, due concetti: che il peccato originale, la cui conseguenza è la morte del corpo, è una “verità”, e su questo primo punto abbiamo già visto che non vale neanche la pena di perdere del tempo a ragionarci su per ribadirne la pacchiana falsità, e, secondo, che unicamente la sua predicazione era veritiera e che egli diffondeva il vero ed unico Vangelo, ispiratogli direttamente da Gesù Cristo tramite, ovviamente, lo spirito santo.
“Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo.” (CORINZI 4 : 14)
“Io, Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo (una netta presa di distanza dagli apostoli che per primi avevano iniziato a predicare in nome di un messia chiamato Gesù), ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre. … Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n’è un altro; soltanto vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo (Parola di un principe dei sovvertitori!). Orbene, se anche noi stessi o un angelo del cielo (Delirio di arroganza, permesso dall’intima consapevolezza che si sta giostrando sulla credibilità di un’invenzione che nulla ha di divino e perciò la giostra non desta preoccupazioni metafisiche.) vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema! (Una scomunica lanciata contro tanti, compresi gli apostoli e i loro discepoli) L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema! … Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione diretta di Gesù Cristo.” (GALATI 1 : 1, 6 – 9; 11 – 12)
Che mentitore spudorato!
“Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi “superapostoli”!” (2a CORINZI 11 : 5)
Che superbia!
“Però in quello in cui qualcuno (gli apostoli) osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch’io. Sono ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro.” (2a CORINZI 11 : 21 – 23)
Ma quando la cosa risulta conveniente alla sua retorica ipocrita , e le occasioni sono numerose, non esita ad esortare: “Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso.” (FILIPPESI, 2 : 3 – 4)
Paolo sa come stanno le cose, conosce le accuse che gli rivolgono coloro i quali non si fanno abbindolare dal racconto dei suoi miracoli impossibili, e mette le mani avanti attribuendo agli apostoli la sua stessa condotta mistificatrice:
“Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché Satana si maschera da angelo di luce (effettivamente, nient’altro che questo sono gli apostoli: artefici di mistificazione, ma Paolo, che pur li accusa pro domo sua, lo è ancor più di loro.). Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri (gli apostoli, ministri di Satana) si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere (destino comune a tutti gli uomini, compreso il tuo, Paolo. Sono certo che tu non sei già più, che per il Progetto Supremo è come se tu non fossi mai nato, ma, disgraziatamente, sulla Terra c’è chi sta ancora avviando verso il tuo medesimo destino miserando un numero consistente di esseri umani e compie questo scempio animistico seguendo il pessimo esempio che tu hai dato.)”. (2a CORINZI, 11 : 13 – 15)
Per quanto riguarda l’antagonismo nel fare proseliti, Paolo sembrerebbe mostrarsi già abbastanza aggressivo, invece la sua pervicace arroganza si spinge ben oltre dall’investire gli apostoli finanche con la scomunica.
“… riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba (il testimone “oculare” degli eventi ultraterreni che avevano stabilito il rapporto diretto tra Paolo e dio, Gesù Cristo e lo spirito santo. Barnaba dev’essere rimasto molto impressionato dall’aver visto “con i propri occhi” i fatti straordinari successi a Paolo, così tanto da non esitare in seguito a litigare con lui per questioni di spartizione e ad abbandonarlo in tronco.) la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare (Quest’ultima è una frase dissimulatrice che comunque delinea la cassaforte – oggi la si potrebbe definire anche “bancomat” - di tutti i predicatori, in primis quelli cattolici.).” (GALATI 2 : 9 – 10)
Una tragedia significativa è data dal fatto che, durante più di 2000 anni di cristiana “preoccupazione” per i poveri, l’indigenza mortale è viepiù dilagata con irruenza devastante ed è stata estesa a intere popolazioni che, prima di aver sentito parlare del Vangelo, vivevano serene nei loro territori, senza l’incubo di dover morire per denutrizione dopo essere state decimate dalle armi cristiane e dalla cristiana deportazione in stato di dura schiavitù.
Oggi la situazione può essere delineata in maniera riassuntiva avvalendosi della constatazione fatta da Jean Ziegler: (4)“In questo inizio di millennio le oligarchie capitaliste transcontinentali regnano sull’universo. Le loro azioni quotidiane e gli argomenti con cui si legittimano sono radicalmente contrari agli interessi dell’immensa maggioranza degli abitanti della terra. … I quattro cavalieri dell’Apocalisse del sottosviluppo, la fame, la sete, le epidemie e la guerra, distruggono ogni anno più uomini, donne e bambini di quanto non abbia fatto in sei anni la Seconda guerra mondiale. … Sulla terra ogni sette secondi un bambino al di sotto dei dieci anni muore di fame. … In poco meno di un decennio, il prodotto mondiale lordo è raddoppiato e il volume del commercio mondiale è triplicato, mentre il consumo di energia raddoppia in media ogni quattro anni. Per la prima volta nella sua storia, l’umanità gode di una grande abbondanza di beni e il pianeta è schiacciato dal peso della sua ricchezza. I beni disponibili superano di molte migliaia di volte i bisogni incoercibili degli esseri umani.”
Che spaventoso sarebbe, se “sopra” a tutto questo ci fosse il dio predicato da Paolo! Per fortuna naturale la predicazione di Paolo è così abissalmente staccata dalla Verità che, meditando un po’ dopo aver occasionalmente rivisitato certe panzane, quasi quasi ci si riconsola. “Quasi quasi”, però, perché non ci si può nascondere che le panzane stanno continuando ad agire per il compimento della loro opera maligna.
Non è che la cosa rivesta una qualche importanza, ma con ciò, ossia con quanto asserito da Paolo,… carissimo “apostoluccio” Pietro, come pietra fondatrice della Chiesa universale, non ti vedo proprio! Tu, probabilmente per timore, ti accontentavi di trarre il tuo utile dagli ebreucci circoncisi, mentre Paolo era deciso ad ampliare le dimensioni della “cassaforte”, o “Chiesa” che dir si voglia, da cui poter prelevare a volontà e abbondantemente. Del resto, Pietro, salvo sporadici tentennamenti, rimane fedele alla dottrina del movimento messianico originario, che aveva mire locali e non universali, di cui qualche frammento può essere rinvenuto pure nei Vangeli rimaneggiati:
“Gesù inviò i dodici apostoli dopo averli istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi, piuttosto, alle pecore perdute della casa d’Israele. E, strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino (La solita minaccia... a vuoto.).»” (MATTEO, 10 : 5 – 8)
D’accordo, si tratta in tutto e per tutto di una favola, una bruttissima favola, e quindi non è il caso di darsi la pena di far troppe osservazioni sottili sulle sue tante stranezze, tuttavia non ci si può esimere dal constatare d’impulso che appare un fatto quantomeno curioso che proprio i diretti discendenti di coloro i quali il protagonista della favola neanche voleva che venissero convertiti, siano stati, e ancor oggi siano, i più fervidi adoratori del personaggio Gesù.
E, a conferma di una separazione netta, inequivocabilmente violenta, troviamo scritto:
“«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare.» (MATTEO, 10 : 34 – 35)
“A separare” perfino “il figlio dal padre”, “la figlia dalla madre”, “la nuora dalla suocera”, per rigidi motivi di appartenenza religiosa, tanto rigidi da far sì che i “nemici di ogni uomo saranno quelli della sua casa”.
Uomo di eccelsa concordia, questo mitico messia locale nomato Gesù, che sa raggiungere inauditi apici di bieco razzismo nella smania di separare il “suo popolo” da tutti e da tutto.
Apici di razzismo puro e crudo e, se vogliamo, anche nudo come questo: “Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio.». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro.». Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele.». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!» Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini.». «E’ vero, Signore – disse la donna – ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni.»
La donna, per ottenere un favore, deve umiliarsi fino ad accettare che il popolo (Cananei) a cui appartiene sia parificato ai cani che si nutrono degli avanzi del cibo dei loro padroni, ovvero degli avanzi del popolo eletto. Solamente quando la donna dimostra di aver accettato di essere considerata talmente inferiore al popolo eletto di Cristo da non reagire con nobile sdegno al paragone oltremodo svilente gettatole addosso da Gesù, soltanto allora egli le concede la sua momentanea benevolenza e apprezza la fede che è in lei, la fede che ha annullato ogni valore del suo essere e l’ha resa arrendevole a qualsiasi mortificante atto di asservimento.
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri.»” (MATTEO, 15 : 22 – 28)
Si pensi un po’ a che razza di mentalità deprecabile dovevano avere quei mistificatori che elaborarono la figura di Gesù e stesero tutti quegli scritti che ancor oggi taluni spacciano caparbiamente per “sacri”.
Oggi, se già non sapessimo che i Vangeli sono “cronache” elaborate a tavolino prendendo esile spunto da una variegata tradizione orale, l’esperienze più recenti ci porterebbero a pensare che una donna, in qualche modo remunerata, si presentò per recitare una parte ad effetto, concordata in precedenza. Quella dai “diavoli”, tra l’altro, è la più “facile” delle “guarigioni” ad effetto mirabolante. Non necessita di molti e lunghi preperativi né di svariati accorgimenti, poiché, ad esempio, non richiede l'esibizione di referti medici artefatti o di altre truffaldine operazioni "burocratiche" più complesse.
Ritornando alle divergenze tra apostoli e non apostoli, bisogna dire, inoltre, che la separazione tra Paolo e gli altri apostoli non avvenne proprio in maniera “fraterna”, come potrebbe apparire dal primo brano del racconto che ho riportato. Paolo voleva essere l’unico, tra tutti i predicatori, ad avere ragione, alla faccia dell’infallibilità dello spirito santo, che avrebbe dovuto permeare di sé gli altri apostoli.
(Paolo aveva sicuramente una subdola missione da svolgere per il governo di Roma. “Lavoro da infiltrato” che potrebbe essere specificato con buona chiarezza, se io trovassi la voglia di ripercorrere e vagliate tutta la vita di questo squallido mistificatore, contro il quale ancor oggi gridano vendetta le tante ed innocenti vite recise. Paolo è il compendio delle peggiori mistificazioni e dei peggiori raggiri a cui ricorre il Potere per mantenersi in essere. E, quando il Potere indossa le vesti sacerdotali, sono guai per tutti, ovvero per moltissimi.
Nel caso io non intendessi, com’è probabile, occuparmi qui in maniera dettagliata della condotta tenuta da Paolo lungo tutta la sua esistenza, consiglio al lettore di cliccare su questo link: Il tredicesimo apostolo. Così facendo, potrà consultare uno degli studi più dettagliati sulla figura di Paolo di Tarso, tra tutti quelli che si trovano in Internet, malgrado sia pieno zeppo di errori di battitura. Errori, però, che nel frattempo possono anche essere stati corretti e che, comunque, non incidono negativamente sulla comprensione del testo.).
Separazione poco “fraterna”, stavo dicendo prima della parentesi, infatti:
“Ma quando Cefa (Pietro) venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto.”
Caspita, Paolo! E lo spirito santo?! Quello che suggerisce la buona condotta in maniera infallibile, dove lo lasci?! Non te ne curi proprio?! Solita vecchia e proverbiale faccenda che riguarda il Male, le pentole e l’assenza dei coperchi.
Paolo continua la sua cronaca e, secondo il proprio intento di fare piazza pulita di ogni dottrina diversa dalla sua, molla, apriti cielo!, la bastonata fatale alla legge dell’Antico Testamento. Come direbbe Adorno? “Ecco la menzogna che smaschera la menzogna.” Ed in effetti succede sempre così, allorché due o più menzogne si scontrano tra di loro.
“Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo (tra imbroglioni regna la sfiducia e Giacomo invia alcuni dei suoi discepoli a controllare l’operato di Pietro), egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi (Che robusta forza d’animo infonde lo spirito santo!). E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora, quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo (Caspita! Che frangente imbarazzante per cielo e terra!), dissi a Cefa (Pietro) in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei (il nocciolo della questione molto imbarazzante per lo spirito santo), come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei? Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno.»” (GALATI, 2 : 9 – 16)
Paolo taccia di ipocrisia il comportamento di Pietro che, in fin dei conti, si sta attenendo ai primigeni Vangeli destinati esclusivamente ai Giudei. Fedeltà screziata da tanti momenti di tentennamento, è vero, dovuti alla cronica irrisolutezza dello spirito santo che veglia su di lui, ma, sebbene l’accusa di ipocrisia ci possa stare, non è Paolo, con le sue menzogne pianificate e le sue mistificazioni interessate, che può permettersi di ergersi a giudice del comportamento altrui.
Va ricordato, a questo punto, che anche i Rotoli di Qunram forniscono una serie di elementi interpretativi che tendono a identificare il Maestro Giusto con Giacomo, e sicuramente non con Pietro, e l’Uomo di Menzogna con Paolo. E, mistero tutt’ora inviolato, a chi può essere attribuita questa solenne affermazione che si trova nel Rotolo del Tempio: “Noi ci siamo separati dalla maggioranza del popolo e abbiamo rifiutato di mescolarci a loro o di seguirli in queste materie.”?
Non si deve considerare questa controversia, sorta tra apostoli più o meno dediti alla mistificazione e alla menzogna miracolistica e passata alla Storia (ahimé!) come “l’incidente di Antiochia”, pari a una mera disputa di principio fine a se stessa. Il fatto che Pietro e Giacomo, e con loro molti altri, ritenessero indispensabile alla conversione la piena accettazione da parte del convertito della legge codificata nell’Antico Testamento, inclusa la pratica della circoncisione, precludeva di fatto la via all’evangelizzazione dell’intero mondo pagano e si poneva come serio ostacolo alle mire di evangelizzazione universale (del mondo allora conosciuto) che Paolo aveva posto come fondamento della propria “missione”: mettere tutti nello stesso calderone colmo di amorevole fratellanza, cosicché Roma potesse continuare a dominare in “santa” pace. “Amate i vostri nemici!” In seguito, come sappiamo per nostra disgrazia, la Chiesa farà un uso assai diverso di questo principio, di per se stesso decisamente contro natura. Del resto, eliminare l’odio equivale a rendere acqua tiepida sia l’amicizia che l’amore. Inconcepibile, ciò che il Potere pretende dagli uomini per starsene tranquillo! E noi siamo testimoni degli effetti miserevoli di codeste pretese e del futuro miserando che esse ci prospettano. Ciò che è stato posto in essere dalla Natura con Onniscienza e Onnipotenza non può essere eliminato e, se pervertito, genera immancabilmente guai molto seri. Non mi stancherò mai di ribadire questo principo che, se osservato appieno, risulterebbe... sicuramente salvifico, senza comportare tante ciance.
“A me non pesa e a voi è utile che vi scriva le stesse cose: guardatevi dai cani (spirito moderato, il Paolo! E, del resto, anche Gesù stesso si è servito del termine “cani”, “cagnolini”, per qualificare in senso spregiativo i Cananei e, in chiaro senso più lato, tutti coloro i quali non sono figli di Israele. Xenofobia? In fondo, proprio la Bibbia non è forse l’eccelso manuale del “nazionalista perfetto” ovvero del “razzista sublime”?), guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno circoncidere!” (FILIPPESI, 3 : 1 – 2)
Così Paolo, emarginando i circoncisi (non avvertite la presenza di un certo legame sottile con quanto verrà poi messo in pratica da Hitler e dalla sua accolita di pazzi scatenati?), si apre la strada verso la predicazione ai pagani, tra i non circoncisi, espressamente vietata in origine sia dalla Torah sia dai primi Vangeli. Del resto, negli scritti di Paolo ci s’imbatte spesso nelle impetuose frasi pungenti che egli riserva, per il proprio interesse, alla legge dell’Antico Testamento. Egli s’impegna con puntiglio a svilire il valore salvifico delle 613 leggi mosaiche, che gli è di grande ostacolo nello sviluppo dei suoi progetti universali, ma così facendo evidenzia ulteriormente la frode sacerdotale che è all’origine di tutto, anche della sua stessa predicazione o dottrina che dir si voglia.
Un esempio, nella prima lettera ai Corinzi:
“O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo pungiglione?. Il pungiglione della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma sia ringraziato Iddio, che ci dà la vittoria mediante il Signor nostro Gesù Cristo!” (1a CORINZI , 15 : 53 - 57)
Un altro esempio, nella prima lettera ai Romani:
“Non, infatti, in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede; poiché, se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. La legge, infatti, provoca l’ira, al contrario, dove non c’è legge, non c’è nemmeno trasgressione.” (1a ROMANI, 4 : 13 – 15)
Mi preoccupa soltanto, ma parecchio, la “promessa” di diventare eredi del mondo, che gli ebrei hanno deliberatamente rivolta a se stessi dal grembo di una mistificazione mistica che, per l’avvenuto radicamento della sua banalità innaturale, lascia meravigliati i sani e liberi di mente. Promessa, a cui gli ebrei sono tutt’oggi avvinghiati con forti sentimenti pregni di crudeltà espansionistica, che per realizzarsi si avvale principalmente della più funesta e potente invenzione del Male: il denaro. Per il resto, lascio al lettore commenti e riflessioni, poiché io sono sempre più stanco d’impegnarmi nell’evidenziare insulsaggini macroscopiche. Tanto per dire dell’altro a giustificazione del mio affaticamento, di seguito al brano della lettera ai Galati, che ho citato prima di quella ai Corinzi, ha inizio una sequenza di argomentazioni senza capo nè coda, da leguleio da quattro soldi, insomma, e, soprattutto senza alcun fondamento minimamente veritiero. Ogni presunta verità della predicazione è avvalorata da Gesù Cristo o da un giuramento di Paolo su Gesù Cristo e da nient’altro, ma, se Gesù Cristo è il fulcro della menzogna imbastita, salta tutta l’impalcatura dell’inghippo, ordito “affinché crediate”. Garbuglio, privo di una qualsiasi logica finanche minimamente apprezzabile, che avvolge questo concetto assolutamente inaccettabile:
“Prima, però, che venisse la fede, noi eravamo rinchiusi sotto custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. … Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pur essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre (la sua fortuna o la sua rovina dipendono dalle buone o cattive qualità dei suoi tutori e amministratori. Egli, quindi, non ha né meriti né colpe.). Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo (?!), Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge… (cioè: coloro che erano schiavi della legge, ma… non per colpa loro.)” (GALATI 3 : 23; 4 : 1 – 5)
Adesso mi limito a mettere in rilievo soltanto ciò che della menzogna appare evidente d’acchito: se l’Entità Creatrice si fosse fatta condizionare dal Tempo, proprio Essa che è l’Assenza Assoluta di Tempo, avrebbe dato origine ad un’ingiustizia insanabile, che avrebbe costretto una moltitudine di esseri umani a vivere sotto tutela di un pedagogo come una moltitudine d’infanti che la morte si sarebbe portati via prima che avessero raggiunto la maggiore età. Finalità Esistenziali, addio! La vita resa un lungo nonsenso troncato da una morte altrettanto insensata. Una moltitudine di esseri umani sarebbe vissuta, per stare all’esempio fatto da Paolo, in balia di tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. Termine, però, che per costoro non sarebbe mai arrivato prima della loro stessa morte.
Quanta saggezza nelle parole di Nietzsche, già da me citate, che si addicono al ruolo di fustigatrici del pacchiano errore commesso da Paolo! Questa saggezza: “Un popolo perisce quando confonde il dovere personale con il concetto di dovere in generale. Niente guasta tanto in profondità e intimamente quanto qualsiasi dovere “impersonale”.”
(Maledette aggregazioni, che impongono sempre e ovunque l’impersonale! Un esempio: interessa e viene stimata molto la produzione del lavoro, un po’ di riguardo di facciata viene usato anche nei confronti della massa dei lavoratori nella sua globalità, ma nessuna importanza viene data al singolo lavoratore, l’unico che ne ha per Esplicita Volontà del Progetto Supremo.)
E a perire senza senso, Paolo condusse (e la memoria di lui ancora conduce, trascina) un numero incalcolabile di esseri umani, trasferendo l’importanza, proprio quella che dà Valore all’Esistenza, dal meritevole vissuto di ogni singolo individuo a quello, di per se stesso assolutamente insignificante e privo di finalità ultraterrene, dell’Umanità ovvero, per somma ignominia, di una fetta d’Umanità intrappolata nel nonsenso esistenziale dal suo stesso dio. “Dio è tutto ed io sono nulla.” (Locuzione ripresa anche da papa Giovanni XXIII nel suo “Giornale dell’anima”.) Ma… con quale intento balzano un dio avrebbe creato miliardi su miliardi di nullità?! Innumerevoli nullità… per poi salvarle?! E salvarle da che?! Ma… usciamo un tantino dal ridicolo e riproponiamo la domanda in una forma un po’ più seria, sebbene in codesto campo religioso la serietà, per quanto minima, sia comunque uno spreco spropositato: perché, con quali finalità più terribili che assurde, un creatore avrebbe posto le sue creature, del tutto ignare, in una situazione dalle cui insidie abbisognerebbero di essere salvate?! Ci troviamo, forse, in balia di un sadico… grandioso?!
Un’altra argomentazione sballata, tra le tante presenti nella predicazione di Paolo, è questa: “Per me il vivere è in Cristo e quindi il morire è un guadagno. Ma, se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero cosa io debba scegliere. Sono messo alle strette, infatti, tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d’altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.” (FILIPPESI, 1 : 21 – 24)
Dunque, il corpo non è desiderabile e l’unico scopo, che trattiene Paolo nel “rimanere nella carne”, è quello di predicare per il bene degli altri. (Voglio sperare che a qualcuno ritornino alla mente le parole dette da Janet Frame, ipersensibile scrittrice neozelandese, a proposito delle prediche improntate sulla locuzione “per il tuo bene”. In ogni caso, dati gli argomenti che sto trattando, sono certo che in seguito avrò l’occasione opportuna per citarle.) Ma se il ragionamento di Paolo fosse giusto, se appartenesse alla Verità delle Cose, le implicazioni del ragionamento starebbero a significare che ci sarebbe un dio che avrebbe imprigionato lo spirito nella carne per creare gli esseri umani e tra questi ne avrebbe prescelti alcuni affinché rendessero edotti tutti gli altri sulle assolute volontà comportamentali di chi li avrebbe creati. Tutti gli altri non dovrebbero far altro, per ritornare a liberarsi del corpo e ricevere un premio per lo spirito, che credere ai predicatori, prescelti come tali. Insomma: ci sarebbe un idiota, onnipotente e onnisciente ma comunque idiota, che produrrebbe una quantità enorme di bambolotti difettosi e un numero ristretto di bambolotti perfetti e si divertirebbe ad osservare chi, tra i difettosi, riuscirebbe a correggere i difetti con cui lui stesso avrebbe dequalificato la stragrande maggioranza delle sue creature. Infine: punirebbe chi non fosse riuscito nella correzione, invece di punire se stesso per la propria incapacità o, peggio, per la propria crudeltà infinita. Per giunta, per colmo incredibile di malvagità, non avrebbe immesso immediatamente, fin dal principio e in qualità di supporti, i bambolotti perfetti tra i difettosi continuamente soggetti ad errore. Avrebbe aspettato un bel po’ di tempo prima d’inviare i giusti supporti. Le popolazioni pellerossa ed inca delle Americhe, ad esempio eclatante tra i tanti, avrebbero dovuto attendere migliaia e migliaia di anni prima di poter udire le parole salvifiche (e non appena le ebbero udite iniziò la loro tragica rovina), cosicché quantità enormi di generazioni, di esseri umani, avrebbero consumato vanamente la loro esperienza dello spirito nella materia.
Se a questa critica frettolosa e spicciola accostiamo brani di predicazione che esplicitino un nonsenso come questo: “E’ Dio, infatti, che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni.” (FILIPPESI, 2 : 13), le responsabilità esistenziali dell’uomo svaniscono nella sfera dell’assurdo e chiunque viene messo in grado di percepire, volendo veramente prestare un’attenzione onesta, quanto il quadro esistenziale che gli viene presentato possieda tutte le principali caratteristiche di una farsa quanto mai ridicola. Se le Cose avessero l’assetto indicato da Paolo, l’Entità Creatrice avrebbe l’infinita colpa assoluta di non aver creato soltanto esseri perfetti. Fortunatamente, l’Esistenza è tutt’altra cosa, da come la vede Paolo o da come egli vuol far credere che sia.
Quanto distante dalla Verità è tutta questa multiforme frode sacerdotale! L’Esistenza è una cosa seria, una prova molto più seria di quanto molti riescano oggi ad immaginare, e la Verità ha in sé una Grandiosità che oggi, ahimé, è totalmente ignorata dai più. Così profondamente ignorata da farmi ritenere che produrrebbe effetti sconvolgenti, se venisse divulgata in tutta la sua Perfezione.
Per carità! E io sto ancora qua a scrivere come se queste fanfaluche, umilianti la Vita, meritassero un dispendio di parole. Forse che sto scrivendo disperatamente per scrupolo estremo? Bah, forse.
Paolo fa e disfa parecchio in seno alla dottrina (quante pagine bisognerebbe riempire di scrittura per esaminare i molteplici, e per lui convenienti, “adattamenti” apportati da Paolo alla menzogna che predica!) che vuole affilare per trafiggere sempre meglio i cuori e in quantità sempre maggiore. Tuttavia, da una determinata assurdità non si distacca mai, da quel vaticinio presente nei sermoni di tutti i primi predicatori in nome di Cristo: l’imminenza della fine del mondo e relativo giudizio di dio. Un’imminenza che serve all’intento d’infondere una buona dose di paura e quindi di ottenere sottomissione.
“Paolo voleva il fine,quindi voleva anche i mezzi... – osserva Nietzsche - Ciò che lui stesso non credeva lo credettero gli idioti tra i quali partorì la sua dottrina. Il potere era il suo bisogno; con Paolo, il sacerdote mirò nuovamente al potere, poteva utilizzare soltanto quei concetti, quegli insegnamenti e quei simboli con cui si tiranneggiano le masse e si formano le greggi. Quale fu l'unica cosa che Maometto più tardi prese in prestito dal cristianesimo? L'invenzione di Paolo, il suo mezzo per istituire una tirannia sacerdotale, per formare il gregge: la fede nell'immortalità, ossia la dottrina del «giudizio». ... Paolo comprese che la menzogna, che la «fede» era necessaria; la Chiesa, a sua volta, in seguito comprese Paolo. Questo Dio che Paolo si è inventato per sé, un Dio che “fa scempio della saggezza del mondo” (in senso più stretto i due più grandi avversari di ogni superstizione, la filologia e la medicina), è in realtà soltanto la risoluta decisione di Paolo: chiamare la propria volontà “Dio”, thora, ciò è originariamente ebraico. Paolo vuole fare scempio della “sapienza del mondo”: i suoi nemici sono i buoni filologi e i medici della scuola alessandrina; a loro dichiara guerra. In effetti, non si può essere filologo né medico senza essere nel medesimo tempo anticristiano. Infatti come filologo si guarda dietro le Sacre Scritture, come medico dietro la rovina fisiologica del cristiano tipico. Il medico dice «incurabile», il filologo «impostura»...”
Paolo si scaglia di sovente contro la “saggezza del mondo”, che teme, perché sa in coscienza che la barca, con cui naviga la sua predicazione, fa acqua da tutte le parti e potrebbe affondare da un momento all’altro per azione di una semplice parola di Verità. Quindi tenta di premunirsi contro la probabile evenienza, che gli risulterebbe assai sgradita.
“Sta scritto infatti: “Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.”
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai è il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” (1a CORINZI 1 : 19 – 25)
“Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente; perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: “Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia.” E ancora: “Il Signore sa che i disegni dei sapienti sono vani.”” (1a CORINZI, 3 : 18 – 20)
Questo concetto espresso da Paolo è diventato una colonna portante della Chiesa e Tertulliano lo sintetizza con un effetto che non esito a definire pauroso: “Adversus egulam nihil scire omnia scire est.” (“Il non conoscere nulla contro la regola di fede è già sapere ogni cosa.”). Come dire: resta nell’ignoranza più assoluta, che te ne frega di conoscere il vero Perché della tua esistenza?! A noi basta che la tua ignoranza non ti permetta di formulare accuse contro la nostra regola di fede, cosicché noi si possa prosperare in tutta tranquillità. Poco ce ne cale che l’esperienza del tuo spirito nella materia risulti infine vana, a noi interessa il successo con tutti i suoi vantaggi mondani.
Nietzsche è lapidario su questo punto: “La morale non è altro che questo: «Tu non devi conoscere», il resto segue da questo.” E non dimentichiamo, parlando d’inganni sacerdotali, che anche tutto l’assetto sociale è fondato su questa sorta di malefica prescrizione, che porta, ad esempio, le televisioni ad aggiustare o falsificare perfino i telegiornali e ha il suo apice di nefandezza nel “segreto di Stato”. Al centro del sociale, poi, sta il nucleo nero, l’idolo inumano, del tutto snaturato, che impone questo terribile divieto: “Tu non devi conoscere le vere ragioni del Lavoro.”.
Vi ricordate ancora la precisazione allarmante espressa da Caraco: “l’ignoranza appare il primo dovere, per dare campo libero alla menzogna e al calcolo.”?
Paolo afferma: “i disegni dei sapienti sono vani”, ma poi si confonde con i concetti e le parole, come spesso gli succede, e gli scappa detto: “Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento.” A che specie di fondamento lo ha spinto la grazia di dio, se egli stesso ha confermato a mo' d'intimidazione che nel Libro sta scritto: “Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.”?!
L’arroganza, di voler farsi considerare una persona eccezionale grazie alle sue predicazioni, gli fuoriesce dai pori ad ogni piè sospinto.
E Nietzsche, nel merito, ci tiene a precisare una verità importante: “A dividerci (da Paolo e dai credenti in lui, quindi dai cristiani ed infine dai cattolici) non è il fatto che non ritroviamo Dio, né nella storia né nella natura né al di là di essa, ma il fatto che non troviamo «divino» (lo troviamo vergognosamente mondano, dico io) ciò che è stato venerato come Dio, che lo reputiamo miserabile, assurdo, dannoso, che lo vediamo non soltanto come un errore, ma anche come un delitto contro la vita...”
E insiste nel precisare ancor meglio. A che pro?, mi domando. Bah, l’animo dei puri si nutre di umana speranza.
“Tutti i concetti della Chiesa sono riconosciuti per quello che sono: le più perfide falsificazioni che esistano, allo scopo di svalutare la natura e i valori naturali: il sacerdote stesso è riconosciuto per quello che è: la specie più pericolosa di parassita, il vero ragno velenoso della vita... Sappiamo, la nostra coscienza lo sa, quanto valgano oggi e a che servivano queste sinistre invenzioni dei sacerdoti e della Chiesa, con le quali è stato raggiunto quello stato di autoprofanazione dell'umanità, la cui vista può suscitare disgusto: sistemi di crudeltà di cui si servirono i sacerdoti per diventare e rimanere padroni. ... Lo sanno tutti: eppure tutto rimane immutato (Il “perché?” è uno degli interrogativi che anch’io mi pongo, talvolta con angosciata mestizia, talaltra con rabbia furente. Un’ottima spiegazione esaustiva, ce l’avrei, ma qui… il motivo del “perché non la voglio dare” l’ho già ripetuto troppe volte in questo blog.). Dov'è dunque andato a finire l'ultimo senso di decoro e di rispetto di sé, quando persino i nostri uomini di stato, una razza di uomini assai spregiudicata, di fatto completamente anticristiani, si definiscono ancora oggi cristiani e prendono parte all'eucaristia?”
Ma perché, oggi, si separano dalle consorti, con le quali hanno condiviso i momenti più difficili, divorziano, non possono più accostarsi all’eucaristia, eppure continuano a proclamarsi cristiani? Perché trafficano in continuazione, compiendo un’infinità di male azioni, eppure si dichiarano cristiani? Non è, per caso, che proprio questa dottrina, verso la quale non nutrono alcun rispetto poiché sanno essere una montatura, agevoli parecchio la spregiudicata e irresponsabile condotta di potere che vogliono continuare a tenere?
Quella di Paolo è una delle infinite vicende di “bramosia di potere e profitto” che intasano la Storia e che vanno squallidamente ripetendosi anche al giorno d’oggi. Vicende squallide, ma che hanno arrecato, e continuano ad arrecare, danno e tanta tanta sofferenza a una moltitudine di esseri umani, che si è fatta così enorme da non poter essere quantificata dalla mente.
Paolo, nato a Tarso, città della Cilicia, da una famiglia di ebrei collaborazionisti a stretto contatto sia con il sommo sacerdote Caifa sia con i delegati romani, godette della cittadinanza romana e divenne, seguendo le orme del padre, fabbricante e venditore di tende per gli accampamenti delle legioni romane (con parte della parentela, collaboratrice nell’impresa, residente a Roma). Probabilmente, proprio per le particolarità del suo mestiere che, tra l’altro, lo aveva reso esperto delle piste carovaniere, venne contattato dalle autorità romane preoccupate per il diffondersi di una predicazione che sobillava il popolo ebraico affinché si ribellasse all’occupazione territoriale dei Romani e non riconoscesse più l’autorità religiosa dei sacerdoti giudei, diventati collaborazionisti per conservare la loro posizione privilegiata. Non v’è dubbio sul fatto che Paolo, diventato a sua volta collaborazionista, abbia accettato l’incarico propostogli e così, oltre a continuare nel suo lavoro di commerciante di tende, che gli permetteva di entrare da solo negli accampamenti romani e di ricevere ordini senza destare sospetti, egli divenne anche esattore delle imposte e, principalmente, delatore a danno dei primi “cristiani” che scovava ovunque. Non si sa quanto si sia dedicato alle funzioni di pubblicano, ma è certo che mise tutto il suo impegno nell’opera di delazione. Tanti furono i “cristiani” che fece cadere nelle mani dei carnefici romani e giudei collaborazionisti.
(Era detto pubblicano un dipendente del governo d’occupazione romano che aveva il compito di riscuotere i tributi. Il termine “pubblicano” deriva dal latino publicānus, dalla radice publĭcum che significa: tesoro pubblico, imposte.)
Matteo, invece, altra figura molto “raccomandabile” e “collega”di Paolo, fu pubblicano attivo, sia sotto il tetrarca Erode Antipa sia direttamente alle dipendenze del governo romano, e quindi membro di una delle categorie sociali più odiate dal popolo ebraico. (Fornisco queste informazioni tanto per invogliare alle correlazioni possibili.) Il disprezzo popolare nei confronti dei pubblicani aveva delle brutte radici: erano alleati del dominatore romano ed erano considerati peccatori pubblici; pagavano in anticipo all'erario romano le tasse addebitate al popolo e successivamente si rifacevano come usurai, tartassando la gente senza usare compassione.
La loro cattiva fama era spesso accresciuta dal fatto che molti erano soliti commettere abusi sfrenati e angherie di vario genere, agevolati in questo dalla libertà di trarre arbitrariamente vantaggio dall'indeterminatezza con cui venivano stabilite le tasse.
Oggi come ieri; ed è per tutti questi edificanti motivi che Matteo è considerato il patrono di banchieri, bancari, guardie di finanza, doganieri, ragionieri, contabili, cambiavalute ed esattori. Tutta brava gente, che ha un’idea ben precisa su cosa sia corretto fare nel corso della vita.
E’ lineare la comprensione del perché, poi, un altro “socio” della combriccola dei predicatori per interesse abbia scritto in un certo modo raffigurando un pubblicano. Tra “soci” in affari si è accorti nel mantenere il buon nome uno dell’altro e nel fugare le ombre che possono generare sospetti e diffidenza.
“Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.» Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore.» Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.” (LUCA 18 : 10-14)
Invece, ad esempio, nessuna religione al mondo può servire per giustificare Paolo. Ciò che egli ha fatto, cioè contribuire in maniera determinante all’assassinio d’innocenti per ragioni che non trovano una qualche giustificazione naturale, è un insieme di atti irreparabili (nessuno può resuscitare i morti) e quindi ogni pentimento è vano, di certo non può riscattare uno spirito già avviato alla morte eterna, ovvero alla sparizione, alla dissolvenza della propria identità. Non esiste un dio che perdona gli atti irreparabili dell’uomo. La Natura ce lo spiega chiaramente. Solo la menzogna asserisce di poter concedere il perdono per qualsiasi misfatto. E’ una tattica conveniente, proficua. Un’assicurazione che limita l’assottigliamento della propria clientela. Vi siete mai chiesti perché i mafiosi, e in senso più lato gli appartenenti alla criminalità organizzata, siano, nella loro stragrande maggioranza, seguaci ferventi, quasi maniacali e prodighi con gli “oboli”, della dottrina predicata dalla Chiesa? Per la speranza di un perdono, in verità impossibile. E, sostenuti da questa speranza fasulla, continuano imperterriti a commettere misfatti. Avete notato un particolare della condotta di Bush? Si aggrappa alla Bibbia, ma alla fine dei suoi giorni avrà, inevitabilmente, una brutta sorpresa. Quanti, come lui! A Tony Blair, per esempio, non è rimasto altro da fare che convertirsi al cattolicesimo per sperare in un perdono, presumibilmente impossibile.
Forse molti avranno notato che chi commette dei reati contro il patrimonio talvolta si pente e si redime, restituisce o reintegra il maltolto, mentre chi commette reati gravi contro la persona, l’omicida in particolare, non si pente mai sinceramente. Questo perché il suo subconscio sa perfettamente, anche se l’Io non percepisce la tragedia, che lo spirito è irrimediabilmente compromesso e che le azioni future, per quanto buone possano risultare, non serviranno a salvarlo. L’Esistenza non può essere considerata come composta da segmenti – sommo distintamente quelli buoni e quelli cattivi e, basandomi sulla differenza, determino la sua promozione o la sua bocciatura – l’esistenza è un blocco unico e basta che vi sia una sola incrinatura non aggiustabile per avviare il blocco a sicura polverizzazione.
Paolo predica: “A chi lavora, il salario non viene calcolato come un dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. (Che pacchia per i grandi delinquenti! Basta aver fede, credere che l’empio venga giustificato, e ci si ritrova mondati dalla colpa per ogni misfatto compiuto.) Così anche Davide proclama beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia (???!!!) indipendentemente dalle opere (delirio o cos’altro?! Le opere sono tutto quello, e soltanto quello, che determina la qualità, l’essenza, buona o malvagia, dell’uomo.): «Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate e i peccati sono stati ricoperti; beato l’uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!(???!!!)». (1a ROMANI, 4 : 4 – 8)
Beh, certo che, se la questione non fosse esistenzialmente tragica e non si trattasse, nel suo insieme, di qualcosa di terribilmente avverso alla Verità, ci sarebbe da sganasciare sonoramente per la bislacca immagine fideistica che risulta dal mettere assieme la “Tolleranza Zero”, predicata dai cattolici odierni, con queste parole del cristiano Paolo. Comunque, il dire di Paolo è espressione evidente del Male, perché unicamente il Male trae vantaggio, ingannando l’uomo per trarlo in rovina, dal presentare come alleggerito il peso mortale delle iniquità.
Lo spirito di Paolo, dunque, è stato vinto dal Male a causa delle sue pessime azioni irreparabili, compiute in qualità di ufficiale di polizia al servizio del sommo sacerdote Caifa e, quindi, non stupisce che egli si lasci usare da Roma, assieme allo storico Giuseppe Flavio che ebbe un altro ruolo, per dare vita ad un movimento messianico pacifico, finalizzato a snaturare e rendere inoffensiva la ribellione della Giudea, a quel tempo provincia romana, constatato che la repressione armata non sorte grandi effetti. I due “guastatori”, da bravi agenti impegnati in una delicata operazione di ordine pubblico, fingono di non conoscersi e, in effetti, Paolo non nomina mai Flavio nelle lettere che invia alle varie popolazioni che intende “convertire”, né Flavio parla di Paolo nei suoi scritti. Ma Flavio sa, quanto Paolo, come stanno realmente le cose e perciò scrive: “Individui falsi e bugiardi, fingendo di essere ispirati da Dio e macchinando disordini e rivoluzioni, spingevano il popolo al fanatismo religioso e lo conducevano nel deserto promettendo che ivi Dio avrebbe mostrato loro segni premonitori della liberazione dai Romani.”
Tutti i predicatori di ogni epoca sono stati, e ancor lo sono, falsi e bugiardi. La Verità non genera predicazioni ripetute o altre lungaggini dello stesso genere. Una volta conosciuta, la Verità s’impone da sola e non abbisogna di successive rettifiche o aggiunte o pratiche di mantenimento. E’ la Menzogna che abbisogna di riti perpetui, affinché la sua misera capacità ottundente possa risultare di una certa efficacia per mezzo di una pressione continua sulle menti più deboli degli uomini. Diversamente, perfino le menti debolissime scorderebbero presto la Menzogna, mentre la Verità, conosciuta nella sua pienezza, non può essere dimenticata, perché Essa E’ naturalmente una componente intrinseca dello spirito. Ancor oggi Essa sussiste in assenza di una qualche predicazione insistente in suo favore e dopo millenni e millenni di sfavorevole “educazione” famigliare e sociale che, salvo rare eccezioni, ha addormentato o soppresso la vitalità dello spirito di ogni uomo.
Così è, ma io avevo iniziato quest’ultimo discorso anche con l’intenzione di sottolineare come per Giuseppe Flavio siano falsi e bugiardi solamente quei predicatori che promettono la liberazione dai Romani, il che dischiude uno spiraglio non trascurabile sulle intenzioni e il ruolo di questo storico.
Gl’inizi della missione non furono facili, le genti, oramai, erano decisamente terrorizzate dalla figura di Paolo (probabilmente impopolare anche come Maestro di Menzogna), ma, infine, lo stratagemma mistico imbastito “sulla via di Damasco” appianò le difficoltà. Per acquisire una nuova reputazione apprezzabile presso le genti, quale altra idea sarebbe stata migliore di quella di un “diavolo” che diventa “santo” e predica per il bene altrui? E i creduloni cominciarono a seguire Paolo con trasporto crescente.
Il preannunciato pensiero di Janet Frame che sto per citare è assolutamente valido in generale, ma, correlato a Paolo, acquista un non so che d’impressionante: “«Per il tuo bene» è un argomento convincente che finirà col far accettare all’uomo la sua distruzione.”
Chiaramente, per riuscire in un’impresa, come quella a cui Paolo si era dedicato, è indispensabile avere dei complici che formino le strutture gerarchiche di mantenimento e controllo e Paolo si attorniò di discepoli che mise a capo delle varie Chiese che andava istituendo.
Ci sarebbe ancora tanto da dire su Paolo, per delineare nitidamente una delle più immonde figure della Storia dell’Umanità.
Ci sarebbe da parlare dei finti arresti subiti da Paolo, come quello avvenuto quando la propria arroganza, e il sapersi protetto dalle leggi di Roma, spinse Paolo a presentarsi nel Tempio di Gerusalemme. Tutta la popolazione della città si scagliò subito contro Paolo gridando inferocita: «A morte! A morte!». E soppresso sarebbe stato, se non fossero sopraggiunti tempestivamente diversi soldati romani, comandati dal tribuno Claudio Lissa, per trarlo in “arresto” (per attenersi alla messa in scena complessiva, volta a non destare sospetti). Paolo non sarebbe certamente sfuggito alla lapidazione, con gran sollievo per l’Umanità, se non fosse stato salvato dal pronto intervento dei soldati romani che vegliavano sulla sua incolumità. Il discepolo che scrisse gli “Atti degli Apostoli” – ligio alla predicazione di Paolo, lo include arbitrariamente tra gli apostoli – racconta questo fatto con intenzioni tutte rivolte pro domo sua (ATTI 21 : 26 – 36), ma lascia intendere suo malgrado la realtà storica, oggi riconosciuta da tutti gli studiosi liberi da vincoli d’interesse particolare. Taluni in malafede, invece, tendono a creare confusione che genera quell’incertezza ottusa, nell’atmosfera della quale l’incredibile può anche apparire credibile o almeno interpretabile in qualche chiave criptica. Qualsiasi appiglio può servire ai mistificatori per creare il travisamento e l’incertezza voluti, ad esempio facendo finta di confondere “custodia militaris”, che significa “sotto protezione”, con “custodia publica”, che significa “mettere agli arresti”, per far credere che Paolo, povero martire!, sia stato gettato in galera più volte dai soldati romani, il che dovrebbe servire a fugare i sospetti sull’esistenza di un’intesa scellerata tra Paolo e le autorità romane, finalizzata a sedare lo spirito insurrezionale del popolo oppresso dall’occupazione militare.
Pensate un po’ in che stato d’animo sconvolto doveva trovarsi un popolo, vedendosi dominato senza speranza di riscatto da dei pagani, dopo essere stato abituato a sentir ripetere dal proprio dio (beninteso: sempre ed esclusivamente tramite le parole dei sacerdoti) “scaccerò dinanzi a voi tutte le nazioni e voi v’impadronirete di nazioni più grandi e più potenti di voi. … Nessuno potrà resistere a voi; il Signore vostro Dio, come vi ha detto, diffonderà la paura e il terrore di voi su tutta la terra che voi calpesterete.” (DEUTERONOMIO 11 : 23 – 25); “Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi d’argilla le frantumerai.” (SALMO 2 : 8 – 9)
Può essere di una certa efficacia che io presenti qui per inciso uno spaccato, assai ridotto ma suggestivo, della situazione sociale al tempo in cui avvenivano determinati fatti che hanno una precisa attinenza con gli argomenti che sto trattando. Per fare ciò intendo prendere in prestito un brano tratto dall’apprezzabile e famosissimo romanzo storico dal titolo “La fine di Gerusalemme”, scritto dall’ottimo narratore Lion Feuchtwanger che nello svolgimento della sua trascinante opera non si è mai arbitrariamente scostato dalle cronache dello storico Giuseppe Flavio, testimone dell’epoca in oggetto.
(2)“Fin dalla fondazione della monarchia, un secolo ormai, l’imperatore e il Senato di Roma inviavano tutte le settimane un’offerta per Iahve e il suo Tempio. Ora il dottor Eleazaro, capo dell’amministrazione del Tempio, ordinò ai sacerdoti di turno di non accettare più quell’offerta. Invano il sommo sacerdote e il suo collega (collaborazionisti) lo scongiurarono di non provocare in quel modo inaudito l’ira della potenza protettrice. Eleazaro mandò indietro con parole di scherno l’offerta dell’imperatore.
Quello fu per i piccoli borghesi, pei contadini e proletari giudei il segno della ribellione aperta contro i romani e contro i loro propri feudatari. La guarnigione romana era debole. I “Vindici d’Israele” s’impadronirono rapidamente di tutte le posizioni strategiche della città. Appiccarono il fuoco all’ufficio di Finanza, distrussero con grida di gioia gli elenchi delle imposte e i registri delle ipoteche. Saccheggiarono le case di molti aristocratici malvisti. Rinchiusero i soldati romani nel palazzo dei Maccabei. I romani tennero quell’ultima base, ben fortificata, con grande valore. Ma la loro situazione era disperata e, quando i giudei assicurarono la loro ritirata contro consegna delle armi, accettarono di buon grado l’offerta. Le due parti confermarono l’accordo con la stretta di mano e il giuramento. Ma, non appena gli assediati ebbero deposto le armi, i “Vindici d’Israele” si lanciarono sugli inermi per farne un massacro. (Tanto per dar sfogo ad una associazione d’idee: l’Antico Testamento è zeppo di episodi consimili, eclatanti ed edificanti, che danno il dovuto rilievo alla purezza d'animo del popolo eletto.) I romani non opposero alcuna resistenza, non chiesero neanche pietà per la loro vita, ma gridarono: «Il giuramento! Il patto!» Lo gridarono in coro, mentre il loro numero si assottigliava e il coro fu sempre più debole, ed infine uno solo gridò: «Il patto! Il giuramento!» e poi ammutolì anche lui. Questo avveniva il sette settembre, il 20 Elul secondo il calendario giudaico, ed era un sabato.
Appena passata l’ubriacatura di quelle gesta, tutta la città fu presa da profondo sgomento. Quasi a confermare un presentimento, giunse tosto la notizia che in parecchie città di popolazione mista i greci avevano aggredito i giudei. Nella sola Cesarea erano stati massacrati in quel sabato nero ventimila giudei: gli altri, il governatore li aveva cacciati nei cantieri e fatti schiavi. In seconda risposta i giudei distrussero nelle città, dove avevano la maggioranza, i quartieri greci. Greci e giudei viventi nelle stesse città lungo la costa, nella Samaria, ai margini della Galilea, si odiavano e disprezzavano ormai da secoli. I giudei erano orgogliosi del loro Dio invisibile e, convinti che il Messia sarebbe venuto soltanto per loro, si consideravano con superbia il popolo eletto. I greci si facevano beffe delle loro idee fisse, della loro sciocca superstizione, delle loro usanze ridicole e barbare, e ciascuno cercava di fare all’altro il maggior male possibile. Tra gli uni e gli altri (con qualsiasi popolo siano venuti a contatto gli ebrei) erano sempre scoppiati litigi sanguinosi. E ora infierivano, fin oltre i confini della Giudea, saccheggi, stragi e incendi, e tutto il paese fu pieno di cadaveri insepolti.”
Un popolo la cui discendenza ha dovuto attendere poco meno di millenovecento anni prima di avere un pezzo di terra grazie all’intervento, non di un dio, ma a quello molto discutibile dell’Inghilterra. Ed è oltremodo drammatico, paurosamente drammatico, che questo popolo sia tutt’oggi intenzionato a possedere “tutta la terra che calpesterà”, ossia il mondo intero. E’ precipuamente per questo intento che le parole della Torah vengono mantenute vivide con puntiglio maniacale. Con il concorso del Cristianesimo e dell’Islam, che in qualità di dottrine sue figlie, sebbene snaturate e sempre pronte a rivoltarsi contro la loro madre, avvallano comunque la sostanza maligna della Torah.
Come altro esempio di appiglio pretestuoso, caro agli “studiosi” che emettono cortine di fumo dalle loro teste, posso indicare una locuzione presente nella lettera di Paolo ai Romani: “Ricordate che siete servi prima di tutto di Dio.”. I mistificatori sostengono che l’autorità imperiale non avrebbe mai permesso una predicazione in tal senso (avverso all’adorazione dell’imperatore come divinità principale) e che, quindi, la parola di Paolo era indipendente da qualsiasi influenza romana. Invece, è proprio in locuzioni simili a questa presa in esame che si coglie l’essenza della subdola trama ideata per rafforzare il Potere. Che i sudditi siano “servi prima di tutto di Dio” non mette in difficoltà il Potere mondano, si tratta di essere “servi” di un’astrazione, e, fatto più importante di tutto il resto, nella locuzione è implicita l’asserzione volta a stabilire che, subito dopo dio, si è “servi”, in maniera concreta, terrena, dell’imperatore e della sua struttura di comando. Solamente in seguito la Chiesa, divenuta oltremodo arrogante, s’avvarrà di questa base pretestuosa per macchinare ed imporre la propria supremazia su tutti i regnanti di questo mondo ed instaurare il suo potere temporale, la cui protezione e rafforzamento diverrà la sua prima, se non unica, preoccupazione. Il che scatenerà conflitti a non finire. Diversamente, al tempo di Paolo una dottrina che divulgava insegnamenti di una certa sostanza, di cui darò qualche esempio al termine di questo pensiero che mi preme svolgere, non poteva che risultare gradita a delle autorità preoccupate per ben altre parole, residui delle quali ritroviamo ancora nel Vangelo canonico:
“Poi Gesù disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? (conferma del diritto a vivere di predicazione)» Risposero: «Nulla.» Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda (ora è tempo d’incamerare per poter diventare potenti), e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “e fu annoverato tra i malfattori”.»” (LUCA, 22 : 35 – 37) “«Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento (e lo spirito della Legge e dei profeti rigurgita di mire volte a conquistare la supremazia su chiunque e con maggior veemenza sugl’invasori). In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà della Legge neppure uno iota o un segno, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto (vedi Paolo), sarà considerato minimo nel regno dei cieli.»
Ma in altri scritti ed in altri Vangeli, tra i quali gli "apocrifi", ci sono parole ben più brutalmente incisive ed erano proprio le intenzioni che esse sottintendevano a preoccupare le autorità romane. La “controdottrina”, invece, sebbene ponesse dio, nella figura di Cristo, al primo posto, al contempo predicava: “Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato (a convertirsi in Cristo). Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione.” Come?! Perché?! “Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore è un liberto affrancato dal Signore! (Che diamine!) Similmente, chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo.” (CORINZI, 7 : 20 – 22)
Una logica che zoppica vistosamente, che sembra inammissibile come prodotto di una mente che intende proporsi con qualità di saggezza. Una logica che, secondo me, fa risultare lo schiavo due volte schiavo, ovvero schiavo di due pessimi padroni. A Paolo non passa nemmeno per la testa di sollecitare i padroni a rendere uomini liberi i loro schiavi. Anzi: la dottrina predicata, elaborata da più persone probabilmente sotto qualche tenda, insisteva con ardore sul tema immondo della schiavitù: “Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore (grande insegnamento di vita! Non vi sembra?), con semplicità di spirito, come a Cristo, e non servendo per essere visti (ma proprio come schiavi nell’intimo), come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, compiendo la volontà di Dio di cuore (che scherzo di volontà, ha questo dio! Non finisce mai di manifestare la propria indecenza... spirituale! Destina alla schiavitù alcune delle sue creature, mentre predestina altre al ruolo di padroni. Che oscenità! La Verità Naturale, invece, c’informa con sicurezza che il ruolo di padrone è stato escogitato dal Male per rendere vana l’esistenza di molti. Potenza malefica che, in questo modo come in altri, cerca costantemente di ostacolare il Progetto Supremo.), prestando servizio di buona voglia, come al Signore e non come a uomini (ma in realtà…).” (EFESINI, 6 : 5 – 8)
Anche nella prima lettera a Timoteo, discepolo prediletto da Paolo, lettera che, però, non si può attribuire a Paolo bensì a una successiva opera di mistificazione imbastita da qualche discepolo tardivo, il “buon insegnamento” è presente: “Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina.” (1a A TIMOTEO, 6 : 1)
La smania di dominio ha sempre condotto alla follia l'uomo suo schiavo. Historia docet!
E, del resto, nemmeno Pietro scherza, nella sua particolare mistificazione dell’originaria e orgogliosa dottrina essena, allorché si tratta di tener calmi gli schiavi: “Domestici, siate soggetti con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli difficili.” (1a PIETRO, 2 : 18)
Dunque, come abbiamo visto esaminando un solo aspetto della predicazione, i pretesti di certi “studiosi” che, per fugare il sospetto di un accordo la cui realtà li disturba, vorrebbero sancire l’incompatibilità tra la dottrina predicata da Paolo e la volontà dell’autorità di Roma, sono del tutto campati in aria. Per gettare un rapido sguardo anche su un secondo aspetto che invalida completamente le considerazioni di quegli “studiosi” più intenzionati a nascondere e confondere che a dipanare e chiarire, mi limiterò qui a citare una considerazione estratta dal testo “Manoscritti segreti di Qumran”, scritto da Robert H. Eisenman e Michael Wise, che sono riusciti a vedere, esaminare e pubblicare alcuni Rotoli del Mar Morto, che “qualcuno” voleva rimanessero nascosti per sempre.
“I Vangeli, d’altra parte, prefigurando la successiva posizione di Paolo (ecco il nocciolo dell’inghippo: riescono a“prefigurarla” in quanto sono i Vangeli ad essere successivi, non viceversa) dipingono un ritratto di Gesù che insegna al popolo il dovere di pagare le tasse. Paolo affronta il problema del pagamento delle tasse a Roma in ROMANI 13 : 1 – 7. In una certa prospettiva questo atteggiamento è decisamente cinico, è rilevante. Egli applica la tradizionale terminologia della “osservanza-inosservanza della Legge” (tattica che meglio permette la mistificazione: si sceglie di osservare o non osservare la Legge secondo le scelte più vantaggiose per la propria predicazione dottrinale), la stessa che troviamo nei Rotoli (quindi, com’era facilmente intuibile, la mistificazione della mistificazione – poiché non v’è dubbio alcuno che pure l’Antico Testamento sia esclusivamente una somma di menzogne - è già in atto con l’originaria dottrina essena) e nella Lettera di Giacomo, anche a coloro che infrangono la legge romana. Paolo chiama “Legge di Dio” la legge dello Stato, giungendo a descrivere i funzionari romani e gli esattori delle tasse come “funzionari di Dio”. In questa prospettiva, non sorprenderà che poi gli autori dei Vangeli non si facciano scrupolo di ritrarre il loro “Gesù” mentre mangia alla stessa mensa con i pubblicani (esattori delle tasse) e i peccatori.”
Val la pena riportare il brano della Lettera di Paolo ai Romani citato dagli autori, perché fa capire facilmente quanto e come tutta questa faccenda delle predicazioni di Paolo, ancor peggiori di tutte le altre di quell’epoca, sia una mirata elaborazione umana che di mistico non ha proprio nulla.
“Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite, poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio (un dio, dunque, che stabilisce le dittature, che insedia i tiranni, che permette ai criminali di governare. Pazzesco! Perfino poco intelligenti, questi predicatori, interessati solamente al proprio successo mondano, ancorché assolutamente privi di una qualche forma di saggezza.). Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna (e questa sarebbe la volontà di un dio?! Del Creatore delle proprie creature?! Paolo esce fuori di testa e spara corbellerie a raffica nell’ansia di ottenere la realizzazione di ciò che gli è stato prefisso e che, considerata la molteplicità di certi vantaggi mondani, è diventato oramai anche volontà sua propria.). I governanti, infatti, non sono da temere quando si fa il bene (cioè quando si fa tutto ciò che loro vogliono sia fatto. Altrimenti… Per chiarire con un flash: al giorno d’oggi è indubbio che, chiunque stia lottando in prima persona per l’estrema salvaguardia dell’ambiente terrestre, stia facendo del bene, e non soltanto a se stesso, eppure viene provocato e manganellato con violenza, o viene sottoposto a una sorte ancor peggiore, da nugoli di divise sguinzagliate dai governanti di turno.) Vuoi non aver da temere l’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene.
Non sono mai stato dell'avviso che i libri vengano bruciati per qualsivoglia motivo e giammai lo sarò, tuttavia devo ammettere a me stesso che, per i testi di cui mi sto occupando in questo scritto, sarei disposto a fare un'eccezione con cuor leggero.
Chiedo scusa, ma adesso non so proprio resistere all’impulso di ripetere il concetto espresso da Janet Frame: “«Per il tuo bene» è un argomento convincente che finirà col far accettare all’uomo la sua distruzione.”
Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera male (Concetto in vistoso contrasto con quest’altro esposto in precedenza: “beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere.” Che dio impossibile, questo dio di Paolo! Prima determina il destino degli uomini – chi deve essere padrone e chi deve essere schiavo, chi deve detenere l’autorità e chi la deve subire e poi punisce servendosi della spada degli uomini, senza sentirsi responsabile delle sue stesse determinazioni che hanno arbitrariamente, senza alcuna giustizia, posto ogni uomo in un contesto preciso, ma non deliberatamente scelto da chi deve trascorrerci la propria esistenza. Per nostra fortuna, l’Entità, che ha originato il Tutto, è infinitamente diversa dal dio caro a Paolo! E’ destino naturale di qualsiasi menzogna, quello di non poter essere sostenuta in perpetuo.). Perciò è necessario stare sottomessi ("necessario"! "Necessario" esclusivamente per i detentori del potere, per i conquistati dal Male, ma esiziale per tutto il resto dell'umana gente. In presenza di un concetto di perversione massima dell’Esistenza, come questo espresso da Paolo, è forse il caso di continuare a fare commenti esplicativi? Una vomitata nel water e ci si libera anche del malessere psichico che ha causato il fastidioso voltastomaco.), non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza (Una "buona coscienza" consiglierebbe tutt'altro, l'opposto. Un’esistenza da trascorrere nel timore e con addosso una coscienza artificiale introiettata da altri per i loro sporchi, luridi, comodi?! No! Grazie!). Per questo(per che cosa?! Perché il Potere paghi i suoi eserciti, le sue molteplici divise?!), dunque, dovete pagare i tributi, perché (Udite! Udite l’esaltazione che incanala inesorabilmente verso gli spazi del nonsenso governati dalla follia!) quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio (Misericordia! Soltanto quando certi testi saranno eliminati dal bagaglio culturale dell’Umanità, si potrà incominciare a scorgere qualche spiraglio di serenità esistenziale. In certi momenti, occorre una quantità indescrivibile di autocontrollo per non alzarsi di scatto dalla sedia per brandire una spada contro chi ancora sostiene la predicazione di simili concetti indecenti e così potentemente oltraggiosi nei confronti del Senso della Vita.). Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto (ma… cosa gli è dovuto?) a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il timore, il timore (pure il "timore"?! Follia senza limiti, dunque, e… che essa regni in qualità di dio!); a chi il rispetto, il rispetto.” (ROMANI, 13 : 1 – 7)
Misericordia! Quando riusciremo a salvarci, se ancor oggi circolano messaggi di follia mortale?!
Cessate di vivere, insomma, se volete salvarvi. Questo è il messaggio del Male che vien fatto circolare. Non vi sembra un consiglio obbrobriosamente innaturale e, quindi, terribilmente maligno?
Tutta questa predicazione non è, forse, di palese ispirazione governativa? Quindi: graditissima per le orecchie delle autorità romane. Troppo gradita, per poter essere considerata come un'ispirazione indipendente. Nemmeno al contribuente più devoto al Fisco, verrebbe mai il giribizzo d'implicare un dio nella prassi di riscossione delle tasse!
Comunque, se certi "studiosi" dei “testi sacri” sono interessati in maniera disgustosa a rimestare in qualunque cloaca pur di sprigionare esalazioni onublianti, all’autore degli Atti importa piuttosto mettere in evidenza il fatto che Paolo, dopo essere sfuggito ai tumulti, trova ancora la forza per cercare di trascinare dalla sua la folla inferocita.
“Paolo, stando in piedi sui gradini (all’ingresso della fortezza romana), fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico dicendo: «Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi.» Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi (il tocco di fino dell’imbonitore). Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il sommo sacerdote (Caifa, collaboratore dei romani, che adesso, se Paolo avesse cambiato bandiera sul serio, dovrebbe perseguirlo con occhi iniettati di sangue, invece di permettergli di gironzolare praticamente scortato, come gli sta permettendo. E, quando mai s’è visto concedere ad un uomo appena arrestato la libertà di parlare alle folle in sua discolpa? A nessuno è permesso, né lo era tempo addietro, a meno che la stessa autorità che ha "arrestato" Paolo non sappia che la cosa è nei piani prestabiliti ed è conveniente lasciarlo parlare nel contesto della messa in scena dell’arresto.) e tutto il collegio degli anziani. Da loro (dal collegio giudaico degli anziani) ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii allo scopo di condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per esservi puniti. (Un vero predatore infido, questo Paolo! Impensabile che un tipo così possa essersi redento, e tanto meno all’improvviso. Il vissuto non si cancella. E’ sul proprio vissuto che ciascuno forgia il proprio carattere, tassello dopo tassello e, se uno o più tasselli sono marci…. Scelto di assecondare il Male, per un motivo qualsiasi che talvolta può sembrare perfino rispettabile, è assai difficile che questa entità maligna molli la presa. S’impossessa delle fibre stesse dell’uomo e del suo modo di pensare, così completamente da far credere all’individuo di essere in grado di ragionare in maniera giusta nel momento stesso in cui sta ragionando in un modo profondamente sbagliato.) Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Risposi: “Chi sei, o Signore?” Mi disse: “Io sono Gesù il Nazzareno, che tu perseguiti.” Quelli che erano con me videro(?) la luce, ma non udirono colui che mi parlava (Eh, già: ci troviamo al cospetto di un dio partigiano che sceglie chi vuole lui, trascurando tutti gli altri che, pure, sarebbero tutti figli suoi. Perfino un povero mortale, che fa semplicemente il padre, evita di tenere un comportamento di questo tipo e, se gli capita di prediligere uno tra i suoi figli, sa perfettamente che sta sbagliando. Ma, un dio che fosse vero, può commettere errori? Ingiustizie colossali come questa? Universali?) Io dissi allora: “Che devo fare, Signore.” E il Signore mi disse: “Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia.” (Meriti esistenziali, addio!) E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni (che continuavano a vedere benissimo, perché avevano visto, sì, la luce accecante, ma erano provvisti di spessi occhiali da sole, ultimo modello.), giunsi a Damasco.
Un certo Anania, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!” E in quell’istante io guardai verso di lui e riebbi la vista. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca (Misericordia! Siamo già stati oltremodo irritati dall'odioso mito del “popolo eletto”, per poterne sopportare altri di consimili. “Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: Mosé parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono.” (ESODO 19 : 18 – 19) Questo basta ed avanza, per provare un moto di sdegno verso gli ideatori di certe sciocchezze.), perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.(Nulla!)»” (ATTI 22 : 1 – 15)
In me si desta un sentimento di meraviglia disperata, ogni qualvolta mi vien da pensare che c’è ancora molta gente che presta la propria fede a certe fandonie di evidenza clamorosa.
Riflettiamo per qualche minuto, ma senza impegnarci troppo seriamente, poichè non ne vale la pena. Ammettiamo per assurdo, e soltanto per il tempo di una meditazione breve, che “eventi” come questo appena citato facciano (o abbiano fatto) veramente parte della realtà. La prima osservazione che può venire alla mente è questa: avendo visto, chi non crederebbe? La risposta è ovvia: nessuno. Ma, nel momento stesso che uno avesse visto e tanti altri no, verrebbe compiuta un’ingiustizia da un dio malvagio che usa le proprie creature come burattini: la conoscenza della verità più importante, della verità salvifica, condizionata dalle predilezioni di un dio che programma i destini umani. Nessun merito per l’uomo. Perché crearlo, allora?! Per il gusto di raccontare la verità a uno e far soffrire senza alcuna finalizzazione sensata tutti gli altri?! Inoltre, se tutti coloro i quali non hanno visto fossero tenuti doverosamente a credere in ciò che uno solo, il prediletto, ha visto, costoro si troverebbero impossibilitati a formulare un’interpretazione soggettiva della realtà e, di conseguenza, non trarrebbero nessun beneficio spirituale dalla loro fede. La Verità trova sempre riscontro nella Realtà Naturale, allestita con Onniscienza e Onnipotenza, deve trovarlo per Disposizione Suprema, ed è nelle facoltà di chiunque la capacità d’individuare tale riscontro, purché abbia conservato l’originaria capacità di vedere, ovvero quella che lo ha fatto sviluppare durante quel lasso di tempo in cui gl’insegnamenti degli adulti non potevano avere una qualche incidenza devastante sul suo primigenio modo di vedere. Oh, certo! Poi, un preciso tipo d’educazione, in auge da parecchio tempo, guasta parecchio, ma nel neutrale Ordine delle Cose non giustifica affatto gli errori esistenziali. L’accoglienza dell’Universo Spirituale Eterno non è soggetta all’ansia né si trova afflitta dalla preoccupazione di non accogliere abbastanza. Nella sua Assenza di Tempo accoglie comunque in quantità sufficientemente adeguata al Progetto Supremo.
E va bene, lo so e lo ammetto, mi sono lasciato sfuggire due tre righe “difficili”, ma oramai la leggerezza l’ho commessa. Non pensiamoci più, per adesso, e andiamo a chiudere con il pessimo Paolo.
Dopo aver proferito il suo discorso di autodifesa, Paolo si trova davanti a una folla più inviperita di prima e viene condotto nella fortezza in tutta fretta. Una fortezza, che il tribuno Lissa ritiene inadeguata allorquando gli viene data notizia che erano in atto i preparativi per un colpo di mano finalizzato alla eliminazione di Paolo. Quanto fosse prezioso per le autorità romane il ruolo di Paolo, lo s’intuisce dal fatto che Lissa decide di trasferirlo per maggior sicurezza a Cesarea, presso la più importante guarnigione romana in Giudea e, per proteggerlo durante il trasferimento, lo fa scortare da ben 200 fanti, 200 arcieri e 70 cavalieri. Caspita! Una scorta degna di un imperatore! A Cesarea, sede del governatore Antonio Felice, Paolo viene messo in custodia militaris, cioè sotto protezione: gi era permesso, quindi, di condurre una vita pressoché normale, con il solo obbligo di non lasciare la città, divieto a cui, considerata l’aria avversa che mulinava intorno a lui, Paolo non pensò mai di sottrarsi. Molto meglio rimanere per qualche tempo in un posto sicuro, sorvegliato dalle milizie pagane.
Ma perché Paolo mette tanto fervore nella sua missione, così tanto da rischiare parecchio in certi frangenti? D’accordo: all’inizio accetta di coadiuvare i Romani nei loro sforzi repressivi contro i “Vindici d’Israele”, perché la collaborazione gli fruttava vantaggi nel suo lavoro di venditore di tende e al contempo gli garantiva una buona protezione ovunque si recasse per vendere o per fare altre cose. I “Vindici”, del resto, ovvero i predicatori in nome di un messia che presto sarebbe venuto a liberare il popolo d’Israele con un esercito celeste che in un batter d’occhio avrebbe annientato le forze militari dell’oppressore romano, altro non erano che dei predicatori politici, illusi di poter riacquistare un potere decisionale servendosi del medesimo stratagemma pedantemente codificato nell’Antico Testamento: convincere, per far tremolare le budella a tutti, sia al proprio popolo sia ai suoi nemici, di godere dei favori di un potentissimo dio che incute terrore e semina morte senza risparmiarsi. E, se vogliamo ben vedere, la Torah non è nulla di diverso da un testo prettamente politico, fortemente voluto, all’incirca nel 450 a. c., da un generale di nome Nehemia e da Esdra, un funzionario di alto rango.
In seguito, però, Paolo s’accorge che predicare può rendere assai più copiosamente di quanto gli permetta d’incassare la vendita delle tende e il suo fervore si vivifica alquanto. Inoltre, essendosi incamminato da parecchio tempo lungo la strada indicatagli dal Male, riesce a compiacersi molto dell’autorità e del prestigio che la predicazione di falsità, dopo una dura serie di batoste, comincia a fargli ottenere, senza essere minimamente turbato da una qualche sorta di rincrescimento nel raccontare ogni sorta di menzogne.
Per la solita questione delle pentole maligne senza coperchio, Paolo stesso lascia trapelare distintamente quale sia il motore primo del suo fervore, scrivendo una lettera che, secondo le sue intenzioni mistificatorie, avrebbe dovuto dimostrare tutt’altro ed invece…
“Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? (Cercate di definire che razza d’individuo egli sia, per permettersi di parlare in questo modo pur essendo consapevole di non aver visto un bel nulla.) E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore. Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano. Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa (Pietro)? Ovvero solo io e Barnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? Io non dico questo da un punto di vista umano: è la Legge che dice così (La Legge dell’Antico Testamento, in cui un intero libro, il Levitico, è dedicato alle meticolose disposizioni di un dio riguardanti gli emolumenti che i fedeli debbono dare ai suoi sacerdoti, gli torna comoda, conveniente. Davvero pazzesco, il Levitico! E, pazzesco, in misera maniera tutta umana.). Sta scritto infatti nella Legge di Mosè: “non metterai la museruola al bue che trebbia”. Forse Dio si dà pensiero dei buoi? Oppure lo dice proprio per noi? (la solita ingannevole logica da imbroglione da quattro soldi: ci si rifà a un certo dio che, però, non avvalora alcunché, essendo soltanto una brutta invenzione, un sotterfugio fin troppo palese, dell’uomo per ragioni di potere e guadagno facile) Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza. Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? Se altri (i governanti e tutti coloro che vivono grazie alla riscossione delle tasse) hanno tale diritto su di voi, non dovremmo averlo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto (ci siamo serviti delle libere offerte degli allocchi che abbiamo imbambolati), ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo. (In ogni caso, a scanso di brutte sorprese, è opportuno per Paolo precisare quanto segue.) Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto e coloro che attendono all’altare hanno parte dell’altare? Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.”
“Ho spogliato altre Chiese accettando da loro il necessario per vivere, allo scopo di servire voi (acceso finale ipocrita, ma pur sempre una confessione “dal sen sfuggita”).” (2a CORINZI 1 : 8)
Questo dire, se collegato alla locuzione ipocrita “noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto”, parimenti a tante altre di questo tipo, denuncia in maniera particolare la radicata inclinazione di Paolo alla mistificazione e alla menzogna per trarne vantaggio.
Dice bene Maccoby: “«Gli studiosi (in particolare quelli cristiani e cattolici) ritengono che, per quanto obiettiva sia la loro ricerca, debbano sempre avere una attitudine di profonda reverenza verso Paolo, e non dicono mai niente per suggerire che egli possa non essere stato nel giusto talvolta, anche se questo è evidente in varie parti della storia della sua vita: che egli non evitò di usare l'inganno quando si sentì garantito dalle circostanze.»”.
Ingannatore lui e anche lo spirito santo? Oppure, lui, il sostegno dello spirito santo non ce l’aveva? Ma, allora… da chi ha ereditato lo spirito santo la Chiesa? Dai dodici apostoli no senz’altro, perché essi, oltre ad esserne in realtà assolutamente privi, non predicavano per l’edificazione della Chiesa cristiana, e tanto meno di quella cattolica. Nemmeno ci pensavano. La Chiesa è esclusivamente “paolina” e Paolo, con evidenza schiacciante, tutto poteva avere addosso fuorché uno spirito santo che lo consigliasse per bene. Comunque, è fin troppo chiaro che quella dello spirito santo era, e rimane, una balla generalizzata per avvalorare la menzogna redditizia.
E nel prossimo brano Paolo manco s’accorge di manifestare chiaramente la sostanza di filibustiere ipocrita che è ben radicata in ogni sacerdote. Proprio come avvisa con comprovata ragione il premio Nobel Tagore: “La strada indicata dal guru conduce sempre e soltanto alla porta di casa del guru.”
Ed ecco cosa dice l’interesse del guru, ovvero di Paolo: “Ben sapete proprio voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa aprì con me un conto di dare o di avere, se non voi soli; ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio (a vantaggio di chi?! - ipocrisia). Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio (gradito a chi?! - ipocrisia).” (FILIPPESI 4 : 15 – 17)
Forse, l’unica verità cristiana fu espressa da papa Leone X al cardinal Bembo: “«Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula.», «La storia ci insegna quanto ci ha abbia fruttato quella favola di Cristo.»”.
Ancora un appunto interessante lo si potrebbe dedicare a questa domanda retorica di Paolo, che in verità è un’ammissione alquanto sdrucciolevole: “Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”. Retorica in buona concordanza con uno dei vari appellativi appioppati a Paolo: “sfasciatore del matrimonio”.
“Si potrebbe” o meglio: potrei, ma per questa volta non mi voglio spingere più in là dell’invitare il lettore a ricercare i testi adeguati alla sua curiosità sulla condotta sessuale di apostoli, non apostoli e discepoli vari, sempre che sia stata suscitata in lui una linda curiosità, giustificata da una conveniente correttezza intellettuale. Per quanto mi riguarda, pur stanco di commentare sciocchezze, desidero impiegare ancora qualche riga di scrittura per evidenziare la permanenza nel tempo degli effetti di certi concetti paolini sulla donna. All’uopo citerò in maniera asciutta qualcosa da “Il giornale dell’anima” di Giovanni XXIII e poi… basta!
“Con donne di qualunque condizione, siano pure parenti o sante, avrò un riguardo speciale, fuggendo dalla loro familiarità, compagnia o conversazione, come dal diavolo, massimamente trattandosi di giovani; né mai fisserò loro in volto, o in parte dove la modestia resti offesa, gli occhi, memore di ciò che insegna lo Spirito Santo: «Verginem ne conspicias, ne forte scandalizeris in decore illius» (Sir 9,5). (Traduzione: non riguardare una vergine, perché tu non abbia a sdrucciolare a cagione della sua avvenenza). (Ci può essere una condotta più contro Natura di questa?! Quanto ci sarebbe da dire! Quanto da rimproverare severamente per il continuo, davvero incessante, svilimento dell’Esistenza! Per il momento, voglio soltanto precisare che questo fantomatico spirito santo, non solo è completamente fuori dalla Natura Tutta, ma è pure assolutamente fuori da tutto il Creato. Misericordia, gli occhi! Bah, lasciamo perdere, per carità!) Mai non (“mai non”? Questo è solamente un errore, ma, nel significato non voluto, che tuttavia palesa, sembra tanto un lapsus freudiano.) le toccherò per qualsivoglia motivo, mai non (idem) darò loro una minima confidenza o permetterò che esse mi tocchino (appestate?!), e quando per necessità dovrò parlare con esse, mi studierò di usarmi del « sermo durus, brevis, prudens et rectus». (Traduzione: conversazione asciutta, breve, prudente e retta).”
Abbandoniamo la memoria di Paolo, che sarebbe opportuno scomparisse, e torniamo per qualche attimo ancora ai teologi cristiani che aggiungono: “La verità dei dogmi è stata provata dal corso della storia, poiché nella Sede Apostolica, la religione cattolica è sempre stata mantenuta senza macchia ed i suoi insegnamenti santi.”
Che sfrontatezza impunita! Per loro è come se la Storia fosse sconosciuta ai più. Ma… Forse che… sconosciuta lo sia davvero?
“La sicurezza del deposito richiede l’efficace rigetto o eliminazione di tutti gli errori che possano ad esso opporsi, anche se solo indirettamente. Questo sarebbe semplicemente impossibile senza l’infallibilità nelle materie sopra elencate.”
E, nonostante lo sfarzoso impegno, di proporzioni davvero straordinarie, prodigato dalla mistificazione… sciaguratamente “impossibile” è risultato!
Dato che è universalmente ritenuta una deduzione inconfutabile, tant’è ovvia, quella di giudicare falsa, fraudolenta una qualsiasi dottrina in cui sia presente anche un solo concetto palesemente falso, menzognero, che si potrebbe dire sul conto delle tre religioni monoteistiche che, di falsità palesi, ne contengono a iosa?!
Quante vittime sono state fatte! Proprio in nome di questo maligno concetto che ripropongo per far afferrare meglio al lettore tutto l’orrore che esso sprigiona: “La sicurezza del deposito richiede l’efficace rigetto o eliminazione di tutti gli errori che possano ad esso opporsi, anche se solo indirettamente.” Quanti gravi errori, errori mortali, sono stati commessi con la presuntuosa scusa di eliminare certi errori che errori non erano! Quanta morte insensata, è stata dispensata con cinica leggerezza mondanamente interessata!
Che retaggio tremendo! (Nel sito linkato qui a fianco si può trovare l’elenco di una parte minima dei tanti delitti commessi dalla Chiesa infallibile nel Vecchio e Nuovo Mondo. Si tratta di quei delitti più direttamente collegati ai vari pontefici che si sono succeduti alla direzione della mattanza efferata.) Retaggio tremendo, reso insopportabile dal fatto che i colpevoli, lungi dall’essere puniti o quantomeno svergognati pubblicamente, continuano ad essere ossequiati.
Comunque sia, la fraudolenta ideazione, relativa allo spirito santo, è più che sufficiente per bandire il Cristianesimo dall’universo della Verità.
(il seguito è nel post successivo: il XXIII°)
Lorenzo Lombardi
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